Diritto di proprietà ed atti abdicativi nelle occupazioni illegittime

PATOLOGIA --> OCCUPAZIONE ILLEGITTIMA --> ABDICAZIONE --> INAMMISSIBILITÀ

Nell’ipotesi in cui alla dichiarazione di pubblica utilità non abbia fatto seguito l’emanazione di un tempestivo decreto di esproprio, il trasferimento del bene occupato può dipendere solo da un formale atto di acquisizione dell’Amministrazione, mentre deve escludersi che il diritto alla restituzione possa essere limitato da altri atti estintivi (rinunziativi o abdicativi, che dir si voglia) della proprietà o da altri comportamenti, fatti o contegni.

La proposizione dell'azione risarcitoria da parte del proprietario del suolo non è configurabile come un negozio unilaterale che determina contestualmente un effetto abdicativo (ossia la perdita del diritto di proprietà sul suolo in capo all'originario proprietario) e un effetto acquisitivo (ossia l'acquisto del predetto diritto in capo all'Amministrazione), sia perché la rinuncia al diritto di proprietà o ad altro diritto reale su cosa altrui non incrementa l'altrui patrimonio, ma si limita a depauperare il patrimonio del rinunciante (e infatti la c.d. rinuncia traslativa non è un negozio unilaterale, bensì un contratto bilaterale), sia perché l'art. 922 c.c. sancisce il principio della tipicità dei modi di acquisto della proprietà.

Il diritto di proprietà non può essere fatto oggetto di atti abdicativi e quindi anche la richiesta di risarcimento formulata dal privato, finalizzata a ottenere il mero controvalore del fondo compromesso dalla realizzazione dell'opera pubblica, ancorché interpretata quale manifestazione della volontà di rinunciare alla proprietà del fondo, non può valere a determinare in capo al privato la perdita di proprietà del fondo illegittimamente occupato dall'opera pubblica.

Il trasferimento del bene illegittimamente occupato può dipendere solo da un formale atto di acquisizione dell’Amministrazione, mentre deve escludersi che il diritto alla restituzione possa essere limitato da altri atti estintivi (rinunziativi o abdicativi, che dir si voglia) della proprietà o da altri comportamenti, fatti o contegni.

Il trasferimento della proprietà del bene illegittimamente occupato, può dipendere solo da un formale atto di acquisizione dell’Amministrazione, mentre deve escludersi che il diritto alla restituzione possa essere limitato da altri atti estintivi (rinunziativi o abdicativi, che dir si voglia) della proprietà o da altri comportamenti, fatti o contegni.

La configurazione dell’azione risarcitoria alla stregua di negozio unilaterale con effetto abdicativo nei confronti del precedente proprietario non rende ragione, per la stessa natura di atto unilaterale del negozio, dell’effetto ulteriore che dovrebbe conseguire all’atto di rinuncia della proprietà, vale a dire l’acquisto in capo all’Amministrazione della proprietà stessa. D’altra parte, tale configurazione appare in contrasto con lo stesso principio di tipicità dei modi di acquisto della proprietà di cui all’art. 922 c.c.

Il comportamento della pubblica amministrazione, la quale abbia occupato e trasformato un bene immobile per scopi di interesse pubblico in mancanza di un valido procedimento di esproprio, non può giammai determinare un effetto traslativo della proprietà, ma deve essere qualificato come un'occupazione senza titolo, ossia come un illecito di carattere permanente. Ne consegue che il privato rimane in ogni caso proprietario del bene, non potendosi attribuire, neppure alla eventuale domanda risarcitoria per equivalente, efficacia abdicativa della proprietà.

In ipotesi di occupazione senza titolo non può ritenersi – secondo un ragionamento speciosamente formulato in passato, ma privo di basi ed oggi espressamente ripudiato non meno dal giudice ordinario che da quello amministrativo – che la formulazione della domanda risarcitoria implichi di per sé l’implicita volontà dismissiva della proprietà, alla stregua di una sorta di “abbandono" liberatorio.

L’acquisto della proprietà non può conseguire ad un intento abdicativo del proprietario, implicito nella proposizione della sola domanda di risarcimento per equivalente per perdita del diritto dominicale in conseguenza dell’irreversibile trasformazione del bene; la configurazione dell’azione risarcitoria alla stregua di negozio unilaterale con effetto abdicativo nei confronti del precedente proprietario non rende ragione, per la stessa natura di atto unilaterale del negozio, dell’effetto ulteriore che dovrebbe conseguire all’atto di rinuncia della proprietà, vale a dire l’acquisto in capo all’Amministrazione della proprietà stessa. D’altra parte, tale configurazione appare in contrasto con lo stesso principio di tipicità dei modi di acquisto della proprietà, di cui all’art. 922 c.c.

Dall’eventuale domanda risarcitoria per equivalente non può derivare un’efficacia abdicativa della proprietà.

Alla rinuncia alla restituzione dell’area irreversibilmente trasformata non può in alcun modo attribuirsi un effetto abdicativo della proprietà in favore dell’Amministrazione, essendo tale conclusione in contrasto con l’esigenza di tutela della proprietà, la quale esige che l’effetto traslativo consegua a una volontà inequivoca del proprietario interessato.

Anche volendo ritenere che con la proposizione dell’azione risarcitoria, il proprietario abbia inteso implicitamente rinunciare, stante l’alternatività dei rimedi, all’azione restitutoria, nondimeno non par dubbio che a tale rinuncia non potrebbe in alcun modo attribuirsi un effetto abdicativo della proprietà in favore dell’Amministrazione, essendo tale conclusione in contrasto con l’esigenza di una piena tutela del diritto di proprietà, la quale esige che l’effetto traslativo consegua a una volontà espressa ed inequivoca del proprietario interessato.

Il diritto di proprietà non può essere fatto oggetto di atti abdicativi e quindi anche la richiesta di risarcimento formulata dal privato, finalizzata ad ottenere il mero controvalore del fondo compromesso dalla realizzazione dell’opera pubblica, ancorché interpretata quale manifestazione della volontà di rinunciare alla proprietà del fondo, non può valere a determinare in capo al privato la perdita di proprietà del fondo illegittimamente occupato dall’opera pubblica.

Il trasferimento della proprietà del bene non può attualmente collegarsi - in linea con la giurisprudenza ormai costante - alla unilaterale volontà del privato di rinunciare al proprio diritto (la quale è da ritenersi implicita nella richiesta di liquidazione del danno commisurato alla definitiva perdita della disponibilità del bene).

In ipotesi in cui la pubblica amministrazione abbia occupato e trasformato un bene immobile per scopi di interesse pubblico in presenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità, ma senza tuttavia adottare il provvedimento definitivo di esproprio, il privato rimane in ogni caso proprietario del bene, non potendosi attribuire, neppure alla eventuale domanda risarcitoria per equivalente, efficacia abdicativa della proprietà.

Non può essere condivisa quell’impostazione ermeneutica che desume dalla proposizione della domanda risarcitoria un rinuncia implicita o abdicativa al diritto di proprietà. Alla rinuncia alla restituzione dell'area irreversibilmente trasformata non può, infatti, attribuirsi un effetto abdicativo della proprietà in favore dell'Amministrazione, essendo tale conclusione in contrasto con l'esigenza di tutela della proprietà, la quale esige che l'effetto traslativo consegua a una volontà inequivoca del proprietario interessato.

La proposizione dell’azione risarcitoria per equivalente da parte del proprietario del suolo non è configurabile come un negozio unilaterale che determina contestualmente un effetto abdicativo (ossia la perdita del diritto di proprietà sul suolo in capo all’originario proprietario) e un effetto acquisitivo (ossia l’acquisto del predetto diritto in capo all’Amministrazione), sia perché la rinuncia al diritto di proprietà o ad altro diritto reale su cosa altrui non incrementa l’altrui patrimonio, ma si limita a depauperare il patrimonio del rinunciante (e infatti la c.d. rinuncia traslativa non è un negozio unilaterale, bensì un contratto bilaterale), sia perché l’art. 922 cod. civ. sancisce il principio della tipicità dei modi di acquisto della proprietà.

Non può attribuirsi all'eventuale domanda risarcitoria per equivalente, efficacia abdicativa della proprietà.

Il trasferimento della proprietà del bene non può attualmente collegarsi alla unilaterale volontà del privato di rinunciare al proprio diritto (la quale è da ritenersi implicita nella richiesta di liquidazione del danno commisurato alla definitiva perdita della disponibilità del bene).

L’opzione per l’azione risarcitoria operata dal privato non può assumere il significato di abdicazione della proprietà (essendo necessario un esplicito atto di trasferimento), ma piuttosto di dichiarazione di disponibilità a rinunziarvi attraverso una scelta che esclude la restituito in integrum.

Il trasferimento della proprietà del bene illegittimamente occupato, non può collegarsi alla volontà del privato di rinunciare implicitamente al proprio diritto, manifestata mediante la proposizione di domanda risarcitoria per equivalente.

La realizzazione dell'opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato è in sé un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell'acquisto, come tale inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà, per cui solo il formale atto di acquisizione dell'amministrazione può essere in grado di limitare il diritto alla restituzione, non potendo rinvenirsi atti estintivi (rinunziativi o abdicativi, che dir si voglia), della proprietà in altri comportamenti, fatti o contegni.

La rinuncia all'azione restitutoria del bene illegittimamente occupato, non può in alcun modo determinare un effetto abdicativo della proprietà in favore dell'Amministrazione, essendo tale conclusione in contrasto con l'esigenza di tutela della proprietà, la quale pretende che l'effetto traslativo consegua a una volontà inequivoca del proprietario interessato.

In ipotesi di apprensione del bene in assenza, in quanto fatti oggetto di annullamento con efficacia retroattiva, di provvedimenti idonei a giustificarlo, il privato rimane proprietario del bene illegittimamente occupato (non potendosi attribuire, alla domanda risarcitoria per equivalente, efficacia abdicativa della proprietà).

Alla proposizione della sola domanda di risarcimento per equivalente non può attribuirsi un implicito effetto abdicativo del diritto di proprietà a favore dell’Amministrazione.

Non può attribuirsi alla domanda risarcitoria per equivalente, efficacia abdicativa della proprietà.

Nella proposizione della domanda risarcitoria non può ravvisarsi un effetto traslativo.

La domanda di risarcimento in forma generica non può implicare una forma di rinuncia abdicativa del diritto di proprietà, con effetto altresì traslativo in favore dell’ente pubblico che ha illecitamente occupato l’area; ciò considerando la forma scritta prevista dall'art. 1350 per gli atti aventi effetti reali su beni immobili, la mancata previsione normativa che ricolleghi tale effetto a detta rinuncia, il contrasto con lo stesso principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ex art 112 c.p.c. e il principio di tipicità della trascrizione che ex art 2643 c.c.

La realizzazione dell'opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato è in sé un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell'acquisto, come tale inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà, per cui solo il formale atto di acquisizione dell'amministrazione può essere in grado di limitare il diritto alla restituzione, non potendo rinvenirsi atti estintivi (rinunziativi o abdicativi, che dir si voglia) della proprietà in altri comportamenti, fatti o contegni.

Alla rinuncia alla restituzione dell’area irreversibilmente trasformata in conseguenza dell’opzione esercitata dal privato di richiedere in giudizio il risarcimento per equivalente non può in alcun modo attribuirsi un effetto abdicativo della proprietà in favore dell’Amministrazione, essendo tale conclusione in contrasto con l’esigenza di tutela della proprietà, la quale esige che l’effetto traslativo consegua a una volontà inequivoca del proprietario interessato.

All’implicita rinuncia alla restituzione non può in alcun modo attribuirsi un effetto abdicativo della proprietà in favore dell’Amministrazione, essendo tale conclusione in contrasto con la tutela della proprietà, la quale esige che l’effetto traslativo consegua alla inequivoca volontà alienativa del proprietario.

Alla rinuncia alla restituzione dell’area irreversibilmente trasformata non può in alcun modo attribuirsi un effetto abdicativo della proprietà in favore dell’Amministrazione, essendo tale conclusione in contrasto con l’esigenza di tutela della proprietà, la quale esige che l’effetto traslativo consegua a una volontà inequivoca del proprietario interessato.

Alla rinuncia alla restituito in integrum non può attribuirsi un effetto abdicativo della proprietà in favore dell’Amministrazione, essendo tale conclusione in contrasto con l’esigenza di tutela della proprietà, la quale esige che l’effetto traslativo consegua a una volontà inequivoca del proprietario interessato.

La rinuncia alla azione restitutoria, non può in alcun modo determinare un effetto abdicativo della proprietà in favore dell’Amministrazione, essendo tale conclusione in contrasto con l’esigenza di tutela della proprietà, la quale esige che l’effetto traslativo consegua a una volontà inequivoca del proprietario interessato.

All’implicita rinuncia alla restituzione del bene illegittimamente occupato non può in alcun modo attribuirsi un effetto abdicativo della proprietà in favore dell’Amministrazione, essendo tale conclusione in contrasto con l’esigenza di tutela della proprietà, la quale esige che l’effetto traslativo consegua a una volontà inequivoca del proprietario interessato.

La proposizione di una domanda risarcitoria per equivalente, a fronte dell’illecita realizzazione dell’opera pubblica, è solo l’espressione della scelta che l’ordinamento rimette al danneggiato tra risarcimento in forma specifica e risarcimento solo monetario, sicché la tesi pretoria della desumibilità per implicito da tale domanda di una volontà abdicativa del diritto di proprietà non trova alcuna conferma nel dato normativo e nei principi che governano la tutela risarcitoria.

Il nostro Ordinamento Giuridico non ammetta la possibilità che il diritto di proprietà su un bene immobile possa essere fatto oggetto di abdicazione unilaterale. I principi generali di diritto civile non contemplano infatti la rinuncia abdicativa quale mezzo di estinzione e/o di trasferimento ad altri del diritto di proprietà; ne consegue che non è condivisibile l'orientamento per cui l’estinzione del diritto di proprietà, possa connettersi alla unilaterale volontà del privato di abdicare al proprio diritto, volontà che la Suprema Corte considera implicita nella tutela risarcitoria richiesta dal privato proprietario.

Non si può ragionevolmente connettere alla mera domanda giudiziale, con la quale il privato chiede la condanna dell'Amministrazione al risarcimento del danno da occupazione sine titulo, l’effetto di rinuncia alla restituzione del bene; ciò infatti precluderebbe all'Amministrazione la possibile alternativa di restituire il bene con eventuale rimessione in pristino e corresponsione del risarcimento commisurato al suo valore venale.

Non può riconnettersi alla volontà dell'interessato di non agire per la restituzione del proprio bene illegittimamente occupato e di perseguire invece il risarcimento per equivalente, la perdita della proprietà; ciò infatti porterebbe ad effetti paradossali: sarebbe cioè la stessa volontà dell'interessato di non agire per la restituzione del proprio bene a concorrere essa stessa a costituire il fatto illecito della perdita della proprietà (da risarcire per equivalente), perdita questa che sul piano sostanziale non si è mai verificata.

VINCOLI URBANISTICI ED EDIFICABILITÀ --> FASCE DI RISPETTO E DISTANZE LEGALI -->
DISTANZE --> DETERMINAZIONE DEL CONFINE

Ai fini delle distanze legali, deve ritenersi che la semplice esistenza di una recinzione non rende incontestabile il confine tra due fondi, ove non si dimostri che tale recinzione è stata apposta in conformità ai titoli o in base ad un accordo tra le parti.

Ai fini della individuazione dei confini del bene immobile, rivestono importanza fondamentale i tipi di frazionamento allegati ai singoli atti di acquisto ed in essi richiamati, atteso che gli stessi concorrono a determinare l'oggetto del trasferimento e quindi delle rispettive proprietà, ed è legittimo ricorrere ad altri elementi di prova solo dove tale richiamo manchi o sia insufficiente ad individuare esattamente il bene.

Il frazionamento allegato al contratto con cui originariamente sia stato suddiviso l'appezzamento di terreno può essere utilizzato ai fini della determinazione del confine tra due fondi soltanto se tale frazionamento venga allegato nei successivi atti di trasferimento, assumendo valore negoziale vincolante.

L'individuazione del confine operata dalle parti interessate, se ricondotta ad un negozio di accertamento, non è soggetta all'onere della forma scritta e si può pertanto perfezionare anche verbalmente o mediante comportamento concludente.

Qualora sul piano di frazionamento allegato agli atti di provenienza delle parti sia presente la dicitura "annullato" il giudice deve accertare le ragioni e soprattutto la provenienza della dicitura, al fine di verificare se essa poteva essere ascritta alla volontà unilaterale di una parte ovvero alla volontà di entrambe oppure era attribuibile alla mera iniziativa di un terzo.

L'individuazione della linea di confine tra due fondi costituisce un accertamento di fatto, riservato al giudice di merito, che se condotto secondo i dettami di cui all'art. 950 c.c., e congruamente motivato, non è censurabile in sede di legittimità.

Ai fini della determinazione della linea di confine, le risultanze catastali costituiscono soltanto l'extrema ratio cui il giudice deve attenersi in mancanza di altri i elementi di prova.

VINCOLI URBANISTICI ED EDIFICABILITÀ --> FASCE DI RISPETTO E DISTANZE LEGALI -->
DISTANZE --> DOPPIA TUTELA

Le norme degli strumenti urbanistici, disciplinanti le distanze tra costruzioni, comunque queste siano considerate, nella loro accezione di spazio tra edifici frontistanti o in riferimento al distacco tra fabbricato e confini ovvero nel loro rapporto con l'altezza dell'opera, hanno carattere integrativo delle norme del codice civile, onde la loro violazione comporta la sanzione sia del risarcimento del danno e sia della riduzione in pristino, ai sensi dell'art. 872 c.c., trattandosi di norme destinate a tutelare l'interesse dei vicini alla fruizione di un distacco congruo e quello della collettività ad un assetto urbanistico ordinato.

Il soggetto che assume di essere stato danneggiato dalla violazione delle norme in materia è titolare, da un lato, del diritto soggettivo al risarcimento del danno o alla riduzione in pristino nei confronti dell'autore dell'attività edilizia illecita e, dall'altra, dell'interesse legittimo alla rimozione del provvedimento invalido dell'amministrazione, quando tale attività sia stata autorizzata.

L'atto edificatorio del vicino in violazione delle norme, del codice o regolamenti comunali, sulle distanze, oltre a ledere gli interessi pubblici sottesi alla disciplina concernente l'assetto del territorio, pone in essere un'attività edilizia eccedente, quanto è previsto, nei rapporti tra confinanti, dalla normativa conformativa del diritto di proprietà, sicché il privato che, nei confronti dell'edificante illegittimo, lamenti la lesione della sua sfera proprietaria, ha diritto, ai sensi dell'art. 872 c.c., comma 2, a una doppia tutela: all'eliminazione dello stato di cose che si è illegittimamente creato e al risarcimento del danno patito medio tempore.

Laddove un atto amministrativo autorizzi la realizzazione di un edificio in violazione di diritti di natura civilistica, spetta al titolare di tali diritti la c.d. doppia tutela, e cioè la possibilità di esperire sia l'azione demolitoria avanti al Giudice Amministrativo, onde ottenere l'annullamento dell'atto amministrativo che autorizza la realizzazione della costruzione, sia l'azione possessoria o di reintegra, di natura civilistica, da esperire avanti alla Autorità Giudiziaria Ordinaria, allo scopo di ottenere il ripristino del diritto leso dalla nuova costruzione.

In tema di violazione delle distanze tra costruzioni previste dal codice civile e dalle norme integrative dello stesso, quali i regolamenti edilizi comunali, al proprietario confinante che lamenti tale violazione compete sia la tutela in forma specifica, finalizzata al ripristino della situazione antecedente al verificarsi dell'illecito, sia quella risarcitoria.

La disciplina delle distanze prevista dall'art. 17 legge 765/1967 è possibile unicamente quando sia stato adottato un provvedimento integrativo del P.R.G. ma in difetto non può escludersi l'applicazione della generale disciplina codicistica, dettata dagli arti 873 e ss. c.c., poiché la tutela ripristinatoria prevista dal c.c. non può venir meno per il fatto che lo strumento urbanistico, vietando nella zona ogni costruzione, non contenga prescrizioni sulle distanze né, tanto meno, per il fatto che la P.A. ometta o ritardi di sanzionare con provvedimenti a carattere reale la violazione del vincolo di inedificabilità.

[...omissis...]

In materia di violazione delle distanze tra costruzioni previste dal codice civile e dalle norme integrative dello stesso, al proprietario confinante che lamenti tale violazione compete sia la tutela in forma specifica, finalizzata al ripristino della situazione antecedente al verificarsi dell'illecito, sia quella risarcitoria, e, determinando la suddetta violazione un asservimento di fatto del fondo, il danno deve ritenersi in re ipsa, senza necessità di una specifica attività probatoria.

L'inosservanza delle distanze legali nelle costruzioni sui fondi finitimi costituisce per il vicino una limitazione al godimento del bene, e quindi all'esercizio di una delle facoltà che si riconnettono al diritto di proprietà: per questo il danno è in re ipsa, perché l'azione risarcitoria è volta a porre rimedio all'imposizione di una servitù di fatto e alla conseguente diminuzione di valore del fondo subita dal proprietario in conseguenza dell'edificazione illegittima del vicino, per il periodo di tempo anteriore all'eliminazione dell'abuso.

L'azione per ottenere il rispetto delle distanze legali non si estingue per il decorso del tempo, essendo imprescrittibile, salvi gli effetti dell'eventuale usucapione.

L'azione per ottenere il rispetto delle distanze legali è modellata sullo schema dell'actio negatoria servitutis, essendo rivolta non ad accertare il diritto di proprietà dell'attore, bensì a respingere l'imposizione di limitazioni a carico della proprietà suscettibili di dar luogo a servitù.

[...omissis...]

Gli artt. 871, 872 e 873 c.c. distinguono, nell'ambito delle leggi speciali e dei regolamenti edilizi, le norme integrative delle disposizioni del c.c. sui rapporti di vicinato dalle norme che, prive di tale portata, pur se dirette incidentalmente ad assicurare una migliore coesistenza fra ed una più razionale utilizzazione delle proprietà private, tendono in via principale a soddisfare interessi di ordine generale, quali le esigenze igieniche, il godimento della proprietà, la tutela della estetica edilizia, ecc.. A tale distinzione corrisponde, in caso di violazione della norma, una diversa tutela del privato, assicurata nel secondo caso, e prescindendo dal potere autonomo della P.A. di imporre la osservanza coattiva del precetto, dalla sola azione di risarcimento del danno, e nel primo caso anche dalla azione reale tesa alla eliminazione dello stato di fatto originato dalla violazione edilizia.

L'inosservanza delle prescrizioni locali in materia di distanze legittima il proprietario non soltanto all'azione di risarcimento del danno, ma anche a quella di riduzione in pristino.

[...omissis...]

Il soggetto che assume di essere stato danneggiato dalla violazione delle norme in materia di distanza fra costruzioni o di queste con i confini è titolare, da un lato, del diritto soggettivo al risarcimento del danno o alla riduzione in pristino nei confronti dell'autore dell'attività edilizia illecita e, dall'altro, dell'interesse legittimo alla rimozione del provvedimento invalido dell'amministrazione, quando tale attività sia stata autorizzata.

Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.