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Adesione ed entrata in vigore della Convenzione PIF

La Convenzione impone alcuni obblighi di comunicazione agli Stati Membri. In primo luogo, un obbligo di comunicazione alla Commissione Europea delle norme con cui hanno attuato la Convenzione stessa; inoltre la Convenzione richiede agli Stati di definire le informazioni da scambiarsi tra loro e con la Commissione nonché le modalità di trasmissione. Le comunicazioni hanno rilievo in quanto da esse decorrono dei termini rilevanti. Il primo Stato ad avere comunicato l’attuazione è stato la Germania

Attuazione della Convenzione PIF in Italia: la legge 300/2000

La legge non solo apportato modifiche al codice penale e di procedura penale introducendo nuove figure di reato e nuovi strumenti processuali, ma ha anche operato come legge delega, affidando al governo il compito di scrivere norme attuative in materia di responsabilità degli enti sulla base di linee guida indicate nella legge stessa. La L. 300 non attua soltanto la Convenzione PIF, il suo primo protocollo e il protocollo sulla interpretazione della Corte di Giustizia, ma anche altre Convenzioni

Osservazioni sull’efficacia della protezione degli interessi finanziari della U.E. nell’ordinamento italiano

La Commissione Europea ha vigilato sulla attuazione della Convenzione PIF nei vari ordinamenti nazionali degli Stati Membri. Tale potere trova legittimazione nell’art. 10 della Convenzione stessa, che fa obbligo agli Stati Membri di comunicare alla Commissione Europea i testi delle normative nazionali di attuazione della Convenzione. La Commissione ha redatto e redige poi dei rapporti sullo stato della attuazione. Ad oggi, la Commissione ha redatto due rapporti, uno nel 2004 e uno nel 2008.

Attuazione della PIF in Italia: l'art. 640 bis

La questione attiene alla natura del reato di frode, se si tratti di un reato autonomo o di una mera ipotesi aggravata del reato di truffa di cui all’art. 640 c.p. Come è evidente, la questione è di non poco conto perché in tale ultimo caso, l'aggravante potrebbe essere bilanciata, in sede di condanna, dalle circostanze attenuanti, anche generiche, e la pena massima scenderebbe drasticamente da 6 anni di reclusione a 3 anni. Alla fine ha prevalso la seconda ipotesi, indebolendone la deterrenza.

Il futuro della protezione degli interessi finanziari della U.E.

L’entrata in vigore del Trattato di Lisbona nel dicembre 2009 ha rappresentato una significativa innovazione nell’ambito del diritto comunitario. Una delle più rilevanti novità è la previsione dell'istituzione dell’Ufficio del Procuratore Europeo con un ambito d'azione specifico: la protezione degli interessi finanziari della U.E.. Questo settore si conferma di ogni innovazione nel diritto “penale comunitario”. In quale modo il Procuratore Europeo potrà operare è, al momento, ancora non definito

La U.E. contro il terrorismo: la Decisione Quadro 2002/475/GAI

Come pressoché tutti gli strumenti internazionali, la Decisione Quadro 2002/475/GAI non contempla una definizione di terrorismo. Questa ha però tipizzato gli atti di terrorismo. Ai sensi dell’art. 1 della Decisione Quadro del 2002, infatti, ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché siano considerati reati terroristici gli atti intenzionali (definiti in base al diritto nazionale) che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un paese o ad un'organizazione

Diritto penale in U.E.: l'associazione terroristica e le condotte di partecipazione

La Decisione Quadro 2002/475/GAI prevede anche che gli atti di terrorismo vengano commessi in un contesto associativo e contiene pertanto una definizione di organizzazione terroristica. Ai sensi dell’art. 2, infatti, per organizzazione terroristica s'intende l'associazione strutturata, e dunque non fortuita, di più di due persone, stabilita nel tempo, che agisce in modo concertato per commettere reati terroristici. Vengono altresì delineati i ruoli all'interno dell'associazione terroristica.

Diritto penale in E.U.: reati connessi ad attività terroristiche

Gli articoli 3 e 4 della Decisione Quadro 2002/475/GAI sono stati sostituiti, in base all’art. 1 della Decisione Quadro 2008/919/GAI del Consiglio. In essi vengono definite le fattispecie, tra cui figurano: la pubblica provocazione, il reclutamento o l'addestramento a fini terroristici, il furto aggravato e l'estorsione con l’intenzione di commettere atti terroristici. Si dichiara altresì che ciascuno Stato adotta le misure necessarie per rendere punibile il concorso in uno dei reati elencati

Diritto penale in U.E. pubblica provocazione per commettere reati di terrorismo

La Decisione Quadro 2008/919/GAI intende pubblica provocazione per commettere reati di terrorismo la diffusione, o qualunque altra forma di pubblica divulgazione, di un messaggio con l’intento di istigare a commettere uno dei reati compresi tra gli atti di terrorismo. Sul punto, si ritiene che a parte l’art. 414 del codice penale italiano nessuna norma del Libro II Titolo I Capo I contempla una fattispecie similare a quella prevista dall’art. 1 paragrafo 1 della Decisione Quadro 2008/919/GAI.

La Decisione Quadro 2008/919/GAI: reclutamento, addestramento e altri reati a fini terroristici

La Decisione Quadro 2008/919/GAI intende reclutamento a fini terroristici l’induzione a commettere uno dei reati di cui all’art. 1, paragrafo 1, lettere da a) a h) o all’articolo 2, paragrafo 2 della Decisione Quadro 2002/475/GAI del 13 giugno 2002. La Convenzione del Consiglio d’Europa CETS No 196 del 16.5.2005 contempla nell'ipotesi di reclutamento anche la sollecitazione a prendere parte ad un’associazione o gruppo, allo scopo di contribuire alla perpetrazione di uno o più atti di terrorismo

La Decisione Quadro 2008/919/GAI: circostanze attenuanti, incentivi alla collaborazione e responsabilità delle persone giuridiche

L’Articolo 6 della Decisione Quadro 2002/475/GAI prevede che ogni Stato membro può adottare le misure necessarie affinché le pene possano essere ridotte nel caso in cui l'autore del reato: rinunci all'attività terroristica, fornisca alle autorità amministrative o giudiziarie informazioni che esse non avrebbero potuto ottenere con altri mezzi e che sono loro utili per prevenire o attenuare gli effetti del reato, individuare o consegnare alla giustizia i complici oppure acquisire elementi di prova

L’inadempimento definitivo e la possibilità dell’adempimento da parte del diffidato

La diffida non può operare quando l’adempimento della prestazione pattuita è divenuto definitivamente impossibile, poiché in tal caso l’assegnazione di un nuovo termine sarebbe inutile, e si vanificherebbe la funzione dell’intimazione. Si ritiene che l’irrimediabilità che ne consegue sia indipendente dalle cause che l’hanno determinata; ciò anche nel caso in cui il suo verificarsi dipendesse dal comportamento negligente o doloso del debitore, posto che in tal caso, l’inadempimento sarebbe certo

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