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Evoluzione normativa e giurisprudenziale delle occupazioni illegittime: dall'accessione invertita all'art. 43 T.U.Es.

Il riferimento storico epocale in materia di occupazioni illegittime da parte della P.A. è dato nel 1983 dalla celebre sentenza c.d. "Bile" della Cassazione nella quale si affermava che in un suolo di proprietà privata illecitamente occupato per la costruzione di un’opera pubblica, la radicale trasformazione di esso e l’irreversibile destinazione alla realizzazione dell’opera produce l’acquisto a titolo originario della proprietà in favore della P.A. e il diritto al risarcimento al proprietario.

L'acquisizione sanante: il superamento dell'art. 43 del D.P.R. 327/2001 e l'avvento dell'art. 42 bis

L’8 ottobre 2010, data di deposito della sentenza n. 293 della Consulta, segna la fine del tormentato iter seguito nella sua applicazione dall’art. 43 del d.P.R. 327/2001. Gli sforzi in “buona fede” compiuti dal legislatore venivano in questo modo definitivamente preclusi a fronte di una giurisprudenza nemica che lo aveva sottoposto per circa nove anni ad un “fuoco incessante” di contestazioni di vizi assoluti.

Primi profili di illegittimità costituzionale dell'art. 42 bis T.U.Es.: la pronuncia della Corte costituzionale n. 71/2015

A soli quattro anni dal suo inserimento nel sistema legislativo racchiuso nel T.U.Es. di cui al d.P.R. 327/2001, tramite il D.L. n. 98/2011, convertito con legge n. 111/2011, l’art. 42 bis “soffre” già di patologica incertezza per il suo profilo costituzionale che non convince affatto i giudici di legittimità.

L'ambito di applicazione dell’art. 42 bis del D.P.R. 327/2001

La prima macro area d’intervento dell'art. 42 bis T.U.Es. è individuata dal primo comma di onnicomprensiva portata che riferisce di un “utilizzo del bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità”.

Il procedimento di determinazione dell’indennità di acquisizione sanante

Stante la particolare “ratio” che anima lo strumento di acquisizione sanante non può più parlarsi di mero risarcimento del danno, ma più segnatamente di “indennità” e ciò in quanto si procede sulla base di una nuova categoria di interessi pubblici che, attualmente persistenti, spingono l’Autorità ad operare una nuova procedura espropriativa e, dunque, una diversa indennità. Invero, il termine sanatoria trova la sua affermazione perché comunque l’occupazione c’è già stata e non correttamente.

Contenuto del decreto di acquisizione sanante: la motivazione bipolare nell’ottica della comparazione con gli interessi dei privati

L’anima dell’art. 42 bis del T.U.Es. è chiaramente racchiusa nel periodo seguente la prima parte del 4° comma in cui viene marcato che “è specificamente motivato in riferimento alle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che ne giustificano l'emanazione, valutate comparativamente con i contrapposti interessi privati ed evidenziando l'assenza di ragionevoli alternative alla sua adozione”.

Gli adempimenti formali che seguono il decreto di acquisizione sanante ex art. 42 bis T.U.Es.

Il provvedimento di acquisizione del bene illegittimamente occupato deve essere notificato al proprietario e comporta il passaggio del diritto di proprietà, sotto condizione sospensiva del pagamento delle somme dovute ovvero del loro deposito effettuato ai sensi dell’art. 20, comma 14, D.P.R. 327/2001; è soggetto a trascrizione presso la conservatoria dei registri immobiliari ed è trasmesso in copia all’ufficio istituito ai sensi dell’art. 14, comma 2, T.U. nonché comunicato alla Corte dei conti

Autorità competente e natura del giudizio in materia di occupazioni illegittime

Se l’occupazione illegittima è stata condotta in virtù di una regolare procedura espropriativa non terminata con il decreto definitivo o i cui atti siano stati annullati, la giurisdizione spetta al G.A. Se invece il comportamento tenuto dalla P.A. non è riconducibile ad un potere espressamente previsto per non aver posto in essere in alcun modo la procedura prevista nella norma, bensì il bene venga detenuto illegalmente in virtù di una sua materiale apprensione, la giurisdizione spetta al G.O.

Metodi di computo delle distanze legali dal confine e tra edifici

La misurazione con metodo lineare si impiega quando si debbano considerare le distanze richieste per assicurare aria e luce ai fabbricati, e quindi per evitare le c.d. intercapedini; la misurazione radiale, che dà risultati più restrittivi, è invece evidentemente più coerente con il concetto di distanze di sicurezza, richieste per evitare pregiudizi alla statica degli edifici.

La facoltà di costruire sul confine: in aderenza o in appoggio

Ai fini di valutare il rispetto delle distanze e la possibilità di edificare in edificare in aderenza, non è possibile riconoscere carattere di costruzione ad un semplice grigliato metallico avente valenza per lo più decorativa.

La nozione di costruzione ai fini del calcolo delle distanze legali dal confine e tra opere adiacenti

La nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio, ma si estende a qualsiasi opera non completamente interrata, avente i requisiti della solidità, dell'immobilizzazione rispetto al suolo anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso con una preesistente fabbrica, e ciò indipendentemente dal livello di posa e di elevazione, dai caratteri del suo sviluppo aereo, dall'uniformità e continuità della massa e dal materiale impiegato per la sua realizzazione.

Derogabilità alle distanze minime tra edifici da parte dei piani urbanistici attuativi

La deroga alle distanze minime tra edifici è ammessa solo a favore della pianificazione attuativa, e non anche per il PRG o i titoli abilitativi diretti (tra cui il PDC).

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