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Guiso-Gallisay contro Italia: la quantificazione dell'equo soddisfacimento

Innanzi al giudice europeo i ricorrenti avevano domandato una somma corrispondente al valore attuale del terreno oggetto della controversia, comprensiva del valore aggiunto rappresentato dalla realizzazione degli immobili costruiti sul loro terreno e dalla quale andava dedotta la somma ottenuta a livello nazionale. I ricorrenti chiedevano il pagamento di una somma pari all’importo dell’imposta alla quale le somme concesse dal tribunale erano soggette nonché il risarcimento per il danno morale

Guiso-Gallisay contro Italia: il calcolo dell'indennizzo

È sembrato evidente alla Corte che il metodo di calcolo dell’indennizzo sulla base del valore dei beni alla data della sentenza espresso in base ai propri precedenti avrebbe impedito alle autorità italiane di conformarsi alla giurisprudenza stessa, mettendo a rischio il principio di sussidiarietà. La Corte riteneva che la data dovesse essere quella in cui la perdita della proprietà dei beni era stata riconosciuta nel sistema nazionale e cioè la data della sentenza della giurisdizione nazionale

Guiso-Gallisay contro Italia: la sentenza della Grande Camera

I giudici europei non hanno messo in discussione la qualità di “vittime” dei ricorrenti per la condotta di esproprio illegale dell’amministrazione competente, confermando che l’espropriazione indiretta tende a ratificare una situazione di fatto derivante dalle illegalità commesse dall’amministrazione e permettendo a quest’ultima di trarre beneficio dal suo comportamento illegittimo. La Corte ha quindi riaffermato l’impossibilità di mettere sullo stesso piano l'espropriazione regolare e indiretta

Guiso-Gallisay contro Italia: i criteri del risarcimento

Nell'individuazione dei criteri per quantificare il risarcimento la Corte ha ritenuto, condividendo la posizione espressa dalla Camera, che l’applicazione della giurisprudenza Papamichalopoulos alle cause in materia di espropriazione indiretta potesse generare anomalie. E se il primo argomento speso è integralmente sovrapponibile a quello esposto dalla Camera quanto alle differenze esistenti nella fattispecie concreta rispetto al caso Papamichalopoulos, il secondo è invece una novità assoluta

Guiso-Gallisay contro Italia: considerazioni finali

La Corte, modificando il proprio indirizzo sulla quantificazione del risarcimento spettante ai proprietari colpiti da un’occupazione acquisitiva, ritiene di doversi discostare dalla propria giurisprudenza che aveva riconosciuto ai proprietari colpiti da occupazione acquisitiva ed usurpativa, il risarcimento del danno quantificandolo sulla base del valore venale del bene al quale doveva essere aggiunto il plusvalore rappresentato dal costo di costruzione delle opere realizzate dall'espropriante

Le ragioni (forti) di un dialogo fra Corti nazionali e sovranazionali

Secondo la giurisprudenza della CEDU spetta ai giudici nazionali interpretare e applicare il diritto nazionale in senso conforme ai principi della convenzione, ed in particolare ai criteri interpretativi elaborati dalla Corte. Agli stessi è sì riservato in via prioritaria il sindacato ermeneutico sul diritto nazionale, purchè questo si compia in consonanza con i dettami della CEDU. È questo il senso finale del principio di sussidiarietà che anima i rapporti fra giudice nazionale e Corte europea

La sentenza Guiso-Gallisay: limiti e dubbi

La sentenza non significa che il giudice europeo abbia deciso di riconoscere piena compatibilità convenzionale all’istituto dell’occupazione acquisitiva per come esso si è andato delineando dopo gli interventi della Corte costituzionale del 2007. Una lettura della sentenza in questi termini non sembra affatto convincente, come sottolinea buona parte della dottrina che anzi ipotizza un ricorso più generalizzato alla restituzione dei fondi al proprietario colpito da condotte manipolative del fondo

L’art.43 t.u. espropriazione: pregi e difetti

Al confronto fra autorità giudiziarie e CEDU sulle occupazioni illegittime, si sono affiancate le risposte del legislatore interno. Questo il Governo lo fece all’interno del TU sull’espropriazione. In un contesto di riordino normativo delle procedure espropriative e delle prassi connesse, il legislatore delegato, avvalendosi dello schema di testo unico delegato all’Adunanza Generale, introduceva l’art 43 rubricandolo come "Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico"

Art.43 t.u. espropriazione: la Cassazione contro il giudice amministrativo

La Cassazione irrigidiva notevolmente le sue posizioni e non mancava di rivolgere i suoi strali contro l’art.43 t.u. espropriazione, contestandone la compatibilità costituzionale e convenzionale. Di diverso avviso è stato, invece, il giudice amministrativo che, in estrema sintesi, ha messo in atto una strategia interpretativa volta a ridurre i possibili attriti tra normativa interna e CEDU, cimentandosi ripetutamente in operazioni ermeneutiche volte a ridurre l’ambito di operatività dell'art.43

Le decisioni del Comitato dei Ministri sulle "espropriazioni indirette"

Venivano considerati positivamente non solo l’introduzione di un meccanismo normativo rivolto ad elidere gli effetti dell’occupazione acquisitiva (l'art.43 t.u. espropriazione) ma anche l’intervento legislativo volto a scoraggiare i comportamenti delle amministrazioni locali che hanno dato causa alle violazioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo. Venne poi espresso dal Comitato dei Ministri un pubblico riconoscimento alla giurisprudenza del giudice amministrativo

La CEDU e l'Italia si confrontano sulle espropriazioni illegittime

Punti fermi nella giurisprudenza di Strasburgo sono stati: la natura strutturale della violazione riferibile all’Italia per avere perpetuato il sistema dell’espropriazione indiretta; l'obbligo dello Stato di adottare misure individuali e generali per elidere gli effetti della violazione strutturale; conseguenze patrimoniali della violazione reiterata del diritto di proprietà e riconoscibilità di un pregiudizio da mancata protezione dello stesso non ottenibile innanzi alle giurisdizioni nazionali

La restitutio in integrum “integrale”

I casi in cui un terreno è già stato oggetto di occupazione sine titulo ed è stato trasformato senza il decreto di esproprio, lo Stato convenuto "dovrebbe sopprimere gli ostacoli giuridici che impediscono la restituzione del terreno sistematicamente e per principio." Solo quando la restituzione di un terreno risulta impossibile per motivi plausibili in concreto, lo Stato convenuto avrebbe dovuto garantire il pagamento di una somma corrispondente al valore che avrebbe la restituzione in natura

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