GIUDIZIO --> GIURISDIZIONE E COMPETENZA --> OCCUPAZIONE ILLEGITTIMA --> DICHIARAZIONE DI PU --> IMPLICITA
Sintesi: Il secondo comma dell’art. 13 del DPR 327/2001, innovando la precedente normativa, dispone che “Gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità si producono anche se non sono espressamente indicati nel provvedimento che la dispone”. Se ne deve dedurre, perciò, che la presenza di provvedimenti che avrebbero potuto produrre gli effetti propri della dichiarazione di pubblica utilità (approvazione dei progetti, nello specifico), appare sufficiente a far ritenere che l’attività posta in essere sia stata comunque esplicazione di una potestà pubblica.
Estratto: «È pur vero che, nel caso di specie, non vi è traccia alcuna di provvedimenti contenenti la dichiarazione di pubblica utilità ed è anche vero che, normalmente, il discrimine tra comportamento della pubblica amministrazione suscettibile di essere valutato dal giudice amministrativo, in quanto comunque connesso all’esercizio di una potestà amministrativa e mera attività paritetica è rappresentato, per quanto attiene alle fattispecie di occupazione di proprietà privata per la realizzazione di opere pubbliche, dalla presenza della dichiarazione di pubblica utilità. A prescindere, dunque, dal fatto che la stessa fosse illegittima ab origine o ne sia sopravvenuta la decadenza, la semplice presenza di tale atto qualifica tutta l’attività conseguente come esercizio del potere ablatorio, come tale soggetto al giudizio del giudice amministrativo.Prima dell’entrata in vigore del DPR 327/2001 questo poteva effettivamente essere un apprezzabile criterio di distinzione, in quanto la previgente normativa prevedeva espressamente che la dichiarazione di pubblica utilità, per esistere e produrre i propri effetti, dovesse essere espressamente dichiarata (e corredata dei necessari termini iniziali e finale dei lavori e delle espropriazioni, art. 13 legge 2358/1865). Il secondo comma dell’art. 13 del T.U. in materia di espropriazioni, però, ha innovato la materia disponendo che “Gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità si producono anche se non sono espressamente indicati nel provvedimento che la dispone”.Se ne deve dedurre, perciò, che la presenza di provvedimenti che avrebbero potuto produrre gli effetti propri della dichiarazione di pubblica utilità (approvazione dei progetti, nello specifico) appare sufficiente a far ritenere che l’attività posta in essere sia stata comunque esplicazione di una potestà pubblica.Ne deriva la giurisdizione del giudice amministrativo.»
GIUDIZIO --> GIURISDIZIONE E COMPETENZA --> OCCUPAZIONE ILLEGITTIMA --> DICHIARAZIONE DI PU --> OMESSA INDICAZIONE DEI TERMINI
Sintesi: La fattispecie in cui la dichiarazione di pubblica utilità non contenga l'indicazione dei termini per l'inizio e il compimento delle espropriazioni e dell'opera (fattispecie di espropriazione cosiddetta "usurpativa"), è qualificabile come "comportamento" della Pubblica Amministrazione (ai sensi della sentenza della Corte costituzionale n. 191 del 2006), da questa tenuto in carenza di potere, con la conseguenza che le domande risarcitorie e restitutorie relative a tale fattispecie sono attribuite alla cognizione della giurisdizione ordinaria.
Estratto: «3 - Il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo è già stato definito da queste Sezioni Unite in base ai principi di seguito precisati:La recente Cass. Sez. Un. 4 ottobre 2012, n. 16846 ha stabilito che il D.P.R. n. 218 del 1978, art. 53, comma 1, secondo periodo stabilisce che "Per le espropriazioni si applicano le disposizioni della L. 25 giugno 1865, n. 2359, e successive modificazioni e integrazioni ..." e, quindi, anche l'art. 13, comma 1, di tale legge, secondo cui "Nell'atto che si dichiara un'opera di pubblica utilità saranno stabiliti i termini, entro i quali dovranno incominciarsi e compiersi le espropriazioni ed i lavori". Secondo l'ormai consolidato orientamento di queste Sezioni Unite la fattispecie in cui la dichiarazione di pubblica utilità non contenga l'indicazione dei termini per l'inizio e il compimento delle espropriazioni e dell'opera (fattispecie di espropriazione cosiddetta "usurpativa") è qualificabile come "comportamento" della Pubblica Amministrazione (ai sensi della sentenza della Corte costituzionale n. 191 del 2006) da questa tenuto in carenza di potere, con la conseguenza che le domande risarcitorie e restitutorie relative a tale fattispecie sono attribuite alla cognizione della giurisdizione ordinaria (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 832 del 2012, 3569 del 2011, 30254 e 2814 del 2008, 9323 e 2688 del 2007, 9532 del 2004).Qualora, invece, esista una valida dichiarazione di pubblica utilità le controversie iniziate a partire dal 10 agosto 2000, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34, come riformulato dalla L. n. 205 del 2000, art. 7, appartengono alla cognizione del giudice amministrativo non perché la dichiarazione di pubblica utilità sia di per sé idonea ad affievolire il diritto di proprietà (l'occupazione e la trasformazione del suolo in assenza di decreto di espropriazione comportano lesione del diritto soggettivo), ma perché ricomprese nella giurisdizione esclusiva in materia urbanistico-edilizia (l'esistenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità, mediante il riferimento, sia pure indiretto, al potere espropriativo, vale semplicemente a giustificare, come da sentenze nn. 204 del 2004 e 191 del 2006, la legittimità costituzionale della creazione di una nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva), mentre la stessa giurisdizione è attribuita dal D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 53, se la dichiarazione di pubblica utilità sia intervenuta a partire dal 1 luglio 2003, data di entrata in vigore del t.u. espropriazioni.»
Sintesi: La fattispecie in cui la dichiarazione di pubblica utilità non contenga l'indicazione dei termini per l'inizio ed il compimento delle espropriazioni e dell'opera (fattispecie di espropriazione cosiddetta "usurpativa"), è qualificabile come "comportamento" della Pubblica Amministrazione (ai sensi della sentenza della Corte costituzionale n. 191 del 2006), da questa tenuto in carenza di potere, con la conseguenza che le domande risarcitorie e restitutorie relative a tale fattispecie sono attribuite alla cognizione della giurisdizione ordinaria.
Estratto: «Secondo l'ormai consolidato orientamento di queste Sezioni Unite, cui questa pronuncia intende dare continuità, la fattispecie in cui la dichiarazione di pubblica utilità non contenga l'indicazione dei termini per l'inizio ed il compimento delle espropriazioni e dell'opera (fattispecie di espropriazione cosiddetta "usurpativa") è qualificabile come "comportamento" della Pubblica Amministrazione (ai sensi della sentenza della Corte costituzionale n. 191 del 2006) da questa tenuto in carenza di potere, con la conseguenza che le domande risarcitorie e restitutorie relative a tale fattispecie sono attribuite alla cognizione della giurisdizione ordinaria (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 832 del 2012, 3569 del 2011, 30254 e 2814 del 2008, 9323 e 2688 del 2007, 9532 del 2004).Pertanto, in continuità con il qui ribadito orientamento, deve affermarsi che la giurisdizione a conoscere la controversia de qua spetta al giudice ordinario.»
Sintesi: La dichiarazione di pubblica utilità priva di termini iniziali e finali per l'avvio e compimento dei lavori e delle occupazioni è da ritenere radicalmente nulla, onde l'occupazione costituisce mero comportamento materiale in nessun modo ricollegabile ad un esercizio abusivo dei poteri della Pubblica amministrazione; di conseguenza, in suddetta ipotesi, spetta al giudice ordinario la giurisdizione sulla domanda risarcitoria proposta dal privato.
Estratto: «1. Preliminarmente deve essere ritenuta sussistente la giurisdizione.Aderendo al consolidato orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato, deve ritenersi che sono devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie nelle quali si faccia questione, anche ai fini complementari della tutela risarcitoria...
[...omissis...]
Sintesi: Il provvedimento amministrativo contenente la dichiarazione di pubblica utilità priva dell'indicazione dei termini per il compimento delle espropriazioni e dell'opera, indicazione richiesta dalla L. n. 2359 del 1865, art. 13, è radicalmente nullo ed inefficace. Ne consegue che in tal caso si verifica una situazione di carenza di potere espropriativo, per cui si è in presenza di un mero comportamento materiale, in nessun modo ricollegabile ad un esercizio abusivo dei poteri della P.A., sicché spetta al giudice ordinario la giurisdizione sulla domanda, restitutoria o risarcitoria, proposta dal privato.
Estratto: «Ciò posto, le sezioni unite hanno affermato, con orientamento costante che il Collegio condivide, il principio in virtù del quale, in materia urbanistica ed edilizia, in conformità alle note sentenze della Corte costituzionale n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006, il provvedimento amministrativo contenente la dichiarazione di pubblica utilità priva della indicazione dei termini per il compimento delle espropriazioni e dell'opera, indicazione richiesta dalla L. n. 2359 del 1865, art. 13, - e rispondente alla necessità di rilievo costituzionale (art. 42 Cost., comma 3) di limitare il potere discrezionale della P.A., non esercitabile senza limiti temporali, al fine di evitare di mantenere i beni espropriagli in stato di soggezione a tempo indeterminato, nonché all'ulteriore finalità di tutelare l'interesse pubblico a che l'opera venga eseguita in un arco di tempo valutato congruo per l'interesse generale -, è radicalmente nullo ed inefficace. Ne consegue che in tal caso si verifica una situazione di carenza di potere espropriativo, per cui si è in presenza di un mero comportamento materiale, in nessun modo ricollegabile ad un esercizio abusivo dei poteri della P.A., sicché spetta al giudice ordinario la giurisdizione sulla domanda, restitutoria o risarcitoria, proposta dal privato (Cass., sez. un., n. 9532 del 2004, n. 2688 del 2007, n. 9323 del 2007, n. 3569 del 2011, n. 22880 del 2011).»
Sintesi: Sono devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie nelle quali si faccia questione, anche ai fini complementari della tutela risarcitoria, di attività di occupazione e trasformazione di un bene conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità, con essa congruenti e ad essa conseguenti, anche se il procedimento all’interno del quale sono state espletate non sia poi sfociato in un tempestivo atto traslativo ovvero sia stato caratterizzato dalla presenza di atti poi dichiarati illegittimi.
Estratto: «Il Collegio deve innanzi tutto affermare, confermando sul punto la sentenza appellata, la giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia in esame.Infatti, pur senza approfondire la disciplina della giurisdizione in materia espropriativa oggi introdotta dal Codice del processo amministrativo, già in precedenza la giurisprudenza era consolidata nel senso che fossero devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie (come è quella in esame), nelle quali si facesse questione, anche ai fini complementari della tutela risarcitoria, di attività di occupazione e trasformazione di un bene conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità, con essa congruenti e ad essa conseguenti, anche se il procedimento all’interno del quale sono state espletate non fosse poi sfociato in un tempestivo atto traslativo ovvero fosse stato caratterizzato dalla presenza di atti poi dichiarati illegittimi (cfr. ex plurimis Cass. civ., sez. un., 9 febbraio 2010, nr. 2788; Cons. Stato, sez. IV, 15 settembre 2010, nr. 6861; C.g.a.r.s., 26 maggio 2010, nr. 741).»
Sintesi: Il provvedimento contenente la dichiarazione di pubblica utilità priva dei termini per il compimento delle espropriazioni e dell'opera, di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 13, è radicalmente nullo ed inefficace, con la conseguenza che ogni atto di "occupazione" delle aree oggetto della dichiarazione è da ritenere comportamento meramente materiale in alcun modo collegabile ad un esercizio anche abusivo dei poteri della P.A.; ne consegue in ordine alla domanda risarcitoria la giurisdizione del GO.
Estratto: «Le sentenze richiamate nella relazione, a sostegno della soluzione proposta, non attengono specificamente alla occupazione seguita a dichiarazione di pubblica utilità senza i termini finali della L. n. 2359 del 1865, art. 13, riguardando invece lo "sconfinamento", oltre i limiti delle aree oggetto del progetto approvato, la n. 16093 del 2009 e la n. 7442 del 2008 e l'annullamento retroattivo della requisizione la n. 5625 del 2009; esse sono quindi irrilevanti per la risoluzione della controversia, nella quale i principi ripetutamente enunciati da questa Corte impongono di dichiarare la giurisdizione del giudice ordinario, cioè del Tribunale di Reggio Calabria, dinanzi al quale è in corso di svolgimento il processo principale.Nella fattispecie mancava in astratto nel 1986 il potere pubblico di vincolare senza limiti di tempo all'esproprio l'area del S. e la occupazione di essa ha costituito quindi un comportamento non collegabile in alcun modo all'esercizio di poteri pubblici, da ritenere illecito perché lesivo delle situazioni soggettive dei titolari delle aree in cui si è eseguita l'opera non qualificabile di pubblica utilità; di conseguenza si ha un mero comportamento illecito ai sensi dell'art. 2043 c.c. con l'occupazione da ritenere senza titolo, di cui deve conoscere il giudice ordinario, non vertendosi in una ipotesi di occupazione per causa di pubblica utilità e di giurisdizione esclusiva, in difetto di poteri pubblici esercitati anche invalidamente dall'ente locale, essendo inefficace come dichiarazione di pubblica utilità sin dall'origine il provvedimento di approvazione del progetto del lungomare di Melito Porto Salvo.3. Il ricorso per regolamento di giurisdizione è pertanto manifestamente infondato e deve essere rigettato, dovendosi dichiarare, ai sensi dell'art. 382 c.p.c., comma 1, la giurisdizione del giudice ordinario, da identificare nel Tribunale di Reggio Calabria, dinanzi al quale le parti dovranno essere rimesse per la prosecuzione del processo principale già in corso.»
Sintesi: Non vale ad escludere la giurisdizione del GA in ordine all'invocata tutela il rilievo che uno dei vizi attribuiti alla dichiarazione di pubblica utilità sia ravvisato nell'asserita mancanza dei termini di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 13, qualora tale situazione sia dedotta per dimostrare una delle ragioni della prospettata invalidità di tale provvedimento; la situazione giuridica dedotta in giudizio deriva infatti dall'esercizio illegittimo del potere e, più in particolare, da un provvedimento illegittimo che ha tuttavia esplicato tutti i suoi effetti quale espressione sia pure illegittima di un precedente esercizio del potere.
Estratto: «Motivi della decisioneche, i ricorrenti - a sostegno del promosso regolamento di giurisdizione - osservano: a) in punto di ammissibilità del ricorso, che essi sono portatori di un interesse concreto ed immediato alla risoluzione definitiva od immodificabile della questione di giurisdizione...
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Sintesi: Spetta al giudice amministrativo disporre le diverse forme di tutela che l'ordinamento appresta per le situazioni soggettive sacrificate dall'esercizio illegittimo del potere ablativo; ciò anche qualora uno dei vizi attribuiti alla dichiarazione di p.u., sia ravvisato nell'asserita mancanza dei termini di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 13, per dimostrare (nel merito) una delle ragioni della prospettata invalidità dei provvedimenti ablatori impugnati ed ottenerne l'annullamento.
Estratto: «Con il primo motivo, la s.p.a. Interporto, deducendo violazione dell'art. 111 Cost., L. n. 1034 del 1971, art. 36, art. 360 cod. proc. civ., n. 1, censura la sentenza impugnata per aver confermato la giurisdizione amministrativa su di un'occupazione illegittima di immobili senza considerare...
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Sintesi: Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo nelle ipotesi di mancata indicazione dei termini di cui all’art. 13 della L. n. 2359 del 1865, relativi all’inizio e conclusione dei lavori e delle espropriazioni.
Estratto: «I ricorrenti sostengono la nullità dei decreti espropriativi richiamando la giurisprudenza della Corte di Cassazione che ravvisa la radicale carenza del potere espropriativo ove nel primo atto del relativo procedimento non siano fissati i termini, di cui all’art. 13 della Legge n° 2359 del 1865, relativi all’inizio e conclusione dei lavori e delle espropriazioni.L’indirizzo della Cassazione non è condiviso dal Collegio, che ritiene di seguire l’orientamento, del tutto pacifico, della giurisprudenza amministrativa che riconduce alla mancata fissazione di detti termini la illegittimità, e non la nullità o inesistenza, del decreto di esproprio.In particolare la giurisprudenza amministrativa è pacifica nel ritenere che la mancata fissazione dei termini per l'inizio e l'ultimazione dei lavori e delle espropriazioni, previsti dall'art. 13 l. 25 giugno 1865 n. 2359, comporta l'annullabilità e non la nullità, della dichiarazione di pubblica utilità; pertanto non determina carenza di potere rispetto ai successivi atti espropriativi (Consiglio Stato a. plen., 26 marzo 2003, n. 4; T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 14 gennaio 2009, n. 162; Consiglio Stato , sez. V, 23 settembre 2005, n. 5013; T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 28 aprile 2005, n. 5025).Ora anche la Cassazione, sulla base dell’art. 7 della legge n. 205 del 2000 che, recependo e modificando le disposizioni del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34, ha devoluto in via esclusiva al giudice amministrativo "le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti alle stesse equiparati in materia urbanistica ed edilizia", ritiene che vi sia la giurisdizione del giudice amministrativo anche nelle ipotesi di mancata indicazione di detti termini.Afferma la Cassazione che “la giurisdizione amministrativa in materia di procedimenti amministrativi non può venire meno per il fatto che uno dei vizi attribuiti alla dichiarazione di p.u., necessario presupposto dei provvedimenti impugnati, sia ravvisato nella mancanza o incompleta indicazione dei termini previsti dall'art. 13 l. n. 2359 del 1865, comportante (ove accertata) la nullità assoluta dell'atto e la decadenza per essere inutilmente scaduto il termine concesso all'amministrazione per l'inizio delle opere, atteso che tali situazioni sono dedotte per dimostrare (nel merito) alcune delle ragioni della prospettata invalidità di ciascuno di detti atti ed ottenere l'annullamento. Per cui, anche con riguardo a questo profilo, la posizione giuridica dedotta in giudizio deriva dall'esercizio illegittimo del potere da parte della p.a., con la conseguenza che in tal caso spetta al g.a. disporre le diverse forme di tutela che l'ordinamento appresta per le situazioni soggettive sacrificate dall'esercizio illegittimo del potere ablativo” (Cassazione civile , sez. un., 06 febbraio 2008, n. 2765).»
Sintesi: Qualora il privato chieda la declaratoria della carenza del potere ablatorio dell'Amministrazione, per l'assenza materiale o giuridica della dichiarazione di p.u. o, per la mancata apposizione dei termini di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 13, perciò facendo valere il suo diritto dominicale asseritamente non degradato ad interesse legittimo, la giurisdizione a conoscere della controversia (antecedente alla L. n. 205 del 2000) spetta al giudice ordinario.
Estratto: «La giurisprudenza tanto di questa Corte, quanto della Corte Costituzionale,non ha mai avuto dubbi nel ritenere fin dalle pronunce ormai lontane nel tempo che l'art. 42 Cost. stabilisce (così come l'art. 834 cod. civ.) che la proprietà privata può essere espropriata soltanto "per motivi di interesse generale", da esplicitare - perciò richiedendola necessariamente - nella dichiarazione di p.u.; la quale rappresenta, quindi, "la guarentigia prima e fondamentale del cittadino e nel contempo la ragione giustificatrice del suo sacrificio nel bilanciamento degli interessi del proprietario alla restituzione dell'immobile ed in quello pubblico al mantenimento dell'opera pubblica per la funzione sociale della proprietà" (Corte Costit. 90/1966; Cass. sez. un. 4423/1977;118/1978).Ha affermato altresì: A) che fin dal primo atto della procedura espropriativa debbono risultare definiti non soltanto l'oggetto, ma anche le finalità, i mezzi e i tempi di essa:come si ricava dalla L. n. 2359 del 1865, art. 13 il quale onde evitare che si protragga indefinitamente l'incertezza sulla sorte dei beni espropriandi, e nel contempo, che si eseguano opere non più rispondenti, per il decorso del tempo all'interesse generale,ha attribuito ai proprietari una garanzia fondamentale ulteriore, in omaggio al principio di legalità e tipicità del procedimento ablativo:disponendo nel comma 1 che nel provvedimento dichiarativo della pubblica utilità dell'opera devono essere fissati quattro termini (e cioè quelli di inizio e di compimento della espropriazione e dei lavori); e stabilendo, nel comma 3, che "trascorsi i termini,la dichiarazione di pubblica utilità diventa inefficace"; B) che con l'entrata in vigore della Costituzione, questa disposizione ha assunto rilevanza costituzionale, essendo stata collegata direttamente al principio che, siccome la proprietà privata può essere espropriata esclusivamente per motivi di interesse generale (art. 42 Cost., comma 3), tale possibilità è connaturata solo all'esigenza che l'espropriazione avvenga per esigenze effettive e specifiche: che valgano, cioè a far considerare indispensabile e tempestivo il sacrificio della proprietà privata in quel momento. Con la conseguenza, che ciò non si verificherebbe ove il trasferimento coattivo di un bene avvenisse in vista di una futura - ma attualmente ipotetica - utilizzazione al servizio di specifici fini di interesse generale, ma privi di attualità e di concretezza; C) che l'omessa fissazione dei termini di cui al menzionato art. 13 comporta la giuridica inesistenza della dichiarazione di p.u.: perciò non più idonea a far sorgere il potere espropriativo e, dunque, ad affievolire il diritto soggettivo di proprietà sui beni espropriandi; e determina una situazione di carenza di potere che incide (negativamente) sia sull'adozione dei decreti ablatori sia sull'irreversibile trasformazione dell'immobile che si verifichi successivamente; D) che allorquando il privato chieda la declaratoria della carenza del potere ablatorio della amministrazione,per l'assenza materiale o giuridica della dichiarazione di p.u. o,in quest'ultimo caso per la mancata apposizione dei termini di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 13 nonché la disapplicazione dei provvedimenti ablativi pronunciati, la restituzione del bene e il risarcimento del danno per l'illegittima occupazione del terreno di sua proprietà, perciò facendo valere il suo diritto dominicale asseritamente non degradato ad interesse legittimo, la giurisdizione a conoscere della controversia (antecedente alla L. n. 205 del 2000) spetta al giudice ordinario (Cass. sez. un. 355/1999; 460/1999;15606/2001; 9323/2007); cui poi compete,come è avvenuto nel caso concreto, di verificare se sussista la denunciata carenza di potere dell'amministrazione espropriante: ed in particolare, se la dichiarazione sia effettivamente priva dei termini finali di cui alla menzionata norma (posto che quelli iniziali hanno efficacia meramente ordinatoria e sollecitatoria). Al riguardo questa Corte, anche a sezioni unite (Cass. 13027/1996) ha costantemente rilevato che se è incontestabile la vigenza della L. n. 2359 del 1865, art. 13 laddove impone all'amministrazione di determinare i termini in questione, nulla potrebbe impedire che tale predisposizione sia eseguita addirittura a monte dal legislatore, ed una volta per tutte, dopo avere stabilito quale atto nello specifico settore disciplinato debba avere la valenza di dichiarazione di p.u. ovvero questa debba contenere:poiché anche in tal caso detta apposizione preventiva persegue (a maggior ragione) la funzione inderogabile di sottrarre alla P.A. il potere discrezionale di mantenere in stato di soggezione i beni espropriabili per un tempo indeterminato, onde non lasciare il proprietario indefinitamente esposto alla vicenda ablatoria. E' nel contempo tutelato l'interesse pubblico a che l'opera venga eseguita in un arco di tempo valutato congruo per il perseguimento dell'interesse collettivo, ed anzi entrambi detti interessi sono tutelati in modo più rigoroso perché l'ampiezza dei termini in questione non è rimessa alla facoltà discrezionale dell'amministrazione espropriante,cui è peraltro inibito di modificarli o prorogarli, e la loro inutile scadenza comporta sempre e comunque la decadenza della dichiarazione di p.u. stabilita dall'art. 13.»
Sintesi: Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo con riferimento alla domanda risarcitoria conseguente ad asserito vizio della dichiarazione di pubblica utilità (nel caso di specie) per effetto della mancata indicazione dei termini ex art. 13 L. n. 2359/1865; ciò in quanto la posizione giuridica dedotta in giudizio deriva dall'esercizio illegittimo del potere da parte della p.a..
Estratto: «1. Per inquadrare la fattispecie sottoposta all’esame del Collegio è necessario, in via preliminare, osservare quanto segue: - la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza è stata adottata in via implicita con delibera della Giunta provinciale n. 1255 del 31 ottobre 1995;- il decreto di occupazione d’urgenza è stato emanato con delibera provinciale n. 1058 del 28 agosto 1996 (recante i termini di conclusione della procedura); - l’immissione in possesso nel terreno della ricorrente (su cui non vi è dubbio che si tratta dell’immobile sito nel Comune di Canepina ed individuato al foglio 5, particella n. 897 – ex 817/b derivante dalla n. 136 – dell’estensione finale di mq. 1776) è avvenuta da parte dell’amministrazione resistente in data 20 novembre 1996; - il decreto di esproprio è stato invece emanato con decreto del Presidente della Provincia n. 16 del 15 dicembre 2003, ovvero oltre i cinque anni dalla data di immissione in possesso; - non risulta contestato che l’irreversibile trasformazione del terreno di che trattasi (ovvero la realizzazione della rete viaria) sia avvenuta prima del 2001. 2. Ciò premesso, il Collegio ritiene che la fattispecie in esame debba essere inquadrata nell’ipotesi della c.d. “occupazione acquisitiva” in quanto sorretta da una efficace dichiarazione di pubblica utilità. Ed invero, sebbene corrisponda al vero che la delibera di approvazione del progetto di opera pubblica approvata il 31 ottobre 1995 non rechi l’indicazione dei termini di conclusione della procedura espropriativa in violazione dell’art. 13 della legge n. 2359/1865, non può dirsi che l’atto sia affetto da nullità e che la successiva azione dell’amministrazione sia stata condotta in carenza di potere. Il Collegio ritiene infatti di dover aderire ai recenti arresti della giurisprudenza amministrativa secondo cui l'omissione dei termini di inizio e fine dei lavori non determina la nullità ma soltanto l'annullabilità della dichiarazione di pubblica utilità, il che ne impone l’impugnazione nei termini decadenziali di cui all’art. 21 della legge n. 1034/1971 (cfr Cons. St., Ad. Plenaria, n. 4/2003 e, più di recente, TAR Lazio, sez. II, n. 6377/2008). Del resto, tale principio pare essere stato recepito dallo stesso legislatore il quale, con l'art. 21 septies l. n. 241 del 1990, aggiunto dall'art. 14 l. n. 15 del 2005, nell'introdurre la categoria normativa della nullità del provvedimento amministrativo, ha ricondotto a tale radicale patologia solo il difetto assoluto di attribuzione, che evoca la c.d."carenza in astratto del potere", cioè la mancanza in astratto della norma giuridica attributiva del potere esercitato con il provvedimento amministrativo, con ciò facendo implicitamente rientrare nell'area della annullabilità per violazione di legge la categoria della c.d. nullità per carenza di potere in concreto che le sezioni unite della Corte di Cassazione avevano coniato proprio con riferimento ai procedimenti espropriativi nei quali l’amministrazione avesse omesso di fissare i termini di cui all'art. 13 l. n. 2359 del 1865 (cfr TAR Campania, sez. V, n. 5025/2005). Sotto altro aspetto, anche la Corte regolatrice della giurisdizione, seppure in via indiretta (nel pronunciarsi cioè sull’individuazione del giudice competente a conoscere di una controversia in materia espropriativa), sembra aderire a tale impostazione quando afferma che la giurisdizione amministrativa in materia di procedimenti amministrativi non può venire meno per il fatto che uno dei vizi attribuiti alla dichiarazione di p.u., necessario presupposto della procedura espropriativa, sia ravvisato nella mancanza o incompleta indicazione dei termini previsti dall'art. 13 l. n. 2359 del 1865 atteso che tali situazioni sono dedotte per dimostrare (nel merito) alcune delle ragioni della prospettata invalidità di ciascuno di detti atti ed ottenere l'annullamento. Per cui, anche con riguardo a questo profilo, la posizione giuridica dedotta in giudizio deriva dall'esercizio illegittimo del potere da parte della p.a., con la conseguenza che in tal caso spetta al giudice amministrativo disporre le diverse forme di tutela che l'ordinamento appresta per le situazioni soggettive sacrificate dall'esercizio illegittimo del potere ablativo (cfr Cass. Civ., SS.UU., n. 2765/2008).»