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La lotta alla corruzione all’interno della Unione Europea

La UE, oltre a cercare di armonizzare i diritti penali dei singoli Stati Membri, poteva anche adottare propri provvedimenti normativi. Questo è quello che avvenne a partire dalla metà degli anni 90 con due regolamenti per definire il concetto di irregolarità e per consentire accertamenti investigativi tramite controlli sul posto, nonché di una decisione ed un regolamento per istituire e disciplinare l’azione di un vero e proprio organismo investigativo, l’Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode

U.E. e la lotta alla corruzione: le Staff Regulations

La UE ha cercato di stigmatizzare nelle proprie norme di condotta interne per i propri dipendenti, le Staff Regulations, situazioni di criticità che, se non integrano di per sé corruzione, possono essere spie di situazioni da approfondire e devono, quindi, essere evitate dai propri dipendenti; ci si riferisce, in particolare, alla vasta gamma di situazioni qualificabili come “conflitto di interessi”, con prescrizioni quali divieti di accettare regali o doni di valore senza previa autorizzazione

Attuazione internazionale del protocollo alla Convenzione PIF

Anche il protocollo sulla corruzione è stato attuato dall’Italia con la legge 29.9.2000 n. 300, la stessa con cui fu attuata la Convenzione PIF. Con la stessa legge è stata data attuazione anche ad altri strumenti giuridici: alla Convenzione UE contro la corruzione, alla Convenzione OCSE, ed è stato attuato anche il protocollo della Convenzione PIF relativo all’interpretazione pregiudiziale della Corte di Giustizia della Convenzione stessa. La norma probabilmente più significativa è l’art. 3

Il Protocollo sulla interpretazione della Corte di Giustizia

Il protocollo sull'interpretazione in via pregiudiziale della Corte della Convenzione PIF è una conseguenza logica, dell’art. K3 del Trattato di Maastricht, secondo cui le Convenzioni elaborate sulla base dello stesso articolo potevano prevedere la competenza della Corte di Giustizia ad interpretarne le disposizioni e a risolvere le controversie di applicazione. L’art. 35 del Trattato sull'UE ribadisce lo stesso concetto, lasciando al singolo Stato membro la scelta se accettarne la giurisdizione

Il secondo protocollo alla Convenzione PIF: il riciclaggio

Il protocollo si propone di adattare le legislazioni nazionali per prevedere la responsabilità degli enti nei casi di frode, corruzione attiva e riciclaggio compiuti per un loro beneficio, ma solo nei limiti in cui tali atti abbiano recato un danno alle finanze comunitarie. Il riciclaggio, in particolare, è percepito quale atto assai pericoloso in quanto impedisce il recupero di quanto oggetto di frode o corruzione e, per questo l'intenzione è quella di introdurre più efficaci misure di confisca

Il secondo protocollo alla Convenzione PIF: il rapporto con altri strumenti giuridici

L’art. 12 rende applicabili una serie di previsioni della Convenzione PIF ai fatti di riciclaggio. In particolare, in virtù di tale rinvio, la responsabilità penale dei dirigenti delle imprese (art.3), le norme sull'estradizione (art.5) e sulla cooperazione (art.6) della Convenzione si applicano anche nei procedimenti per riciclaggio. Ugualmente si applicano le norme sulla competenza (art.4 della Convenzione) per assicurare comunque la perseguibilità dei reati quando i fatti riguardano più Stati

Altri strumenti internazionali in materia di riciclaggio

L’attenzione al riciclaggio a livello internazionale è legata all'idea che sia un reato collegato ai profitti del traffico di stupefacenti, e un mezzo con cui si finanzia il terrorismo internazionale. Da una nozione originaria di riciclaggio come condotta collegata ai proventi del traffico illecito di droga, lo stesso è stato poi collegato anche a reati gravi in generale, commessi da organizzazioni criminali composte da più di due persone, ma anche espressamente alla frode e alla corruzione

La Decisione Quadro 2002/629/GAI: la lotta alla tratta degli esseri umani

Immigrazione e trattamento dei migranti rappresentano senza dubbio uno dei regimi giuridici di maggiore complessità con cui l’interprete e l’operatore devono misurarsi. Tale complessità risiede in due ordini di ragioni: da un lato, l’immigrazione è un fenomeno intrecciato con profili di tipo giuridico, economico e sociale, che rendono le questioni in gioco controverse; dall'altra si sovrappongono, si integrano e competono tra loro fonti normative diverse, internazionali, europee e nazionali

Lotta alla tratta degli esseri umani: la distinzione tra smuggling e trafficking

Nel traffico dei migranti (smuggling) il soggetto criminale svolge una funzione assimilabile a quella di una agenzia che offre un servizio di trasporto disinteressandosi completamente del futuro della persona trasportata. All’opposto, nella tratta degli esseri umani (trafficking), di norma, non vi è alcuna pattuizione tra criminale e vittima ed il destino della “merce” ha una rilevanza fondamentale per il trafficante, poiché i reali guadagni derivano dal futuro impiego che il criminale ne farà

La tratta di esseri umani ed il traffico di migranti nella normativa ONU

Le misure introdotte con la Convenzione ed i Protocolli sono estremamente ampie. Tra queste si richiamano, solo per citare le più rilevanti, l’obbligo di criminalizzare i delitti individuati nei testi normativi; l’attuazione di misure di prevenzione; l’attivazione di meccanismi di tutela delle vittime; la previsione di un efficace sistema di cooperazione al fine di individuare, e punire i responsabili; la previsione del recupero del profitto dei crimini, la reciproca assistenza investigativa

Lotta al traffico di esseri umani: obiettivi dei protocolli sulla tratta e sul traffico

Gli obiettivi dei due Protocolli sono stabiliti nei rispettivi articoli 2, norme apparentemente simili, ma caratterizzate da diversità di struttura. Gli scopi sono di prevenire e combattere lo smuggling ed il trafficking promuovendo la cooperazione tra gli Stati e, per il solo Protocollo Tratta, tutelare ed assistere le vittime nel pieno rispetto dei loro diritti umani, laddove il Protocollo Migranti, più riduttivamente, afferma "tutelando al contempo i diritti dei migranti oggetto di traffico"

La Decisione Quadro 2002/629/GAI: evoluzione del quadro normativo europeo

L’adozione della Decisione Quadro sulla tratta di esseri umani giunge a compimento di un eterogeneo percorso normativo all’interno dell’Unione Europea il cui avvio può collocarsi nell'adozione della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen. In seguito, nell’ambito del c.d. terzo pilastro, relativo alla cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, l’U.E. ha sviluppato un approccio globale e pluridisciplinare in materia di prevenzione e contrasto alla tratta di esseri umani

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