ESPROPRIAZIONE PER P U

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L'art.43 del D.P.R.327/2001 nella patologia dell'espropriazione

Uno dei fini assegnato al provvedimento acquisitivo, è quello di eliminare le figure di creazione giurisprudenziale dell'occupazione acquisitiva ed usurpativa. La Corte di Cassazione ha affermato che qualora la PA occupi un fondo di proprietà privata per la costruzione di un’opera pubblica e tale occupazione sia illegittima, la trasformazione del fondo da un lato comporta l'estinzione del diritto di proprietà del privato che passa all'ente e dall'altro la condanna di questo a risarcire il danno

L'art.43 del D.P.R.327/2001 e l'incognita della retroattività

Sul tema si registrano opposti orientamenti. La tesi della non retroattività trova il suo fondamento nell’art.57 TU, per il quale le disposizioni del Testo unico trovano applicazione solo ed esclusivamente su progetti per i quali la dichiarazione di pubblica utilità sia intervenuta in data successiva alla sua entrata in vigore. Viceversa, la tesi della retroattività trova fondamento soprattutto nel fine assegnato alla disposizione ovvero sanare situazioni patologiche di occupazione illegittima

L'art.43 del D.P.R.327/2001: l'usucapione, la Corte EDU e l'ambito oggettivo

Nel caso di utilizzo da parte della PA di beni da tempo destinati a uso pubblico senza che sia mai intervenuto un provvedimento ablativo, né attraverso il ricorso a strumenti di diritto privato o pubblico, si è da sempre posto il problema di come possa essere acquisito il bene. Lo stesso meccanismo dell’occupazione acquisitiva ed oggi l’art.43 TU rappresentano un tentativo di soluzione del problema. Vengono così a delinearsi modalità d'acquisto conseguenti a patologie dell'azione amministrativa

Il valore venale come parametro indennitario

I pilastri del diritto naturale che stanno a fondamento dell’espropriazione per pubblica utilità sono la iusta causa e il iustum pretium. In effetti il giusto prezzo o equo indennizzo è proclamato negli ordinamenti civili di ogni tempo e di ogni latitudine. In Italia è contemplato all’art. 834 cc. Ma come si quantifica? Il criterio plurisecolare e universale di quantificazione del giusto prezzo è stato ed è rappresentato dal valore venale, non di rado soggetto a meccanismi correttivi al rialzo.

L’articolo 5 bis del DL 333/1992: il 24% del valore venale

Nella memoria degli italiani non vi è un solo momento in cui si sia sentito parlare di finanze pubbliche sane. Nel 1992 la situazione era più drammatica del solito, perché a una congiuntura di particolare crisi economica si sommò l'indilazionabile necessità di rispettare rigorosi parametri di bilancio assunti in sede di adesione al trattato sull'UE. In questo eccezionale contesto interno e internazionale si decise di abbattere l’indennità di esproprio per contribuire a ridurre la spesa pubblica.

L'articolo 5 bis del DL 333/1992: le censure successive

La ritenuta ammissibilità di criteri “mediati” comporta l'ampia discrezionalità del legislatore nell’individuazione dei parametri concorrenti con quelli del valore venale. Più volte si è infatti affermato che residuano al legislatore grande libertà, dato che il valore effettivo del bene viene in rilievo non quale misura, ma come criterio di riferimento per la determinazione dell’indennizzo. Nell’esercizio di questa discrezionalità il legislatore opera il bilanciamento con il pubblico interesse

L'articolo 5 bis del DL 333/1992: le limitazioni alla proprietà privata

Secondo la definizione dell’articolo 832 del codice civile, la proprietà è il diritto che consente al suo titolare di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento. L’articolo 42 comma 2 della Costituzione dispone che la proprietà privata sia riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti per assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti

La legittimità dall'art.5 bis DL 333/1992: la sentenza 348 del 24 ottobre 2007

Il protrarsi a tempo indeterminato di un criterio indennitario sorto da una situazione di emergenza economica è stato il leitmotif della sentenza 348 che ha dichiarato incostituzionale l’articolo 5 bis, nei primi due commi, nonché il corrispondente articolo 37, anch’esso nei primi due commi, del TUE. La Corte Costituzionale sostiene che l’adeguatezza dei criteri di calcolo dell’indennità di esproprio deve essere storicizzata al contesto istituzionale e giuridico esistente al momento del giudizio

Fondamento giuridico del valore venale come parametro indennitario nel regime interinale

Le amministrazioni hanno il dovere di proseguire le procedure e di non sospenderle a seguito della sentenza 348: ogni carenza del legislatore deve necessariamente essere colmata per via interpretativa. Quando fu dichiarato incostituzionale per le aree edificabili l’articolo 16 della legge 865/1971, si ritenne unanimemente che l’articolo 39 della legge fondamentale, mai formalmente abrogato, avesse allargato la sua sfera d’azione a regolare le fattispecie già disciplinate dalla norma illegittima

Reintroduzione del valore venale: indennità e risarcimenti

Si propone la situazione di equiparazione tra indennità e risarcimento, seppure sul piano più elevato del valore venale, perché da un lato l’incostituzionalità dei primi due commi dell’articolo 5 bis rende operante il criterio del valore venale, dall’altro l’articolo 43 TUE sesto comma fissa l’entità del risarcimento del danno nel valore del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità, computando gli interessi moratori a decorrere dal giorno in cui il terreno sia stato occupato senza titolo

Dopo le sentenze di incostituzionalità n° 348 e 349 in materia espropriativa

La ricognizione sulle ricadute delle sentenze n.348 e 349 della Corte costituzionale si carica di valenze diverse a seconda se ci si riferisca ai giudizi in corso, per la determinazione dell’indennità o per la liquidazione del danno da occupazione appropriativa, o ai procedimenti espropriativi iniziati sotto la vigenza dell’art.5-bis, o dell’art. 37 t.u.e. Le due sentenze, inoltre, pur caratterizzate dallo stesso nucleo argomentativo, attengono a questioni diverse, l’indennità ed il risarcimento

Il rapporto di credito e la validità dell'art.5 bis DL 333/1992

La norma è incostituzionale solo dal momento in cui è nato il parametro a cui è stata commisurata in modo sfavorevole, che poi è quello che dà rilevanza costituzionale al contrasto con la CEDU, per omessa osservanza dello Stato degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali. Il risultato è che a seconda della data di nascita del rapporto di credito rispetto all’entrata in vigore della riforma del titolo V della Costituzione, la norma resterebbe applicabile ai rapporti non definiti

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