Normativa internazionale relativa al Bitcoin

Il Caso MtGox

Una volta installato un Bitcoin wallet sul proprio computer o dispositivo (smartphone o tablet che sia), il metodo più immediato per procurarsi dei Bitcoin è quello di ricorrere a una Borsa, in altre parole una Bitcoin exchange.

Oggigiorno esistono numerose exchange, sia per bitcoin sia per altre criptovalute. Funzionano tutte online e permettono agli utenti di vendere e acquistare criptomonete in cambio di valuta reale, per lo più in cambio con il dollaro statunitense.
In pratica, queste Borse funzionano come dei veri e proprio mercati: raccolgono gli ordini di vendita e di acquisto dei loro clienti trovando le controparti. Pertanto, non è l’exchange che si pone come controparte della transazione di un cliente, non compra o vende direttamente, si limita solo ad abbinare gli ordini già presenti.

Il loro modus operandi ricorda quello di una banca; i clienti aprono dei conti presso la Borsa su cui depositano valuta reale o criptovaluta. La Borsa, quindi, si appoggia sia a un istituto di credito reale, aprendo un conto di deposito, sia sul software della criptomoneta in questione, creando un proprio wallet. I clienti si servono così di entrambi per portare a termine gli scambi.

Gestire una simile attività richiede una particolare attenzione alla sicurezza di account e password degli utenti. Una violazione perpetrata da terze parti, comprometterebbe tutto il sistema. Inoltre, la Borsa deve assicurare un’opportuna manutenzione del wallet della criptovaluta, tenendolo costantemente aggiornato e prestando attenzione a eventuali bug.

Il noto caso della Borsa di Bitcoin, MtGox, è esemplare a questo riguardo. MtGox è stata una delle principali Borse per bitcoin, con all’attivo migliaia di utenti. Fu fondata nel 2009, a Tokyo, con l’originaria funzione di piattaforma di trading online per le carte da gioco di “Magic: The Gathering” . Tuttavia, nel 2010, il suo fondatore, Jed McCaleb, cambiò MtGox in una Borsa di bitcoin, diventando in poco tempo la principale per volumi scambiati.


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Tuttavia, a parte qualche problema di minor conto, l’attività della Borsa continuava come al suo solito. Il vero e proprio anno problematico per la piattaforma fu il 2013. In aprile, infatti, MtGox subì un DDoS (Distributed Denial of Service), causa di numerosi ritardi e problemi negli scambi. Si dice, addirittura che tale attacco sia stato mirato non ai server protetti contro simili minacce, ma a un singolo server rimasto scoperto che gestiva sia il sito che la Borsa, trovato tramite un semplice scan dell’indirizzo IP di MtGox.

Contemporaneamente, i ritardi nelle operazioni di scambio, in particolare nelle ore più affollate, diventavano sempre più frequenti. A maggio del 2013, il Dipartimento di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti sequestrò il conto che la Borsa aveva presso Dwolla, il suo principale payment provider, poiché quest’ultimo non si era registrato propriamente presso il FinCEN. Nel mese successivo, l’exchange si trovò costretta a sospendere temporaneamente i prelievi di dollari. Ormai, per la Borsa e soprattutto per i suoi clienti era diventato quasi impossibile operare. Il fallimento del febbraio 2014 non è altro che l’apice di una vicenda iniziata molti mesi prima.

Alla base di tutti questi problemi risiede il software utilizzato da MtGox per gestire le transazioni di bitcoin. Esse avvenivano sulla sua piattaforma e in particolare sul modo in cui questo software poneva rimedio al cosiddetto transaction malleability bug.


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A peggiorare ulteriormente la situazione, vi era la presenza sul sito dell’exchange di una pagina elencante tutte le transazioni fallite. Più precisamente questo è quanto succedeva:


  • Quando un cliente di MtGox trasmetteva un ordine tramite la piattaforma, la transazione conseguente poteva avere un ID zeropadded.

  • In tal caso, la suddetta transazione veniva rifiutata dagli altri software di gestione delle transazioni bitcoin e, pertanto, ritardata.

  • Poiché, come già detto in precedenza, il sito di MtGox era dotato di una pagina con tutte le transazioni fallite, gli utenti, presane visione, spesso le ritrasmettevano eliminando gli zero iniziali.

  • La transazione con l’ID modificato era finalmente accettata dal network Bitcoin e aggiunta alla blockchain. Tuttavia, per l’exchange, inconsapevole della modifica, la transazione continuava a risultare fallita, poiché il software usato attendeva il riconoscimento dell’operazione sotto l’ID originario, quello zeropadded. I bitcoin associati a questa transazione, di conseguenza, risultavano ancora disponibili per future transazioni, che naturalmente fallivano.


Questo circolo vizioso continuò ad andare avanti per diversi mesi, gettando MtGox nel caos più totale. Fino al punto che la Borsa si ritrovò costretta a sospendere tutte le transazioni in Bitcoin, poiché incapace di sapere quanti Bitcoin fossero effettivamente in suo possesso.

La vulnerabilità al transaction malleability bug rese la piattaforma facile preda di furti, che prosciugarono l’exchange wallet.

L’insieme delle problematiche sopra descritte, unite a un approccio lasso verso la contabilità , hanno condotto MtGox a dichiarare bancarotta protetta in Giappone il 28 febbraio 2014. Dopo aver dichiarato di aver perso ben 850 mila bitcoin, la Borsa è divenuta oggetto di una class action da parte dei suoi clienti. Pertanto, a marzo 2014, l’exchange ha inoltre dichiarato bancarotta protetta anche negli Stati Uniti per evitare che, tramite la class action, gli utenti si impadronissero di tutti i suoi asset.

In aprile, MtGox ha affermato di aver ritrovato 200 mila bitcoin su un vecchio portafoglio offline. A oggi, le due parti sembrerebbero aver trovato un accordo, e aspettano l’approvazione finale dalla corte federale di Chicago.

Secondo questo patto, i clienti statunitensi e canadesi divideranno i 200 mila bitcoin ritrovati e parteciperanno per il 16,5% delle azioni i MtGox dopo che sarà venduta.


La natura giuridica di Bitcoin

L’inquadramento dei Bitcoin all’interno di una categoria giuridica univoca non è così marcato. Diverse teorie sono state elaborate a riguardo, ognuna foriera di conseguenze da non sottovalutare. La natura giuridica dei Bitcoin influisce infatti inevitabilmente sulla loro regolamentazione, rappresentando quindi una premessa imprescindibile.


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Non si può ignorare tuttavia la nascita dei primi servizi che consentono il pagamento di tasse in Bitcoin, accettando versamenti in questa valuta e trasferendoli dietro commissione al governo in valuta a corso legale. Inoltre gli strumenti finanziari sono sottoposti a una disciplina piuttosto stringente che mal si adatterebbe allo scambio di Bitcoin nell’ipotesi in cui la moneta virtuale venisse considerata quale strumento finanziario.

A questo punto, non resta che un’ultima via, che è quella che discende a sua volta dal corretto inquadramento storicogiuridico del denaro tradizionale. Il denaro, infatti, nasce come merce: una merce con delle caratteristiche particolari che lo rendono, per l’appunto, adatto a essere impiegato per le quattro funzioni fondamentali sopra richiamate; ma pur sempre, originariamente, una merce.

È solo con l’avvento delle monete fiat, prive di qualunque valore di mercato se non fosse per l’imprimatur delle autorità monetarie, che il denaro cessa di essere percepito come una merce e nasce storicamente come tale. Bitcoin recupera in parte questa funzione originaria del denaro pur mantenendo le proprie peculiarità, quali la virtualità e l’intangibilità. È certamente più vicino al denaromerce in senso proprio di quanto non lo sia al denaro cosiddetto fiduciario o fiat delle banche centrali: infatti, a differenza di questo, e proprio come oro e argento, ha valore non perché il suo uso sia imposto da una banca centrale, ma perché e fintantoché le persone e le aziende sul mercato decidono liberamente di attribuirgli valore.

Pertanto, sembra potersi adottare la teoria che tenta di inquadrare i Bitcoin quale bene giuridico in senso stretto, ovvero ai sensi dell’art. 810 c.c. in virtù del quale «sono beni le cose che possono essere oggetto di diritti». Naturalmente si tratterà di un bene mobile, e soprattutto, per via della sua ricordata natura priva di qualunque supporto fisico, di un bene immateriale.


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Ma, soprattutto, dalla configurazione cui si è giunti discendono conseguenze molto rilevanti sul piano del trattamento fiscale cui deve ritenersi sottoposta l’attività di produzione, da un lato, e utilizzo e scambio dall’altro, di Bitcoin o altre criptomonete.

Il modo in cui i Bitcoin vengono considerati, dunque, implica conseguenze rilevanti in primis sulla tassazione e sull’IVA e la diffusione a livello globale della cripto moneta solleva una pronta risposta in termini di una sua possibile regolamentazione giuridica. Le soluzioni approntate dagli ordinamenti giuridici non sono le stesse: ci si trova generalmente ancora in una fase di comprensione del fenomeno, di analisi e vaglio della soluzioni concretamente adottabili. La natura disparata delle soluzioni proposte rende impossibile un’analisi globale e univoca della regolamentazione giuridica di tale fenomeno. Si rende quindi necessario analizzare individualmente i singoli ordinamenti giuridici in modo tale da osservarne le analogie e le diversità.

In quanto segue, l’analisi verterà principalmente sui seguenti Paesi: Australia, Irlanda, Russia, Giappone , Europa, USA, Svizzera ed Italia.


Australia

Il Presidente della Digital Currency Commerce Association australiana, Ronald Tucker, ha richiesto proposte di legge agli uffici fiscali, alla Commissione Investimenti e alla Tesoreria federale per chiedere un maggiore controllo sul fatturato dei Bitcoin, ritenendo che una corretta regolamentazione sia fondamentale per l’Australia per evitare di rimanere indietro rispetto agli altri Paesi. "La moneta digitale è destinata a rimanere nel tempo" ha detto Tucker. "Se non rispondiamo in modo appropriato e in modo rapido è possibile che l'Australia venga lasciata indietro dal resto del mondo. Crediamo che la chiave fondamentale qui sia lavorare con il governo e lavorare verso un processo di autoregolamentazione.”

In risposta alla volatilità di Bitcoin, la piattaforma di scambio dei Bitcoin igot.com ha impostato un nuovo servizio “Future Trade” che consente agli utenti di impostare valori predeterminati a cui il sito sarà automaticamente in grado di acquistare e vendere Bitcoin per conto dei propri utenti.

Un simile servizio, sebbene non possa cambiare la natura volatile dei Bitcoin, quantomeno può ridurre al minimo l'effetto sui clienti delle sue fluttuazioni.

Tucker ritiene che il fallimento di Mt Gox sia stato utile per mostrare la necessità di dover approntare un quadro normativo stabile per i Bitcoin, in modo tale da prevenire per il futuro simili incidenti. “ La regolamentazione- ha poi sostenuto- dovrà colpire l’utilizzo illecito della moneta digitale e non la tecnologia in sé e per sé.”


Irlanda

Alla conferenza Bitfin a Dublino, Gareth Murphy, direttore responsabile della supervisione dei mercati, dei fondi, dell’intermediazione mobiliare e delle industrie di gestione degli investimenti della Banca centrale d'Irlanda, ha tenuto un intervento dal titolo “La regolamentazione delle valute virtuali”, esprimendo le sue preoccupazioni sui Bitcoin e sulle criptomonete in generale per via della loro attitudine a presentarsi quali potenziali canali per l’evasione fiscale, nonché per il riciclaggio di denaro.


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La conferenza BitFin è stato un primo passo importante per colmare il divario tra l’ecosistema della moneta virtuale e quello dei servizi finanziari convenzionali.

L’Irlanda sembra quindi essere orientata verso la strada di una futura regolamentazione giuridica dei Bitcoin. Gli sviluppi si vedranno in ogni caso nei prossimi anni.


Russia



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Giappone

Il Giappone sembra non essere interessato ad apprestare una regolamentazione giuridica dei bitcoin. Il partito liberaldemocratico ha assunto tale decisione subito dopo il fallimento di Mt Gox e per adesso il fenomeno delle monete virtuali si presta a essere oggetto di controllo da parte delle autorità.

Il rappresentante del partito liberaldemocratico, Takuya Hirai, ha chiaramente ribadito la mancanza di volontà di fornire un inquadramento giuridico dei Bitcoin, nonché la necessità di dover studiare meglio il fenomeno prima di prendere provvedimenti in proposito.

In realtà non si vede come tale decisione possa essere definitiva a lungo termine, dal momento che una progressiva espansione del fenomeno dei Bitcoin a livello globale non potrà non comportare l’adozione di precise strategie normative a riguardo.


Europa

L’Autorità Bancaria Europea ha avvertito che i rischi delle valute digitali superano fortemente gli aspetti positivi. Questa la conclusione di una relazione dedicata a mostrare anche i vantaggi delle criptomonete, sollecitando tuttavia maggiori controlli sulle stesse.

A partire dal 2013, quando le criptomonete hanno vissuto una grandissima diffusione a livello globale, queste sono diventate oggetto dell’azione dell’Autorità Bancaria Europea dal momento che la stessa è responsabile per il monitoraggio e la consulenza in materia di innovazioni finanziarie in corso. Tuttavia è stato osservato come il numero di transazioni effettuate con le monete virtuali non abbia mai superato il valore di 100.000 al giorno in tutto il mondo, di gran lunga inferiore rispetto ai circa 295 milioni di pagamenti convenzionali effettuati ogni giorno soltanto in Europa.

L’allarmismo dell’Autorità Bancaria Europea sembra essere dovuto ad alcune lacune che inficiano l’ecosistema dei bitcoin e che ancora non hanno trovato una risposta adeguata.

In primis la criptomoneta non è la moneta legale di nessuna giurisdizione. A ciò si aggiunge il fatto che i gruppi di minatori che detengono il controllo di più della metà della rete potrebbero interferire sul sistema delle transazioni.
Tali problematiche necessitano di dover reperire strumenti adeguati in grado di fornire una risposta alle esigenze sollevate dal nuovo sistema finanziario.


USA

I Bitcoin si ritrovano a dover affrontare un contesto normativo molto incerto negli Stati Uniti, con più dipartimenti e agenzie governative che risultano ancora prive di coordinamento. Il rischio di un’eccessiva regolamentazione potrebbe minacciare proprio i soggetti che traggono maggiori benefici dal sistema Bitcoin.


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Al contrario, la tesoreria americana del Financial Crimes Enforcement Network o "FinCEN", sostiene che anche se i bitcoin non sono una valuta a corso legale, coloro che li scambiano inviano denaro e pertanto sono soggetti al Bank Secrecy Act, che è stato approvato nel 1970 prima ancora dell’esistenza di Internet. A differenza di un trasmettitore di denaro tradizionale come Paypal o Western Union WU 1,68%, la trasmissione di bitcoin è una operazione tra due parti che non richiede un intermediario.

Questa duplice regolamentazione non può che avere un effetto negativo sulla crescita dei bitcoin come moneta mondiale, portando via i servizi promettenti che il sistema Bitcoin è in grado di offrire anche ai soggetti non integrati nel mondo finanziario. Questo è solo l'inizio delle sfide di regolamentazione giuridica dei bitcoin, dal momento che sempre più enti stanno cercando di trovare una soluzione normativa unitaria.



Svizzera

L'autorità di vigilanza sui mercati finanziari, FINMA, ha rivisto il Collective Investment Schemes Ordinance, includendo questa volta informazioni e linee guida sui Bitcoin. Il fatto che la menzione dei bitcoin provenga da uno dei sistemi finanziari più conservatori e segreti al mondo, non può che essere un indice sintomatico della grande diffusione dei bitcoin.
Il ruolo della FINMA tradizionalmente consiste in un’azione dedita a proteggere i creditori, gli investitori e gli assicurati e volta a garantire il buon funzionamento dei mercati finanziari.

Le chiavi strategiche per il raggiungimento di tali obiettivi ruotano intorno ai due pilastri della regolamentazione normativa e della pianificazione strategica. La FINMA non nega i rischi che possono derivare dall’uso dei Bitcoin, ma si apre alla possibilità di inserire le monete virtuali nel quadro normativo già esistente.


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FINMA abbia incluso i bitcoin nelle sue considerazioni è sicuramente un passo avanti che avrà effetti a livello globale.


Italia

L’inquadramento giuridico dei bitcoin assume rilevanza sul piano fiscale. La carenza di una disciplina giuridica apposita per la regolamentazione dei bitcoin e l’incertezza circa le future scelte del legislatore italiano costringono inevitabilmente a prendere in considerazione i riflessi fiscali delle diverse teorie prospettate nell’introduzione del presente capitolo.
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