La giurisdizione del G.A. nell'accertamento dell'eccezione di usucapione ventennale

Sintesi: Il G.A. é competente a decidere circa l'eccezione di intervenuta usucapione in materia espropriativa ricondotta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, primo comma, lett g) c.p.a., in quanto il giudice amministrativo, ex art. 8 c.p.a., ha il potere di pronunciarsi, incidenter tantum, su questioni pregiudiziali, ancorché veicolate in via di eccezione, attinenti a diritti.

Estratto: «--- 2. Né può rilevare, sotto il profilo del difetto di giurisdizione, l'eccezione (peraltro sollevata dal Comune solamente in via subordinata) di intervenuta usucapione dei terreni.Di fatti, seguendo l’iter argomentativo della decisione del C.G.A. n. 9/2013, alla quale, anche testualmente ci si riporta, occorre ricordare che in forza della nuova disciplina portata dall’articolo 43 D.P.R. 327/2001, e poi riproposta (con rilevanti modifiche) dall’articolo 42 bis D.P.R. cit. – la trasformazione del fondo seguita alla realizzazione dell’opera pubblica non determina più, né l’acquisto della proprietà dell’area in capo alla p.a. procedente, né tantomeno la cessazione dell’illecito (Cons. St., a. plen., 29 aprile 2005, n. 2). Al contrario, la situazione antigiuridica originata dall’occupazione illegittima, colorandosi dei caratteri della permanenza, si protrae fino all’adozione dell’atto di acquisizione sanante, produttivo dell’effetto traslativo della proprietà in favore della p.a. utilizzatrice (C.G.A., 18 febbraio 2009 n. 50 e, nello stesso senso, C.G.A., 25 maggio 2009 n. 483).In questo mutato contesto, sia in ragione della natura permanente dell’illecito sia in considerazione della possibilità riconosciuta al privato di richiedere la restituzione del bene anche a distanza di anni, gioca un ruolo importante l’istituto dell’usucapione, definito dalla dottrina come “il mezzo in virtù del quale, per effetto del possesso protratto per un certo tempo e, talora, di altri requisiti, si produce l’acquisto della proprietà e dei diritti reali di godimento”, la cui ratio sta nell’esigenza di rendere certa e stabile la proprietà al fine di adeguare la situazione di diritto a quella di fatto favorendo altresì, dal punto di vista sociale, chi utilizza il bene impiegandolo in modo produttivo.È proprio l’accertata usucapione ventennale del bene espropriato illegittimamente, quindi, che la giurisprudenza amministrativa ha costantemente indicato quale limite temporale alla possibilità di intraprendere un’azione di risarcimento del danno da parte del privato (T.A.R. Lazio, Roma, II, 14 aprile 2011, n. 3260; T.A.R. Sicilia, Palermo, 1 febbraio 2011, n. 175; T.A.R. Sicilia, Palermo, III, 21 gennaio 2011, n. 115) precisando anche che il possesso ventennale ininterrotto estingue non solo ogni sorta di tutela reale spettante al proprietario del fondo, ma anche quelle obbligatorie tese al risarcimento dei danni subiti poiché retroagendo gli effetti della usucapione quale acquisto a titolo originario, al momento dell’iniziale esercizio della relazione di fatto con il fondo altrui, «viene meno “ab origine” il connotato di illiceità del comportamento della P.A. che occupava “sine titulo” il bene poi usucapito (cfr. Cass. civile,, sez. I, sent. n. 11147 del 4/07/2012 e sez. II, 24 febbraio 2009 n. 4434; T.A.R. Palermo, III, 6 dicembre 2011, n. 2278).I riscontrati rapporti tra usucapione ed espropriazione sono rilevanti anche con riferimento alla giurisdizione. L’art. 133 comma 1, lett. g) c.p.a. devolve, come noto, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi ed i comportamenti, riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere della p.a. in materia di espropriazione per pubblica utilità. Il G.A., inoltre, ex art. 8 c.p.a. può conoscere (anche fuori dei casi di giurisdizione esclusiva), seppur solo in via incidentale e senza efficacia di giudicato “tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale”; pertanto, ai sensi dell’art. 8 summenzionato, il giudice amministrativo ha il potere di pronunciarsi, incidenter tantum, soltanto su questioni pregiudiziali, ancorché veicolate in via di eccezione, attinenti a diritti (con esclusione, in ogni caso, dell’incidente di falso e delle questioni sullo stato e capacità delle persone), ai circoscritti fini della soluzione della vertenza ad esso demandata in via principale.Nel caso di specie in cui parte ricorrente agisce avverso gli atti della procedura ablativa sopra descritta, l’eccezione di usucapione sollevata dalla difesa del Comune intimato, non sposterebbe, quindi, la giurisdizione al Giudice ordinario, potendo questo giudice, chiamato a decidere sulla legittimità degli atti autoritativamente adottati nel procedimento ablativo che ha colpito i beni oggetto del presente ricorso, ove si ritenesse necessario, pronunciarsi incidenter tantum anche sull’eccezione di usucapione, salvi gli ulteriori poteri accertativi del giudice ordinario.»

Sintesi: Il Giudice Amministrativo può esaminare l’eccezione di intervenuta usucapione implicante l’accertamento dell’esistenza del diritto di proprietà della P.A. in conseguenza del mero possesso ultraventennale, e quindi estranea alla sfera della giurisdizione esclusiva in materia espropriativa, in via incidentale, ai sensi dell’art. 8 c.p.a. (trattandosi di una questione incidentale relativa a diritti la cui risoluzione è necessaria per pronunciare sulla questione principale).

Estratto: «Invece, è fondata l’ulteriore eccezione della parte resistente basata sulla tesi che la proprietà dell’area di sedime della strada in questione si è trasferita al demanio comunale in forza di usucapione ex art. 1158 c.c.. Va premesso che il Giudice Amministrativo può esaminare tale eccezione (implicante l’accertamento dell’esistenza del diritto di proprietà della P.A. in conseguenza del mero possesso ultraventennale, e quindi estranea alla sfera della giurisdizione esclusiva in materia espropriativa) in via incidentale, ai sensi dell’art. 8 c.p.a. (trattandosi di una questione incidentale relativa a diritti la cui risoluzione è necessaria per pronunciare sulla questione principale) e che il menzionato art. 1158 c.c. dispone che: “La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per venti anni”.In proposito, va precisato che la strada di che trattasi (viale dello Sport, già via dello Stadio) – come condivisibilmente affermato dal C.T.U. nominato dal Tribunale Civile di Taranto (Sezione Distaccata di Grottaglie) nella relazione tecnica d’ufficio a chiarimenti depositata il 18 Dicembre 2009 – è stata effettivamente realizzata solo alla fine degli anni ’80 (al riguardo, il Collegio intende avvalersi del disposto dell’art. 11 sesto comma c.p.a., statuente che: “Nel giudizio riproposto davanti al giudice amministrativo, le prove raccolte nel processo davanti al giudice privo di giurisdizione possono essere valutate come argomenti di prova”), e sottolineato che questo T.A.R. ha già chiarito che, in simili fattispecie, l’inizio della situazione giuridica utile per l’usucapione, ossia la trasformazione della (mera) detenzione in possesso, si verifica solo dopo la scadenza del termine massimo di occupazione legittima del terreno (Cfr. “ex plurimis”: T.A.R. Puglia Lecce, I Sezione, 2 Novembre 2011 n° 1913).Pertanto, considerato che l’occupazione d’urgenza dell’area in questione, disposta dal Sindaco di Grottaglie con decreto emanato il 14 Maggio 1981, è divenuta illegittima in data 6 Ottobre 1986 (alla scadenza del termine di cinque anni per l’ultimazione dei lavori e delle espropriazioni fissato dal Comune con la deliberazione consiliare n° 169 del 6 Ottobre 1980, prorogato di un anno dall’art. 1 comma 5-bis del Decreto Legge 22 Dicembre 1984 n° 901, convertito dalla Legge 1° Marzo 1985 n° 42) e che l’atto di citazione introduttivo del presente giudizio (poi riassunto dinanzi a questo T.A.R.) è stato notificato il 10 Maggio 2005, quindi, prima del compimento dei venti anni necessari per la maturazione dell’usucapione dei beni immobili (ai sensi dell’art. 1158 Codice Civile) – in linea di principio – dovrebbe essere rigettata la predetta eccezione, anche tenuto conto che, in forza dell’art. 11 secondo comma c.p.a., “sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda (originaria) se il processo è riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato”.Il Collegio osserva, però, che con l’azione civile proposta in data 10 Maggio 2005 non era stata richiesta la restituzione del bene immobile de quo, sicché la relativa domanda giudiziale (poi riassunta dinanzi a questo T.A.R.) non è idonea, ai sensi dell’art. 1165 codice civile, ad interrompere il termine ventennale previsto dall’art. 1158 c.c. per il perfezionamento dell’acquisizione per usucapione del bene immobile.Infatti, la Suprema Corte di Cassazione ha più volte chiarito che, in tema di usucapione, non può riconoscersi efficacia interruttiva se non ad atti che comportino, per il possessore, la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa, ovvero ad atti giudiziali diretti ad ottenere “ope iudicis” la privazione del possesso nei confronti del possessore usucapente (ex multis: Cassazione Civile, II Sezione, 25 Luglio 2011 n° 16234).Infatti, il ricorrente ha chiesto la restituzione delle aree di che trattasi solo con i motivi aggiunti proposti il 15 Gennaio 2013, quando – ormai – l’acquisto dei beni immobili per usucapione si era già perfezionato in capo al Comune di Grottaglie, con il decorso del termine ventennale (dal 6 Ottobre 1986 al 6 Ottobre 2006) previsto dall’art. 1158 codice civile.»

Sintesi: Il Giudice Amministrativo investito nella domanda risarcitoria conseguente ad intervenuta occupazione illegittima, può esaminare l'eccezione di usucapione (implicante l’accertamento dell’esistenza del diritto di proprietà della P.A. in conseguenza del mero possesso ultraventennale, e quindi estranea alla sfera della giurisdizione esclusiva in materia espropriativa), in via incidentale, ai sensi dell’art. 8 c.p.a. (trattandosi di una questione incidentale relativa a diritti la cui risoluzione è necessaria per pronunciare sulla questione principale).

Estratto: «Nel merito, il ricorso è infondato e va respinto.Il Tribunale ritiene, infatti, condivisibile l’eccezione (di tipo riconvenzionale) sollevata dalla difesa dell’A.N.A.S. S.p.A. basata sulla tesi che la proprietà dell’area in questione – limitatamente alla superficie occupata di mq. 2.690 – si è trasferita al demanio statale in forza di acquisizione per usucapione ventennale, ai sensi dell’art. 1158 codice civile.Premesso che il Giudice Amministrativo può esaminare tale eccezione (implicante l’accertamento dell’esistenza del diritto di proprietà della P.A. in conseguenza del mero possesso ultraventennale, e quindi estranea alla sfera della giurisdizione esclusiva in materia espropriativa) in via incidentale, ai sensi dell’art. 8 c.p.a. (trattandosi di una questione incidentale relativa a diritti la cui risoluzione è necessaria per pronunciare sulla questione principale) e che il menzionato art. 1158 del codice civile dispone che: “La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per venti anni”, si osserva che questo T.A.R. ha più volte precisato che, in simili fattispecie, l’inizio della situazione giuridica utile per l’usucapione, ossia la trasformazione della (mera) detenzione in possesso, si verifica subito dopo la scadenza del termine massimo di occupazione legittima del terreno - invece, durante il termine di occupazione legittima, la prevista corresponsione dell’indennità di occupazione al proprietario implica il riconoscimento del diritto dominicale di quest’ultimo - (Cfr: T.A.R. Puglia Lecce, I Sezione, 2 Novembre 2011 n° 1913; Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana, 14 Gennaio 2013 n° 9).Pertanto, considerato che l’occupazione d’urgenza dell’area in questione avvenuta (per esplicita ammissione della parte ricorrente) nell’anno 1972, è divenuta illegittima il 1° Gennaio 1978 (alla scadenza del termine quinquennale di legge) e che il ricorso introduttivo del presente giudizio è stato proposto solo il 16 Marzo 2012 (senza essere preceduto da alcun atto giudiziario interruttivo del possesso “ad usucapionem”), quindi, ben dopo il compimento dei venti anni di possesso continuato (non interrotto, pacifico, pubblico e non equivoco) emergenti “per tabulas” (il ricorrente ammette che l’area de qua è entrata nel possesso dell’A.N.A.S. S.p.A. a partire dall’anno 1972), si può concludere nel senso dell’avvenuto perfezionamento dell’acquisto per usucapione in favore della Pubblica Amministrazione della proprietà del bene immobile di che trattasi (ex art. 1158 Codice Civile), limitatamente alla superficie di mq. 2.690 utilizzata per la costruzione dell’opera pubblica Strada Statale 16 - 275 - Variante Maglie/Scorrano.Con la precisazione che l’esibita certificazione A.N.A.S. datata 19 Aprile 1993 non può essere ritenuta idonea ad interrompere il predetto termine ventennale, posto che ai fini della configurabilità del riconoscimento del diritto del proprietario da parte del possessore, idoneo ad interrompere il termine utile per il verificarsi dell’usucapione (ai sensi degli artt. 1165 e 2944 Codice Civile), non è sufficiente un mero atto che evidenzi la consapevolezza del possessore circa la spettanza ad altri del diritto da lui esercitato come proprio, ma si richiede che il possessore, per il modo in cui questa conoscenza è rivelata, esprima la volontà non equivoca di attribuire il diritto reale al suo titolare (Cassazione Civile, II Sezione, 23 Giugno 2006 n° 14654).L’insegnamento prevalente e condivisibile della giurisprudenza civile e amministrativa ha chiarito che la possibilità del privato proprietario del bene immobile occupato d’urgenza dalla P.A. (e sottoposto a procedimento ablatorio non perfezionato con l’emanazione del decreto finale di esproprio) di rivendicare il bene stesso e chiederne la restituzione incontra, comunque, il limite dell’intervenuta usucapione eccepita dall’Amministrazione convenuta, che non appare preclusa dalla disciplina contenuta nel D.P.R. 8 Giugno 2001 n° 327, anche perché in tal caso la possibilità per la P.A. di un acquisto postumo del diritto di proprietà con un provvedimento amministrativo avente efficacia sanante (ex art. 42-bis) è logicamente incompatibile con il già intervenuto acquisto del bene immobile a titolo di usucapione (ex multis: Corte di Cassazione Civile, I Sezione, 4 Luglio 2012 n° 11147).In conclusione, nella vicenda concreta de qua, l’accertamento (in via incidentale) dell’eccepito acquisto per usucapione da parte dell’A.N.A.S. S.p.A. della proprietà dell’area occupata in questione (perfezionatosi in data 1° Gennaio 1998) determina l’estinzione dei diritti azionati dal ricorrente (l‘invocata tutela reale e obbligatoria) e far venir meno “ab origine” l’elemento costitutivo della fattispecie risarcitoria, consistente nell’illiceità della condotta lesiva della situazione giuridica soggettiva dedotta, non solo per il periodo successivo al decorso del termine ventennale, ma anche per quello anteriore, in virtù della retroattività degli effetti dell’acquisto a titolo originario per usucapione (Cfr: Corte di Cassazione Civile, Sezioni Unite, 19 Ottobre 2011 n° 21575; Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana, 14 Gennaio 2013 n° 9).»

Sintesi: Il G.A. può esaminare l’eccezione per usucapione ventennale (implicante l’accertamento dell’esistenza del diritto di proprietà della P.A. in conseguenza del mero possesso ultraventennale, e quindi estranea alla sfera della giurisdizione esclusiva in materia espropriativa), in via incidentale, ai sensi dell’art. 8 c.p.a. (trattandosi di una questione incidentale relativa a diritti la cui risoluzione è necessaria per pronunciare sulla questione principale).

Estratto: «Il Tribunale ritiene, infatti, condivisibile l’eccezione (di tipo riconvenzionale) sollevata dal Comune di Brindisi nella memoria difensiva finale depositata l’11 Marzo 2013, basata sulla tesi che la proprietà dell’area in questione si è trasferita al demanio comunale in forza di acquisizione per usucapione ventennale, ai sensi dell’art. 1158 codice civile. Va premesso che il Giudice Amministrativo può esaminare tale eccezione (implicante l’accertamento dell’esistenza del diritto di proprietà della P.A. in conseguenza del mero possesso ultraventennale, e quindi estranea alla sfera della giurisdizione esclusiva in materia espropriativa) in via incidentale, ai sensi dell’art. 8 c.p.a. (trattandosi di una questione incidentale relativa a diritti la cui risoluzione è necessaria per pronunciare sulla questione principale), e che il menzionato art. 1158 del codice civile dispone che: “La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per venti anni”.Si deve sottolineare, in primo luogo, che il Comune di Brindisi ha acquisito il pieno possesso dell’area di che trattasi il 26 Giugno 1987 (a seguito della stipula, perfezionata in tale data tra il dante causa delle ricorrenti ed il Comune medesimo, del “contratto preliminare di cessione di beni interessati da provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità”), posto che – sebbene, in linea generale, va configurata come detenzione qualificata e non come possesso la condizione del promissario acquirente che esercita un potere di fatto sull’immobile che ha ottenuto in consegna alla stipula del preliminare di compravendita – non può, però, essere trascurato che, nella particolare fattispecie concreta de qua (caratterizzata dal raggiungimento di un’intesa tra proprietari e P.A. per la bonaria cessione delle aree ricadenti nel Piano di zona ed interessate dalla già attivata procedura espropriativa), le parti del contratto preliminare (stipulato in data 26 Giugno 1987), sul dichiarato presupposto che “Il Comune di Brindisi ha manifestato l’esigenza di ottenere l’immediato possesso delle aree stesse, così da poter definire l’assegnazione alle Cooperative edilizie interessate ed avviare i programmi costruttivi già finanziati dalla Regione” e che “Il sig. dott. Vincenzo Melpignano ha aderito alle richieste dell’Amministrazione Comunale dichiarandosi disposti alla stipula di un preliminare di cessione che preveda anche l’immediato trasferimento del possesso delle aree interessate dalla procedura espropriativa ed il pagamento, in acconto all’intero prezzo di cessione, di un importo pari al 30% circa”, hanno esplicitamente stabilito (al punto 5 del contratto preliminare) che: “Il sig. dott. Vincenzo Melpignano sempre contestualmente alla firma del presente atto trasferisce al Comune di Brindisi il possesso (e non la mera detenzione, n.d.r.) delle aree di sua proprietà innanzi indicate…..rimanendo esonerato da ogni e qualsiasi responsabilità conseguente dal possesso delle predette aree” (“in claris non fit interpretatio”), sicché, nella specie, la P.A. si è immessa (con il consenso esplicito dell’avente diritto) nel pieno possesso delle aree di che trattasi (da utilizzare per pubbliche finalità) al momento della stipula del contratto preliminare o, al più tardi, alla scadenza del termine di sessanta giorni previsto dal preliminare per la stipula del contratto definitivo di vendita, in analogia (e parallelamente) a ciò che accade in sede di occupazione anticipata d’urgenza (dopo la scadenza del termine di durata dell’occupazione legittima), avendo questo T.A.R. più volte precisato che, in tal caso, l’inizio della situazione giuridica utile per l’usucapione, ossia la trasformazione della (mera) detenzione in possesso, si verifica subito dopo la scadenza del termine massimo di occupazione legittima del terreno (Cfr: T.A.R. Puglia Lecce, I Sezione, 2 Novembre 2011 n° 1913).Quindi, considerato che il ricorso introduttivo del presente giudizio è stato proposto solo il 31 Maggio 2011 (senza essere preceduto da alcun idoneo atto giudiziario interruttivo del possesso “ad usucapionem”), quindi, ben dopo il compimento dei venti anni di possesso continuato (non interrotto, pacifico, pubblico e non equivoco) emergenti “per tabulas”, si può concludere nel senso dell’avvenuto perfezionamento dell’acquisto per usucapione in favore della Pubblica Amministrazione della proprietà del bene immobile di che trattasi (ex art. 1158 Codice Civile), utilizzato per la costruzione delle opere previste dal P.E.E.P. (approvato nel 1984).»

Sintesi: Il G.A. é competente a decidere circa l'eccezione di intervenuta usucapione in materia espropriativa ricondotta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 34 D. Lg. n.80/l 1998 ed oggi ai sensi dell'art.53 del T.U. espropriazioni. Ove poi si ritenga che la pronuncia sull’usucapione non rientra nell’ambito rimesso alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, primo comma, lett g) c.p.a. in quanto la specifica questione non è riconducibile, anche mediatamente, all’esercizio del pubblico potere, si deve affermare che, se il giudice amministrativo può conoscere in via incidentale di tutte le questioni pregiudiziali relative a diritti ai sensi dell’art. 8 c.p.a. nelle materie in cui non ha giurisdizione esclusiva, a maggior ragione ne può conoscere alla stessa stregua nelle materie in cui ha giurisdizione esclusiva.

Sintesi: Al giudice ordinario, sono devolute tutte le controversie relative all’accertamento del possesso ventennale ininterrotto necessario per l’usucapione in quanto, ove l’interesse di parte ricorrente fosse da correlarsi unicamente al dedotto diritto di proprietà derivante dall’acquisto a titolo originario per intervenuta usucapione, sulla controversia deve pronunciarsi il giudice ordinario.

Estratto: «4.4 Ad oltre nove mesi dalla sentenza di incostituzionalità dell’originario art.43, con l’art.34 del Decreto-Legge 6.7.2011, n.98 convertito in Legge 15.7.2011, n.111 (in materia di misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria) è stato reintrodotto attraverso l’art.42-bis l’istituto dell’acquisizione coattiva dell’immobile del privato utilizzato dall’Amministrazione per fini di interesse pubblico, potendosi acquisire al suo patrimonio indisponibile il bene del privato allorché la sua utilizzazione risponde a “scopi di interesse pubblico” nonostante difetti un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità. L’obbligo motivazionale ai sensi del nuovo comma 4 impone di dare conto dell’assenza di ragionevoli alternative alla adozione del nuovo provvedimento, che entro trenta giorni va anche comunicato alla Corte dei Conti (comma 7); ancora nella nuova versione (commi 1, 2, 3 e 4) si fa riferimento all’indennizzo, piuttosto che al risarcimento del danno, quale corrispettivo dell’attività posta in essere dall’Amministrazione, ciò forse per la liceità dell’attività, non retroattiva, posta in essere dall’Autorità agente. Laddove prima, anche in sede di contenziosi diretti alla restituzione di un bene utilizzato per scopi di interesse pubblico, la P.A. poteva chiedere che il giudice amministrativo disponesse la condanna al risarcimento del danno, con esclusione della restituzione, e successiva adozione del provvedimento sanante dall’Amministrazione interessata, ora (comma 2) il provvedimento di acquisizione può essere adottato anche in corso di giudizio di annullamento previo ritiro dell’atto impugnato; il potere acquisitivo dell’Amministrazione è esercitabile anche in presenza di una pronunzia giurisdizionale passata in giudicato che abbia annullato il provvedimento che costituiva titolo per l’utilizzazione dell’immobile da parte della stessa Amministrazione, atteso che il giudicato è intervenuto sull’atto annullato e non sul rapporto tra privato ed Amministrazione. Il nuovo atto, che l’Amministrazione è legittimata ad adottare finché perdura lo stato di utilizzazione pur se illegittima del bene del privato, è distinto da quello annullato, tant’è che non opera con efficacia retroattiva e non ha una funzione sanante del provvedimento annullato; in ogni caso la P.A. deve porre in essere tutte le iniziative necessarie per porre fine alla perdurante situazione di illiceità, restituendo il bene al privato solo quando siano cessate le ragioni di pubblico interesse che avevano comportato l’utilizzazione del suolo, dovendo in caso contrario acquisire al suo patrimonio indisponibile il bene su cui insiste o dovrà essere realizzata l’opera pubblica o di pubblico interesse.Premesso che in ogni caso non sarà possibile la restituzione della nuda proprietà superficiaria al privato, atteso che ciò che rileva è appunto l’idoneità del bene del privato a soddisfare, attraverso la sua trasformazione fisica, l’interesse pubblico perseguito dall’Amministrazione, la prima giurisprudenza (T.A.R. Sicilia, Catania, III, 19.8.2001, n.2102) successiva all’entrata in vigore del nuovo art.42-bis ha ritenuto che il giudice amministrativo, anche nell’esercizio dei propri poteri equitativi e nella logica di valorizzare la ratio della novella legislativa di far sì che l’espropriazione della proprietà privata per scopi di pubblica utilità non si trasformi in un danno ingiusto a carico del cittadino e che gli effetti indennitari e/o risarcitori conseguano necessariamente ad un formale provvedimento della PA, possa accogliere la domanda risarcitoria derivante dall’occupazione senza titolo di un bene privato per scopi di interesse pubblico, se irreversibilmente trasformato, differendone però gli effetti all’emissione di un formale provvedimento acquisitivo ai sensi dello stesso art.42-bis.Si potrebbe obiettare che si prescinde in tal modo dalle problematiche di carattere applicativo e che l’acquisizione sanante è inidonea a fungere da strumento di giuridico di tutela del principio di legalità, ma è un dato che la previsione di una “legale via d’uscita” con l’esercizio di un potere basato sull’accertamento dei fatti e sulla valutazione degli interessi in conflitto (che di fatto trasforma un comportamento in un’attività amministrativa supportata dalla presunzione di legittimità) è già stata ritenuta immune da questioni di costituzionalità (Cons. Stato, VI, 15.3.2012, n.1438) in quanto conforme alle disposizioni della CEDU ed alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo che in passato ha condannato la Repubblica italiana proprio perché i giudici nazionali avevano riscontrato la perdita della proprietà in assenza di un valido provvedimento motivato. L’art. 42-bis, pur facendo salvo il potere di acquisizione sanante in capo alla P.A., non ripropone lo schema processuale previsto dal comma 2 dell’originario art.43, che attribuiva all’Amministrazione la facoltà e l’onere di chiedere la limitazione alla sola condanna risarcitoria ed al giudice il potere di escludere senza limiti di tempo la restituzione del bene, con il corollario dell’obbligatoria e successiva emanazione dell’atto di acquisizione. Ciò nonostante, il potere discrezionale dell’Amministrazione di disporre l’acquisizione sanante è conservato (Cons. Stato, IV, 16.3.2012, n.1514): l’art.42-bis infatti regola i rapporti tra potere amministrativo di acquisizione in sanatoria e processo amministrativo di annullamento, in termini di autonomia, consentendo l’emanazione del provvedimento dopo che “sia stato annullato l'atto da cui sia sorto il vincolo preordinato all'esproprio, l'atto che abbia dichiarato la pubblica utilità di un'opera o il decreto di esproprio” od anche, “durante la pendenza di un giudizio per l'annullamento degli atti citati, se l'amministrazione che ha adottato l'atto impugnato lo ritira”; non regola più invece, come innanzi accennato, i rapporti tra azione risarcitoria, potere di condanna del giudice e successiva attività dell’Amministrazione, sicché ove il giudice, in applicazione dei principi generali condannasse l’Amministrazione alla restituzione del bene, il vincolo del giudicato eliderebbe irrimediabilmente il potere sanante dell’Amministrazione (salva ovviamente l’autonoma volontà transattiva delle parti) con conseguente frustrazione degli obiettivi avuti a riferimento dal legislatore. L’ordinamento sovranazionale che lo Stato ha recepito, anche a fronte della sopravvenuta irreversibile trasformazione del suolo per effetto della realizzazione di un’opera pubblica astrattamente riconducibile al compendio demaniale necessario e nonostante l’espressa domanda in tal senso di parte ricorrente, esclude la possibilità di una condanna puramente risarcitoria a carico dell’Amministrazione, poiché una tale pronuncia postula l’avvenuto trasferimento della proprietà del bene, per fatto illecito, dalla sfera giuridica del ricorrente, originario proprietario, a quella della P.A. che se ne è illecitamente impossessata, esito, questo (comunque sia ricostruito in diritto: rinuncia abdicativa implicita nella domanda solo risarcitoria, ovvero accessione invertita), vietato dal primo Protocollo addizionale della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (cfr. T.A.R. Umbria, 22.10.2012, n.451; Cons. Stato, Sez. IV, 3 ottobre 2012 n. 5189).5. Il Collegio ritiene dunque che, atteso che non può più essere azionato il meccanismo procedimentale accelerato previsto dal citato art.43 (Cons. Stato, IV, 29.8.2012, n.4650) e che la realizzazione dell'opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato è in sé un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell'acquisto e come tale inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà (Cons. Stato, IV, 29.8.2011, n.4833; 28.1.2011, n.676), l'Amministrazione possa divenire proprietaria o al termine del procedimento, che si conclude sul piano fisiologico con il decreto di esproprio o con la cessione del bene espropriando, oppure quando, essendovi una patologia per cui il bene è stato modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, viene emesso il decreto di acquisizione al patrimonio indisponibile ai sensi dell'art. 42-bis, indennizzando il proprietario per il mancato utilizzo del bene (5% di interesse annuo sul valore venale di ogni anno), per il lamentato danno patrimoniale (al valore venale attuale) e non patrimoniale (10% del valore venale attuale salvo casi particolari in cui è il 20%).In verità deve ritenersi possibile (T.A.R. Sicilia, Palermo, 5.7.2012, n.1402) l’usucapione da parte della Pubblica Amministrazione in presenza dei presupposti di cui all’art.1158 c.c. (possesso ininterrotto, non violento, non clandestino, da oltre un ventennio) ed alle condizioni di cui al D. Lgs. n.28/2010, con possibilità di un risparmio di spesa dovendosi corrispondere solo danno non patrimoniale e da mancato utilizzo. Sul punto la giurisprudenza ha precisato che “Il Tribunale Amministrativo é competente a decidere circa l'eccezione di intervenuta usucapione in materia espropriativa ricondotta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 34 D. Lg. n.80 del 1998 ed oggi ai sensi dell'art.53 del T.U. espropriazioni” (Tar Catania, II, 14.7.2009, n. 1283). Ove poi si ritenga che la pronuncia sull’usucapione non rientra nell’ambito rimesso alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, primo comma, lett g) c.p.a. in quanto la specifica questione non è riconducibile, anche mediatamente, all’esercizio del pubblico potere, si deve affermare che, se il giudice amministrativo può conoscere in via incidentale di tutte le questioni pregiudiziali relative a diritti ai sensi dell’art. 8 c.p.a. nelle materie in cui non ha giurisdizione esclusiva, a maggior ragione ne può conoscere alla stessa stregua nelle materie in cui ha giurisdizione esclusiva; al giudice ordinario, per contro, sono devolute tutte le controversie relative all’accertamento del possesso ventennale ininterrotto necessario per l’usucapione in quanto, ove l’interesse di parte ricorrente fosse da correlarsi unicamente al dedotto diritto di proprietà derivante dall’acquisto a titolo originario per intervenuta usucapione, sulla controversia deve pronunciarsi il giudice ordinario. In sede di conferma della citata pronuncia n.1402 del 2012 del TAR Palermo, si è ancora affermato (Cons. Giust. Ammin., 14.1.2013, n.9) che l’avvenuta usucapione estingue non solo ogni sorta di tutela reale spettante al proprietario del fondo ma anche quelle obbligatorie tese al risarcimento dei danni subiti poiché, retroagendo gli effetti dell’usucapione - quale acquisto a titolo originario – al momento dell’iniziale esercizio della relazione di fatto con il fondo altrui, “viene meno ab origine” il connotato di illiceità del comportamento della PA che occupava “sine titulo” il bene poi usucapito.»

Sintesi: Il Giudice Amministrativo può esaminare l'eccezione di usucapione (implicante l’accertamento dell’esistenza del diritto di proprietà della P.A. in conseguenza del mero possesso ultraventennale, e quindi estranea alla sfera della giurisdizione esclusiva in materia espropriativa) in via incidentale, ai sensi dell’art. 8 c.p.a. (trattandosi di una questione incidentale relativa a diritti la cui risoluzione è necessaria per pronunciare sulla questione principale).

Estratto: «Il Tribunale ritiene, infatti, condivisibile l’eccezione (di tipo riconvenzionale) sollevata dal Comune di Grottaglie basata sulla tesi che la proprietà dell’area in questione si è trasferita al demanio comunale in forza di acquisizione per usucapione ventennale, ai sensi dell’art. 1158 codice civile.Premesso che il Giudice Amministrativo può esaminare tale eccezione (implicante l’accertamento dell’esistenza del diritto di proprietà della P.A. in conseguenza del mero possesso ultraventennale, e quindi estranea alla sfera della giurisdizione esclusiva in materia espropriativa) in via incidentale, ai sensi dell’art. 8 c.p.a. (trattandosi di una questione incidentale relativa a diritti la cui risoluzione è necessaria per pronunciare sulla questione principale) e che il menzionato art. 1158 del codice civile dispone che: “La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per venti anni”, si osserva che questo T.A.R. ha più volte precisato che, in simili fattispecie, l’inizio della situazione giuridica utile per l’usucapione, ossia la trasformazione della (mera) detenzione in possesso, si verifica subito dopo la scadenza del termine massimo di occupazione legittima del terreno - invece, durante il termine di occupazione legittima, la prevista corresponsione dell’indennità di occupazione al proprietario implica il riconoscimento del diritto dominicale di quest’ultimo - (Cfr: T.A.R. Puglia Lecce, I Sezione, 2 Novembre 2011 n° 1913; Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana, 14 Gennaio 2013 n° 9).Pertanto, considerato che l’occupazione d’urgenza dell’area in questione, autorizzata dal Prefetto di Brindisi con decreto emanato il 13 Agosto 1965 (registrato il 25 Agosto 1965), è divenuta illegittima in data 26 Agosto 1967 (alla scadenza del termine biennale fissato nel decreto prefettizio) e che il ricorso introduttivo del presente giudizio è stato proposto solo il 12 Gennaio 2011 (senza essere preceduto da alcun atto giudiziario interruttivo del possesso “ad usucapionem”), quindi, ben dopo il compimento dei venti anni di possesso continuato (non interrotto, pacifico, pubblico e non equivoco) emergenti “per tabulas” (la ricorrente ammette che l’area de qua è entrata nel possesso del Comune di Grottaglie fin dalla realizzazione dell’opera pubblica), si può concludere nel senso dell’avvenuto perfezionamento dell’acquisto per usucapione in favore della Pubblica Amministrazione della proprietà del bene immobile di che trattasi (ex art. 1158 Codice Civile), utilizzato per la costruzione dell’opera pubblica “Casa della Madre e del Bambino” nel rione S. Elia di Grottaglie.»

Sintesi: Sulla domanda riconvenzionale volta all’accertamento dell’intervenuta usucapione del bene occupato, va affermata la giurisdizione del giudice ordinario; venendo in rilievo una domanda riconvenzionale (e non già una mera eccezione), volta alla tutela del diritto di proprietà (rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario, avendo ad oggetto diritti soggettivi), della stessa non può conoscere neanche incidenter tantum il giudice amministrativo ai sensi dell’art. 8 cod. proc. Amm.

Estratto: «Per quanto concerne la domanda riconvenzionale formulata da AQP volta all’accertamento dell’intervenuta usucapione della particella n. 371, va affermata la giurisdizione del giudice ordinario relativamente a detta controversia.Invero, come sottolineato da Cons. Giust. Amm., 14 gennaio 2013, n. 9 e da Cons. Giust. Amm., 13 dicembre 2010, n. 1482, venendo in rilievo una domanda riconvenzionale (e non già una mera eccezione) volta alla tutela del diritto di proprietà (rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario, avendo ad oggetto diritti soggettivi), della stessa non può conoscere neanche incidenter tantum il giudice amministrativo ai sensi dell’art. 8 cod. proc. amm.Rilevava Cons. Stato, Sez. VI, 27 febbraio 2008, n. 713 sotto la vigenza dell’art. 8 legge T.A.R. (la cui formulazione è analoga a quella dell’art. 8 cod. proc. amm.):«I limiti all’accertamento incidentale effettuato - per quanto qui interessa - ai sensi dell’art. 8, l. Tar, non possono sconfinare nella vera e propria tutela dei diritti e consistere, quindi, nella soluzione di controversie riservate all’autorità giudiziaria ordinaria, con conseguente circoscrizione del sindacato giurisdizionale di cui trattasi al contenuto oggettivo degli atti, che siano fonte costitutiva o anche meramente ricognitiva di un diritto, senza che il sindacato stesso possa estendersi ad ulteriori atti o fatti modificativi delle situazioni giuridiche, come usucapioni, prescrizioni, devoluzioni o manifestazioni atipiche di volontà contrattuale.».Ne deriva il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del magistrato ordinario per quanto concerne la cognizione della suddetta domanda riconvenzionale.»

Sintesi: Il G.A. é competente a decidere circa l'eccezione di intervenuta usucapione in materia espropriativa ricondotta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 34 D. Lg. n.80/l 1998 ed oggi ai sensi dell'art.53 del T.U. espropriazioni. Ove poi si ritenga che la pronuncia sull’usucapione non rientra nell’ambito rimesso alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, primo comma, lett g) c.p.a. in quanto la specifica questione non è riconducibile, anche mediatamente, all’esercizio del pubblico potere, si deve affermare che, se il giudice amministrativo può conoscere in via incidentale di tutte le questioni pregiudiziali relative a diritti ai sensi dell’art. 8 c.p.a. nelle materie in cui non ha giurisdizione esclusiva, a maggior ragione ne può conoscere alla stessa stregua nelle materie in cui ha giurisdizione esclusiva.

Sintesi: Al giudice ordinario, sono devolute tutte le controversie relative all’accertamento del possesso ventennale ininterrotto necessario per l’usucapione in quanto, ove l’interesse di parte ricorrente fosse da correlarsi unicamente al dedotto diritto di proprietà derivante dall’acquisto a titolo originario per intervenuta usucapione, sulla controversia deve pronunciarsi il giudice ordinario.

Estratto: «4.4 Ad oltre nove mesi dalla sentenza di incostituzionalità dell’originario art.43, con l’art.34 del Decreto-Legge 6.7.2011, n.98 convertito in Legge 15.7.2011, n.111 (in materia di misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria) è stato reintrodotto attraverso l’art.42-bis l’istituto dell’acquisizione coattiva dell’immobile del privato utilizzato dall’Amministrazione per fini di interesse pubblico, potendosi acquisire al suo patrimonio indisponibile il bene del privato allorché la sua utilizzazione risponde a “scopi di interesse pubblico” nonostante difetti un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità. L’obbligo motivazionale ai sensi del nuovo comma 4 impone di dare conto dell’assenza di ragionevoli alternative alla adozione del nuovo provvedimento, che entro trenta giorni va anche comunicato alla Corte dei Conti (comma 7); ancora nella nuova versione (commi 1, 2, 3 e 4) si fa riferimento all’indennizzo, piuttosto che al risarcimento del danno, quale corrispettivo dell’attività posta in essere dall’Amministrazione, ciò forse per la liceità dell’attività, non retroattiva, posta in essere dall’Autorità agente. Laddove prima, anche in sede di contenziosi diretti alla restituzione di un bene utilizzato per scopi di interesse pubblico, la P.A. poteva chiedere che il giudice amministrativo disponesse la condanna al risarcimento del danno, con esclusione della restituzione, e successiva adozione del provvedimento sanante dall’Amministrazione interessata, ora (comma 2) il provvedimento di acquisizione può essere adottato anche in corso di giudizio di annullamento previo ritiro dell’atto impugnato; il potere acquisitivo dell’Amministrazione è esercitabile anche in presenza di una pronunzia giurisdizionale passata in giudicato che abbia annullato il provvedimento che costituiva titolo per l’utilizzazione dell’immobile da parte della stessa Amministrazione, atteso che il giudicato è intervenuto sull’atto annullato e non sul rapporto tra privato ed Amministrazione. Il nuovo atto, che l’Amministrazione è legittimata ad adottare finché perdura lo stato di utilizzazione pur se illegittima del bene del privato, è distinto da quello annullato, tant’è che non opera con efficacia retroattiva e non ha una funzione sanante del provvedimento annullato; in ogni caso la P.A. deve porre in essere tutte le iniziative necessarie per porre fine alla perdurante situazione di illiceità, restituendo il bene al privato solo quando siano cessate le ragioni di pubblico interesse che avevano comportato l’utilizzazione del suolo, dovendo in caso contrario acquisire al suo patrimonio indisponibile il bene su cui insiste o dovrà essere realizzata l’opera pubblica o di pubblico interesse. Premesso che in ogni caso non sarà possibile la restituzione della nuda proprietà superficiaria al privato, atteso che ciò che rileva è appunto l’idoneità del bene del privato a soddisfare, attraverso la sua trasformazione fisica, l’interesse pubblico perseguito dall’Amministrazione, la prima giurisprudenza (T.A.R. Sicilia, Catania, III, 19.8.2001, n.2102) successiva all’entrata in vigore del nuovo art.42-bis ha ritenuto che il giudice amministrativo, anche nell’esercizio dei propri poteri equitativi e nella logica di valorizzare la ratio della novella legislativa di far sì che l’espropriazione della proprietà privata per scopi di pubblica utilità non si trasformi in un danno ingiusto a carico del cittadino e che gli effetti indennitari e/o risarcitori conseguano necessariamente ad un formale provvedimento della PA, possa accogliere la domanda risarcitoria derivante dall’occupazione senza titolo di un bene privato per scopi di interesse pubblico, se irreversibilmente trasformato, differendone però gli effetti all’emissione di un formale provvedimento acquisitivo ai sensi dello stesso art.42-bis. Si potrebbe obiettare che si prescinde in tal modo dalle problematiche di carattere applicativo e che l’acquisizione sanante è inidonea a fungere da strumento di giuridico di tutela del principio di legalità, ma è un dato che la previsione di una “legale via d’uscita” con l’esercizio di un potere basato sull’accertamento dei fatti e sulla valutazione degli interessi in conflitto (che di fatto trasforma un comportamento in un’attività amministrativa supportata dalla presunzione di legittimità) è già stata ritenuta immune da questioni di costituzionalità (Cons. Stato, VI, 15.3.2012, n.1438) in quanto conforme alle disposizioni della CEDU ed alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo che in passato ha condannato la Repubblica italiana proprio perché i giudici nazionali avevano riscontrato la perdita della proprietà in assenza di un valido provvedimento motivato. L’art. 42-bis, pur facendo salvo il potere di acquisizione sanante in capo alla P.A., non ripropone lo schema processuale previsto dal comma 2 dell’originario art.43, che attribuiva all’Amministrazione la facoltà e l’onere di chiedere la limitazione alla sola condanna risarcitoria ed al giudice il potere di escludere senza limiti di tempo la restituzione del bene, con il corollario dell’obbligatoria e successiva emanazione dell’atto di acquisizione. Ciò nonostante, il potere discrezionale dell’Amministrazione di disporre l’acquisizione sanante è conservato (Cons. Stato, IV, 16.3.2012, n.1514): l’art.42-bis infatti regola i rapporti tra potere amministrativo di acquisizione in sanatoria e processo amministrativo di annullamento, in termini di autonomia, consentendo l’emanazione del provvedimento dopo che “sia stato annullato l'atto da cui sia sorto il vincolo preordinato all'esproprio, l'atto che abbia dichiarato la pubblica utilità di un'opera o il decreto di esproprio” od anche, “durante la pendenza di un giudizio per l'annullamento degli atti citati, se l'amministrazione che ha adottato l'atto impugnato lo ritira”; non regola più invece, come innanzi accennato, i rapporti tra azione risarcitoria, potere di condanna del giudice e successiva attività dell’Amministrazione, sicché ove il giudice, in applicazione dei principi generali condannasse l’Amministrazione alla restituzione del bene, il vincolo del giudicato eliderebbe irrimediabilmente il potere sanante dell’Amministrazione (salva ovviamente l’autonoma volontà transattiva delle parti) con conseguente frustrazione degli obiettivi avuti a riferimento dal legislatore. L’ordinamento sovranazionale che lo Stato ha recepito, anche a fronte della sopravvenuta irreversibile trasformazione del suolo per effetto della realizzazione di un’opera pubblica astrattamente riconducibile al compendio demaniale necessario e nonostante l’espressa domanda in tal senso di parte ricorrente, esclude la possibilità di una condanna puramente risarcitoria a carico dell’Amministrazione, poiché una tale pronuncia postula l’avvenuto trasferimento della proprietà del bene, per fatto illecito, dalla sfera giuridica del ricorrente, originario proprietario, a quella della P.A. che se ne è illecitamente impossessata, esito, questo (comunque sia ricostruito in diritto: rinuncia abdicativa implicita nella domanda solo risarcitoria, ovvero accessione invertita), vietato dal primo Protocollo addizionale della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (cfr. T.A.R. Umbria, 22.10.2012, n.451; Cons. Stato, Sez. IV, 3 ottobre 2012 n. 5189). 5. Il Collegio ritiene dunque che, atteso che non può più essere azionato il meccanismo procedimentale accelerato previsto dal citato art.43 (Cons. Stato, IV, 29.8.2012, n.4650) e che la realizzazione dell'opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato è in sé un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell'acquisto e come tale inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà (Cons. Stato, IV, 29.8.2011, n.4833; 28.1.2011, n.676), l'Amministrazione possa divenire proprietaria o al termine del procedimento, che si conclude sul piano fisiologico con il decreto di esproprio o con la cessione del bene espropriando, oppure quando, essendovi una patologia per cui il bene è stato modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, viene emesso il decreto di acquisizione al patrimonio indisponibile ai sensi dell'art. 42-bis, indennizzando il proprietario per il mancato utilizzo del bene (5% di interesse annuo sul valore venale di ogni anno), per il lamentato danno patrimoniale (al valore venale attuale) e non patrimoniale (10% del valore venale attuale salvo casi particolari in cui è il 20%). In verità deve ritenersi possibile (T.A.R. Sicilia, Palermo, 5.7.2012, n.1402) l’usucapione da parte della Pubblica Amministrazione in presenza dei presupposti di cui all’art.1158 c.c. (possesso ininterrotto, non violento, non clandestino, da oltre un ventennio) ed alle condizioni di cui al D. Lgs. n.28/2010, con possibilità di un risparmio di spesa dovendosi corrispondere solo danno non patrimoniale e da mancato utilizzo. Sul punto la giurisprudenza ha precisato che “Il Tribunale Amministrativo é competente a decidere circa l'eccezione di intervenuta usucapione in materia espropriativa ricondotta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 34 D. Lg. n.80 del 1998 ed oggi ai sensi dell'art.53 del T.U. espropriazioni” (Tar Catania, II, 14.7.2009, n. 1283). Ove poi si ritenga che la pronuncia sull’usucapione non rientra nell’ambito rimesso alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, primo comma, lett g) c.p.a. in quanto la specifica questione non è riconducibile, anche mediatamente, all’esercizio del pubblico potere, si deve affermare che, se il giudice amministrativo può conoscere in via incidentale di tutte le questioni pregiudiziali relative a diritti ai sensi dell’art. 8 c.p.a. nelle materie in cui non ha giurisdizione esclusiva, a maggior ragione ne può conoscere alla stessa stregua nelle materie in cui ha giurisdizione esclusiva; al giudice ordinario, per contro, sono devolute tutte le controversie relative all’accertamento del possesso ventennale ininterrotto necessario per l’usucapione in quanto, ove l’interesse di parte ricorrente fosse da correlarsi unicamente al dedotto diritto di proprietà derivante dall’acquisto a titolo originario per intervenuta usucapione, sulla controversia deve pronunciarsi il giudice ordinario. In sede di conferma della citata pronuncia n.1402 del 2012 del TAR Palermo, si è ancora affermato (Cons. Giust. Ammin., 14.1.2013, n.9) che l’avvenuta usucapione estingue non solo ogni sorta di tutela reale spettante al proprietario del fondo ma anche quelle obbligatorie tese al risarcimento dei danni subiti poiché, retroagendo gli effetti dell’usucapione - quale acquisto a titolo originario – al momento dell’iniziale esercizio della relazione di fatto con il fondo altrui, “viene meno ab origine” il connotato di illiceità del comportamento della PA che occupava “sine titulo” il bene poi usucapito.»

Sintesi: Il giudice amministrativo, ex art. 8 c.p.a., può conoscere, seppur solo in via incidentale e senza efficacia di giudicato, ai circoscritti fini della soluzione della vertenza ad esso demandata in via principale, di "tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale", ancorché veicolate in via di eccezione, (nel caso di specie eccezione di usucapione).

Estratto: «Premesso che il giudice amministrativo, ex art. 8 c.p.a., può conoscere, seppur solo in via incidentale e senza efficacia di giudicato, ai circoscritti fini della soluzione della vertenza ad esso demandata in via principale, di "tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale", ancorché veicolate in via di eccezione, (con esclusione, in ogni caso, dell'incidente di falso e delle questioni sullo stato e capacità delle persone (cfr: CGA 14.1.2013 N. 9), deve rilevarsi, però, che l'eccezione, così come proposta dall'amministrazione, è inammissibile.L’affermazione che l'amministrazione ha la proprietà dell'immobile in forza di usucapione per possesso ultraventennale è infatti del tutto priva di supporto probatorio e rappresenta una pretesa circa la quale non sussiste, allo stato, alcun accertamento avente rilevanza giuridica. Infatti, la mera dichiarazione circa il possesso ultraventennale del suolo occupato non è sufficiente se non è sorretta dalla necessaria dimostrazione di tutti i presupposti richiesti dalla disciplina civilistica in tema di usucapione.L'insussistenza, dunque, di prove a sostegno della pretesa avanzata in termini meramente enunciativi dall'Amministrazione comporta, pertanto, il rigetto anche di tale motivo di gravame.»

Sintesi: Il G.A. é competente a decidere circa l'eccezione di intervenuta usucapione in materia espropriativa ricondotta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Ove poi si ritenga che la pronuncia sull’usucapione non rientri nell’ambito rimesso alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133,primo comma,lett g) c.p.a., in quanto la specifica questione non è riconducibile, anche mediatamente, all’esercizio del pubblico potere, si deve affermare che, se il giudice amministrativo può conoscere in via incidentale di tutte le questioni pregiudiziali relative a diritti ai sensi dell’art. 8 c.p.a., nelle materie in cui non ha giurisdizione esclusiva,a maggior ragione ne può conoscere alla stessa stregua nelle materie in cui ha giurisdizione esclusiva.

Estratto: «2. Infondata è poi l’eccezione di difetto di giurisdizione,da parte del giudice amministrativo, in ordine all’eccezione di intervenuta usucapione.La giurisprudenza ha precisato che “Il tribunale Amministrativo é competente a decidere circa l'eccezione di intervenuta usucapione in materia espropriativa ricondotta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 34 d.lg. 80/98, ed oggi ai sensi dell'art. 53 del t.u. espropriazioni” (Tar Catania, sez. II, 14 luglio 2009, n. 1283).Ove poi si ritenga che la pronuncia sull’usucapione non rientra nell’ambito rimesso alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133,primo comma,lett g) c.p.a.,in quanto la specifica questione non è riconducibile, anche mediatamente, all’esercizio del pubblico potere, si deve affermare che, se il giudice amministrativo può conoscere in via incidentale di tutte le questioni pregiudiziali relative a diritti ai sensi dell’art. 8 c.p.a.,nelle materie in cui non ha giurisdizione esclusiva,a maggior ragione ne può conoscere alla stessa stregua nelle materie in cui ha giurisdizione esclusiva.»

Sintesi: Ai sensi dell’art. 8 c.p.a. il giudice amministrativo può accertare l’intervenuta usucapione al fine di pervenire ad un’eventuale declaratoria d'inammissibilità del ricorso originario promosso avverso il decreto di esproprio per difetto di interesse. L’annullamento del decreto di esproprio non sortirebbe, infatti, alcun effetto satisfattorio delle pretese dei ricorrenti in primo grado poiché questi ultimi non potrebbero più considerarsi proprietari.

Estratto: «2. I rapporti tra usucapione ed espropriazione sono rilevanti anche con riferimento alla giurisdizione.L’art. 133 comma 1, lett. g) c.p.a. devolve, come noto, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi ed i comportamenti, riconducibili, anche mediatamente...
[...omissis...]

Sintesi: A fronte di domanda restitutoria del bene illegittimamente occupato, l'accertamento dell'intervenuta usucapione ben può essere operato dal giudice amministrativo ai sensi dell’art. 8 c.p.a..

Estratto: «Mancando un valido decreto di esproprio, il diritto alla restituzione può ritenersi impedito solo dalla maturazione della usucapione ventennale, che nella specie non si è verificata.Invero, essa decorre dalla scadenza dell’occupazione legittimamente autorizzata e, benché non risulti il periodo di durata fissato dal decreto sindacale del 13/2/1990 che l’autorizzava (non esibito), l’occupazione medesima è iniziata il 7/3/1990 e, pur se (in ipotesi) prevista per un periodo minimo, anche un solo anno (sino al 7/3/1991), ha comunque impedito il maturarsi dell’usucapione, essendo stato il ricorso notificato il 17/6/2010.Sotto il profilo strettamente processuale, deve rilevarsi che il Comune assume la veste di attore quanto alla richiesta dell’accertamento della usucapione (accertamento che ben può essere operato dal giudice amministrativo ai sensi dell’art. 8 c.p.a.) e che rientra nella disponibilità dello stesso la prova del possesso del bene utile all’usucapione (quindi non fondata su un titolo finalizzato all’acquisto a mezzo di un diverso istituto giuridico, cioè l’espropriazione) per il periodo prescritto; tale prova non è stata però fornita sicché non è possibile accertare la situazione vantata.»

Sintesi: Le domande concernenti l'appartenenza dei beni occupati al demanio comunale e l'acquisto per usucapione, in quanto aventi ad oggetto l'accertamento del diritto di proprietà sui terreni, non possono essere devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, sprovvisto di attribuzioni in materia di diritti reali.

Estratto: «2.3. - Nè muta la prospettiva con riguardo alle domande riconvenzionali proposte dal Comune di San Giovanni in Fiore, che è l'ente con il quale l'Amministrazione provinciale di Cosenza aveva sottoscritto i predetti Protocolli d'intesa, chiamato in causa in quanto dichiaratosi proprietario dei terreni in questione, il quale ha proposto alcune domande riconvenzionali concernenti l'appartenenza degli stessi al demanio comunale e l'acquisto per usucapione dei beni: domande che, in quanto aventi ad oggetto l'accertamento del diritto di proprietà sui terreni, non possono essere devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, sprovvisto di attribuzioni in materia di diritti reali.»

Sintesi: L'impugnazione della delibera comunale che afferma l'avvenuto acquisto per usucapione da parte del Comune sottende la rivendicazione di un diritto di proprietà su tali beni e per questo rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, giudice naturale dei diritti soggettivi.

Estratto: «E’ fondata e va condivisa la preliminare eccezione di difetto di giurisdizione di questo tribunale in ordine alla controversia dedotta in giudizio, eccezione proposta dalla difesa del comune resistente perché, come sostiene a ragione la stessa difesa, la ricorrente in realtà con il ricorso in decisione sotto l’egida dell’impugnazione di delibera consiliare sostanzialmente rivendica il diritto di proprietà di beni che la delibera impugnata accerta essere di proprietà del comune, avendoli acquisiti per usucapione.Questa essendo la vera pretesa azionata con il presente ricorso dalla società ricorrente, la rivendicazione cioè di un diritto di proprietà su beni che l’atto impugnato al contrario accerta essere stati usucapiti dal comune, la pretesa stessa e la sua tutela esulano dalla giurisdizione del giudice amministrativo, rientrando nella giurisdizione del giudice ordinario, giudice naturale dei diritti soggettivi.»

Sintesi: L'eccezione in via riconvenzionale di intervenuta usucapione, a fronte di richiesta di restituzione del bene occupato, non può essere conosciuta incidentalmente dal giudice amministrativo, trattandosi di una questione che manifestamente fuoriesce dai limiti della giurisdizione attribuita a detto giudice, inerendo essenzialmente all'ambito di rapporti eminentemente di diritto di privato, e non riconducibile, nemmeno indirettamente (almeno sul piano giuridico), all'esercizio di un potere amministrativo.

Estratto: «Sennonché la peculiarità della fattispecie processuale, che induce il Collegio a una conclusione difforme da quella assunta dal primo Giudice, è rappresentata dalla riferita circostanza che il Comune ha eccepito, in via riconvenzionale, l’intervenuta usucapione. Orbene, l’indirizzo ermeneutico al quale il Collegio ritiene di dover aderire è che, diversamente da quanto opinato dal T.A.R., tale eccezione non possa essere conosciuta incidentalmente dal giudice amministrativo ai sensi dell’art. 8 della L. n. 1034/1971, trattandosi di una questione che manifestamente fuoriesce dai limiti della giurisdizione attribuita a detto giudice, inerendo essenzialmente all'ambito dei rapporti, eminentemente di diritto di privato, intercorrenti tra gli appellanti e il controinteressato. Ed invero, a fronte della richiesta di restituzione del bene formulata dai ricorrenti in prime cure, il Comune si è difeso eccependo un mero comportamento di fatto, ossia il preteso possesso ultraventennale, non collegato sul piano giuridico al preventivo esercizio del potere ablatorio. L’amministrazione ha, in sostanza, obiettato di non aver meramente detenuto il bene quale conseguenza dell'esercizio di un potere amministrativo, ma di averlo posseduto e quindi di aver esercitato un potere di fatto sul bene riconducibile al procedimento ablatorio solo nei termini di un collegamento logico e cronologico, senza tuttavia costituirne il fondamento giuridico. Deve infatti convenirsi con il Tribunale che, nella specie, non sia stata dedotta, quale base della pretesa prescrizione acquisitiva, una condizione di detenzione, ma un vero e proprio possesso, presupposto indefettibile dell'accertamento sul quale poggia la decisione impugnata. Orbene, ad avviso del Collegio l’esame dell'eccezione di usucapione - che ha mutato radicalmente il thema decidendum complessivamente introdotto in primo grado, venendo a costituire l’unico reale contenuto di merito nella sentenza gravata - non avrebbe potuto costituire oggetto di una cognizione incidentale, giacché, ai sensi dell’art. 28 del R.D. n. 1054/1924 e dell’art. 8 sunnominato, il giudice amministrativo ha il potere di pronunciarsi, incidenter tantum e senza valore extraprocessuale (CGA, 27 febbraio 1991, n.27), soltanto su questioni pregiudiziali, ancorché veicolate in via di eccezione, attinenti a diritti (con esclusione, in ogni caso, dell'incidente di falso e delle questioni sullo stato e capacità delle persone), ai circoscritti fini della soluzione della vertenza ad esso demandata in via principale. Ciò, tuttavia, non consente al giudice amministrativo di sconfinare nella tutela dei diritti riservata all'autorità giudiziaria ordinaria, dovendo il giudice amministrativo limitarsi a svolgere unicamente quegli accertamenti e le eventuali valutazioni critiche sulle situazioni giuridiche quali appaiano dai fatti e dagli atti che l'ordinamento appresta per dare concretezza alle situazioni stesse, e, quindi, per quanto riguarda le proprietà immobiliari e i relativi diritti reali, attenendosi alle risultanze dei contratti scritti, dei libri e registri immobiliari e delle sentenze che abbiano accertato o costituito diritti reali immobiliari, senza poter però accertare fatti od atti modificativi di tali situazioni giuridiche, quali le prescrizioni acquisitive (Cons. St., sez. IV, 11 febbraio 2003, n. 736; id., sez. V, 4 maggio 1995, n.700). Il Collegio deve dunque prendere atto che la pronuncia appellata ha investito una questione, assolutamente pregiudiziale rispetto a quella introdotta in primo grado dalle appellanti, che esula dall’ambito della propria iuris dictio sia incidentale (perché esorbitante dall'alveo applicativo dell'art. 8 succitato) sia perché estranea alla giurisdizione esclusiva in quanto, seppure afferente a diritti soggettivi, nondimeno non riconducibile, nemmeno indirettamente (almeno sul piano giuridico), all'esercizio di un potere amministrativo. Secondo un corretto modo di procedere il Comune avrebbe dovuto proporre un'azione di accertamento dell'intervenuta usucapione avanti al giudice ordinario e il T.A.R., già investito del ricorso delle appellanti, avrebbe dovuto e potuto sospendere il giudizio a norma dell'art. 295 c.p.c.. Diversamente è accaduto che l'eccezione riconvenzionale sia stata inammissibilmente conosciuta in via principale (e non incidentale come erroneamente ritenuto dal Tribunale, difettando nella specie ogni preventiva pronuncia in tal senso della magistratura civile ordinaria).»

Sintesi: Alla luce dell’art. 34 del D. Lgs. 80/98, dell'art. 53 del TU espropriazioni ed in ogni caso ai sensi dell'art. 8 della Legge 1034/71, che conferisce al Tar nelle materie in cui non ha competenza esclusiva, il potere di decidere con efficacia limitata di tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale, il GA può decidere circa l'eccezione di intervenuta usucapione, a fronte di istanza di restituzione del bene illegittimamente occupato da parte della PA.

Estratto: «Nel caso di specie, la difesa comunale ha eccepito l’intervenuta usucapione in favore del Comune, per detenzione ultraventennale; nel corso della discussione orale tenutasi durante l'udienza pubblica del 1 luglio 2009, la difesa delle ricorrenti ha contestato che il giudice amministrativo possa, anche su eccezione di parte, dichiarare l'intervenuta usucapione, ed ha comunque contestato che l'occupazione d'urgenza possa costituire valido titolo ai fini della usucapione, non privando il proprietario del possesso, essendo il Comune mero detentore.Preliminarmente, occorre affermare la possibilità per questo Tribunale Amministrativo di decidere circa l'eccezione di intervenuta usucapione, essendo la materia espropriativa ricondotta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell'articolo 34 del D. Lgs. 80/98, ed oggi ai sensi dell'articolo 53 del TU espropriazioni; in ogni caso, l'articolo 8 della legge 1034/71 dispone che «Il tribunale amministrativo regionale, nelle materie in cui non ha competenza esclusiva, decide con efficacia limitata di tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale»; questo Tribunale Amministrativo può quindi decidere, ai fini della definizione del presente ricorso, circa l'eccezione di intervenuta usucapione.In base alle affermazioni delle parti, ed alla produzione documentale versata in atti, è accertato che il Comune ha occupato i terreni di cui si tratta fin dal 1980; occorre quindi valutare se gli atti posti in essere dalle ricorrenti, ed in particolare gli atti di citazione di fronte al giudice ordinario, la richiesta di pagamento delle indennità definitive data 13 giugno 1990, l’atto di diffida tendente ad ottenere l'integrazione dell'indennità di esproprio datato 5 marzo 1996, nonché l'atto di diffida al Sindaco del Comune di Sant'Agata Li Battiati a formare ed emanare l'atto di acquisizione di cui all'articolo 43 del TU espropriazioni, datato 12 settembre 2003, abbiano carattere interruttivo dell’usucapione.Ai sensi del combinato disposto degli artt. 1165, 1167 e 2943 c.c., costituiscono atti interruttivi della usucapione la perdita del possesso per oltre un anno ovvero la notificazione di un atto con cui si inizia un giudizio; con riferimento a tale ultima ipotesi, la Cassazione ha precisato che «In tema di usucapione, il rinvio dell'art. 1165 c.c. alle norme sulla prescrizione in generale, ed, in particolare, a quelle relative alle cause di sospensione ed interruzione, incontra il limite della compatibilità di queste con la natura stessa dell'usucapione, con la conseguenza che non è consentito attribuire efficacia interruttiva del possesso se non ad atti che comportino, per il possessore, la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa, oppure ad atti giudiziali siccome diretti ad ottenere, ope iudicis, la privazione del possesso nei confronti del possessore usucapiente, con la conseguenza che, mentre può legittimamente ritenersi atto interruttivo del termine della prescrizione acquisitiva la notifica dell'atto di citazione con il quale venga richiesta la materiale consegna di tutti i beni immobili dei quali si vanti un diritto dominicale (…), atti interruttivi non risultano, per converso, né la diffida né la messa in mora, potendosi esercitare il possesso anche in aperto contrasto con la volontà del titolare del corrispondente diritto reale» (Cass. Civ, Sez. II, 19 giugno 2003, n. 9845; concordemente, Cass. Civ, Sez. II, 23 novembre 2001, n. 14917 e 14 novembre 2000, n. 14733).Nel caso di specie, sia gli atti di citazione di fronte al Giudice ordinario, sia gli atti di richiesta di pagamento e di diffida sopra citati, posti in essere dalle ricorrenti (o dal loro dante causa Viola Armando) erano tesi non al recupero del possesso dei terreni cui si tratta, ma ad ottenere un'integrazione sulla indennità di espropriazione, ovvero (diffida del 12 settembre 2003) alla emanazione dell’atto di acquisizione alla proprietà comunale; conseguentemente non possono essere ritenuti «…diretti al recupero del possesso…» (così Cass. Civ, Sez. II, 14 novembre 2000, n. 14733); pertanto devono essere ritenuti atti non in grado di interrompere la prescrizione acquisitiva in corso.Il primo atto con cui è stata chiesta la restituzione dei terreni di cui si tratta risulta – a tenore degli atti di giudizio – essere il presente ricorso, notificato al Comune resistente in data 20 marzo 2006.»

Estratto: «L'eccezione di difetto di giurisdizione è infondata, trattandosi di far valere un diritto soggettivo attoreo, come quello di proprietà fondata sull'usucapione.»

Sintesi: Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la questione della proprietà fondata sull'usucapione.

Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.