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Attività edilizia libera: poteri di Regioni e Comuni

La possibilità per le Regioni di estendere la previsione di attività edilizie libere rispetto alle fattispecie individuate dalla legge statale non può spingersi fino al punto di incidere in senso abrogativo sull’elenco degli interventi da considerarsi «nuova costruzione» ai sensi dell’art. 3, co. 1, lett. e), T.U. e sottrarre al regime del permesso di costruire dei manufatti che comportano un’alterazione permanente del territorio.

Il restauro e il risanamento conservativo

L’intervento di restauro e risanamento conservativo è un quid pluris rispetto alla manutenzione straordinaria, perché non ha una mera finalità conservativa, ma è teso ad una vera e propria riqualificazione dell’immobile, attraverso l’eliminazione delle carenze strutturali e funzionali che si manifestano in ragione della perdita delle originarie caratteristiche di funzionalità e di sicurezza dell’edificio

La ristrutturazione edilizia: in particolare la demolizione e ricostruzione dell’edificio

Le ipotesi sono due: la prima è quella della ristrutturazione senza demolizione che non porti ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che non comporti un aumento delle unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici. La seconda ipotesi di ristrutturazione eseguibile con s.c.i.a. è la demolizione e ricostruzione del fabbricato demolito rispettosa dei requisiti della sagoma e del volume dell’edificio preesistente.

I manufatti pertinenziali

Tre sono i presupposti: a) la natura pertinenziale del manufatto; b) l’opera deve avere una volumetria inferiore o uguale al 20% del volume dell’edificio principale a cui accede; c) lo strumento urbanistico non deve qualificare l’intervento come «nuova costruzione».

I parcheggi pertinenziali

La s.c.i.a. (in passato: d.i.a.) può trovare spazio per la realizzazione di parcheggi che siano a servizio di immobili già esistenti, mentre deve escludersi a priori che essa possa venire in rilievo per quei posteggi che devono essere obbligatoriamente presenti ai sensi dell’art. 41-sexies della legge n. 1150/1942 in caso di nuovi costruzioni o che siano realizzati nell’ambito di un nuovo edificio.

Le «varianti minime» e le «varianti non essenziali» al permesso di costruire

Ai sensi dell’art. 22, co. 2, T.U. e dell’art. 5, co. 2, del d.l. n. 70/2011 sono realizzabili mediante s.c.i.a. «le varianti a permessi di costruire che non incidano sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell’edificio e non violano eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire.».

Gli interventi "minori". La mera demolizione

Quale titolo abilitativo è necessario per la realizzazione di quegli interventi edilizi c.d. «minori» che la disciplina antecedente al T.U. assoggettava al regime della denuncia?

La «super d.i.a.»: considerazioni generali e presupposti di applicabilità

Con il termine «super d.i.a.» si designa comunemente la d.i.a. con cui, a certe condizioni, è possibile realizzare interventi ordinariamente assentibili con il permesso di costruire , ferma restando l’ininfluenza di tale scelta sul regime dell’onerosità dell’intervento e sul regime sanzionatorio amministrativo e penale.

La ristrutturazione c.d. «pesante»

Costituiscono interventi di ristrutturazione c.d. «pesante» quelli che, ai sensi dell’art. 10, co. 1, lett. c), T.U., portino «ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti di destinazione d’uso».

Dalla denuncia alla segnalazione certificata di inizio attività; considerazioni sull’ambito applicativo degli istituti

Il comma 4-bis dell'art. 49 del d.l. n. 78/2010 conv., con modif., in legge n. 122/2010, introdotto in sede di conversione, ha integralmente sostituito l'art. 19 della legge n. 241/1990, eliminando dal nostro sistema l'istituto della dichiarazione di inizio attività (d.i.a.) e introducendo al suo posto la segnalazione certificata di inizio attività (s.c.i.a.). L’istituto della d.i.a. comparve per la prima volta nel nostro ordinamento nell’art. 19 della legge n. 241/1990.

L’evoluzione storica dei titoli edilizi e della semplificazione in materia edilizia: dalla licenza edilizia al permesso di costruire e alla d.i.a..

Il settore dell’edilizia è sempre stato una sorta di «cantiere aperto», in cui gli interventi normativi di semplificazione delle modalità di conseguimento del titolo abilitativo si sono susseguiti in maniera alluvionale, creando molteplici problemi di coordinamento tra le fonti

Il rapporto tra l’art. 19 della legge n. 241/1990 e la d.i.a. edilizia; l’applicabilità della s.c.i.a. al settore dell’edilizia e la sostituibilità con s.c.i.a. del permesso di costruire

nel momento in cui venne introdotta, la d.i.a. edilizia si discostava in modo assai rilevante dal modello generale configurato dall’art. 19 della legge n. 241/1990, così come sostituito dall’art. 2 della legge n. 537/1993, che peraltro escludeva dal suo ambito di applicazione le «concessioni edilizie»

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