I comportamenti riconducibili all’esercizio di un pubblico potere rientrano nella giurisdizione del G.A.

Sintesi: Appartengono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le domande risarcitorie alle quali dia origine la prospettata illegittimità del provvedimento di espropriazione per effetto della sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, ma quando l'occupazione e trasformazione dei fondi si siano consumate prima.

Estratto: «Tuttavia, ove pure volesse ritenersi la ammissibilità della nuova prospettazione, tenuto conto del comune denominatore delle fattispecie costituito dalla irreversibile trasformazione del fondo e dalla manifestata volontà dei titolari di accedere al risarcimento dei danni, deve comunque pervenirsi al rigetto della domanda, proprio per le condivisibili considerazioni svolte dal giudice di prime cure in ordine alla carenza di giurisdizione dell'Autorità Giudiziaria Ordinaria a conoscere in via incidentale della legittimità del decreto di espropriazione in ipotesi emesso in carenza del presupposto della persistente validità della dichiarazione di pubblica utilità dell'opera. Insegna la Suprema Corte che in tema di espropriazione per pubblica utilità, nel caso in cui la proroga dei termini previsti dall'art. 13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, avvenga in presenza di un potere della P.A. di cui sussistono i presupposti, ciò che assume rilievo ai fini dell'illecita acquisizione (perché fuori termine) e del sorgere del diritto risarcitorio, non è l'assenza del potere, ma l'esercizio del potere per finalità estranee alla funzione dalla legge consentita, con il conseguente vizio di eccesso di potere dell'atto relativo, il cui effetto è quello di degradare il diritto del privato ad interesse, fino a quando tale vizio venga rilevato e l'atto amministrativo sia annullato dal giudice degli interessi (cfr. Cass. Sez. I, 22.8.2011 n. 17433).La giurisdizione residuale del giudice ordinario, infatti, è invocabile solo quando i comportamenti materiali dell'amministrazione, comportanti la immissione in possesso del fondo privato, la sua mera detenzione o la sua irreversibile trasformazione, si siano prodotti in carenza di dichiarazione di pubblica utilità - fattispecie rientranti nella categoria di occupazioni illegittime, convenzionalmente denominate "usurpative" - in particolare ove il provvedimento contenente la dichiarazione di pubblica utilità sia radicalmente nullo, per non contenere l'indicazione dei termini per l'inizio ed il compimento delle espropriazioni e dell'opera, richiesta dall'art. 13 della legge 2359 del 1865, e rispondente alla necessità di rilievo costituzionale (art. 42, terzo comma, Cost.), di limitare il potere discrezionale della P.A., al fine di evitare di mantenere i beni espropriabili in stato di soggezione a tempo indeterminato, nonché all'ulteriore finalità di tutelare l'interesse pubblico a che l'opera venga eseguita in un arco di tempo valutato congruo per l'interesse generale, per evidenti ragioni di serietà dell'azione amministrativa (cfr. Cass. SS.UU. Ord. 19.5.2004 n. 9532, Cass. SS.UU.; Ord. 7.2.2007 n. 2688). Viceversa, appartengono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le domande alle quali da origine l'emissione di un decreto di espropriazione, pur esso sopravvenuto ad efficacia della dichiarazione di pubblica scaduta, ma quando l'occupazione e trasformazione dei fondi si siano consumate prima, com'è nel caso in esame, che ha come antefatto una dichiarazione di pubblica utilità non impugnata ed un decreto di espropriazione in ipotesi emesso dopo il venir meno dell'efficacia della anzidetta dichiarazione per decorrenza del termine ma pur esso non impugnato, né revocato, né in alcun modo venuto meno. (cfr. Cass. SS.UU. 23.12.2008 n. 30254).In definitiva, competono al giudice ordinario la cognizione incidentale sull'atto amministrativo ed il potere di disapplicazione dell'atto illegittimo nei casi in cui esso venga in rilievo non già come causa della lesione del diritto soggettivo dedotto in giudizio, ma solo come mero antecedente, sicché la questione venga a prospettarsi come pregiudiziale in senso tecnico; resta esclusa, invece, dalla giurisdizione del giudizio ordinario l'azione risarcitoria avente a oggetto il pregiudizio derivante da un atto amministrativo definitivo per difetto di tempestiva impugnazione, essendogli precluso il sindacato in via principale sull'atto o sul provvedimento amministrativo.»

Sintesi: L'iniziale esercizio di potere pubblicistico consente di ricondurre alla competenza giurisdizionale del giudice amministrativo ogni ipotesi in cui l'occupazione sia seguita ad una dichiarazione di pubblica utilità anche se il procedimento amministrativo non si sia concluso con un decreto di esproprio o quest'ultimo sia stato emesso tardivamente.

Estratto: «Ritiene il giudicante, che sul punto ha sollecitato il contraddittorio, che la fattispecie sottoposta al suo esame debba essere ricondotta alla giurisdizione esclusiva del G.A., aderendo all'orientamento più recente della Corte di Cassazione a Sezioni Unite che si è sostanzialmente conformata all'orientamento del Consiglio di Stato (Adunanza Plenaria 12/2007).Le Sezioni Unite, interessandosi proprio di una fattispecie in cui era stata adottata la dichiarazione di pubblica utilità ed il provvedimento di occupazione mentre il decreto di esproprio era stato adottato tardivamente, hanno infatti precisato che "la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ... s'estende alle controversie contro atti e comportamenti che costituiscano esecuzione di precedenti manifestazioni in forma provvedimentale di potere ablatorio in relazione al bene di cui si discute" (Cass. Sez. Un. 23 dicembre 2008 n. 30254), ribadendo poi che ciò che rileva ai fini del riparto di giurisdizione è "che il comportamento sia stato posto in essere in esecuzione di atti e provvedimenti amministrativi (dichiarazione di pubblica utilità ed urgenza), indipendentemente dalla considerazione della idoneità dell'atto a produrre o meno l'effetto di "degradare" il diritto soggettivo ad interesse legittimo, per cui anche nell'ipotesi di annullamento, con efficacia ex tunc, della dichiarazione di pubblica utilità inizialmente esistente ovvero di una sua inefficacia per inutile decorso dei termini per l'esecuzione dell'opera pubblica il comportamento dannoso devesi ritenere collegato all'esercizio (ancorché illegittimo), avvenuto con l'emanazione dell'atto, di un pubblico potere" (Cass. Sez. Un. 19 maggio 2009 n. 11531). L'iniziale esercizio di potere pubblicistico consente quindi di ricondurre alla competenza giurisdizionale del giudice amministrativo ogni ipotesi in cui l'occupazione sia seguita ad una dichiarazione di pubblica utilità anche se il procedimento amministrativo non si sia concluso con un decreto di esproprio o quest'ultimo sia stato emesso tardivamente, come è appunto avvenuto nel caso in questione.Deve dunque essere dichiarata la giurisdizione del Giudice Amministrativo davanti al quale la causa dovrà essere riassunta nel termine di mesi tre dalla comunicazione della presente sentenza. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.»

Sintesi: In seguito all’intervento della Corte Costituzionale (sentenze n. 204/2004, n. 281/2004 e 191/2006), rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in tema di espropriazione aventi per oggetto i comportamenti che risultano riconducibili all’esercizio di un pubblico potere e ciò anche se il procedimento all'interno del quale sono state espletate non sia sfociato in un tempestivo atto traslativo.

Estratto: «Occorre preliminarmente esaminare la dedotta questione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Deve essere rilevato come l’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo in tema di espropriazioni è stato delineato, a decorrere dall’anno 2004, con varie sentenze della Corte Costituzionale.Con le sentenze 6 luglio 2004, n. 204, e 28 luglio 2004, n. 281, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 34 del D. Lgs. 80/98, nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto «gli atti, i provvedimenti e i comportamenti» anziché «gli atti e i provvedimenti» delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti alle stesse equiparati, in materia urbanistica ed edilizia (sentenza 204/04) e nella parte in cui «istituisce una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di edilizia e urbanistica, anziché limitarsi ad estendere in tale materia la giurisdizione del giudice amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno» (sentenza 281/04).Con la successiva sentenza 11 maggio 2006, n. 191, la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità dell’art. 53, comma 1, del D. Lgs. 321/07 «nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative ai comportamenti delle pubbliche amministrazioni, non esclude i comportamenti non riconducibili neppure mediatamente, all’esercizio del pubblico potere».In seguito all’intervento della Corte Costituzionale rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in tema di espropriazione aventi per oggetto i comportamenti che risultano riconducibili all’esercizio di un pubblico potere (Cons. Stato, AA. PP. 30 luglio 2007, n. 9 e 22 ottobre 2007, n. 12; CGARS, 6 marzo 2008, n. 188; TAR Sicilia - Catania, Sez. II, 25 giugno 2008, n. 1230; Tar Sicilia - Catania, Sez. II, 3 aprile 2008 n. 611; TAR Campania – Napoli, Sez. V, 4 marzo 2008 n. 1095), e ciò «…anche se il procedimento all'interno del quale sono state espletate non sia sfociato in un tempestivo atto traslativo…» (Cons. Stato, AP 30 luglio 2007, n. 9).Nel caso di specie, l’azione della amministrazione è senz’altro riconducibile all’esercizio del potere, incardinandosi all’interno di un procedimento espropriativo nel corso del quale sono stati emanati molteplici pubblici provvedimenti da parte dell’Amministrazione resistente (TAR Sicilia - Catania, Sez. II, 17 gennaio 2008, n. 134; TAR Campania – Napoli, Sez. V, 4 marzo 2008 n. 1095). Sussiste quindi l’esercizio del potere pubblico, derivante dall’espletamento della procedura espropriativa (Cons. Stato, AP 30 luglio 2007, n. 9).Deve quindi essere rigettata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal Comune resistente.»

Sintesi: Rientra nella giurisdizione esclusiva del g.a. la controversia relativa alla domanda di risarcimento conseguente al decreto di esproprio mancante o tardivo.

Estratto: «I termini ex art. 13, l. 25 giugno 1865 n. 2359 hanno la natura di termini acceleratori, con riferimento a quelli iniziali, e perentori, con riferimento a quelli finali, con la conseguenza che l'atto conclusivo del procedimento deve essere posto in essere dall'amministrazione procedente entro il termine finale indicato nella dichiarazione di pubblica utilità, in modo tale da concretarsi come conclusione cronologicamente definita e certa della sequenza.La fattispecie di cattivo uso del potere per mancato rispetto del termine finale imposto per la conclusione del procedimento determina l’ illegittimità del decreto di esproprio, nonché degli atti emanati nel corso della procedura, ed anche del decreto di determinazione dell'indennità provvisoria. (T.A.R. Valle d'Aosta Aosta, sez. I, 13 novembre 2009 , n. 93; procedimentale T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. II, 09 giugno 2009 , n. 919).Ne deriva che, nella fattispecie, cessati gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità, l’area occupata è ritornata nella libera disponibilità del privato, con conseguente possibilità dello stesso di rivendicarne la restituzione, secondo i recenti arresti giurisprudenziali, seguiti alla nota pronuncia della Corte di Giustizia Europea del 2000.Tuttavia il Sig. Agnello Giovanni, anziché agire per la restituzione dell’area di sua proprietà, ha esercitato col ricorso in esame l’azione risarcitoria, al fine di conseguire l’equivalente monetario del valore di mercato del bene. Per inciso, ove necessaria la precisazione, ai fini della giurisdizione, va ricordato che l’Adunanza Plenaria ha da tempo ricondotto alla giurisdizione del Giudice amministrativo il caso del decreto di esproprio mancante o tardivo, cioè emesso dopo la scadenza della dichiarazione di pubblica utilità, affermando che rientra nella giurisdizione esclusiva del g.a. la controversia relativa alla conseguente domanda di risarcimento (Consiglio Stato a. plen., 30 luglio 2007 , n. 9; Consiglio Stato a. plen., 22 ottobre 2007, n. 12).Inoltre va precisato che la domanda risarcitoria può trovare accoglimento, in presenza di una evidente volontà dell'Amministrazione di acquisire l'area, desumibile da atti concludenti, quali l'avvio della procedura espropriativa e l'occupazione del suolo necessario alla realizzazione dei programmi costruttivi, ancorché non seguiti dalla tempestiva adozione del decreto espropriativo, nonché in presenza di altrettanta inequivoca volontà del privato di non volere conseguire la restituzione dell'area, bensì l'equivalente in denaro, e perciò in presenza di una sostanziale volontà di cessione, espressa mediante l'esercizio della azione risarcitoria, in luogo di quella restitutoria, di cui, in quanto proprietario, il ricorrente è titolare (cfr. C.G.A. n. 49/09 del 12.12.2008; nonché Tar Sicilia, CT, II, n. 894 del 12.5.2008).»

Sintesi: In ipotesi in cui il decreto di esproprio sia mancante o tardivo perché emesso dopo la scadenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità, si è in presenza di un potere validamente sorto ma, in relazione alla sua struttura essenzialmente di durata, colpito da nullità sopravvenuta che va a sanzionare ex nunc una disfunzione dell’andamento amministrativo per il suo cattivo esercizio; ne consegue la giurisdizione del GA.

Estratto: «4.- Per l’effetto, priva di pregio è anche l’altra preclusione lamentata dall’Impresa appellante, sotto forma di carenza d’interesse in capo ai proprietari, i quali dovrebbero solo agire in via risarcitoria dinanzi al giudice ordinario.Infatti, rispetto al diritto reale vantato dal proprietario, è evidente la sostanziale differenza dei casi in cui l’Amministrazione è carente sin dall’inizio di ogni potere ablatorio da quelli relativamente ai quali il decreto di esproprio è mancante o tardivo perché emesso dopo la scadenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità.In un caso, facendo difetto la causa pubblica che possa sorreggere l’attività posta in essere ovvero mancando il titolo legale o la norma attributiva del potere ablativo esercitato (vincolo urbanistico e/o dichiarazione di pubblica utilità), la restituzione del bene sottratto, a termini dell’art.2033 del codice civile, si pone in termini di indebito oggettivo con riguardo alla disfunzione di un potere ex tunc non spettante e, correlativamente, ad una prestazione privata non dovuta, come tale inerente alla giurisdizione ordinaria. Nell’altra ipotesi, invece, si è in presenza di un potere validamente sorto ma, in relazione alla sua struttura essenzialmente di durata, colpito da nullità sopravvenuta che va a sanzionare ex nunc una disfunzione dell’andamento amministrativo per il suo cattivo esercizio, non essendo stati rispettati i termini e operando dunque essa inefficacia sugli effetti futuri o meglio sulla operatività dei suoi presupposti (vincolo urbanistico e/o dichiarazione di p.u.): con altre parole, in questo caso – argomentando ex art.1422 c.c. – la nullità “funziona” soltanto come nell’inefficacia originaria, ma con il limite dell’interesse tutelato e dei relativi meccanismi di consolidazione che spetta invece al giudice amministrativo conoscere (Cons. St., IV, 26 settembre 2008 n. 4660 e19 dicembre 2007, n. 6560; Ad. Plen., decisioni nn. 9 e 12 del 2007).Ordunque questa attività valutativa, di detta compatibilità amministrativa e del collegato interesse pubblico in gioco, tradizionalmente e per legge è pertinente alla giurisdizione amministrativa: conclusione che di necessità ha condotto i primi giudici a dover rimuovere il provvedimento di esproprio tardivamente adottato e con il quale si tentava, invece, di legittimare un potere espropriativo oramai venuto meno.»

Sintesi: Sussiste la giurisdizione del GA in ipotesi in cui il decreto di esproprio sia mancante o tardivo perché emesso dopo la scadenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità; ciò in quanto si è in presenza di un potere validamente sorto il quale – in relazione alla sua struttura essenzialmente di durata – è colpito da inefficacia sopravvenuta che sanziona ex nunc un vizio dell’iter procedimentale, integrandosi una fattispecie di cattivo esercizio del potere per inosservanza dei termini.

Estratto: «4. Non è ravvisabile il dedotto difetto di giurisdizione con riguardo al decreto di esproprio n. 442/2007, neppure ove si potesse configurare l’ipotesi di un’occupazione acquisitiva.4.1 Con la sentenza n. 191 dell’11/5/2006 la Corte Costituzionale ha esaminato la questione di legittimità dell’art. 53 del Testo Unico sulle espropriazioni n. 327/2001...
[...omissis...]

Sintesi: Quando, dopo una valida dichiarazione di pubblica utilità e una tempestiva occupazione, un decreto di espropriazione sia stato in realtà adottato, benché a dichiarazione di pubblica utilità ormai scaduta, non è certo in discussione l'occupazione, quale mero comportamento illecito della pubblica amministrazione, bensì il provvedimento ablativo, di cui si assume l'illegittimità; ne consegue la giurisdizione del GA in ordine alla richiesta tutela risarcitoria conseguente all'annullamento dell'atto.

Estratto: «1. Con l'unico complesso motivo d'impugnazione il ricorrente censura come erronea la decisione impugnata, richiamando la giurisprudenza che considera usurpativa, in quanto carente di potere, e non appropriativa l'occupazione protratta oltre il termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità. Conclude pertanto che anche il sopravvenuto decreto di espropriazione fu adottato in carenza di potere, dopo la perdita di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, tanto che lo stesso giudice amministrativo l'ha per tale ragione annullato. Sicchè, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici amministrativi, è ben rilevante il momento della irreversibile trasformazione del fondo, avvenuta anch'essa dopo la perdita di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità. 2. Il ricorso è infondato.Secondo un orientamento ormai consolidato nella giurisprudenza sia costituzionale sia di legittimità, infatti, la tutela giurisdizionale risarcitoria contro l'agire illegittimo della P.A. spetta al giudice ordinario in casi del tutto marginali, perché la dedotta illegittimità dei provvedimenti dannosi non esclude di per sé la giurisdizione amministrativa, cui sono sottratti solo i comportamenti tenuti in carenza di potere o in via di mero fatto (C. cost., n. 204/2004, C. cost., n. 191/2006, C. cost., n. 140/2007, Cass., sez. un., 13 giugno 2006, n. 13659, m. 589535, Cass., sez. un., 15 giugno 2006, n. 13911, m. 590679, Cass., sez. un., 28 novembre 2007, n. 24668, m. 600716).In questo senso è in particolare la stessa sentenza C. cost., n. 191/2006, che pure ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il D.Lgs. n. 325 del 2001, art. 53, comma 1, trasfuso nel D.P.R. n. 327 del 2001, art. 53, comma 1, nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative ai "comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparati", non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere (Cass., sez. un., 7 novembre 2008, n. 26793, m. 605249).Vero è che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, va comunque riconosciuta la giurisdizione ordinaria, quando l'azione risarcitoria sia proposta per un'occupazione da considerarsi usurpativa, perché consumata dopo la perdita di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità (Cass., sez. un., 16 luglio 2008, n. 19501, m. 604570). Ma quando, dopo una valida dichiarazione di pubblica utilità e una tempestiva occupazione, un decreto di espropriazione sia stato in realtà adottato, benché a dichiarazione di pubblica utilità ormai scaduta, non è certo in discussione l'occupazione, quale mero comportamento illecito della pubblica amministrazione, bensì il provvedimento ablativo, di cui si assume l'illegittimità.Non rileva perciò la distinzione tra occupazione appropriativa e occupazione usurpativa, definita in ragione del momento dell'irreversibile trasformazione del fondo, precedente o successiva alla perdita di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità (Cass., sez. un., 23 dicembre 2008, n. 30254, m. 605843). Ma rileva appunto solo l'esistenza del decreto di espropriazione, che, benché annullabile, non risulta certo adottato in carenza di potere e quindi "viziato da difetto assoluto di attribuzione", secondo la definizione che del provvedimento nullo da la L. n. 241 del 1990, art. 21 septies. Nel caso in esame la decisione dei giudici amministrativi fu unitariamente assunta, sia in primo grado sia in appello, benché l'azione risarcitoria fosse stata già proposta prima dell'impugnazione del sopravvenuto decreto di espropriazione, perché i due procedimenti erano stati riuniti già dinanzi al T.A.R. Catania. Sicchè la condanna dell'amministrazione al risarcimento dei danni fu adottata in conseguenza dell'annullamento del decreto di espropriazione illegittimo, mentre l'irreversibile trasformazione del fondo assunse rilevanza solo quale fatto ostativo alla restituzione dell'immobile, nonostante la rimozione del provvedimento ablativo. Va ribadita pertanto la dichiarazione della giurisdizione del giudice amministrativo.»

Sintesi: Sulle domande di risarcimento del danno cagionato da occupazione preordinata all’espropriazione, non seguita da rituale provvedimento ablatorio, sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in quanto il danno si connette eziologicamente non ad un comportamento mero, ma ad un comportamento esecutivo di un efficace provvedimento amministrativo (il decreto di occupazione), cui non è seguito, secondo lo schema legale della fattispecie, un tempestivo provvedimento di esproprio.

Estratto: «Date le superiori premesse il collegio, in linea di continuità con l’orientamento giurisprudenziale amministrativo ormai consolidato (da ultimo, Consiglio di Stato, IV, 21 maggio 2007 n° 2582; IV, 30 novembre 2007 n° 6124; Tar Sicilia, Palermo, II, n. 1521/2008; II, n° 51/2009; III, n° 601/2008), ritiene:a) in relazione alla giurisdizione del giudice amministrativo sulle domande di risarcimento del danno cagionato da occupazione preordinata all’espropriazione, non seguita da rituale provvedimento ablatorio, sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in quanto il danno si connette eziologicamente non ad un comportamento mero, ma ad un comportamento esecutivo di un efficace provvedimento amministrativo (il decreto di occupazione), cui non è seguito, secondo lo schema legale della fattispecie, un tempestivo provvedimento di esproprio (Corte costituzionale, sentenza n. 191 del 2006; Consiglio di Stato, A.P., decisioni n. 4 del 2005 e n. 12 del 2007; Corte di Cassazione, sez. un., sentenza 20 marzo 2008 , n. 7442, ove assume rilievo il collegamento, sia pure indiretto, della condotta lesiva con la dichiarazione di pubblica utilità; Consiglio di Stato, IV, decisioni 3 settembre 2008 n. 4112, e 6 novembre 2008, n. 5498 );b) la domanda tendente ad ottenere il risarcimento del danno mediante restituzione del bene non è soggetta ad alcun termine prescrizionale, in quanto, “l’art. 43 testualmente preclude che l’Amministrazione diventi proprietaria di un bene in assenza di un titolo previsto dalla legge” (vedi, in tal senso Consiglio di Stato, V, 21 maggio 2007, n. 258) (T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, sentenza 1521/2008, cit.; nel senso della sostanziale imprescrittibilità della domanda, si veda altresì Consiglio Stato, sez. IV, decisioni 27 giugno 2007, n. 3752, e 16 novembre 2007 n. 5830).»

Sintesi: La mancata adozione del provvedimento traslativo entro il prescritto termine, non sembra poter dequotare la valenza giuridica di un'attività espletata nel corso e in virtù di un procedimento che la dichiarazione di pubblica utilità ha ab origine funzionalizzato a scopi specifici e concreti di pubblica natura o utilità; ne consegue che della tutela risarcitoria conosce il giudice amministrativo.

Estratto: «Contrariamente a quanto asserito dalla resistente, i ricorrenti non postulano la mancanza di una dichiarazione di pubblica utilità, o meglio, nel caso in esame, una autorizzazione alla costituzione coattiva di servitù di elettrodotto, ma evidenziano come sia mancato, alla fine del procedimento, l’atto conclusivo, e quindi il decreto di esproprio. Si verte allora esattamente nella fattispecie esaminata dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la decisione n. 8 del 2007, singolarmente invocata a sostegno della tesi opposta, nella quale esplicitamente viene affermato: “la dichiarazione di pubblica utilità è l'atto autoritativo che fa emergere il potere pubblicistico in rapporto al bene privato e costituisce al tempo stesso origine funzionale della successiva attività, giuridica e materiale, di utilizzazione dello stesso per scopi pubblici previamente individuati. In questo quadro, la mancata adozione del provvedimento traslativo entro il prescritto termine non sembra poter dequotare la valenza giuridica di un'attività appunto espletata nel corso e in virtù di un procedimento che la dichiarazione ha ab origine funzionalizzato a scopi specifici e concreti di pubblica natura o utilità. La omessa conclusione del procedimento mediante tempestiva pronuncia del decreto di esproprio, impedendo la formalizzazione dell'acquisizione al patrimonio pubblico del bene realizzato, connota la precedente attività dispiegata dall'Amministrazione in termini materiali o comportamentali: ma, pur privato del suo naturale sbocco costitutivo e quindi illegittimo, questo comportamento di impossessamento e irreversibile modifica del bene altrui resta pur sempre, nel senso ora detto, riconducibile all'esercizio del pubblico potere”. Vertendosi quindi nell’area dell’azione autoritativa della pubblica amministrazione, si ricade parimenti nell’ambito di attribuzione del giudice amministrativo.»

Sintesi: Sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle domande di risarcimento del danno cagionato da occupazione preordinata all’espropriazionenon seguita da rituale provvedimento ablatorio; ciò in quanto il danno si connette eziologicamente non ad un comportamento mero, ma ad un comportamento esecutivo di un efficace provvedimento amministrativo (il decreto di occupazione), cui non è seguito, secondo lo schema legale della fattispecie, un tempestivo provvedimento di esproprio.

Estratto: «Date le superiori premesse il collegio, in linea di continuità con i precedenti della sezione (si veda, in particolare, da ultimo, la sentenza n. 1521 dell’11 novembre 2008), ritiene:a) in relazione alla giurisdizione del giudice amministrativo sulle domande di risarcimento del danno cagionato da occupazione preordinata all’espropriazione, e non seguita da rituale provvedimento ablatorio, sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in quanto il danno si connette eziologicamente non ad un comportamento mero, ma ad un comportamento esecutivo di un efficace provvedimento amministrativo (il decreto di occupazione), cui non è seguito, secondo lo schema legale della fattispecie, un tempestivo provvedimento di esproprio (Corte costituzionale, sentenza n. 191 del 2006; Consiglio di Stato, A.P., decisioni n. 4 del 2005 e n. 12 del 2007; Corte di Cassazione, sez. un., sentenza 20 marzo 2008 , n. 7442, ove la valorizzazione del collegamento, sia pure indiretto, della condotta lesiva con la dichiarazione di pubblica utilità; Consiglio di Stato, IV, decisioni 3 settembre 2008 n. 4112, e 6 novembre 2008, n. 5498 ); b) la domanda tendente ad ottenere il risarcimento del danno mediante restituzione del bene non è soggetta ad alcun termine prescrizionale, in quanto, “a parte l’applicabilità della disciplina civile sull’usucapione (per la quale il possesso ultraventennale fa acquistare all’Amministrazione il diritto di proprietà pur in assenza dell’atto di natura ablatoria), l’art. 43 testualmente preclude che l’Amministrazione diventi proprietaria di un bene in assenza di un titolo previsto dalla legge (vedi, in tal senso Consiglio di Stato, V, 21 maggio 2007, n. 258)” (T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, sentenza 1521/2008, cit.; nel senso della sostanziale imprescrittibilità della domanda, si veda altresì Consiglio Stato, sez. IV, decisioni 27 giugno 2007, n. 3752, e 16 novembre 2007 n. 5830).»

Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.