1. Premessa.
Ai sensi dell’art. 23, comma 1 lettera g) T.U.Es., il decreto di esproprio deve essere notificato al proprietario del bene espropriando unitamente ad un «avviso contenente l’indicazione del luogo, del giorno e dell’ora in cui è prevista l’esecuzione del decreto di espropriazione, almeno sette giorni prima di essa». Ciò comporta che l’Amministrazione, una volta disposto l’esproprio, non può procedere, sic et simpliciter, all’apprensione del bene, dovendo dare avviso all’originario proprietario del momento in cui è prevista l’esecuzione del decreto di esproprio attraverso l’occupazione materiale dell’immobile [1].
Vediamo ora quali possono essere le conseguenze relative ad un’eventuale tardiva notifica dell’avviso di immissione in possesso.
Secondo autorevole dottrina, la notifica tardiva dell’avviso di immissione ... _OMISSIS_ ...rebbe ritenersi suscettibile di viziare le operazioni di immissione in possesso, con il risultato di inficiare la legittimità dell’esecuzione del decreto di esproprio dalla quale dipende – come visto – l’efficacia dello stesso (l’effetto traslativo), con la grave conseguenza che le successive trasformazioni materiali dei terreni avverrebbero senza un titolo efficace [2].
Ora, però, se è vero che la notifica del decreto di esproprio può avvenire contestualmente alla sua esecuzione (art. 23, comma 1 lettera g) T.U.Es.), è anche vero che la violazione del termine di sette giorni non è idonea ad inficiare la legittimità del provvedimento in commento [3]. Come affermato dalla giurisprudenza, l’eventuale violazione del predetto termine potrebbe comportare l’illiceità dell’immissione in possesso [4], ma solo e soltanto se i proprietari interessati non fossero presenti alle operazioni di immissione in possesso, ciò c... _OMISSIS_ ...anare – per raggiungimento dello scopo – eventuali irregolarità causate dalla tardività della notifica dell’avviso [5]. Si assiste, dunque, ancora una volta, alla celerità tipica che connota l’intero procedimento espropriativo.
2. L’immissione in possesso.
È attraverso la formale e materiale immissione in possesso che il decreto di esproprio può intendersi eseguito.
Si ricorda che, fino alla data in cui il decreto di esproprio viene eseguito, il proprietario ha il diritto di stipulare l’atto di cessione volontaria del bene con il soggetto beneficiario dell’espropriazione, con la – conseguente – applicazione dell’art. 45 T.U.Es.
Ciò ricordato, ai sensi dell’art. 24, comma 1 T.U.Es., l’esecuzione del decreto di esproprio ha luogo «per iniziativa dell’autorità espropriante o del suo beneficiario, con il verbale di i... _OMISSIS_ ...ssesso, entro il termine perentorio di due anni»: si può, pertanto, agevolmente affermare come l’esecuzione del decreto di esproprio possa avvenire sulla base della notifica al proprietario e, successivamente, della redazione del verbale di immissione in possesso. Una prima, diretta, conseguenza è la totale distanza tra il procedimento ablatorio e un contratto privatistico di compravendita: se in questo secondo caso il possesso si trasferisce separatamente dalla proprietà, e l’acquisto del diritto reale avviene a titolo derivativo, con l’espropriazione per pubblica utilità il diritto di proprietà viene acquistato a titolo originario, libero da qualsivoglia ostacolo al dominio sul bene [6].
3. Il termine per l’emanazione e per l’esecuzione del decreto di esproprio.
Il legislatore è stato chiaro nello stabilire che il termine per l’esecuzione del decreto di esproprio, fissato in «... _OMISSIS_ ...;, sia perentorio.
Occorre precisare che – come già ricordato – l’art. 13, commi 3 e 4 T.U.Es., prevede, rispettivamente, che l’atto con cui viene dichiarata la pubblica utilità può indicare il diverso termine entro il quale deve essere emanato il decreto esproprio e, in sua assenza, il provvedimento di cui stiamo ampiamente trattando può essere emanato «entro il termine di cinque anni, decorrente dalla data in cui diventa efficace l’atto che dichiara la pubblica utilità dell’opera», salvo eventuali proroghe «per casi di forza maggiore o per altre giustificate ragioni» (comma 5). Il comma 6 dell’art. 13 prevede, laconicamente, che «la scadenza del termine entro il quale può essere emanato il decreto di esproprio determina l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità».
Orbene, ricapitolando: il termine per l’emanazione del decreto di esproprio è... _OMISSIS_ ...i inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, mentre il termine per l’esecuzione del decreto di esproprio è «perentorio». Ciò significa che, a mente dell’art. 24, comma 7 del T.U.Es., laddove la Pubblica Amministrazione lasci scadere il termine di due anni senza eseguire il decreto di esproprio, dovrà procedere ad una nuova dichiarazione di pubblica utilità, purché entro i successivi tre anni [7]. Ora, viene da chiedersi se la mancata esecuzione del decreto di esproprio nel termine perentorio dei due anni lasci comunque in vita l’eventuale periodo residuo di durata della dichiarazione di pubblica utilità, entro il quale possa essere senz’altro emanato un nuovo decreto di esproprio, eseguibile a sua volta nel successivo biennio. Secondo questa impostazione, derivante da esigenze di carattere pratico, la perentorietà riguarderebbe solo la natura del termine biennale per l’esecuzione del decreto di esproprio senza avere anc... _OMISSIS_ ...tto di travolgere, in caso di inottemperanza, gli effetti della eventuale durata residua della originaria pubblica utilità. Tuttavia il citato comma 7 lascia poco spazio a tali congetture, disponendo puramente e semplicemente che, decorso il termine perentorio dei due anni, nei successivi tre anni può essere nuovamente dichiarata la pubblica utilità, il che presuppone evidentemente – e non può avere altro significato – che l’originaria dichiarazione sia venuta meno a causa dello spirare infruttuoso del biennio dall’emanazione del decreto di esproprio, non potendo più supportare una riemanazione del decreto di esproprio, se non, appunto nei modi e nei tempi previsti dal comma 7.
Si sottolinea, inoltre, che la facoltà, delineata nel comma 7 in commento, può essere esercitata solo a condizione che il vincolo preordinato all’esproprio non sia a sua volta decaduto. Qualora fosse necessario, pertanto, la pubblica amministrazione, pr... _OMISSIS_ ...are il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità, dovrebbe anche reiterare il vincolo preordinato all’esproprio eventualmente scaduto, applicando la disposizione di cui all’art. 9, comma 4 T.U.Es. [8], con l’ulteriore applicazione delle norme di cui all’art. 39 T.U.Es. [9] in ordine all’indennizzo da erogare al proprietario nel caso di reiterazione del vincolo [10].
Questa soluzione è corroborata anche dalla giurisprudenza, secondo la quale il termine di cinque anni, decorrente dall’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, è correlato all’emanazione del decreto di esproprio: qualora, entro il predetto lasso temporale, ne segua l’emanazione, il provvedimento ablativo conclusivo del procedimento di espropriazione per pubblica utilità risulta legittimo, perché emanato nei termini di legge [11]. In caso di proroga dei termini per l’emanazione del decreto di esproprio, come pr... _OMISSIS_ ...uo;art. 13, comma 6 T.U.Es., il decreto di esproprio, emanato dopo il decorso del termine di cinque anni ed entro il termine prorogato, non sarà illegittimo [12].
Richiamando quanto già ampiamente indicato nel primo capitolo della presente opera in ordine al termine per l’emanazione del decreto, si riporta ancora un’ultima pronuncia giurisprudenziale, secondo la quale diretta conseguenza di quanto poc’anzi sostenuto è che, scaduta la dichiarazione di pubblica utilità, non può essere consentito alla Pubblica Amministrazione di emanare un decreto di esproprio “postumo”, volto a legittimare a posteriori la irreversibile trasformazione dell’area e l’avvenuta realizzazione dell’opera pubblica, perché in tal caso si finirebbe di fatto per far rivivere l’istituto dell’occupazione acquisitiva, non più ammessa né nel nostro ordinamento né in quello eurounionale [13].
Tornando al «nostr... _OMISSIS_ ...e perentorio di due anni per l’esecuzione del decreto di esproprio, si sottolinea la particolare importanza della fase procedimentale analizzata dall’art. 24 T.U.Es., in quanto – si ricorda – è proprio con l’esecuzione del decreto di esproprio che si verifica l’effetto principale dell’intero procedimento espropriativo, vale a dire il passaggio di proprietà. La giurisprudenza ha recentemente ribadito che, allorquando il decreto di esproprio non sia stato portato ad esecuzione entro il termine di due anni, previsto dall’art. 24, comma 1, d.P.R. n. 327 del 2001, ai sensi del comma 7 dell’art. 24 cit. l’autorità espropriante può dare nuovo impulso alla procedura espropriativa adottando un ulteriore atto che comporta anche la dichiarazione di pubblica utilità [14]. Un avveduto lettore potrebbe, allora, contestare la «perentorietà» del termine indicato per l’esecuzione del decreto di esproprio, ... _OMISSIS_ ...sh; è previsto dalla stessa legge un escamotage volto a bypassare – mi si passino i termini – proprio la scadenza del termine predetto. In realtà, non è proprio così: il decorso del termine di due anni senza la formale immissione in possesso comporta che il decreto di esproprio non possa più essere eseguito, con la fondamentale precisazione che – trattandosi di fase successiva e diversa rispetto all’emanazione del decreto di esproprio – le conseguenze saranno esclusivamente perimetrate sulla sua efficacia e non anche sulla sua legittimità [15]. Di recente ed in conformità con quanto appena riportato, la Corte di Cassazione ha affermato che, in mancanza del verbale di immissione in possesso entro il termine di due anni, il decreto di esproprio diviene definitivamente inefficace e non si realizza l’effetto estintivo sulla proprietà e sugli altri diritti gravanti sul bene [16].
4. La natura di a... _OMISSIS_ ...ENP|
Come stabilito dall’art. 24, comma 1 T.U.Es., l’esecuzione del decreto di esproprio avviene «con il verbale di immissione in possesso» entro il (già visto) termine di due anni. Si precisa altresì, che lo stato di consistenza del bene può essere compilato anche in un tempo successivo rispetto alla redazione del verbale, purché «senza ritardo e prima che sia mutato lo stato dei luoghi» (art. 24, comma 2 T.U.Es.) ed entrambi i predetti adempimenti devono essere svolti alla presenza del proprietario espropriato o, in sua assenza o in caso di rifiuto, di due testimoni non legati al beneficiario dell’espropriazione (art. 24, comma 3 T.U.Es.).
La giurisprudenza sottolinea come l’immissione in possesso sia da considerare quale adempimento di fondamentale importanza nel corso della procedura espropriativa, tanto da dover essere formalizzato nella redazione del verbale e dello stato di consistenza ... _OMISSIS_ ...PENP|
Per corroborare l’importanza assegnata a questa fase dell’esecuzione del decreto di esproprio, al verbale viene riconosciuta la natura di atto pubblico dotato di fede privilegiata, mentre lo stato di consistenza del bene espropriando costituisce piena prova: ne consegue che – per contestarne la veridicità – sarà necessario proporre querela di falso [18]. Si ribadisce come la natura di atto pubblico del verbale d’immissione in possesso comporta, a norma dell’art. 2700 c.c. [19], che lo stesso fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha redatto, nonché delle dichiarazioni da lui ricevute e degli altri fatti che egli attesti avvenuti in sua presenza o da lui compiuti [20]. A onor del vero, si ricorda che la natura di piena prova riguarda solo l’esistenza di una dichiarazione eventualmente fornita dalla parte al pubblico ufficiale e non anche il suo contenut... _OMISSIS_ ...se la parte sottoscrive la dichiarazione, la prova dell’esistenza della dichiarazione e del suo contenuto diventa ancor più incontrovertibile, ma ciò non significa affatto – come sostenuto condivisibilmente da autorevole dottrina – che la predetta dichiarazione possa assurgere ad «autocertificazione» (con le conseguenze, financo penali, che comporterebbe la mendicità della dichiarazione in sé – artt. 46 e 76 del d.P.R. n. 445/2000), né – tantomeno – che la parte assuma le ve...