La Giurisdizione Amministrativa di legittimità è giurisdizione di annullamento

GIUDIZIO --> GIURISDIZIONE E COMPETENZA --> GIUDICE AMMINISTRATIVO, IN GENERALE --> MERITO RISERVATO ALLA PA

Sintesi: Nell'ambito della pianificazione urbanistica, l’Amministrazione pur godendo di ampia discrezionalità, se da un lato deve comunque lasciare al privato il suo ambito decisionale minimo dall'altro può certamente indicare ipotesi diverse per il contemperamento degli interessi, essendo la sua azione legata unicamente al rispetto della strumentazione urbanistica vigente. Per tali ragioni, la decisione del giudice amministrativo che adotti un’espressa soluzione della tensione tra le diverse posizioni imponendo all'amministrazione il trasferimento dei diritti edificatori appare certamente lesiva degli ambiti decisionali dell’amministrazione.


Estratto: «4. - In tal senso, perde rilievo la pur interessante regolazione di tali profili datasi dall’amministrazione, in sede di redazione del regolamento urbanistico, e dove viene costruito un metodo di oggettivazione della redditività degli interventi edilizi in rapporto alla progettazione dei distretti urbani.Nella "Relazione sui criteri di determinazione e verifiche di fattibilità degli indici di utilizzazione (perequazione urbanistica)" del regolamento, viene infatti:a) chiarita la funzione del concetto di perequazione urbanistica, inteso come meccanismo che rende le trasformazioni contenute negli strumenti della pianificazione attuabili dal punto di vista economico, sia per gli enti locali, sempre più impossibilitati a sostenere le spese per l'acquisizione delle aree necessarie per la collettività, sia per i proprietari delle stesse aree, precisando che questo mira a rendere disponibile il soggetto privato a cedere gratuitamente le aree necessarie a garantire un benefico sviluppo della comunità urbana, in cambio di diritti edificatori;b) individuata la spinta per il funzionamento del sistema, che è data dall’equilibrio tra convenienza pubblica e convenienza privata;c) costruito un meccanismo di verifica di tale equilibrio, dato da un'analisi di tipo economico – finanziario, articolata in tre fasi successive, e dove:- in primo luogo, si procede all’attribuzione di un indice di edificabilità convenzionale al privato, come riconoscimento del proprio ristoro alla trasformazione da attuarsi. In dettaglio, l’indice è correlato, tra l'altro, al valore di mercato degli immobili, desunto dall'analisi di mercato effettuata su microzone, ed al valore medio dell'indice di utilizzazione territoriale delle aree limitrofe, poiché i valori di mercato delle aree non ancora edificate si differenziano in ragione del fattore posizionale;- in secondo luogo, avviene il calcolo delle grandezze fondamentali da adoperarsi nella valutazione economica della trasformazione urbanistica, dove le citate grandezze fondamentali sono: l'indice di edificabilità territoriale (rappresenta la superficie utile lorda massima realizzabile per ogni metro quadrato di superficie territoriale, il cui rapporto è espresso in mq/mq), la percentuale di ogni singola destinazione d'uso, le superfici compensative (parti di superficie di distretto urbano che vengono cedute a titolo gratuito alla pubblica amministrazione, quale contropartita del diritto edificatorio riconosciuto al privato sull'intera superficie del distretto) e la loro utilizzazione, l'incidenza dei contributi di costruzione e delle opere di urbanizzazione, gli ulteriori oneri a carico dei privati, il ricavo dalla vendita del realizzato;- in terzo luogo, si passa all'analisi economica dei distretti, per verificare la convenienza economica della trasformazione.La disamina appena condotta evidenzia una notevole e apprezzabile accuratezza dell’amministrazione nell’individuare le direttrici della propria azione e nel rendere trasparenti le proprie scelte urbanistiche. Ciò tuttavia non infirma il discorso sopra svolto sulla necessità che la valutazione di economicità competa anche e soprattutto al privato, e che non sia possibile trasformare la stima del Comune in un fatto cogente per il privato. Osserva, infatti, la Sezione che la regolamentazione edilizia è tesa a disciplinare un’attività che, seppure pesantemente conformata, è sempre l’esplicazione di un diritto del privato, ed è in capo a questi deve sempre rimanere un margine di libertà, fosse anche nel solo senso di rinunciare all’intervento programmato.Tali ragioni escludono quindi la rilevanza della censura, genericamente proposta dal Comune di Potenza, sull’interpretazione data dal primo giudice in merito all’applicabile principio di economicità.5. - Superata la doglianza di carattere generale, deve invece evidenziarsi la fondatezza delle censure proposte nel dettaglio contro la sentenza nella parte in cui impone all’amministrazione di “trasferire ‘i diritti edificatori’, relativi al volume dell’immobile dove ora sono ubicati la pasticceria ed il gommista, presso un’altra area idonea oppure presso una superficie, destinata a servizi pubblici, fermo restando il rispetto degli standard urbanistici”.Come correttamente evidenziato dalla difesa appellante, e come desumibile da quanto sopra osservato, nell’ambito della pianificazione urbanistica, la tensione tra i diritti del privato e la potestà pianificatoria dell’amministrazione fa nascere situazioni giuridiche soggettive caratterizzate da ampia discrezionalità nell’adozione delle determinazioni concrete sulle modalità edilizie.Il che implica che, se da un lato l’amministrazione deve comunque lasciare al privato il suo ambito decisionale minimo (che è dato dalla rinuncia all’edificazione, qualora le ipotesi disponibili fossero ritenute troppo onerose), dall’altro l’amministrazione può certamente indicare ipotesi diverse per il contemperamento degli interessi, essendo la sua azione legata unicamente al rispetto della strumentazione urbanistica vigente.Per tali ragioni, la decisione del T.A.R. che adotta un’espressa soluzione della tensione tra le diverse posizioni e impone all’amministrazione il trasferimento dei diritti edificatori (e in disparte la posizione critica di questa Sezione sulla possibilità che gli standard urbanistici siano reperiti in aree non direttamente fruibili – vedi Consiglio di Stato, sez. IV, n. 2916 del 28 maggio 2013 -, o sulla loro monetizzazione - vedi Consiglio di Stato, sez. IV, 4 febbraio 2013 n. 644), appare certamente lesiva degli ambiti decisionali dell’amministrazione. La detta statuizione va quindi annullata, potendosi chiedere al Comune di Potenza unicamente di riconsiderare la posizione delle parti, nel rispetto della pianificazione urbanistica vigente, eventualmente offrendo soluzioni alternative e sempre rispettando il contenuto minimo di libertà del privato.»

Sintesi: La Giurisdizione Amministrativa di legittimità è giurisdizione di annullamento e non consente azioni di mero accertamento, né consente al Giudice di sostituirsi all'Amministrazione nella valutazione dei fatti che involgono un apprezzamento discrezionale, dovendosi dichiarare l’inammissibilità di azioni in tal senso.

Estratto: «5.-Con il ricorso in esame, infine, l’interessato chiede che l’adito Tribunale accerti l’usucapione del terreno in questione, dichiarandone l’acquisto a titolo originario, nonché il risarcimento del danno..5.a.- Come esattamente osservato dalla resistente amministrazione, la dedotta questione dell’avvenuto trasferimento di proprietà...
[...omissis...]

Sintesi: Il giudice amministrativo non può sostituirsi all’autorità preposta alla tutela del vincolo nella potestà discrezionale di giudizio sulla compatibilità storico-paesaggistica degli interventi edilizi.

Estratto: «Il Comune si è, infatti, determinato all’emissione dei dinieghi di autorizzazione paesaggistica e di concessione edilizia in sanatoria oggetto della prima impugnazione sulla base del parere negativo espresso dalla Sovrintendenza di Milano, che ha ritenuto l’immobile non compatibile con le norme di conservazione dei beni vincolati e ne ha chiesto, perciò, la demolizione in relazione all’esistenza della Torre di Camisasca, torre di guardia di epoca medioevale appartenente al sistema difensivo della Valle della Bevera, vincolata ai sensi dell’art. 4 della legge n. 1089/39, atteso che non potrebbe essere realizzato alcun edificio in aderenza al bene vincolato, se non espressamente autorizzato. La costruzione abusiva impedirebbe, infatti, la fruibilità pubblica del bene, in quanto occulta la vista della torre, che per sua natura deve mantenere la funzione di caposaldo e punto di riferimento sul territorio.L’amministrazione comunale ha, dunque, legittimamente operato, alla luce del carattere vincolato delle determinazioni dell’ente locale in conseguenza del parere contrario, appunto vincolante, espresso dalla sovrintendenza.In relazione all’asserita carenza ed illogicità della motivazione del parere della Sovrintendenza, è sufficiente, invece, rinviare al contenuto del provvedimento impugnato per desumere la totale infondatezza delle relative censure, alla luce delle esigenze di tutela del bene vincolato ben poste in risalto dall’autorità.Nell’ipotesi in cui (come nel caso di specie), il parere negativo al rilascio della sanatoria sia stato adottato dalla Sovrintendenza in seguito allo svolgimento di un accertamento in concreto, per valutare la compatibilità del manufatto con il provvedimento di vincolo, e nella motivazione dell'atto siano state puntualmente indicate le ragioni per le quali la conservazione dell'intervento (conseguente al rilascio della sanatoria) sia da ritenersi incompatibile con i valori tutelati, non è, infatti, consentito al giudice amministrativo di sostituirsi all’autorità preposta alla tutela del vincolo nella potestà discrezionale di giudizio sulla compatibilità storico-paesaggistica degli interventi edilizi medesimi, come statuito dalla costante giurisprudenza (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. VI, 7 ottobre 2008, n. 4823).»

Sintesi: Non è consentito al giudice amministrativo aggiungere qualcosa a un atto amministrativo, potendo solo annullarlo anche parzialmente, per la ragione fondamentale che non è ammissibile una sostituzione del giudice amministrativo all'amministrazione attiva.

Sintesi: Non è consentito censurare un provvedimento amministrativo deducendo la mancanza di altri provvedimenti a contenuto diverso che l'amministrazione avrebbe dovuto adottare, e che non risulta siano mai stati formalmente e tempestivamente chiesti dal ricorrente, che pure vi aveva interesse.

Estratto: «2. Prima ancora di esaminare le eccezioni e la legittimazione a ricorrere, è necessario individuare con precisione l'oggetto del ricorso, sulla base del petitum e della causa petendi.Il Comune di Abbateggio impugna il provvedimento regionale per la sola parte in cui omette ogni determinazione in ordine alla messa in sicurezza dei siti minerari dismessi nel territorio del medesimo comune. L'impugnazione dell'atto quindi, come emerge anche dei motivi di ricorso, è in parte qua e quindi sembrerebbe non interessare in alcun modo i territori degli altri comuni oggetto della concessione mineraria.In astratto quindi un eventuale accoglimento del ricorso non provocherebbe alcun effetto né negativo né positivo in relazione alle situazioni riguardanti gli altri comuni.Sennonché, sulla base di consolidati principi confermati dal codice del processo amministrativo, non è consentito a questo giudice aggiungere qualcosa a un atto amministrativo, potendo solo annullarlo anche parzialmente, per la ragione fondamentale che non è ammissibile una sostituzione del giudice amministrativo all'amministrazione attiva. Parallelamente, il contenuto della sentenza deve essere tale da soddisfare in via sostanziale e non solo formale la richiesta di parte ricorrente e tutelare quindi il “bene della vita” cui aspira.3. Va poi osservato come la seconda e terza censura implicano invece l’annullamento dell’intero provvedimento gravato, in quanto riguardano due provvedimenti, di decadenza dalla concessione mineraria e la verifica della coltivabilità della cava che – nella prospettazione di parte ricorrente - precedono in via logica il provvedimento di riduzione della cava. Sennonché le due censure vengono prospettate in via subordinata e gradata, ove la prima censura fosse ritenuta infondata. Come si vedrà in prosieguo, essa al contrario risulta fondata; in ogni caso sia la seconda sia la terza doglianza appaiono inammissibili, in quanto non risulta consentito censurare un provvedimento amministrativo deducendo la mancanza di altri provvedimenti a contenuto diverso che la Regione avrebbe dovuto adottare, e che non risulta siano mai stati formalmente e tempestivamente chiesti da parte del Comune ricorrente, che pure vi aveva interesse. 4. Riassumendo, nel caso in esame il comune ricorrente non spiega in ricorso come si potrebbe annullare in parte qua l’atto gravato, introducendo l'obbligo di rimessa in pristino dei siti minerari ubicati nel comune medesimo, se non con un’inammissibile sentenza additiva.Peraltro, come si vedrà meglio in prosieguo, la soluzione adottata da questo giudice in accoglimento del ricorso risulta rispettosa da un lato del potere e della discrezionalità dell'amministrazione pubblica - nel caso della Regione - e dall'altro degli interessi fatti valere nel presente ricorso, disponendo un annullamento parziale dell'atto impugnato non ex tunc ma a tempo, operante cioè dopo sei mesi dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza, a meno che l'amministrazione non integri il contenuto del provvedimento stesso.»

Sintesi: Salve le ipotesi di giurisdizione c.d. di merito e l'azione avverso il silenzio, con la quale l'interessato può chiedere - ma solo se si tratti di attività vincolata, o quando non residuino ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non siano necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione - oltre all'accertamento della sussistenza dell'obbligo di provvedere, anche l'accertamento della fondatezza della pretesa (art. 31, cod.proc.amm.), il G.A. non può sostituirsi alla P.A. in accertamenti e scelte ad essa riservati.

Estratto: «16. Come prospettato alle parti nel corso dell’udienza, ai sensi dell’art. 73, c. 3, cod.proc.amm., la domanda proposta con il secondo ricorso per motivi aggiunti – di accertamento della mancanza dei presupposti per l’annullamento d’ufficio del p.i.i. e della fondatezza della pretesa sostanziale all’archiviazione del medesimo procedimento di annullamento d’ufficio - è inammissibile ai sensi dell’art. 34, c. 2, cod.proc.amm.In forza di questa disposizione “in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”.Eccettuata l'azione avverso il silenzio, con la quale l'interessato può chiedere - ma solo se si tratti di attività vincolata, o quando non residuino ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non siano necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione - oltre all'accertamento della sussistenza dell'obbligo di provvedere, anche l'accertamento della fondatezza della pretesa (art. 31, cod.proc.amm.), ed eccettuate, altresì, le ipotesi di giurisdizione c.d. di merito, il giudice amministrativo non può, invero, sostituirsi alla pubblica amministrazione in accertamenti e scelte ad essa riservati.»

Sintesi: I provvedimenti definitivi presi dall'amministrazione in materia di acque pubbliche non possono essere sindacati nel merito dal giudice amministrativo.

Estratto: «nel caso la comparazione compiuta dalla Provincia ha avuto esito sfavorevole alla società,avendo la sentenza impugnata accertato: 1) che ancor prima della domanda di derivazione da parte della ricorrente, pubblicata sul Bollettino della Regione del 27 giugno 2007, il Consiglio provinciale di Firenze con Delib. 20 novembre 2006, n. 414, aveva inserito nel programma triennale dei lavori pubblici l'intervento di straordinaria manutenzione di alcune traverse sul fiume Arno,da attuare mediante project financing; 2) che conseguentemente la Giunta Provinciale con atto di indirizzo del 18 settembre 2007 aveva confermato l'assoluta necessità di procedere alla ristrutturazione e rifunzionalizzazione di ben 13 traverse o briglie (la cui costruzione risaliva a numerosi secoli prima) influenti sul corso del fiume Arno, nonché sull'incolumità degli insediamenti circostanti, - e che le relative e complesse opere di ingegneria idraulica che si rendevano al riguardo indispensabili, risultavano difficilmente sostenibili e programmabili in tempi brevi, anche in relazione alle disponibilità di bilancio dell'amministrazione: perciò comportando l'esigenza che l'intervento riguardasse in modo unitario e complessivo tutte le briglie, e comprendesse "tutte le derivazioni nell'unica attribuzione da conferire con finanza di progetto"; 3) che siffatto intendimento dell'amministrazione provinciale è stato comunicato alla ricorrente con nota del 12 ottobre 2007 con la quale è stata altresì disposta la sospensione della istruttoria sulla sua domanda fino alla pubblicazione dell'avviso di progetto e comunque nei 90 giorni successivi; e che detto avviso con la scelta della finanza di progetto per la straordinaria manutenzione, ristrutturazione e rifunzionalizzazione delle 13 briglie (in una delle quali ricade la chiesta derivazione) è stato definitivamente approvato e pubblicato con provvedimento dirigenziale del 23 gennaio 2008: senza che la società ricorrente abbia mai ritenuto di partecipare alla relativa procedura né quale promotore, né come impresa ammessa alle successive gare.Pertanto con la valutazione degli interessi pubblici considerati prevalenti rispetto a quelli degli aspiranti alla derivazione dell'acqua dal fiume e la scelta dello strumento ritenuto più appropriato per realizzarli, per un verso è venuto meno l'obbligo della Provincia di provvedere all'esame della domanda di concessione della società; ed è divenuta logicamente conseguente la decisione di sospenderne in via di autotutela l'istruttoria pur se in corso (Cons. St. 3207/2006), attesa la incompatibilità certa del provvedimento finale cui tendeva la richiesta con la stessa natura del project financing da attuare,contraddistinto da una indiscutibile unitarietà, logico - giuridica, del procedimento. Il quale si concreta secondo la giurisprudenza amministrativa in una complessa ed unitaria tecnica finanziaria che, da una parte, consente la realizzazione di opere pubbliche senza oneri finanziari per la p.a., e nel contempo si sostanzia in un'operazione economico-finanziaria, idonea ad assicurare utili che consentano il rimborso del prestito e/o finanziamento e la gestione proficua dell'attività (Cons. St. 4346/2009; 3319/2009; 3043/2005). D'altra parte, il Tribunale superiore ha correttamente ritenuto che tanto siffatto programma, quanto i mezzi per attuarlo non erano sindacabili nel merito dalla società ricorrente, attribuendole il R.D. n. 1775 del 1933, art. 143 del soltanto la facoltà di proporre ricorso "per incompetenza, per eccesso di potere e per violazione di legge avverso i provvedimenti definitivi presi dall'amministrazione in materia di acque pubbliche".»

Sintesi: La pronuncia giurisdizionale che disponga la sdemanializzazione dell'area in ragione della sua urbanizzazione o della mancata rivendicazione da parte della pubblica amministrazione è frutto di un'indebita invasione del merito riservato alla pubblica amministrazione.

Estratto: «La sentenza impugnata ha accolto il ricorso in ragione delle «particolari condizioni dell’immobile e dei luoghi (fila di abitazioni contigue, ricadente in zona di espansione sufficientemente urbanizzata)» e della «mancata rivendicazione della destinazione pubblica dell’area per alcuni decenni». Tali ragioni «potrebbero ragionevolmente giustificare soluzioni diverse da quella adottata, ad esempio nella direzione di una sclassificazione dell’area medesima».Tali considerazioni non possono essere svolte dal giudice della legittimità degli atti, ma esclusivamente dall’autorità amministrativa, essendo evidente che un provvedimento di “sclassificazione” deve precedere la valutazione sulla conservazione degli immobili. Adottare un atto di sdemanializzazione della striscia di terreno, dopo l’annullamento dell’ordine di demolizione, sarebbe attività del tutto inutile.»

GIUDIZIO --> GIURISDIZIONE E COMPETENZA --> GIUDICE AMMINISTRATIVO, IN GENERALE --> PARTECIPAZIONE DELLA PA AL GIUDIZIO

Sintesi: Non è sufficiente a radicare la giurisdizione del G.A., né la mera partecipazione della pubblica amministrazione al giudizio né il mero e generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia.

Estratto: «Va, altresì, ricordato che l'attribuzione al giudice amministrativo, con la disciplina di cui al decreto legislativo n. 80 del 1998, poi sostituito dalla legge n. 205 del 2000, della giurisdizione esclusiva nella materia dei pubblici servizi ha comportato il superamento del precedente criterio di riparto della giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario in tema di assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, fondato sulla configurazione bifasica della vicenda e sulla distinzione tra la prima fase, di natura pubblicistica, caratterizzata dall'esercizio di poteri finalizzati al perseguimento di interessi pubblici, e corrispondentemente da posizioni di interesse legittimo del privato, da quella successiva, di natura privatistica, nella quale la posizione dell'assegnatario assume natura di diritto soggettivo, in forza della diretta rilevanza della regolamentazione del rapporto tra ente assegnante ed assegnatario: ed invero con la richiamata normativa tutta la materia dell'assegnazione e gestione - in quanto appunto afferente ad un pubblico servizio - è stata attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.È peraltro noto che con la recente sentenza. n. 204 del 2004 la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del primo comma dell'art. 33 del decr. legisl. n. 80 del 1998, come sostituito dall'art. 7 lett. a) della legge n. 205 del 2000, nella parte in cui prevedeva la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo di tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli, anziché delle controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero ancora relative all'affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, e l'incostituzionalità dell'intero comma 2 dell'art.33.Il giudice della legittimità delle leggi ha rilevato che il riferimento nella disposizione scrutinata ad una materia - quella dei pubblici servizi - dai confini non compiutamente delimitati, e soprattutto il richiamo a tutte le controversie ricadenti in tale settore rende evidente che la materia così individuata prescinde totalmente dalla natura delle situazioni soggettive coinvolte, radicando la giurisdizione esclusiva sul dato puramente oggettivo del normale coinvolgimento in tali controversie del generico pubblico interesse che è naturalmente presente nel settore dei pubblici servizi, e così travolgendo il necessario rapporto di specie a genere che l'art. 103 Cost. postula come ordinario discrimine tra le giurisdizioni, allorché contempla le materie devolvibili alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo come particolari rispetto a quelle nelle quali la pubblica amministrazione agisce quale autorità.La Corte Costituzionale ha al riguardo precisato che il necessario collegamento delle materie assoggettabili a giurisdizione esclusiva con la natura delle situazioni soggettive, espresso, nell'art. 103 Cost., dalla loro qualificazione di particolari rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità, comporta che il legislatore ordinario debba esercitare il suo potere di distribuzione della giurisdizione tra i due ordini di giudici nel senso che le materie affidate alla giurisdizione esclusiva partecipino della medesima natura - segnata dall'agire della P.A. come autorità, nei confronti della quale è accordata tutela al cittadino dinanzi al giudice amministrativo - di quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità.Escluso pertanto, secondo le enunciazioni della pronuncia in esame, che la mera partecipazione della pubblica amministrazione al giudizio sia sufficiente a radicare la giurisdizione del giudice amministrativo - incisivamente indicato non come giudice dell'amministrazione, ma come giudice dell'amministrazione - ed esclusa anche la sufficienza del generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia perché la previsione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo possa ritenersi costituzionalmente corretta, richiedendosi invece che la pubblica amministrazione agisca attraverso poteri autoritativi, ovvero si avvalga della facoltà riconosciutale dalla legge di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo, ai sensi dell'art. 11 della legge n. 241 del 1990, le particolari materie in relazione alle quali è consentito al legislatore ordinario prevedere la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sono quelle in cui le posizioni di diritto soggettivo fatte valere dal cittadino si collocano in un'area di rapporti nella quale la pubblica amministrazione opera come autorità.L'applicazione della disposizione risultante dalla pronuncia additiva del giudice delle leggi alla materia dell'edilizia residenziale pubblica comporta la necessità di verificare, ai fini della giurisdizione, con riferimento alla fase successiva al provvedimento di assegnazione, se la pubblica amministrazione eserciti o meno un potere autoritativo, secondo la nozione che ne fornisce la teoria generale, nei confronti del quale sia accordata tutela al cittadino dinanzi al giudice amministrativo.Un potere siffatto non è certamente ravvisabile in tale fase, segnata dall'operare dell'amministrazione non quale autorità che esercita pubblici poteri, ma nell'ambito di un rapporto privatistico di locazione: i provvedimenti assunti, variamente definiti di revoca, decadenza, risoluzione, non costituiscono invero espressione di una ponderazione tra. l'interesse pubblico e quello privato, ma si configurano come atti di valutazione del rispetto da parte dell'assegnatario degli obblighi assunti al momento della stipula del contratto, ovvero si sostanziano in atti di accertamento del diritto vantato dal terzo al subentro sulla base dei requisiti richiesti dalla legge.”La questione, che è stata risolta, alla luce della menzionata sentenza della Corte costituzionale, nel senso di ritenere competente il giudice ordinario nel caso in cui “la controversia attiene esclusivamente alle vicende del rapporto di locazione sorto per effetto del provvedimento di assegnazione al padre della ricorrente e tende a far valere il diritto soggettivo della stessa al godimento dell'alloggio nella prospettata sussistenza dei requisiti di legge per il subingresso nel rapporto”»

Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.