1. In generale.
Normalmente, gli atti di cessione volontaria contengono clausole satisfattive e rinunciative, al pari di qualsiasi contratto di diritto comune, che vengono interpretate con l’ausilio degli artt. 1362 e 1363 c.c. [1]. Ne è diretta conseguenza il fatto che, al fine di stabilire se un atto presenta le caratteristiche di una cessione volontaria, in disparte la forma utilizzata, occorre indagare, secondo i canoni di ermeneutica contrattuale, quale sia la comune intenzione delle parti emergente dal complesso dell’atto e verificare se le relative clausole recano, disciplinandoli, tutti gli elementi essenziali della convenzione, oltre alla condizione che l’accordo, tra le parti contraenti, sia stato raggiunto su tutti i predetti elementi [2].
Il Consiglio di Stato, con una pronuncia che ha fatto scuola, ha avuto modo di affermare che, qualora i termini per il completamento della procedura siano scaduti senza ... _OMISSIS_ ...o della proprietà e vi sia stata l’irreversibile trasformazione del bene, la dichiarazione di «non avere null’altro a pretendere a qualsiasi titolo» e simili, contenuta nell’accordo sull’indennità, impedisce ai proprietari di far valere future pretese risarcitorie qualora sia effettuata nel contesto di un accordo di natura transattiva o contestualmente al pagamento dell’indennità [3]. Ciò in quanto non si ritiene configurabile in capo al privato proprietario il diritto ad essere espropriato, né tantomeno un interesse alla forma in cui si attua il trasferimento della proprietà alla parte pubblica (decreto di esproprio o cessione volontaria), ma viene in esistenza un diritto ad ottenere l’indennità nella misura a suo tempo concordata, quando l’esproprio abbia luogo, con le maggiorazioni dovute in conseguenza dell’accettazione.
Qualora, invece, l’esproprio non abbia luogo, viene a caducarsi e ... _OMISSIS_ ...ficacia il negozio relativo all’ammontare dell’indennità: l’occupazione, infatti, diviene illegittima e la pretesa del privato trova titolo risarcitorio nel danno ingiusto, conseguente alla predetta occupazione illegittima e financo alla irreversibile trasformazione del bene. In altre parole, la clausola di «null’altro avere a che pretendere a qualsiasi titolo» può rimanere pienamente legittima ed efficace solo qualora l’esproprio abbia effettivamente luogo (indifferentemente sub specie di decreto di esproprio o di cessione volontaria), ma perde di efficacia laddove non si proceda al trasferimento della proprietà quando il bene sia già stato oggetto di irreversibile trasformazione per la costruzione dell’opera pubblica [4].
Testualmente, secondo il Consiglio di Stato, occorre distinguere «tra l’accordo tra proprietario del bene e la p.a. sull’ammontare dell’indennità, che perde di effi... _OMISSIS_ ...ocedimento non si concluda con il negozio di cessione o con il decreto di esproprio (che nella specie, secondo il tenore dell’atto di appello, sarebbe inutiliter datum, per scadenza dei termini della dichiarazione di pubblica utilità), dalla ipotesi di un vero e proprio accordo, di natura transattiva ( … nel quale si pone fine ad una lite…) o, preferibilmente, rinunziativa, con il quale il privato, nel ricevere ulteriori somme di danaro, dichiari di non avere null’altro a pretendere nei confronti dell’espropriante; tale ultimo accordo non perde efficacia ove il procedimento espropriativo non si concluda nei termini, e, in caso di irreversibile e radicale trasformazione del bene per intervenuta realizzazione dell’opera pubblica, deve escludersi che il suddetto privato possa agire per ottenere il risarcimento del danno conseguente alla perdita della proprietà a seguito della intervenuta accessione invertita. Si ribadisce, pertanto, che... _OMISSIS_ ...o sulla indennità di esproprio, subordinato alla fine legittima della procedura, se resta tale, non contiene né obblighi a disporre, né con esso si dispone (anche con rinunzia) immediatamente di diritti. Tale accordo non è pertanto in alcun modo assimilabile ad un preliminare contenente l’obbligo di prestare il consenso. Quando, tuttavia, il concordamento della espropriazione contenga un quid pluris, perché si accompagna al pagamento e relativa quietanza, e alla dichiarazione di non avere null’altro a pretendere per quel titolo, l’interprete si deve porre il problema dell’effettivo valore da attribuire a tale accordo e in che limiti si possa richiamare la giurisprudenza che riguarda i casi in cui si è realizzata una mera amichevole determinazione della indennità, che esplica i suoi effetti solo quando il procedimento espropriativo segue il suo corso, mentre non esplica alcun effetto quando il procedimento non venga concluso e la pretesa risarcitor... _OMISSIS_ ...tragga origine dalla vicenda ablativa dell’accessione invertita. Ad opinione del Collegio, deve tenersi certamente conto del fatto dell’avvenuto pagamento della indennità di espropriazione, in un quadro normativo che non prevede alcun procedimento o subprocedimento che consenta la concreta percezione di tale indennità senza alcun riverbero sulla vicenda ablativa, così come deve tenersi conto della dichiarazione ampiamente liberatoria resa dai proprietari nei confronti della controparte, in relazione alle future situazioni soggettive, nella quale non può non rilevarsi una dichiarazione di rinunzia a pretese future, comprese quelle risarcitorie. (…) Nella specie, si è in presenza di un accordo, nel quale si è dichiarato di non avere null’altro a pretendere, e al quale è seguito l’effettivo pagamento, seppure non possa dirsi che a tale accordo vada fatta risalire la efficacia traslativa ex art. 1376 c.c.; deve osservarsi che il procedim... _OMISSIS_ ...que concluso con il decreto di esproprio, che non è stato impugnato» [5].
Le conclusioni a cui giunge il Consiglio di Stato sono scevre da ogni dubbio interpretativo: dal punto di vista oggettivo, la scadenza del termine di pubblica utilità farebbe venir meno la causa di un accordo di cessione già stipulato, essendo venuto meno il presupposto fondante il potere ablatorio, e, dal punto di vista soggettivo, anche il volere del proprietario espropriando potrebbe venir meno in caso di sopravvenuta decadenza del potere espropriativo in capo all’ente espropriante [6]. Pertanto, il mero accordo sull’indennità provvisoria non impedisce una futura azione risarcitoria da parte del proprietario in tutti i casi in cui la procedura ablatoria non si concluda con un decreto di esproprio o con una cessione volontaria (id est, rispettivamente, con un provvedimento o contratto pubblico che provochi l’effetto traslativo della proprietà): si ribadisce,... _OMISSIS_ ...a mera accettazione della provvisoria non esplica alcun effetto reale [7].
2. Transazioni, clausole rinunziative e accordi di cessione ex art. 20 T.U.Es.
Con riguardo alle transazioni che chiudono una controversia in cui si sia messa in discussione la legittimità del procedimento ablatorio, come sostenuto da autorevole dottrina, l’eventualità o la convinzione stessa dell’illegittimità della procedura fa parte della rappresentazione della realtà che ha contribuito a determinare la volontà negoziale del proprietario, e non vi è dunque alcun motivo per non attribuire a tale transazione un carattere definitivo ed irrevocabile, rimanendo la parte successivamente inibita ad introdurre giudizi radicati sull’illegittimità dalla quale ha tratto origine la transazione stessa (pur rimarcando che l’accettazione dell’indennità, in sé e per sé considerata, non ha alcun effetto transattivo né rinunziativo).
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_OMISSIS_ ...verso è il discorso in ordine alla preclusione, per il proprietario, della possibilità di far valere illegittimità nuove e diverse rispetto a quelle per cui è sorto l’accordo transattivo in conclusione di precedente controversia. In tali casi, la clausola rinunziativa che si pretende inibitoria e preclusiva di qualsivoglia futura azione si fonda su un fisiologico contraddittorio avente ad oggetto l’ordinaria indennità di esproprio nel presupposto di una normale procedura espropriativa, degenerata eventualmente in occupazione illegittima in un tempo successivo rispetto alla «sottoscrizione della clausola stessa, conclusa tuttavia in un momento in cui la procedura era regolare e le uniche pretese avanzabili erano quelle relative alle indennità per l’espropriazione e l’occupazione stessa. In una situazione del genere non si può certo parlare di “transazione”, ma di normale accordo di cessione, il quale implica per sua stessa natura...
_OMISSIS_ ...unziativo, da parte del proprietario, ad ulteriori pretese economiche» [8].
Come sostenuto dalla medesima autorevole dottrina, è opinabile – mi si passi il termine – l’abuso di posizione dominante da parte della Pubblica Amministrazione, ovvero se la P.A. possa, attraverso la firma di una clausola rinunciativa ad ogni – futura ed eventuale – azione legale, condizionare l’erogazione stessa dell’indennità e, quindi, inducendo il proprietario a firmare obtorto collo, rimanendo, in tal modo, autorizzata a non concludere la procedura o guadagnandosi l’impunità per qualunque irregolarità futura. Una clausola di tal guisa finirebbe per inglobare e confondersi con l’intero atto di cessione volontaria, con l’ulteriore conseguenza che, essendosi la P.A. messa al riparo da eventuali azioni risarcitorie, si svuoterebbe di ogni interesse il formale trasferimento del bene [9]. Ulteriore conseguenza di sif... _OMISSIS_ ...nto sarebbe quella di confondere l’accordo sulla cessione volontaria ex art. 20 T.U.Es. con l’atto di cessione di cui all’art. 45 T.U.Es. I due sono – si ribadisce – diversi anche dal punto di vista pratico, essendo solo il secondo idoneo a trasferire la proprietà a titolo originario in capo all’ente espropriante [10].
A mettere ordine in proposito è intervenuta la Corte di Cassazione, da sempre portatrice di un approccio prudenziale alle clausole di tal guisa. Ed invero, si è sostenuto che l’eventuale accordo tra il proprietario e l’espropriante sull’ammontare dell’indennità perde efficacia laddove il procedimento non si concluda con il decreto di esproprio ovvero con la stipula dell’atto di cessione, tranne, come visto poc’anzi, il caso di un accordo transattivo vero e proprio, con il controbilanciamento di ulteriori somme di denaro in favore del proprietario che abbia rinunciato al ... _OMISSIS_ ... la mancata, formale conclusione dell’iter ablatorio [11]. Nello stesso senso, è stato sostenuto parimenti che non rileva un’eventuale rinuncia del proprietario del bene a procedere all’azione risarcitoria successiva alla irreversibile trasformazione del bene quando non sia stato formalmente concluso il procedimento espropriativo [12].
Anche la dottrina ha seguito la rotta già tracciata dalla giurisprudenza di legittimità, affermando che le clausole rinunziative possono trovare più opportuna collocazione non nell’accordo sull’ammontare dell’indennità, bensì nell’atto di cessione volontaria, con il limite dell’effetto traslativo definitivo che si ha con la stipula dell’atto di cessione e con la conseguenza, intrinseca, che – sempre a seguito della stipula dell’atto di cessione – non potrà più configurarsi alcuna occupazione illegittima da parte della Pubblica Amministrazione, orm... _OMISSIS_ ... bene a titolo originario [13].
3. Clausole satisfattive e accordi di cessione volontaria.
Le clausole satisfattive ben possono essere inserite negli accordi di cessione volontaria: trattasi di quelle clausole in cui il proprietario esprime acquiescenza alla indennità così come quantificata nell’atto di determinazione della provvisoria (art. 20, comma 4 T.U.Es.). Non sfuggirà ad un attento lettore che clausole di tal guisa possono essere ritenute superflue, in quanto l’accordo di cessione già implica una dichiarazione irrevocabile di accettazione dell’indennità di esproprio così come formulata nell’atto notificato al proprietario. Ad ogni buon conto, qualora inserite nell’accordo di cessione volontaria, vale quanto scritto poc’anzi in merito alle clausole rinunziative: in caso di mancata definizione della procedura ablatoria, anche le clausole satisfattive vengono meno (recti... _OMISSIS_ ...icacia) e, ove l’Amministrazione abbia occupato il bene, trasformandolo irreversibilmente, ben potrà essere chiamata a rispondere in sede di un’azione risarcitoria.
Si sottolinea, infine, come l’indennità di espropriazione “cristallizzata” in sede di accordo bonario sia un quid ontologicamente diverso rispetto al risarcimento del danno, che ben potrà essere liquidato in un quantum diverso rispetto alla somma indennitaria [14].
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[1] Art. 1362 c.c.: &...