La direttiva Bolkestein nell'ordinamento nazionale

uo;entrata in vigore L’elaborato originario della direttiva 2006/123/CE, generalmente indicata con il nome del suo curatore [30], è stato presentato dalla Commissione europea nel febbraio 2004 con il dichiarato obiettivo di favorire, all’interno della Comunità, la circolazione dei servizi per sfruttare le potenzialità di un mercato che rappresenta circa il 70% del PIL e dell’occupazione nella maggior parte degli Stati membri.

I suoi principi ispiratori sono riconducibili alle conclusioni cui era pervenuta la Corte di Giustizia delle Comunità Europee con la sentenza del 20 febbraio 1979 [31], concernente la libera circolazione dei beni, al fine di applicarne i relativi concetti anche al settore «servizi».

Per le differenti visioni delle rappresentanze politiche presenti nel consesso continentale (spazianti dal liberismo acceso allo stretto nazionalismo), la sua genesi non è stata scevra di vasti contrasti c... _OMISSIS_ ...ificato sensibilmente il testo primitivo e hanno condotto alla sua definitiva approvazione soltanto il 12 dicembre 2006 (pubblicato sulla G.U.C.E. del 27 dicembre 2006).

Ai sensi dell’articolo 44, gli Stati membri avrebbero dovuto emanare «le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente direttiva entro il 28 dicembre 2009», comunicandone immediatamente il testo alla Commissione [32].

In realtà, come ricordato, l’Italia ha ottemperato alla previsione soltanto con il D. Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 [33], la cui entrata in vigore risulta quindi successiva sia al termine previsto dalla direttiva, sia alla risposta fornita a seguito della messa in mora del 29 gennaio 2009.

Non si tratta di elementi secondari in quanto la disposizione comunitaria non interviene a disciplinare in modo compiuto l’intera materia dei servizi ma, ponendosi ... _OMISSIS_ ...ettiva quadro», lascia ampio margine di manovra agli Stati membri circa le modalità di attuazione dei principi generali dalla stessa indicati.

Da tale circostanza consegue che, qualora vi fosse stata una volontà politica realmente sussistente, il regime delle concessioni demaniali marittime avrebbe potuto essere oggetto di tentativo di specifica esclusione, ai sensi dell’articolo 2 e seguenti del citato decreto n. 59/2010, interpretando ed utilizzando la nozione di «motivi imperativi di interesse generale» che la stessa direttiva prevede come derogatoria [34].

Ovviamente, l’avvalersi di tale facoltà non avrebbe reso immune il nostro Paese da eventuali contestazioni, ma avrebbe costituito il chiaro segnale che il demanio marittimo, per le sue peculiarità di destinazione, dovesse essere ritenuto un settore nel quale «le attività connesse con l’esercizio di pubblici poteri, quando le stesse implichino ... _OMISSIS_ ...one diretta e specifica all’esercizio del potere pubblico e alle funzioni che hanno per oggetto la salvaguardia degli interessi generali dello Stato» [35], rivestono un significato di prevalenza sugli aspetti economico-concorrenziali.


Una teoria interpretativa Il mancato inserimento della fattispecie costituisce quindi limpida espressione di un’interpretazione nazionale che intende far rientrare le concessioni demaniali marittime nell’ambito applicativo della normativa sui servizi, con conseguente superamento di tutte le disposizioni – non in linea – che, fino a quella data, avevano regolato il settore [36].

Peraltro, dalla cronologia dei fatti descritti, si rileva agevolmente come le premesse che hanno condotto alla successiva evoluzione aleggiassero da tempo e, acquisita tale consapevolezza, trovano spiegazione sia il contenuto della nota di risposta del governo italiano alla primitiva contesta... _OMISSIS_ ...ia (da molti considerata, più che una striminzita difesa d’ufficio, una vera e propria resa senza condizioni), sia i successivi interventi legislativi.

Non si deve trascurare, inoltre, che l’articolo 41 della direttiva de qua ha espressamente introdotto una clausola di revisione [37], fissando come prima scadenza il 28 dicembre 2011 – e successivi appuntamenti triennali –, per l’eventuale esame delle proposte di modifica da avanzarsi da parte degli Stati comunitari a seguito di un monitoraggio sotteso alla verifica dell’attuazione della norma.

Ne deriva che, se l’assoggettabilità delle concessioni demaniali marittime alla nuova disciplina fosse stata intesa come mera conseguenza e non voluta dall’Italia, ben si sarebbe potuti intervenire in modo incisivo per palesare l’atipicità della fattispecie rispetto alle altre contemplate.

Oltre ai motivi derogatori previsti ne... _OMISSIS_ ...omunitario previamente rammentati, che avrebbero potuto costituire la base per una circostanziata difesa della posizione nazionale, infatti, è opportuno sottolineare che l’articolo 12 presuntivamente violato prevede l’obbligatorio ricorso a procedure selettive – imparziali, trasparenti e adeguatamente pubblicizzate – per la scelta dei candidati soltanto «qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili».

Ebbene, balza in immediata evidenza come nessuna delle due circostanze possa essere direttamente ascritta al demanio marittimo: la presenza di circa 8.000 kilometri di costa (dei quali meno di un terzo concessionati) per il cui generico uso non sono necessarie competenze particolarmente caratterizzanti dal punto di vista professionale, sembrano dimostrarlo in modo netto.

Comprensibi... _OMISSIS_ ...potrebbe indurre a sostenere tout court l’inapplicabilità – non soltanto della direttiva servizi, ma anche – dei principi generali contenuti nel Trattato CE alla disciplina demaniale marittima nazionale, ma avrebbe costituito la solida base interpretativa per un ponderato esame delle situazioni in essere.

La maggior parte dei precetti, in buona sostanza comuni al settore degli «appalti», che si vogliono oggi applicabili al demanio marittimo, presuppone un «oggetto» certo (affidamento di un particolare servizio, realizzazione di una specifica opera, ecc.): è palese come la concessione possa rispondere a tali esigenze soltanto se sia preventivamente e precisamente definita nella sua consistenza (limiti spaziali, temporali e di destinazione) dall’autorità concedente.

Aderire supinamente a tale pensiero comporterebbe la volontà di «cristallizzare» la situazione concessoria al momento e... _OMISSIS_ ...manio marittimo (o comunque la previsione di circoscrivere in modo netto il numero delle concessioni assentibili).


Coerenza con le norme codicistiche In effetti, il cardine centrale da tenere in considerazione è che, in caso di procedimento di concessione di beni demaniali, l’individuazione dell’oggetto è rimessa al privato (ed è al momento della presentazione dell’istanza che, eventualmente, scatta la necessità della pubblicità), mentre, nell’ipotesi di pubblico appalto, l’intera iniziativa è rimessa all’amministrazione appaltante che conferisce pubblica evidenza alla decisione di porre in essere un contratto di cui ha preventivamente definito il contenuto e le finalità.

Puntuale conforto a siffatta distinzione fondamentale, si rinviene nell’articolo 5 del regolamento di esecuzione del codice della navigazione, secondo il quale l’istanza di concessione può essere presentata da «... _OMISSIS_ ...aquo;per qualsiasi uso» e senza predeterminati vincoli di spazio o di tempo (se non quelli desumibili da norme o situazioni contingenti).

Allo stato attuale, quindi, non sembrerebbero sussistere limiti né al numero complessivo delle concessioni assentibili, né alla loro differenziazione rispetto alle varie possibilità di utilizzazione.

Ad abundantiam, nell’impalcato giuridico vigente, non pare priva di incertezze e di immediata sostenibilità la già accennata metamorfosi del ruolo dello Stato da garante della pubblica proprietà e del corretto uso dei beni «per il soddisfacimento dei pubblici usi del mare», a quello di semplice concedente di beni (rectius: servizi) che forniscono occasione bilaterale di guadagno.

Si tratta di una trasformazione del pensiero che, in buona sostanza, pare allontanare il concetto «materiale» del demanio marittimo da quello «reale» e dal quale, com... _OMISSIS_ ...enza del passato, non si discostano le più recenti pronunce giurisdizionali.

Ai sensi del primo comma dell’articolo 36 del codice della navigazione, è l’amministrazione competente che, «compatibilmente con le esigenze del pubblico uso, può concedere l’occupazione e l’uso, anche esclusivo, di beni demaniali e di zone di mare territoriale per un determinato periodo di tempo», attribuendo la preferenza al «richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che, a giudizio dell’amministrazione, risponda ad un più rilevante interesse pubblico» (articolo 37, 1° comma, cod. nav.).

Il mero criterio economico soccorre esclusivamente nel caso di domande che si equivalgano per la rispondenza ai criteri sanciti, come specificamente evidenziato dall’ultimo comma del citato articolo 37: «qualora non ricorra... _OMISSIS_ ...i preferenza di cui ai precedenti commi, si procede a licitazione privata».

Sebbene la normativa non lo stabilisca espressamente, anche in questo caso la maggioranza dei commenti espressi sulla questione dalle varie parti in gioco, farebbe propendere verso un’interpretazione in senso evolutivo del concetto «più rilevante interesse pubblico», attribuendo al termine «interesse» anche un intrinseco significato economico: da qui l’estremizzata – e non condivisibile – conseguenza che condurrebbe a ritenere come precipuo fine dello Stato quello di ritrarre vantaggi pecuniari dalla concessione in uso del demanio marittimo.

Tuttavia è indubbio che l’introduzione di concetti aziendalistici nella contabilità erariale rispecchi l’esigenza del passaggio da una logica conservativa ad una più corretta ottica gestionale dei beni demaniali, considerati anche dalla legge come risorse economich... _OMISSIS_ ...utilizzare per l’erogazione di servizi pubblici [38].


La valutazione economica dei beni demaniali La chiave di volta del processo in questione, può essere individuata nell’articolo 14 del D. Lgs. n. 279/1997 che, allo scopo di definire in modo inequivocabile l’utilizzazione economica dei beni erariali, «ferma restando l’attuale distinzione in categorie», ha introdotto «nel conto generale del patrimonio un’ulteriore classificazione» degli elementi attivi e passivi e dei loro criteri di valutazione [39].

Per la Corte dei conti, il legislatore ha così mostrato l’intendimento di voler accantonare il connotato dell’invalutabilità dei beni demaniali e, attualizzando i contenuti essenziali del principio dell’utilizzo produttivo della proprietà statale, già presente nell’ordinamento, riaffermare precisamente la necessità di una gestione economica dei ben... _OMISSIS_ ...quo;articolo 822 del codice civile (e – per quanto qui interessa – agli articoli 28 e 29 del codice della navigazione).

In tale prospettiva, tutti i beni del demanio marittimo e le relative pertinenze sono inseriti tra le «attività non finanziarie non prodotte (attività economiche non ottenute tramite processi di produzione)» [40], da stimarsi secondo il...