La potestas judicandi in tema di indennizzo da reiterazione di vincolo

Sintesi: La contestazione dell’insufficienza della previsione della posta relativa all'indennizzo da reitera del vincolo, trova sede appropriata di svolgimento nel giudizio di opposizione alla stima innanzi alla Corte d’Appello.

Estratto: «Per mera completezza deve comunque rilevarsi che l’omessa previsione dell’indennizzo, per giurisprudenza costante, non inficia la legittimità del provvedimento di reiterazione del vincolo espropriativo (T.A.R. Piemonte, sez. I, 3 maggio 2010, n. 2286; C.d.S., sez. IV, 19 febbraio 2008, n. 529 e 30 dicembre 2008, n. 6608), mentre la contestazione dell’insufficienza della previsione della relativa posta trova sede appropriata di svolgimento nel giudizio di opposizione alla stima innanzi alla Corte d’Appello.»

Sintesi: La potestas judicandi in tema di indennizzo da reiterazione di vincolo spetta al giudice ordinario le sole volte in cui non si sia fatta questione della legittimità dell'atto impositivo in reiterazione del vincolo in discorso e certamente non le volte in cui quell'atto sia stato radicalmente annullato.

Estratto: «Deve essere preliminarmente affermata la giurisdizione amministrativa a conoscere della domanda avanzata dal ricorrente, la quale non è riconducibile all’art. 39 del DPR 8 giugno 2001, n. 327 poiché – come affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in sede di regolamento di giurisdizione – “la potestas judicandi in tema di indennizzo da reiterazione di vincolo, infatti, spetta al giudice ordinario le sole volte in cui non si sia fatta questione della legittimità dell'atto impositivo in reiterazione del vincolo in discorso (S.U. n. 12185 del 2007) e certamente non le volte in cui, e tale è il caso sottoposto, quell'atto sia stato radicalmente annullato. Ed invero, la pertinenza al G.A., adito per l'annullamento del vincolo in reiterazione, della potestà di assegnare il ristoro dei danni da indebita apposizione e per la mancata previsione dell'indennizzo è indiscutibile trattandosi di addivenire alla tutela completiva spettante alla giurisdizione amministrativa, a fronte dell'esercizio illegittimo di attività provvedimentale, e da assicurarsi anche ove essa venga autonomamente chiesta (S.U. n. 30254 del 2008)” (ordinanza del 19 aprile 2010 n. 9302).»

Sintesi: Alla reiterazione di un vincolo espropriativo, deve conseguire necessariamente la previsione e la corresponsione di un indennizzo ai sensi dell’art. 39 comma 1 del DPR 327/2001. Compiuto questo accertamento la giurisdizione amministrativa incontra il suo confine e deve arrestarsi. Ogni ulteriore azione con la quale si intenda far valere (e quantificare) il proprio diritto all'indennizzo deve essere proposta davanti al giudice ordinario ai sensi dell’art. 39 commi 2-4 del DPR 327/2001.

Estratto: «(g) il secondo profilo di danno parte dal presupposto, corretto, che ogni reiterazione di vincoli espropriativi (categoria a cui appartengono anche le destinazioni urbanistiche in esame: attrezzature per il gioco e lo sport, parcheggi, nuova viabilità) esige la previsione di un indennizzo. La regola, inizialmente formulata dalla giurisprudenza costituzionale (v. C.Cost. 20 maggio 1999 n. 179), è ora codificata nell’ordinamento interno dall’art. 39 comma 1 del DPR 327/2001. Si tratta di un principio coerente con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, che tutela non solo la proprietà in sé ma anche la certezza della situazione giuridica, messa in pericolo dall’incombenza di poteri appropriativi e ablatori utilizzabili dall’amministrazione in un ampio arco temporale (v. CEDU Sez. I 15 luglio 2004, Scordino, punti 71, 94-99; altri riferimenti in TAR Brescia Sez. I 24 giugno 2009 n. 1308);(h) le posizioni giuridiche che derivano dalla mancata previsione dell’indennizzo (risarcimento del danno, liquidazione dell’indennizzo) devono essere tenute distinte. In astratto il danno potrebbe infatti coprire un’area più ampia del semplice mancato indennizzo per reiterazione del vincolo espropriativo. Questa situazione si verifica in particolare quando i provvedimenti urbanistici contenenti il vincolo reiterato siano illegittimi: in tale ipotesi non solo deve essere corrisposto l’indennizzo ma devono essere ristorate anche tutte le perdite ulteriori (ad esempio la perdita di opportunità di vendita o di sfruttamento economico del bene);(i) anche quando la reiterazione del vincolo sia legittima (come nel caso in esame) è possibile individuare un’area di danno distinta dal mancato indennizzo. Bisogna però darne una precisa rappresentazione in concreto. Quest’ultima potrebbe consistere nell’affermazione di disagi e inconvenienti prodottisi a cascata per la mancata previsione dell’indennizzo, oppure nell’affermazione di una responsabilità da atto lecito, ossia derivante dalle stesse scelte urbanistiche (che per sé sono legittime: l’omessa previsione dell’indennizzo è infatti illegittima ma non rende illegittimo il piano urbanistico – v. CS Ap 24 maggio 2007 n. 7). Nello specifico tuttavia non è stata fornita alcuna prova di perdite patrimoniali appartenenti a queste tipologie. Si può quindi ritenere che il solo danno ristorabile sia la mancata previsione (e corresponsione) dell’indennizzo;(j) questa voce risarcitoria, coincidendo con l’indennizzo, fuoriesce però dalla giurisdizione amministrativa e non può dunque essere trattata nella presente sentenza. In questa sede la domanda della ricorrente deve piuttosto essere convertita, applicando estensivamente l’art. 34 comma 3 cpa, da azione di condanna ad azione di accertamento. Più precisamente, viene accertato che la destinazione data al terreno della ricorrente dalla variante del 2005 oggetto di impugnazione costituiva reiterazione di un vincolo espropriativo, alla quale dovevano conseguire necessariamente la previsione e la corresponsione di un indennizzo ai sensi dell’art. 39 comma 1 del DPR 327/2001. Compiuto questo accertamento la giurisdizione amministrativa incontra il suo confine e deve arrestarsi. Ogni ulteriore azione con la quale la ricorrente intenda far valere (e quantificare) il proprio diritto all'indennizzò dovrà essere proposta davanti al giudice ordinario ai sensi dell’art. 39 commi 2-4 del DPR 327/2001 (v. CS Sez. IV 3 marzo 2009 n. 1214).»

Sintesi: Ogni questione indennitaria (presupponente la legittimità della reiterazione dei vincoli), rientra nell’ambito di giurisdizione del giudice ordinario.

Estratto: «In disparte ogni questione sulla natura conformativa o preordinata all’esproprio della destinazione a verde pubblico impressa sull’area di Colle del Telegrafo, di ubicazione dei fondi degli odierni appellanti, dai piani regolatori generali di Pescara che si sono succeduti sin dal 1977/1979 (da ultimo, il p.r.g. adottato nel 2001 e approvato nel 2003, peraltro non tempestivamente impugnato, ne aveva previsto la destinazione a zona “F1 verde pubblico, parco pubblico”, confermata dalla delibera consiliare di approvazione della variante al p.r.g. n. 94 dell’8 giugno 2007), osserva il Collegio, in primo luogo, che l’area in oggetto è, ad ogni modo, stata sottoposta a specifico vincolo preordinato all’espropriazione, mediante la previsione dell’opera da realizzare (il Parco archeologico e naturalistico di Colle del Telegrafo), con delibera della Giunta comunale n. 1181 del 1° dicembre 2005, seguita dalla delibera consiliare n. 305 del 20 dicembre 2005, di approvazione del progetto definitivo in variante al p.r.g., dichiarata efficace con delibera consiliare n. 38 del 16 febbraio 2006 (con contestuale presa d’atto della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera), ai sensi del combinato disposto degli artt. 8, 9, 10 e 19 d.P.R. n. 327 del 2001. Ne deriva, in ogni caso, l’inefficienza causale, sotto il dedotto profilo risarcitorio, della lamentata illegittimità della reiterazione di vincoli preordinati all’esproprio (in denegata ipotesi ritenuta sussistente), mentre ogni correlativa questione indennitaria (presupponente la legittimità della reiterazione dei vincoli) rientra nell’ambito di giurisdizione del giudice ordinario (v. C.d.S., Sez. IV, 6 maggio 2010, n. 2627).»

Sintesi: I profili attinenti al pagamento dell'indennizzo non attengono alla legittimità del procedimento, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale (che presuppongono la conclusione del procedimento di pianificazione), devolute alla cognizione della giurisdizione civile.

Estratto: «- come affermato dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza 24 maggio 2007 n. 7, anche con richiamo all’art. 39 comma 1 del T.U. n. 327/2001, "i profili attinenti al pagamento dell'indennizzo non attengono… alla legittimità del procedimento, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale (che presuppongono la conclusione del procedimento di pianificazione), devolute alla cognizione della giurisdizione civile" (cfr. recentemente Consiglio di Stato, sez. IV, 6 maggio 2010 n. 2627);»

Sintesi: Sussiste la giurisdizione dell’AGO sull’”an” ed il “quantum” dell’indennità a fronte della reiterazione dei vincoli espropriativi.

Estratto: «Quanto poi alla censura (per la verità solo accennata dai ricorrenti) sulla mancata determinazione di un indennizzo, è senza dubbio corretta la considerazione in diritto del resistente patrono che ha richiamato in proposito l’articolo 39 del D.leg.vo 327/01, secondo cui se il ristoro indennitario non è previsto in sede di reiterazione del vincolo (come statuito dalla corte costituzionale con la citata sentenza 179/1999), il proprietario può chiederne la liquidazione alla PA, con facoltà di agire avanti alla Corte di Appello territoriale, una volta decorsi inutilmente due mesi dalla relativa richiesta.Ritiene peraltro il collegio di evidenziare che la norma citata istituisce l’obbligo indennitario a carico dell’amministrazione “negli atti che determinano gli effetti di cui al comma 1” (così il comma 2 dell’art. 39 che fa rinvio per l’appunto alla reiterazione di un vincolo ablatorio), fermo restando che nell’ipotesi di mancata previsione nella sede pianificatoria, l’autorità procedente è chiamata a provvedere quanto prima e comunque entro due mesi dalla richiesta di parte.Da ciò consegue che –in disparte la giurisdizione dell’AGO sull’”an” ed il “quantum” dell’indennità- il fatto che quest’ultima risulti completamente omessa e priva di ogni richiamo nella deliberazione di replica dello standard pubblicistico, rappresenta ex se un ulteriore sintomo della difettosa ponderazione istruttoria in cui è incorsa l’amministrazione, a fronte delle impegnative incombenze procedimentali sopra puntualizzate. Del resto, il costo del vincolo da reiterare (ivi compresa la voce indennitaria) rappresenta senz’altro uno degli elementi su cui l’autorità competente è chiamata a riflettere nel decidere se procedere o meno in tal senso, non potendosi peraltro affatto escludere che proprio la mancanza di fondi sia stata causa o concausa dell’inutile scadenza del quinquiennio. Il calcolo delle risorse a disposizione risulta inoltre determinante nel delineare una gerarchia di interventi capace di selezionare gli standard programmati più urgenti (si pensi alla scelta del se e come procedere ad altre reiterazioni di vincoli scaduti, ovvero di concentrarsi in modo prioritario sull’attuazione tempestiva –meno onerosa- di vincoli di PRG non ancora scaduti etc.).Pertanto, il silenzio deliberativo sui costi indennitari che conseguono alla conferma vincolistica -oltre a violare intuibili principi di leale cooperazione con i proprietari incisi- risulta espressione di un modus operandi approssimativo nella valutazione degli stessi presupposti di convenienza e priorità dell’intervento deliberato, e ciò dunque a prescindere dalla diversa giurisdizione chiamata a pronunciarsi direttamente (anche in via sostitutoria) sulle pendenti questioni connesse a tale ristoro.»

Sintesi: I profili attinenti alla spettanza o meno dell'indennizzo e al suo pagamento in ipotesi di reiterazione del vincolo espropriativo non attengano alla legittimità del procedimento, ma riguardino questioni di carattere patrimoniale, che presuppongono la conclusione del procedimento di pianificazione e sono devolute alla cognizione della giurisdizione ordinaria.

Estratto: «L’area risulta, infatti, posizionata all’esterno del tessuto urbano, ricompresa fra due rami della viabilità principale e attualmente caratterizzata dalla presenza di un bosco. Non si ravvisano elementi addotti dalla ricorrente, idonei a sconfessare quanto affermato nel predetto parere, ove si legge che si tratta di un bosco “ceduo invecchiato”, di “buona qualità eco sistemica e forestale”, nonché, “interessato da un’area seppure marginale di pertinenza idraulica”.Si tratta, di fatto, di elementi che trovano rispondenza nella documentazione versata in atti (cfr. anche le Tavole del Documento di Piano allegate da parte comunale sempre sub n.16), e che, complessivamente valutati, danno contezza del cit. parere provinciale, specie nella parte, qui contestata, volta a stralciare la previsione assunta in sede di adozione del P.G.T. (che vorrebbe mantenere la destinazione a “trasformazione residenziale” dell’ambito), al fine di ricondurre l’ambito medesimo a destinazione boschiva.XIII. La disciplina del comparto P2 si ricava, stando alle argomentazioni comunali, dal punto 2 del Documento di Piano e dall’art. 41 del Piano delle Regole, da cui si desume, in mancanza di diverse, specifiche allegazioni di parte ricorrente, la valenza conformativa del potere pianificatorio qui esercitato dall’ente preposto, che non impone la previsione di alcun indennizzo a favore del proprietario (cfr. da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 02 dicembre 2011, n. 6373, nonché, Cassazione civile, Sez. I, 3 giugno 2010 n. 13461, secondo cui, ad oggi, la destinazione urbanistica a verde pubblico ordinariamente si sostanzia in vincolo conformativo, nel mentre ha il carattere di eccezione l'ipotesi in cui tale destinazione si traduca in vincolo espropriativo; e, più in generale, "non hanno carattere espropriativo, ma solo conformativo, e perciò non sono soggetti a decadenza ed all'obbligo dell'indennizzo, tutti i vincoli di inedificabilità imposti dal piano regolatore, a qualsivoglia titolo, per ragioni lato sensu ambientali, tra cui il vincolo di inedificabilità per un parco e per una zona agricola di pregio, la destinazione a verde, ecc."; così, Cons. di Stato n. 9372 del 23 dicembre 2010). Ad ogni modo, non può neppure sottacersi come i profili attinenti alla spettanza o meno dell'indennizzo e al suo pagamento non attengano alla legittimità del procedimento, ma riguardino questioni di carattere patrimoniale, che presuppongono la conclusione del procedimento di pianificazione e sono devolute alla cognizione della giurisdizione ordinaria (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 16 settembre 2011, n. 5216; id., 6 maggio 2010 n. 2627).»

Sintesi: Le controversie concernenti il riconoscimento del diritto all'indennizzo per reiterazione di vincoli d'inedificabilità assoluta di natura espropriativa, nella ricorrenza dei presupposti indicati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 179/1999, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario.

Estratto: «2. Tanto premesso, si osserva che con riferimento al riparto di giurisdizione in materia di controversie insorte nel settore della pianificazione urbanistica e della imposizione (e reiterazione) dei vincoli espropriativi, le Sezioni Unite hanno enunciato i seguenti principi...
[...omissis...]

Sintesi: Le questioni attinenti alla spettanza o meno dell'indennizzo in ipotesi di reitera del vincolo ex art. 39 DPR 327/2001, sono devolute alla cognizione della giurisdizione ordinaria.

Estratto: «Una volta escluso che si sia in presenza di vincoli espropriativi, viene meno il presupposto su cui si basa la contestazione di mancata determinazione dell’indennizzo ex at. 39 DPR n. 327/01. Sul punto va comunque ricordato che i profili attinenti alla spettanza o meno dell'indennizzo e al suo pagamento non attengono alla legittimità del procedimento, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale, che presuppongono la conclusione del procedimento di pianificazione e sono devolute alla cognizione della giurisdizione ordinaria. (cfr. Cons. St., Sez. IV, 6 maggio 2010 n. 2627).»

Sintesi: I profili attinenti al pagamento dell'indennizzo per il vincolo espropriativo scaduto e reiterato attengono non alla legittimità del procedimento espropriativo, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale (che presuppongono la conclusione del procedimento di pianificazione), devolute alla cognizione del giudice civile.

Estratto: «Come è noto, con la sentenza n. 55/1968 con cui fu dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 11 della L. n. 1150 del 1942, il quale nella sua originaria formulazione prevedeva la durata indeterminata di tutte le previsioni del P.R.G. compresa quella dei vincoli preordinati all'esproprio ivi contenuti, il legislatore fu posto nell'alternativa di prevedere per i detti vincoli la temporaneità senza indennizzo oppure ribadirne la durata indeterminata con indennizzo immediato. Con la L. n. 1187 del 1968 il legislatore scelse la temporaneità del vincolo disponendo la decadenza dello stesso ove nel termine di cinque anni dalla data di approvazione del P.R.G. non fosse iniziata la procedura espropriativa. Di fatto la reiterabilità del vincolo eluse il limite temporale con la conseguenza che, reiterandolo ad ogni scadenza, lo stesso diventava illimitato. Con la sentenza richiamata nell'atto di citazione (Corte Costit. 20-5-1999 n. 179) il giudice delle leggi concluse nel senso della necessità di prevedere un indennizzo in favore del proprietario titolare dell'area interessata dal vincolo reiterato dopo la scadenza del termine di 5 anni, traducendosi la reiterazione in un vero e proprio vinculum inaedificandi: l'obbligo dell'indennizzo sorge dunque dopo il superamento del primo periodo di ordinaria durata temporanea del vincolo, preordinato all'espropriazione o con carattere sostanzialmente espropriativo, quale determinato dal legislatore entro limiti non irragionevoli (cd. periodo di franchigia). Ciò determinò il legislatore alla formulazione dell'art. 39 del T.U. 327/2001, tenendo presente che, a giudizio della Corte, restavano fuori dell'indennizzabilità i vincoli incidenti con carattere di generalità su intere categorie di beni (conformativi), quelli derivanti da limiti non ablatori, quelli che non superavano sotto il profilo quantitativo la normale tollerabilità e i vincoli non eccedenti il periodo di franchigia.L'art. 39 del citato T.U. si muove in quest'ottica e dispone che al proprietario, nei casi di reiterazione del vincolo o di espropriazione di valore, vada erogata una indennità commisurata all'entità del danno effettivamente prodotto.La norma, per come è formulata, esplicita il principio secondo cui l'indennità non è indefettibile, ma eventuale in quanto subordinata alla derivazione di un danno per effetto della reiterazione e il privato è tenuto a dare dimostrazione dell'entità del pregiudizio patito. Ciò perché, diversamente da quanto accade in caso di occupazione d'urgenza o di espropriazione in senso stretto, il proprietario continua ad utilizzare la propria area e in teoria potrebbe anche ricavare da detto utilizzo, agricolo o non edificatorio (la dottrina ha esplicitato gli esempi di un campeggio o di una stazione di carburante) una utilità persino superiore a quella ricavabile dall'utilizzo edificatorio dell'area.Va sottolineato infatti che nella richiamata sentenza n. 179/99 la Corte Costituzionale ebbe a puntualizzare che l'indennizzo per il protrarsi del vincolo è un ristoro per una serie di pregiudizi che si possono verificare a danno del titolare dell'immobile colpito e deve essere commisurato o al mancato uso normale del bene ovvero alla riduzione di utilizzazione, ovvero ancora alla diminuzione del prezzo di mercato rispetto alla situazione precedente alla pianificazione che ha imposto il vincolo. Il proprietario deve perciò dimostrare che vi sono state concrete possibilità di utilizzazione economica del bene stesso (trattativa di vendita, di locazione, mancata realizzazione di un edificio), giacché la Corte utilizzò come parametro di riferimento a commisurazione del danno la situazione giuridica antecedente alla pianificazione che ha imposto il vincolo: la detta interpretazione appare suffragata dall'abbandono, da parte del T.U. dell'iniziale proposito, emerso nei lavori preparatori, di procedere ad una quantificazione percentuale dell'indennità.La interpretazione qui data è stata confermata dai giudici amministrativi secondo i quali il proprietario ha sempre l'onere di provare l'entità del danno effettivamente prodotto anche laddove attivi il correlato procedimento amministrativo, quale presupposto processuale necessario per potere agire innanzi alla Corte d'appello (Cons. Stato sez. IV 10-4-2009 n. 2234). Ciò perché i profili attinenti al pagamento dell'indennizzo per il vincolo espropriativo scaduto e reiterato attengono non alla legittimità del procedimento espropriativo, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale (che presuppongono la conclusione del procedimento di pianificazione) devolute alla cognizione del giudice civile.Sia dunque che il procedimento amministrativo si voglia considerare presupposto processuale necessario per potere agire dinanzi alla Corte d'appello secondo il richiamato insegnamento, sia che si voglia ritenere che l'azione civile proposta non necessiti di tale presupposto, resta il dato ineludibile per il quale è mancata la prova del pregiudizio sofferto e della sua individuazione anche astratta sotto uno dei vari profili più sopra considerati, avendo la domanda collegato in modo indefettibile e apodittico il ristoro alla reiterazione del vincolo tout court.»

Sintesi: Una volta ottenuto l’accertamento sul vincolo da parte del giudice amministrativo, la concreta quantificazione economica dell’indennizzo è poi rimessa al giudice ordinario ai sensi dell’art. 39 comma 4 e dell’art. 53 comma 2 del DPR 8 giugno 2001 n. 327.

Estratto: «9.8. La mancata previsione dell’indennizzo per la reiterazione di un vincolo espropriativo non costituisce causa di illegittimità dello strumento urbanistico (v. CS Sez. IV 6 maggio 2010 n. 2627) ma consente unicamente una pronuncia che accerti la natura espropriativa del vincolo e il diritto del proprietario all’indennizzo. Qui passa il confine della giurisdizione amministrativa: una volta ottenuto l’accertamento sul vincolo da parte del giudice amministrativo, la concreta quantificazione economica dell’indennizzo è poi rimessa al giudice ordinario ai sensi dell’art. 39 comma 4 e dell’art. 53 comma 2 del DPR 8 giugno 2001 n. 327 (v. CS Sez. IV 3 marzo 2009 n. 1214). Poiché non è necessario ai fini della legittimità della variante urbanistica che sia previsto e quantificato l’indennizzo, cadono anche le censure relative al difetto di istruttoria per la mancata valutazione del costo globale della reiterazione del vincolo espropriativo: sul piano processuale l’interesse del privato si concentra sulla natura del vincolo in vista dell’indennizzo individuale e non può quindi svolgere alcuna funzione a sostegno dell’impugnazione della scelta urbanistica.»

Sintesi: I profili attinenti al pagamento dell'indennizzo per vincolo espropriativo scaduto e reiterato non attengono alla legittimità del procedimento espropriativo, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale (che presuppongono la conclusione del procedimento di pianificazione), devolute alla cognizione della giurisdizione civile; tale principio è stato ora esplicitato dall'art. 39 comma 1, T.U. degli espropri, approvato con d.P.R. n. 327 del 2001.

Estratto: «Deve, invece, dichiararsi l’inammissibilità della subordinata istanza di indennizzo proposta dall’istante, attesa la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo con riferimento alla medesima, come risulta dal costante orientamento giurisprudenziale, per il quale i profili attinenti al pagamento dell'indennizzo per vincolo espropriativo scaduto e reiterato non attengono alla legittimità del procedimento espropriativo, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale (che presuppongono la conclusione del procedimento di pianificazione), devolute alla cognizione della giurisdizione civile; tale principio è stato ora esplicitato dall'art. 39 comma 1, T.U. degli espropri, approvato con d.P.R. n. 327 del 2001, il quale ha previsto che - a seguito della reiterazione del vincolo - il proprietario può attivare un procedimento amministrativo nel corso del quale egli ha l'onere di provare "l'entità del danno effettivamente prodotto", quale presupposto processuale necessario per poter agire innanzi alla Corte d'Appello.»

Sintesi: In ordine alla pretesa del danno derivante dal mancato pagamento dell’indennità di cui all’art. 39 DPR n. 327/2001, sussiste il difetto di giurisdizione del G.A.

Estratto: «Mentre, per quanto riguarda le domande risarcitorie, indicate in epigrafe, il Collegio ha rilevato che sussistono dubbi sull’ammissibilità di tali domande, in quanto:1) il paventato danno di 321.229,00 € dipende da un futura destinazione edificabile del terreno di cui è causa, alla stregua dei parametri urbanistici, previsti per la Zona C, che in assenza di Regolamento Urbanistico ex art. 16 L.R. n. 23/1999 risultano inefficaci, per cui trattasi di un danno che non si è ancora concretizzato al momento della proposizione del ricorso in esame e perciò risulta inammissibile, anche perché presupporrebbe la possibilità del Giudice adito, di sostituirsi al Comune di Ferrandina, ma, trattandosi di attività discrezionale, ai sensi dell’art. 31, comma 3, Cod. Proc. Amm., può essere accertato soltanto l’obbligo di provvedere;2) la pretesa del danno derivante dal mancato pagamento dell’indennità di cui all’art. 39 DPR n. 327/2001, oltre ad essere inattuale, perché allo stato non è ancora stata deliberata la reiterazione del vincolo, risulta pure inammissibile per difetto di giurisdizione.»

Sintesi: La questione concernente la spettanza di un indennizzo in ipotesi di reitera di vincolo ha natura prettamente patrimoniale ed è di competenza del giudice ordinario.

Estratto: «E’ irrilevante stabilire se la previsione del contestato indice di edificabilità configuri un vincolo di natura espropriativa oppure conformativa: rientra, infatti, nella discrezionalità pianificatoria del Comune introdurre nel proprio strumento urbanistico generale sia gli uni che gli altri; né costituisce motivo di illegittimità della specifica previsione di piano contenente un vincolo preordinato all’esproprio il fatto di non aver previsto la spettanza di una indennità, dal momento che quest’ultima è dovuta solo in caso di reiterazione o di proroga ultraquinquennale del vincolo medesimo e previa domanda dell’interessato; senza contare, poi, che la relativa questione, di natura prettamente patrimoniale, sarebbe comunque di competenza del giudice ordinario.E’ stato affermato, a questo riguardo, che il principio della spettanza di un indennizzo al proprietario nel caso di reiterazione o di tempestiva proroga del vincolo preordinato all'esproprio non rileva per la verifica della legittimità dei provvedimenti, che hanno disposto l'approvazione dello strumento urbanistico con la conseguente reiterazione o proroga del vincolo, atteso che i profili attinenti alla spettanza o meno dell'indennizzo e al suo pagamento non attengono alla legittimità del procedimento, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale, che presuppongono la conclusione del procedimento di pianificazione e sono devolute alla cognizione della giurisdizione ordinaria (Consiglio Stato, sez. IV, 06 maggio 2010, n. 2627; Cons. Stato, sez. IV, 21 aprile 2010, n. 2262; Cons. Stato, sez. IV, 06 novembre 2009, n. 6936; TAR Sicilia Palermo, sez. III, 10 luglio 2009, n. 1250; Cass. Civ. Sez. Un., 06 maggio 2009, n. 10362).La censura va quindi disattesa.»

Sintesi: I profili attinenti alla spettanza o meno dell’indennizzo in caso di reitera dei vincoli e al suo pagamento non attengono alla legittimità del procedimento, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale, che presuppongono la conclusione del procedimento di pianificazione e sono devolute alla cognizione della giurisdizione ordinaria.

Estratto: «Ritiene questo Collegio infondato anche il rilievo di parte ricorrente secondo cui la mancata previsione dell’indennizzo determina automaticamente l’illegittimità della deliberazione n. 158/2002.Invero, secondo Cons. Stato, Sez. IV, 6 maggio 2010, n. 2627 “Ai sensi dell’art. 39 comma 1, t.u. sugli espropri, approvato con d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, il principio della spettanza di un indennizzo al proprietario nel caso di reiterazione o di tempestiva proroga del vincolo preordinato all’esproprio non rileva per la verifica della legittimità dei provvedimenti, che hanno disposto l’approvazione dello strumento urbanistico con la conseguente reiterazione o proroga del vincolo, atteso che i profili attinenti alla spettanza o meno dell’indennizzo e al suo pagamento non attengono alla legittimità del procedimento, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale, che presuppongono la conclusione del procedimento di pianificazione e sono devolute alla cognizione della giurisdizione ordinaria.”.»

Sintesi: I profili attinenti alla spettanza o meno dell'indennizzo conseguente alla reitera dei vincoli e al suo pagamento non attengono alla legittimità del procedimento, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale, che sono devolute alla cognizione della giurisdizione ordinaria.

Estratto: «Infine, sulla asserita necessità di uno specifico obbligo motivazionale trattandosi della reiterazione di un vincolo scaduto, e sulla mancata previsione dell’indennizzo, è da osservare come nel caso in esame si tratta di una variante urbanistica e per costante giurisprudenza “La variante di un piano regolatore, che conferisce nuova destinazione ad aree che risultano già urbanisticamente classificate, necessita di apposita motivazione quando le classificazioni preesistenti siano assistite da specifiche aspettative, in capo ai rispettivi titolari, fondate su atti di contenuto concreto,come quelle derivanti da un piano di lottizzazione approvato, da un giudicato di annullamento di un diniego di concessione edilizia o dalla reiterazione di un vincolo scaduto.” (Cons. St., sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2545). “Ai sensi dell'art. 39 comma 1, t.u. sugli espropri, approvato con d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, il principio della spettanza di un indennizzo al proprietario nel caso di reiterazione o di tempestiva proroga del vincolo preordinato all'esproprio non rileva per la verifica della legittimità dei provvedimenti, che hanno disposto l'approvazione dello strumento urbanistico con la conseguente reiterazione o proroga del vincolo, atteso che i profili attinenti alla spettanza o meno dell'indennizzo e al suo pagamento non attengono alla legittimità del procedimento, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale, che presuppongono la conclusione del procedimento di pianificazione e sono devolute alla cognizione della giurisdizione ordinaria.” (Cons. St., sez. IV, 6 maggio 2010, n. 2627; Tar Brescia, sez. I, 27 agosto 2010, n. 3238; Tar Torino, sez. I, 3 maggio 2010, n. 2286; Cos. St. sez. IV, 21 aprile 2010, n. 2262).»

Sintesi: L'indennizzo da reitera del vincolo costituisce questione di carattere patrimoniale, devoluta alla cognizione della giurisdizione civile.

Estratto: «Residua l’esame del motivo con il quale si lamenta la mancata previsione indennitaria in uno alla reiterazione del vincolo, nonché il vaglio della domanda di risarcimento dei danni patiti ovvero di riconoscimento del diritto all’indennizzo ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. n° 327/2001.In seguito al recepimento, nel T.U. esproprio, del monito rivolto al legislatore dalla Corte Costituzionale, con la citata sentenza n° 179/1999, è stato previsto, dall’art. 39, invocato dal ricorrente, l’obbligo di indennizzo “nel caso di reiterazione di un vincolo preordinato all’esproprio o sostanzialmente espropriativo”, da commisurarsi “all’entità del danno effettivamente prodotto”.Ne deriva che ogni pretesa alla rifusione di danni patiti in conseguenza dell’attività ablatoria legalmente espletata dalla P.A., non vertendosi in tema di esproprio indiretto o di occupazione sine titulo, dev’essere ricondotta nella fattispecie indennitaria, pena un’inammissibile duplicazione di attribuzioni patrimoniali spettanti al privato a titolo di danno.La domanda risarcitoria dev’essere, pertanto, riqualificata come domanda di indennizzo da attività lecita, rientrando la relativa pretesa sotto la sfera di applicazione del menzionato art. 39 del d.P.R. n° 327/2001.Posto tale chiarimento preliminare, va osservato che la regola dell’indennizzabilità della reiterazione dei vincoli espropriativi, da ultimo ribadita con sentenza della Corte Costituzionale 20 luglio 2007 n 314, dev’essere letta alla luce dei principi generali enunciati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 24 maggio 2007 n° 7, che il Collegio condivide e intende in questa sede richiamare, per i quali, ai fini della verifica di legittimità degli atti dei procedimenti di adozione e approvazione di uno strumento urbanistico, contenente un vincolo preordinato all’esproprio, non rileva la previsione della spettanza di un’indennità, fermo restando il diritto del proprietario di ottenere l’indennizzo commisurato all’entità del danno effettivamente prodotto, costituendo questa una questione di carattere patrimoniale (che però presuppone la conclusione del procedimento di pianificazione), devoluta alla cognizione della giurisdizione civile.»

Sintesi: Spetta al giudice ordinario la determinazione dell'indennizzo dovuto ex lege per la legittima reiterazione del vincolo di inedificabilità, mentre spetta alla giurisdizione del giudice amministrativo la domanda di risarcimento del danno solo nel caso in cui l'atto di reiterazione sia stato annullato.

Estratto: «Dalla infondatezza della domanda di annullamento consegue anche il rigetto della domanda risarcitoria, con la sola osservazione che spetta al giudice ordinario la determinazione dell'indennizzo dovuto ex lege per la legittima reiterazione del vincolo di inedificabilità, mentre spetta alla giurisdizione del giudice amministrativo la domanda di risarcimento del danno solo nel caso in cui l'atto di reiterazione sia stato annullato .»

Sintesi: Le controversie concernenti il riconoscimento del diritto all'indennizzo per reiterazione di vincoli d'inedificabilità assoluta sostanzialmente espropriativi, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, atteso che rientrano nell'ampia previsione di salvezza della giurisdizione di detto giudice di cui all'art. 34, terzo comma, lett. b), del d.lgs. n. 80 del 1998 sulle domande aventi ad oggetto "indennita' in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa", ben potendo anche la cosiddetta espropriazione "di valore" essere ricompresa nella nozione di "atto ablativo".

Sintesi: L’art. 39 del d. P.R. n. 327 del 2001, attribuisce alla cognizione della Corte di appello la controversia, introdotta con opposizione alla stima effettuata dall'autorità, sulla determinazione dell'indennità per reiterazione del vincolo sostanzialmente espropriativo.

Sintesi: Sussiste la giurisdizione del GO in ordine alla domanda avente ad oggetto il risarcimento per la mancata previsione dell’indennizzo nella deliberazione che ha imposto il vincolo, poiché tale danno può consistere esclusivamente nel ritardo nella corresponsione dell’indennità.

Estratto: «2. Sussiste difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.Il giudice della giurisdizione (Cass. Sez. Un., Sentenza n. 11097 del 15/05/2006 (Rv. 588614)) ha da tempo chiarito che "Le controversie concernenti il riconoscimento del diritto all'indennizzo per reiterazione di vincoli di inedificabilita' assoluta sostanzialmente espropriativi, nella ricorrenza dei presupposti indicati dalla Corte costituzionale n. 179 del 1999, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, atteso che rientrano nell'ampia previsione di salvezza della giurisdizione di detto giudice di cui all'art. 34, terzo comma, lett. b), del d.lgs. n. 80 del 1998 sulle domande aventi ad oggetto "indennita' in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa", ben potendo anche la cosiddetta espropriazione "di valore" essere ricompresa nella nozione di "atto ablativo". Tale interpretazione trova, del resto, conferma nel disposto dell'art. 39 del d. P.R. n. 327 del 2001, che attribuisce alla cognizione della Corte di appello la controversia, introdotta con opposizione alla stima effettuata dall'autorita', sulla determinazione dell'indennita' per reiterazione del vincolo sostanzialmente espropriativi" (v. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 1741 del 26/01/2007 (Rv. 594983)).Ad uguale conseguenza deve giungersi per la domanda avente ad oggetto il risarcimento per la mancata previsione dell’indennizzo nella deliberazione che ha imposto il vincolo, poiché tale danno può consistere esclusivamente nel ritardo nella corresponsione dell’indennità medesima.»

Sintesi: Le controversie relative al pagamento dell'indennizzo per vincolo espropriativo scaduto e reiterato non appartengono alla materia dell'urbanistica ed edilizia, devoluta al giudice amministrativo dall'art. 34, comma 1, della legge n. 205 del 2000 ed esulano anche dalle pretese risarcitorie derivanti da provvedimenti illegittimi, o comunque riconducibili ad illegittimo esercizio di potestà amministrative, ma hanno invece, come presupposto, la reiterazione di un vincolo espropriativo, attraverso un atto di pianificazione. Ne consegue che i profili attinenti al pagamento dell'indennizzo riguardano questioni di carattere patrimoniale devolute alla cognizione della giurisdizione civile.

Sintesi: L'art. 39 D.P.R. n. 327 del 2001 assegna la cognizione sulla “misura” dell’indennità al giudice ordinario, al quale spetta anche di prendere cognizione dell’eventuale diniego, inidoneo ad incidere, degradandola, sulla posizione soggettiva fatta valere dall’interessato.

Estratto: «2.3. Come precisato in narrativa, la sentenza gravata ha dichiarato il difetto di giurisdizione sulla domanda volta al riconosci-mento di un indennizzo, a norma dell’art. 39 del T.U. sulle espropria-zioni approvato col D.P.R. n. 327 del 2001.Gli stessi appellanti danno atto che si verte in tale materia.
[...omissis...]

Sintesi: In materia di indennizzo da reitera del vincolo i confini della giurisdizione amministrativa impongono di limitare la pronuncia all'accertamento in ordine alla natura espropriativa del vincolo e al diritto del proprietario all’indennizzo; la concreta quantificazione economica è invece rimessa al giudice ordinario ai sensi dell’art. 39 comma 4 e dell’art. 53 comma 3 del DPR 327/2001.

Estratto: «12. Con il terzo motivo di ricorso si afferma che, essendo mancata la previsione di un indennizzo per la reiterazione del vincolo espropriativo sul sagrato della basilica e su quello della chiesa di S. Croce, vi sarebbe violazione dell’art. 2 della legge 1187/1968 (v. ora l’art. 9 del DPR 8 giugno 2001 n. 327).13. La tesi appare condivisibile. Dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 20 maggio 1999 è principio generale dell’ordinamento che la reiterazione di ogni vincolo espropriativo o sostanzialmente espropriativo sia sempre bilanciata dalla previsione di un indennizzo o da altra utilità. Questa regola è coerente con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, che tutela non solo la proprietà in sé ma anche la certezza della situazione giuridica, messa in pericolo dalla presenza di un vincolo utilizzabile dall’amministrazione in un ampio arco temporale (v. riferimenti in TAR Brescia Sez. I 24 giugno 2009 n. 1308).14. Certo nel caso in esame vi sono aspetti particolari, in quanto il sagrato non incorpora alcun diritto edificatorio e per converso possiede una naturale vocazione a rimanere inedificato. Di conseguenza finché il vincolo non viene utilizzato per incrementare gli standard urbanistici il proprietario non è materialmente penalizzato, anzi l’esistenza di uno spazio vuoto davanti alla chiesa consente una migliore fruizione del luogo di culto sia per quanto riguarda l’accesso e l’uscita sia con riferimento alla possibilità di svolgere alcune celebrazioni all’esterno. Tuttavia, protraendosi l’efficacia del vincolo, la proprietà subisce una situazione di incertezza che impone un indennizzo economico, definibile anche in via equitativa. Escluse le ipotesi in cui il vincolo sia anche nell’interesse del proprietario (ossia quando il proprietario ha la volontà e la possibilità di realizzare direttamente le opere pubbliche a cui il vincolo è finalizzato), in tutti gli altri casi la reiterata presenza del vincolo costituisce un’alterazione del normale modo di essere del diritto di proprietà e non può sottrarsi all’onere di una compensazione economica. La mancata previsione dell’indennizzo non costituisce peraltro causa di illegittimità della previsione urbanistica ma consente unicamente una pronuncia che accerti la natura espropriativa del vincolo e il diritto del proprietario all’indennizzo. I confini della giurisdizione amministrativa impongono di limitare la pronuncia a tale accertamento: la concreta quantificazione economica è invece rimessa al giudice ordinario ai sensi dell’art. 39 comma 4 e dell’art. 53 comma 3 del DPR 327/2001 (v. CS Sez. IV 3 marzo 2009 n. 1214).»

Sintesi: I confini della giurisdizione amministrativa impongono di limitare la pronuncia all'accertamento della natura espropriativa del vincolo e del diritto del proprietario all’indennizzo; la concreta quantificazione economica è invece rimessa al giudice ordinario ai sensi dell’art. 39 comma 4 e dell’art. 53 comma 3 del DPR 8 giugno 2001 n. 327.

Estratto: «10. Con il secondo motivo le ricorrenti sostengono che anche la destinazione della zona F2 come quella della zona F1 comporta l’imposizione di un vincolo espropriativo e fa sorgere il diritto all’indennizzo. La mancanza di tale indennizzo si tradurrebbe in una violazione dell’art. 42 comma 3 della Costituzione quando, come nel caso in questione, i vincoli siano reiterati.11. La tesi appare condivisibile, con alcune precisazioni. In primo luogo si può considerare corretta la richiesta di qualificare come espropriativi anche i vincoli della zona F2, in quanto gran parte delle destinazioni previste dall’art. 27 delle NTA sono analoghe alle destinazioni descritte nel precedente art. 26 per la zona F1. Si tratta delle utilizzazioni che hanno come oggetto le attrezzature sanitarie, le attrezzature per l’istruzione, le attrezzature per l’infanzia, i servizi per lo sport, e i parcheggi a uso pubblico. Queste forme di utilizzazione del territorio sono rivolte in modo preminente all’utilità pubblica e non possono essere assimilate alle normali disposizioni che conformano le aspettative edificatorie dei proprietari.12. In proposito è irrilevante che le procedure espropriative possano essere avviate su richiesta di soggetti privati, e parimenti è irrilevante che i proprietari possano realizzare direttamente le strutture che ospitano i servizi pubblici. La natura espropriativa viene meno solo se il proprietario ha un interesse economico e un’organizzazione imprenditoriale tali da far ritenere che in concreto sia in grado di portare a esecuzione il programma edificatorio esposto nello strumento urbanistico (v. riferimenti in TAR Brescia Sez. I 8 luglio 2009 n. 1461).13. Occorre peraltro sottolineare che alcune destinazioni della zona F2 descritte nell’art. 27 delle NTA rientrano effettivamente nella normale zonizzazione in quanto non coinvolgono servizi pubblici (ad esempio le destinazioni riguardanti strutture alberghiere, residenze speciali, attrezzature per attività produttive, impianti tecnologici). Pur trattandosi di infrastrutture che l’amministrazione ha interesse a incentivare, in questo caso l’iniziativa economica risulta conformata ma non indirizzata verso scopi immediatamente identificabili come di utilità sociale. In proposito si osserva che la presenza di una pluralità di destinazioni, di cui alcune collegabili al potere espropriativo e altre non collegabili, non permette di operare generalizzazioni nella disciplina: ciascuna destinazione rimane sottoposta al suo regime specifico. Pertanto le destinazioni rivolte alla creazione di strutture di pubblica utilità costituiscono sempre vincoli espropriativi, ma tali vincoli convivono nel patrimonio giuridico delle aree con i normali effetti conformativi della zonizzazione. In questo modo si crea una situazione complessa, che è la conseguenza di una tecnica di programmazione urbanistica ad ampio spettro (criticabile per la genericità dei contenuti ma in definitiva non illegittima, salvo situazioni estreme di grave confusione). Dunque l’indennizzo è dovuto soltanto con riferimento alle destinazioni che hanno valore di autentico vincolo espropriativo14. La mancata previsione dell’indennizzo non costituisce causa di illegittimità della previsione urbanistica ma consente unicamente una pronuncia che accerti la natura espropriativa del vincolo e il diritto del proprietario all’indennizzo. I confini della giurisdizione amministrativa impongono di limitare la pronuncia a tale accertamento: la concreta quantificazione economica è invece rimessa al giudice ordinario ai sensi dell’art. 39 comma 4 e dell’art. 53 comma 3 del DPR 8 giugno 2001 n. 327 (v. CS Sez. IV 3 marzo 2009 n. 1214). In tale sede potrà essere pesato anche il valore acquistato dagli immobili per effetto di quella parte della zonizzazione che non è definibile come espropriativa (il valore conferito dalle destinazioni non espropriative dovrebbe essere almeno parzialmente detratto, una volta quantificato, dall’indennizzo dovuto per i vincoli espropriativi).15. Si deve poi precisare che l’indennizzo per i vincoli espropriativi non deve essere necessariamente monetario, in quanto può consistere, secondo il meccanismo della perequazione, in diritti edificatori utilizzabili in altre zone del territorio comunale e liberamente negoziabili dai privati. Questa prospettiva è espressamente indicata nelle direttive regionali di cui alla DGR n. 7/7586 del 21 dicembre 2001 sulla formazione del piano dei servizi. Attraverso la perequazione può essere corrispondentemente ridotto l’importo dell’indennizzo per la reiterazione dei vincoli espropriativi ed è anche perseguibile l’obiettivo della cessione dell’immobile (v. TAR Brescia Sez. I 24 giugno 2009 n. 1308).»

Sintesi: La competenza a conoscere le controversie concernenti il riconoscimento del diritto all'indennizzo per reiterazione di vincoli di inedificabilità assoluta sostanzialmente espropriativi, nella ricorrenza dei presupposti indicati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 179 del 1999, appartiene al tribunale e non alla corte d'appello, come previsto dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39, quando gli atti di rinnovo del vincolo espropriativo sono anteriori al 30 giugno 2003, data di entrata in vigore di tale decreto presidenziale.

Estratto: «Ciò premesso, alla fattispecie è applicabile, ratione temporis, l'art. 38 c.p.c., comma 1, nel testo introdotto dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 4 vigente a far data dal 30 novembre 1995. E' noto che tale disposizione prevede(va): "l'incompetenza per materia...
[...omissis...]

Sintesi: I profili attinenti alla spettanza o meno dell’indennizzo e al suo pagamento in ipotesi di reitera dei vincoli non attengono alla legittimità del procedimento, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale, che presuppongono la conclusione del procedimento di pianificazione e risultano devolute alla cognizione della giurisdizione civile.

Estratto: «Come noto, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 179 del 20 maggio 1999 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 7 e 40 della legge n.1150 del 17 agosto 1942 e 2 della legge n. 1187 del 19 novembre 1968, “nella parte in cui consente all’amministrazione di reiterare i vincoli urbanistici scaduti, preordinati all’espropriazione o che comportino l’inedificabilità, senza la previsione di un indennizzo”.Da tale declaratoria, tuttavia, non consegue affatto quanto sostenuto da parte ricorrente, a proposito della illegittimità degli atti di pianificazione urbanistica che reiterano il vincolo preordinato all’espropriazione senza prevedere l’indennità, poiché, come confermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (cfr. decisione n. 7 del 24.5.2007), il principio della spettanza di un indennizzo al proprietario nel caso di reiterazione (o, il che è lo stesso, di tempestiva proroga) del vincolo preordinato all’esproprio (introdotto nell’ordinamento con la cit. sentenza della Corte Costituzionale n. 179) non rileva per la verifica della legittimità dei provvedimenti di primo grado che hanno disposto l’approvazione dello strumento urbanistico, con la conseguente reiterazione o proroga del vincolo.I profili attinenti alla spettanza o meno dell’indennizzo e al suo pagamento non attengono, infatti, alla legittimità del procedimento, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale, che presuppongono la conclusione del procedimento di pianificazione e risultano devolute alla cognizione della giurisdizione civile (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. - sentenza 24 maggio 2007 n. 7 cit.).Tale principio – già desumibile dal preesistente quadro normativo - è stato ora esplicitato dall’art. 39, comma I°, del Testo unico sugli espropri (approvato con il d.P.R. n. 327 del 2001), il quale ha previsto che - a seguito della reiterazione – il proprietario possa attivare un procedimento amministrativo nel corso del quale egli ha l’onere di provare “l’entità del danno effettivamente prodotto”, quale presupposto processuale necessario per poter agire innanzi alla Corte d’Appello.Nel quadro normativo vigente, dunque, continua a sussistere il principio per il quale, gli atti dei procedimenti di adozione e di approvazione di uno strumento urbanistico contenente un vincolo preordinato all’esproprio non devono prevedere la spettanza di un indennizzo (cfr., di recente, in terminis, Cons. Stato, Sez. IV^ - sentenza 6 maggio 2010 n. 2627; idem 6 novembre 2009 n.6936).Nella fattispecie in esame, quindi, anche ammesso che si sia trattato di reiterazione di vincolo preordinato all’esproprio, comunque, tale circostanza non sarebbe stata, di per sé sola, sufficiente a decretare l’illegittimità della variante per la mancata previsione dell’indennizzo, rivestendo quest’ultimo carattere eventuale, in quanto dipendente dalla dimostrazione del danno riportato dal proprietario a causa del predetto vincolo.»

Sintesi: Della domanda volta ad ottenere la determinazione dell'indennità da reiterazione del vincolo espropriativo avvenuta anteriormente al 30 giugno 2003, data di entrata in vigore del D.p.r. n. 327 del 2001, va riconosciuta l'ordinaria competenza in primo grado del Tribunale, non trovando applicazione, a norma dell'art. 57 TU, le disposizioni del decreto medesimo che prevedono la competenza della Corte d'appello quale giudice di unico grado.

Estratto: «La questione oggetto del ricorso è già stata risolta da questa Corte nel senso che "La competenza a conoscere delle controversie concernenti il riconoscimento del diritto all'indennizzo per reiterazione di vincoli di inedificabilità assoluta sostanzialmente espropriativi, nella ricorrenza dei presupposti indicati dalla Corte cost. n. 179 del 1999, appartiene al tribunale e non alla Corte d'appello, come previsto dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39, quando gli atti di rinnovo del vincolo espropriativo sono anteriori al 30 giugno 2003, data di entrata in vigore del decreto citato (Cassazione civile, sez. 1^, 26 gennaio 2007, n. 1741).Di ciò è ben consapevole la ricorrente la cui argomentazioni, tuttavia non appaiono idonee ad indurre il Collegio ad un mutamento d'indirizzo in quanto la lettura proposta, secondo cui la norma transitoria di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 57, comma 1, a mente della quale "Le disposizioni del presente testo unico non si applicano ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, sia intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza. In tal caso continuano ad applicarsi tutte le normative vigenti a tale data" dovrebbe essere interpretata nel senso di limitare l'applicazione della previgente normativa ai procedimenti espropriativi già pervenuti alla dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità, senza incidere invece sulla competenza in ordine alla domanda indennitaria, urta contro la chiara formulazione della norma (quale risultante dalle modifiche introdotte con il D.Lgs. n. 302 del 2002) che in relazione ai procedimenti già pervenuti al richiamato stato dispone l'applicabilità di "tutte" le normative previgenti (e quindi anche delle norme in tema di organo giudiziario competente) con un evidente intento semplificatorio rispetto alla precedente formulazione "(Le disposizioni del presente testo unico si applicano anche se è stato già apposto su un bene un vincolo preordinato all'esproprio, ovvero se già vi è stata la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, per le fasi procedimentali non ancora concluse") che poteva creare problemi applicativi in presenza di successione di norme susseguitesi nel tempo regolanti lo stesso procedimento.»

Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.