Cessione in godimento a privati di un bene del patrimonio disponibile: è competente il G.O.

Sintesi: La convenzione tra la P.A. e il privato avente ad oggetto il godimento un bene del patrimonio disponibile (locale ricavato sotto le arcate di una strada) contro il pagamento di un canone rientra nello schema civilistico della locazione di immobili urbani a fini commerciali, e tutte le realtive controversie sono devolute alla giurisdizione del G.O..

Estratto: «Deve inoltre osservarsi che non sussiste alcun atto di concessione, cui acceda un contratto regolante le situazioni meramente patrimoniali, secondo lo schema proprio delle convenzioni concessorie.L’esistenza di un provvedimento concessorio distinto almeno logicamente dall’atto di carattere privatistico, preventivo e di natura pubblicistica, è naturalmente indispensabile per configurare il rapporto quale rapporto concessorio su beni pubblici, poiché l’atto amministrativo ampliativo deve essere caratterizzato dall'esercizio di poteri finalizzati al perseguimento di interessi pubblici che devono emergere dall’atto stesso e che non possono certo confondersi o esaurirsi nella controprestazione patrimoniale (il pagamento dell’affitto); mancando tale atto, il rapporto non può configurarsi secondo lo schema della concessione.E’ evidente, per queste ragioni, che il rapporto intercorso tra le parti, odierne litiganti, non è un rapporto amministrativo concessorio; trattandosi semmai di un rapporto privatistico di locazione, rientrante nello schema del contrato di locazione di immobili urbani a fini commerciali.Conseguentemente, come eccepito dall’appellante quale motivo d’appello, il Collegio ritiene di dover incidentalmente osservare che spetterebbe al G.O. la giurisdizione in ordine alle domande proposte in questo giudizio (risoluzione e risarcimento danni), trattandosi di domande relative ad un contratto di diritto comune, che dà luogo ad un ordinario rapporto di locazione (cfr. Cassazione civile, Sez. Un., 17 luglio 2008, n. 19598; Cassazione civile, Sez. Un., 10 agosto 2012, n. 14371).»

Sintesi: Le controversie sulla cessione in godimento a privati di un bene del patrimonio disponibile vanno devolute alla giurisdizione del G.O..

Estratto: «In ordine alla natura del rapporto sussistente tra l’Associazione qui ricorrente e il Comune di F., occorre svolgere le seguenti considerazioni fondate sulla qualificazione sostanziale del rapporto e non sul nomen juris ovvero sulla qualificazione impressa dall’amministrazione con le delibere qui impugnate e sicuramente caratterizzate da contraddittorietà. La ex caserma del Corpo Forestale, adibita ad ostello, qui in rilevo, era senz’altro, in un primo momento, un bene del demanio statale, poi, a decorrere dal 25.06.2007, in seguito alla modifica dell’accatastamento a favore del Comune di F. con destinazione albergo (da B1 a D2), il bene acquista la natura di bene patrimoniale indisponibile per destinazione. Quindi al tempo della prima delibera n. 59/2003 – nella quale erroneamente si fa riferimento ad un rapporto di locazione – il bene oggetto della medesima, essendo demaniale statale, non poteva che essere assegnato in concessione. Successivamente, il bene fu effettivamente – e correttamente- assegnato alla ricorrente in concessione (delibera n. 65 del 08.08.2003 e delibera n. 6 del 12 gennaio 2007). Dal 25.06.2007 – come si è detto – il bene viene accatastato a favore del Comune di F., perdendo la sua natura demaniale, ma acquisendo, a parere del collegio, la natura di bene patrimoniale indisponibile per destinazione. In specie, l’art. 826 c.c. ult. co. prevede la categoria dei c.d. beni patrimoniali indisponibili per destinazione, stabilendo che fanno parte del patrimonio indisponibile anche “gli altri beni destinati ad un pubblico servizio” .Affinché un bene non appartenente al demanio necessario possa rivestire il carattere pubblico proprio dei beni patrimoniali indisponibili, in quanto destinati ad un pubblico servizio, deve sussistere il doppio requisito (soggettivo ed oggettivo) della manifestazione di volontà dell'ente titolare del diritto reale pubblico e dell'effettiva ed attuale destinazione del bene al pubblico servizio. In difetto di tali condizioni e della conseguente ascrivibilità del bene al patrimonio indisponibile, la cessione in godimento del bene medesimo in favore di privati non può essere ricondotta ad un rapporto di concessione amministrativa, ma, inerendo ad un bene facente parte del patrimonio disponibile, al di là del "nomen iuris" che le parti contraenti abbiano inteso dare al rapporto, essa viene ad inquadrasi nello schema privatistico della locazione, con la conseguente devoluzione della cognizione delle relative controversie alla giurisdizione del giudice ordinario.La destinazione ad ostello dell’immobile (servizio pubblico di promozione della collettività locale e di agevolazione del turismo giovanile), la riserva dei posti letto a favore del Comune – indicati poi dall’associazione in n. 50 annui- , le tariffe concordate (come espressamente previsto nel bando) conducono a ritenere che il bene sia stato destinato soggettivamente ed oggettivamente a servizio pubblico. La natura demaniale ovvero patrimoniale indisponibile del bene oggetto del presente giudizio determina necessariamente l’applicazione dello strumento pubblicistico della concessione amministrativa, a mente del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “Solo l'attribuzione a privati dell'utilizzazione di beni del demanio o del patrimonio indisponibile dello Stato o dei comuni è sempre riconducibile alla figura della concessione-contratto, atteso che il godimento dei beni pubblici, stante la loro destinazione alla diretta realizzazione di interessi pubblici, può essere legittimamente attribuito ad un soggetto diverso dall'ente titolare del bene, entro certi limiti e per alcune utilità, solo mediante concessione amministrativa, con la conseguenza che le controversie attinenti al suddetto godimento sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, quando non abbiano ad oggetto indennità, canoni ed altri corrispettivi. Qualora, invece, si tratti di beni del patrimonio disponibile dello Stato o dei comuni, il cui godimento sia stato concesso a terzi dietro corrispettivo, al di là del nomen iuris che le parti contraenti abbiano dato al rapporto, viene a realizzarsi lo schema privatistico della locazione e le controversie da esso insorgenti sono attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario” (ex multis T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, 07-03-2012, n. 763). Del resto, qualora si volesse configurare il rapporto in essere come locazione, si evidenzierebbe il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario, ed il giudizio avviato dal ricorrente in questa sede sarebbe inammissibile.Ne consegue che legittimamente la delibera n. 92/2011 ha annullato in autotutela la delibera n. 52/2010 che aveva erroneamente qualificato il rapporto come locazione (addirittura riconducendola alla L. Equo canone e prevedendo la durata novennale) e non come concessione amministrativa.»

Sintesi: Nel caso in cui un Comune deliberi di dare in locazione a terzi un immobile astrattamente destinato a mercato coperto per attuare tale vocazione, la P.A. agisce con gli ordinari poteri del privato contraente o ogni controversia sulla cessazione del rapporto va devoluta alla cognizione del G.O..

Estratto: «Ciò posto, giova innanzitutto rammentare che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l'appartenenza di un bene al patrimonio indisponibile dipende non solo dalla esistenza di un atto amministrativo che lo destini ad uso pubblico, ma pure dalla concreta utilizzazione dello stesso a tale fine (C. Cass. nn. 14865 del 2006, 26402 del 2009 e 24563 del 2010).Nel caso di specie deve ritenersi, in mancanza di contrarie allegazioni nel ricorso, che l'immobile di cui si discute non era stato mai materialmente utilizzato dal Comune come mercato coperto, perché questa era soltanto la sua vocazione astratta, ma non ancora la sua destinazione pratica.Per dare attuazione a tale vocazione, il Comune ha deliberato di darlo in locazione a terzi con un contratto di diritto comune, da cui è scaturito un rapporto paritetico all'interno del quale l'Amministrazione non rivestiva nessuna posizione di supremazia e poteva esercitare soltanto gli ordinari poteri del privato contraente.Bene ha fatto, perciò, il CGARS a declinare la giurisdizione, trattandosi nella specie di accertare la legittimità o meno dell'esercizio di un diritto potestativo espressamente previsto dal contratto stipulato con la GEIMA.»

Sintesi: La controversia relativa agli effetti sul rapporto contrattuale dell'annullamento degli atti amministrativi prodromici alla stipula di un contratto di locazione di un bene del patrimonio disponibile appartiene alla giurisdizione del G.O..

Estratto: «Considerato, tuttavia, appartenere alla diversa giurisdizione del giudice ordinario il sindacato sugli effetti contrattuali dell’atto di annullamento ed in particolare sull’emanato ordine di rilascio del bene a suo tempo locato, a trattativa privata, dall’Agenzia del demanio.»

Sintesi: L'atto con cui la P.A. decide la cessione in comodato di un bene del suo patrimonio disponibile è espressione della sua capacità di diritto privato e la tutela dei terzi appartiene alla giurisdizione del G.O..

Estratto: «Emerge dagli atti che l’area oggetto dei contratti appartiene al patrimonio disponibile della Regione, tant’è che la deliberazione impugnata è stata adottata in applicazione dell’art. 10 della legge regionale n. 12 del 1997, ai sensi del quale “i beni appartenenti al patrimonio disponibile della Regione possono essere dati in affitto, in locazione o in comodato dalla Giunta regionale, secondo le norme del codice civile e delle leggi speciali”.La Giunta regionale, quando ha approvato la cessione in comodato in questione ha fatto uso della propria capacità di diritto privato, attraverso un atto di autonomia negoziale, con riguardo ad un bene appartenente al suo patrimonio disponibile. In altre parole, l’Amministrazione regionale ha agito iure privatorum, e pertanto – non vertendosi in materia di giurisdizione esclusiva – la relativa tutela appartiene al giudice ordinario.»

Sintesi: L'occupazione sine titulo di beni appartenenti ad un ente pubblico ma non destinati a un pubblico servizio è rimessa alla giurisdizione del giudice ordinario.

Estratto: «5. Per altro, il Collegio ritiene che questo Tribunale amministrativo non abbia, neppure sotto alcun altro profilo, giurisdizione a conoscere della presente controversia. Ed invero:a) ove abbia ad accedersi indifferentemente ad una delle prospettazioni difensive sin qui sostenute dalle parti – qualificazione del rapporto quale comodato d’uso gratuito o rapporto di locazione – la giurisdizione sulla controversia relativa alla sua durata/proroga/rinnovo/scadenza spetterebbe all’autorità giudiziaria ordinaria attesa la natura privatistica del rapporto;b) ove abbia a ritenersi che la Promoarte debba essere considerata quale occupante “sine titulo” nei confronti dell’Università del Sannio, egualmente la giurisdizione spetterebbe all’autorità giudiziaria ordinaria giacché ai sensi dell’art. 830, comma 1, cod. civ. “i beni appartenenti agli enti pubblici non territoriali sono soggetti alle regole del presente codice, salve le disposizioni delle leggi speciali”, dovendosi escludere l’esistenza in capo all’Università del Sannio di alcun potere di autotutela amministrava, che possa valere a radicare la giurisdizione di questo giudice, non potendo trovare applicazione – per mancanza di effettiva utilizzazione ai fini dello svolgimento dell’attività didattica – la prescrizione del comma secondo del medesimo articolo che - rinviando al comma secondo dell’art. 828 cod. civ. - opera l’assimilazione di detti beni a quelli patrimoniali indisponibili solo se “destinati a un pubblico servizio” (ipotesi nel caso concreto non ancora verificatasi).»

Sintesi: Sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie relative all’occupazione senza titolo del bene del patrimonio disponibile.

Estratto: «rilevato che nel provvedimento impugnato si afferma che il Comune di San Severo è proprietario del palazzo in questione per acquisto intervenuto nel 1919 per atto notarile, e che lo stabile rientrerebbe nel patrimonio indisponibile del Comune ex art. 826 c.c. “in ragione della originaria destinazione ed anche in virtù di quanto disposto dall’art. 38 del Decreto Legislativo Luogotenenziale 27.7.1944 n. 159”;considerato che né dal provvedimento impugnato, né dagli atti depositati risulta “l’originaria destinazione” dell’immobile in oggetto, mentre, con riferimento al decreto luogotenenziale citato, lo stesso prescrive la devoluzione allo Stato dei beni del cessato partito fascista, mentre l’immobile in questione, come evidenziato nello stesso provvedimento, apparteneva fin dal 1919 al Comune per acquisto per atto notarile;che deve quindi ritenersi che il bene in questione rientri nel patrimonio disponibile del Comune di San Severo, con conseguente difetto di giurisdizione di questo Tribunale in ordine alle controversie relative all’occupazione senza titolo del bene, devolute alla giurisdizione del giudice ordinario;che il ricorso va quindi dichiarato inammissibile per il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia, e che in base ai principi affermati dalla Corte costituzionale (cfr. sentenza n. 77 del 2007), dalle Sezioni Unite (cfr. sentenza n. 4109/2007) e dal Consiglio di Stato (VI n. 3801/2007), ed oggi trasposti nell’art. 11 c.p.a., alla dichiarazione di difetto di giurisdizione può seguire ad iniziativa di parte il prosieguo della controversia avanti al giudice ordinario, con salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda, e a tal fine le parti hanno l'onere di riassumere il giudizio dinanzi al giudice competente; tale regola è stata ora recepita dal legislatore che, con l’art. 11 c.p.a., rubricato “Decisione delle questioni di giurisdizione”, ha previsto che “Il giudice amministrativo, quando declina la propria giurisdizione, indica, se esistente, il giudice nazionale che ne è fornito. Quando la giurisdizione è declinata dal giudice amministrativo in favore di altro giudice nazionale o viceversa, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato”;»

Sintesi: Appartiene alla giurisdizione del G.O. la controversia in cui il Comune impugnando degli atti regionali relativi alla gestione di un bene demaniale, sostiene di esserne il proprietario in questo caso, infatti, il giudizio non ha ad oggetto il corretto uso del potere, bensì l’accertamento della sussistenza o meno del diritto di proprietà sul bene.

Estratto: «5. L’appello non merita accoglimento. Come il Tribunale amministrativo ha già correttamente evidenziato, la pretesa attorea, al di là della prospettazione formale, è volta sostanzialmente al’accertamento della titolarità comunale dell’area in questione, previa negazione della demanialità della stessa.
[...omissis...]

Sintesi: L'inosservanza da parte della P.A., nella gestione e manutenzione dei beni che ad essa appartengono, delle regole tecniche, ovvero dei canoni di diligenza e prudenza, può essere denunciata dal privato dinanzi al giudice ordinario non solo ove la domanda sia volta a conseguire la condanna della P.A. al risarcimento del danno patrimoniale, ma anche ove sia volta a conseguire la condanna della stessa ad un "facere", giacché la domanda non investe scelte ed atti autoritativi dell'amministrazione, ma attività soggetta al rispetto del principio del "neminem laedere".

Estratto: «2. Passando al merito della questione, va osservato che la fattispecie è analoga a quella esaminata da queste Sezioni Unite con sentenza 13.12.2007, n. 26108.In quella occasione questa Corte ha statuito che l'inosservanza da parte della P.A., nella gestione e manutenzione dei beni che ad essa appartengono, delle regole tecniche, ovvero dei canoni di diligenza e prudenza, può essere denunciata dal privato dinanzi al giudice ordinario non solo ove la domanda sia volta a conseguire la condanna della P.A. al risarcimento del danno patrimoniale, ma anche ove sia volta a conseguire la condanna della stessa ad un "facere", giacché la domanda non investe scelte ed atti autoritativi dell'amministrazione, ma attività soggetta al rispetto del principio del "neminem laedere".Nè è di ostacolo il disposto del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34, come sostituito dall'art. 7 della legge n. 205 del 2000, là dove devolve al giudice amministrativo le controversie in materia di urbanistica ed edilizia giacché, a seguito dell'intervento parzialmente caducatorio recato dalla sentenza n. 204 del 2004 della Corte costituzionale, nell'attuale assetto ordinamentale, la giurisdizione esclusiva nella predetta materia non è estensibile alle controversie nelle quali la P.A. non eserciti alcun potere autoritativo finalizzato al perseguimento degli interessi pubblici alla cui tutela sia preposta.In quella fattispecie, le S.U., in sede di regolamento preventivo, hanno dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario in controversia nella quale taluni proprietari di un fondo, a seguito di ripetute e pregiudizievoli esondazioni sul proprio terreno di acque derivanti da una conduttura collegata al depuratore comunale, avevano convenuto in giudizio il Comune per sentirlo condannare, oltre al risarcimento dei danni patrimoniali subiti, anche all'esecuzione delle opere necessarie ad impedire la periodica fuoriuscita delle acque. (Cass. civ. (Ord.), Sez. Unite, 13/12/2007, n. 26108).3. Peraltro in precedenza era già stato ripetutamente evidenziato dalle S.U. che l'inosservanza da parte della P.A., nella gestione e manutenzione dei beni appartenentile, delle regole tecniche, ovvero dei comuni canoni di diligenza e prudenza, può essere denunziata dal privato innanzi al giudice ordinario, non solo ove la domanda sia volta a conseguire la condanna della P.A. al risarcimento del danno patrimoniale, ma anche ove sia volta a conseguire la condanna della P.A. ad un facere, giacché la domanda non investe scelte ed atti autoritativi dell'amministrazione, ma attività soggetta al rispetto del principio del neminem laedere (cfr., in differenti ipotesi di danno derivante al privato da opere pubbliche, sentt. 20.10.06 n. 22251, 28.11.05 n. 25036, 18.10.05 nn. 20117 e 20123, 14.1.05 n. 599).4. Il principio va condiviso, non ravvisandosi ragioni per discostarsene.Nella fattispecie in esame non si fa riferimento ad opere pubbliche da eseguirsi da parte del Comune e per le quali si dovrebbero adottare provvedimenti amministrativi in esplicazione di un potere autoritativo, bensì - molto più semplicemente - la vicenda ha riguardo al comportamento del Comune, quale proprietario della strada, questa assentita e realizzata in virtù di precedenti delibere amministrative, la cui esecuzione era risultata (secondo la tesi attorea) portatrice di danni per effetto di meri errori esecutivi. In altri termini all'atto della realizzazione della strada pubblica, la P.A. avrebbe dovuto curare che l'esecuzione avvenisse in modo rispettoso delle regole tecniche e dei canoni di diligenza e prudenza, per cui in qualità di proprietario della strada avrebbe dovuto tenerla in condizioni di sicurezza per evitare danni a terzi.Infatti il petitum sostanziale della domanda, desunto dalla posizione soggettiva dedotta in giudizio, è costituito dalla pretesa di vedere rispettato il dovere generale del neminem laedere, di cui alla Generalklausel, contenuta nell'art. 2043 c.c., rispetto alla quale la disciplina della responsabilità del custode (a norma dell'art. 2051 c.c., in determinate fattispecie applicabili anche all'Ente titolare della strada) non è che una modalità attuativa in termini di responsabilità oggettiva.5. Ne consegue che nella fattispecie va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.»

Sintesi: La controversia relativa ad un ordine di sgombero di un locale di proprietà del Comune facente parte del patrimonio disponibile dell'ente territoriale appartiene alla giurisdizione del G.O., anziché a quella del giudice amministrativo, trattandosi di un rapporto di matrice negoziale, da cui derivano in capo ai contraenti posizioni giuridiche paritetiche qualificabili in termini di diritto soggettivo, nel cui ambito l'Amministrazione agisce "iure privatorum" - al di fuori cioè dell'esplicazione di qualsivoglia potestà pubblicistica (attribuitale, dall'art. 823 c.c., esclusivamente in relazione ai beni demaniali e a quelli patrimoniali indisponibili degli enti pubblici) - non soltanto nella fase genetica e funzionale del rapporto, ma anche nella fase patologica, il che, più specificamente, si traduce nell'assenza di poteri autoritativi sia sul versante della chiusura del rapporto stesso, sia su quello connesso del rilascio del bene.

Estratto: «Nell’ipotesi di specie infatti, secondo quanto si evince dallo stesso atto gravato, si verte su rilascio di immobile, rientrante nel patrimonio disponibile del Comune, occupato sine titulo e quindi non sull’esercizio di poteri autoritativi, ma di autotutela privatistica.Infatti come questa Sezione ha avuto già modo di precisare “la controversia relativa ad un ordine di sgombero di un locale di proprietà del Comune di Napoli facente parte del patrimonio disponibile dell'ente territoriale, appartiene alla giurisdizione del G.O., anziché a quella del giudice amministrativo, trattandosi di un rapporto di matrice negoziale, da cui derivano in capo ai contraenti posizioni giuridiche paritetiche qualificabili in termini di diritto soggettivo, nel cui ambito l'Amministrazione agisce "iure privatorum" - al di fuori cioè dell'esplicazione di qualsivoglia potestà pubblicistica (attribuitale, dall'art. 823 c.c., esclusivamente in relazione ai beni demaniali e a quelli patrimoniali indisponibili degli enti pubblici) - non soltanto nella fase genetica e funzionale del rapporto, ma anche nella fase patologica, il che, più specificamente, si traduce nell'assenza di poteri autoritativi sia sul versante della chiusura del rapporto stesso, sia su quello connesso del rilascio del bene (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 12 marzo 2010 , n. 1390). Detto principio, per altro, deve invero applicarsi anche laddove l’occupazione fosse sine titulo ab origine, in quanto non fondata su un rapporto di matrice negoziale. La stessa giurisprudenza della Suprema Corte ha avuto modo di pronunciarsi nel senso della spettanza al G.O. delle controversi relativi a beni rientranti nel patrimonio disponibile (da ultimo Sez. U, Sentenza n. 24563 del 03/12/2010 secondo cui “l'azione possessoria proposta dal privato che lamenti di essere stato violentemente privato del possesso di fondo, appartenente al patrimonio disponibile della P.A., di cui sia affittuario, a causa - nella specie- di lavori di escavazione e piantumazione, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, essendo la relativa ordinanza sindacale di sgombero riconducibile non già all'esercizio di un potere autoritativo a tutela di un bene pubblico, bensì all'espletamento di attività privata di autotutela del proprio patrimonio immobiliare”; Sez. U, Ordinanza n. 14133 del 01/10/2002 con la quale si è affermato che “l'indennità pretesa dal comune per l'occupazione abusiva di un'area che risulti - nella fattispecie, a seguito di sentenza tra le stesse parti passata in giudicato- appartenente al patrimonio disponibile dell'ente non ha natura tributaria, bensì di entrata patrimoniale, con la conseguenza che la relativa controversia è sottratta alla giurisdizione delle commissioni tributarie, ai sensi dell'art. 2 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 - come già ai sensi dell'art. 1 del dPR 26 ottobre 1972, n. 636 -, ed appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario”).»

Sintesi: Una volta accertato che non sussiste un valido rapporto concessiorio e che quindi il bar interno di un ospedale è occupato sine titulo, la domanda di rilascio del bene e quella di risarcimento sono affidate alla giurisdizione del giudice ordinario.

Estratto: «Per quanto riguarda le ulteriori domande, relative al rilascio dei locali che ospitano il bar aziendale e all'eventuale risarcimento dei danni, si deve invece dichiarare il difetto di giurisdizione di questo TAR. Le domande in questione, infatti, trovano fondamento nella circostanza che i locali di cui si tratta sono occupati senza titolo dalla società Top Service s.r.l., non sussistendo tra le parti alcun rapporto concessorio; ciò esclude la giurisdizione del Giudice amministrativo, sussistendo quella del Giudice ordinario (che il provvedimento del Tribunale di Firenze in data 18 settembre 2010 non ha in effetti negato, essendosi limitato a ritenere pregiudiziale e affidata alla giurisdizione del Giudice amministrativo la decisione sulla questione relativa all'esistenza del rapporto concessorio).»

Sintesi: La controversia riguardante la pretesa di mantenere il godimento, a titolo di locazione, di una cava facente parte del patrimonio disponibile del Comune, in quanto caratterizzata da posizioni paritetiche di diritto, risulta inammissibile poiché devoluta alla giurisdizione del G.O..

Estratto: «Considerato che, giusta consolidata giurisprudenza (Cons. di Stato sez. VI, n° 3291 del 13.6.2000; Cons. di Stato sez. VI, n° 2992 del 30.5.2003; Cass. SS.UU. n° 5070 del 24.11.1989), le cave fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato solo quando la disponibilità ne sia sottratta al proprietario del fondo ad opera dell' Autorità mineraria (art. 826 cod. civ.), mentre, qualora tale sottrazione non si sia avuta, una cava, se appartenente ad un Comune, fa parte del patrimonio disponibile di quest' ultimo, con la conseguenza che essa può formare oggetto di negozi di diritto privato e non già di concessioni amministrative;Considerato che, di conseguenza, la controversia riguardante la pretesa di parte ricorrente a mantenere il godimento, a titolo di locazione, dell’area di cui assume avere il possesso nella ex cava “Aiello”, in quanto caratterizzata da posizioni paritetiche di diritto, risulta inammissibile poiché devoluta alla giurisdizione del Giudice Ordinario, innanzi al quale la domanda potrà essere riproposta, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 11 del Nuovo Codice del Processo Amministrativo;»

Sintesi: La controversia in cui l'inquilino contesta la decisione dell'amministrazione comunale di applicare il regime della legge 431/1998 agli immobili del patrimonio disponibile in luogo del regime dell'equo canone e chiede la rideterminazione e/o riduzione del canone contrattuale, mancando l’esercizio del potere autoritativo della p.a., va sottoposta alla giurisdizione del G.O..

Estratto: «Il ricorso in epigrafe ha ad oggetto una duplice domanda: la prima volta a conseguire l’annullamento del diniego di revisione del canone locatizio; la seconda finalizzata all’annullamento del diniego di accesso agli atti con conseguente ordine di esibizione e di rilascio copie.Non sono svolte censure in ordine al diniego di applicazione del regime di cui alla L.R. 10/86 per mancanza dei requisiti oggettivi e soggettivi.Quanto alla prima domanda deve essere declinata la giurisdizione in favore del giudice ordinario.Il contratto per cui è causa è stipulato dal Comune in regime privatistico di libera contrattazione: tale assunto non è contestato dalla ricorrente la quale, tuttavia, censura le decisioni comunali, assunte a monte della stipula del contratto, con cui l’amministrazione ha deciso di applicare agli immobili appartenenti al patrimonio disponibile o comunque allo stabile di Via Paravia n.26 il regime della l. 431/1998.Rispetto a tali atti soltanto genericamente indicati ma, comunque, risalenti quanto meno a data anteriore alla stipula del secondo contratto (novembre 2003) sebbene, in ipotesi, connotati da discrezionalità, il ricorso appare tuttavia tardivo con conseguente inoppugnabilità degli stessi.Pertanto la domanda volta a conseguire la mera rideterminazione e/o riduzione del canone contrattuale, mancando l’esercizio del potere autoritativo della p.a., va sottoposta all’esame del giudice ordinario dinanzi al quale la causa va riassunta ai fini della conservazione degli effetti processuali e sostanziali della domanda in base al principio della translatio iudicii di elaborazione giurisprudenziale, da ultimo positivizzata dal legislatore con l’art. 59 della L. 18 giugno 2009, n. 69.»

Sintesi: La giurisdizione sulla legittimità di un provvedimento di sgombero di un bene del patrimonio disponibile appartiene alla giurisdizione del G.O., stante l'assoluta carenza di potere della P.A..

Estratto: «CONSIDERATO che dagli atti di causa non risulta che l’immobile di cui trattasi sia demaniale o rientrante nel patrimonio indisponibile del Comune di San Bartolomeo in Galdo e che, tenuto conto delle espressioni utilizzate dalle parti nella convenzione stipulata in data 7 ottobre 2008 (e, in particolare, dell’art. 10, ove “per quanto non espressamente previsto nella presente convenzione, le parti fanno rinvio al codice civile ed alle norme in materia di conduzione di locali per uso diverso da quello abitativo, nonché alle normative comunitarie, statali e regionali vigenti in materia”) la predetta convenzione deve essre qualificata come un contratto di locazione avente ad oggetto un bene rientrante nel patrimoniale disponibile dell’ente territoriale;CONSIDERATO che, trattandosi di un rapporto di matrice negoziale, da esso derivano in capo ai contraenti posizioni giuridiche paritetiche, qualificabili in termini di diritto soggettivo, e che, in tale ambito, l’Amministrazione agisce “jure privatorum” - al di fuori cioè dell'esplicazione di qualsivoglia potestà pubblicistica (attribuitale, dall’art. 823 cod. civ., esclusivamente in relazione ai beni demaniali e a quelli patrimoniali indisponibili degli enti pubblici) - non soltanto nella fase genetica e funzionale del rapporto, ma anche nella fase patologica, il che, più specificamente, si traduce nell'assenza di poteri autoritativi sia sul versante della chiusura del rapporto stesso, sia su quello connesso del rilascio del bene (ex multis, T.A.R. Campania, Sez,. VII, 12 marzo 2010, n. 1390);CONSIDERATO che da quanto precede discende la nullità del provvedimento impugnato, perché adottato in carenza assoluta di potere e come tali inefficace ed insuscettibile di essere portato ad esecuzione, salvi gli eventuali effetti che tale atto dovesse produrre nell’ambito privatistico al quale il rapporto deve essere ricondotto;CONSIDERATO che, tenuto conto di quanto precede, - il presente gravame risulta inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto la controversia promossa dalla ricorrente è finalizzata alla tutela del diritto soggettivo e, quindi, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, innanzi al quale la domanda deve essere riproposta entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente pronuncia salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda proposta nel presente giudizio, ai sensi dell’art. 59 della legge n. 69/2009;»

Sintesi: Sussiste la giurisdizione piena del giudice ordinario per tutte le questioni patrimoniali inerenti a corrispettivi per l'utilizzazione del bene del patrimonio disponibile vantati dal proprietario ente pubblico, qualunque sia il "nomen" in concreto utilizzato (canoni, indennità, corrispettivi).

Sintesi: L'indennità pretesa dal Comune per l'occupazione abusiva di un'area che risulti appartenente al patrimonio disponibile dell'ente, non ha natura tributaria, bensì di entrata patrimoniale, con la conseguenza che la relativa controversia è sottratta alla giurisdizione delle commissioni tributarie ed appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario.

Estratto: «4. Esclusa quindi la natura di bene appartenente al demanio o al patrimonio indisponibile del Comune di (OMISSIS), l'utilizzazione dello stesso da parte di qualunque soggetto viene a realizzarsi secondo lo schema privatistico e le controversie da esso insorgenti sono attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario. In particolare sussiste la giurisdizione piena del giudice ordinario per tutte le questioni patrimoniali inerenti a corrispettivi per l'utilizzazione del bene del patrimonio disponibile vantati dal proprietario ente pubblico, qualunque sia il "nomen" in concreto utilizzato (canoni, indennità, corrispettivi).5. Va, in ogni caso, osservato che l'indennità pretesa dal Comune per l'occupazione abusiva di un'area che risulti appartenente al patrimonio disponibile dell'ente, non ha natura tributaria, bensì di entrata patrimoniale, con la conseguenza che la relativa controversia è sottratta alla giurisdizione delle commissioni tributarie, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2 - come già ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 1 - ed appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass. Sez. Unite, 01/10/2002, n. 14133).»

Sintesi: Le controversie relative al c.d."alloggio di servizio" per fatti inerenti allo svolgimento del rapporto d'impiego rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo nella misura in cui esse investono posizioni strettamente connesse a detto rapporto d'impiego.

Estratto: «osservato che: - le controversie relative al rilascio del c.d."alloggio di servizio" - facente parte del patrimonio indisponibile dell'amministrazione e fruito dal pubblico dipendente in ragione dell'opportunità o necessità della sua presenza nel luogo in cui si svolge l'attività lavorativa - per fatti inerenti allo svolgimento del rapporto d'impiego (collocamento a riposo per limiti di età o cessazione del servizio per altra causa), rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo nella misura in cui esse investono posizioni strettamente connesse a detto rapporto d'impiego (Consiglio di Stato, sez. VI, 23 gennaio 2004, n. 160);- conseguentemente, giacché il rapporto d’impiego di cui il ricorrente è titolare, trattandosi di rapporto di impiego non contrattualizzato, esula dalla sfera di cognizione di questo giudice, anche la connessa controversia afferente all’escomio del soggetto fruitore di un alloggio di servizio appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario;rilevato, altresì, che:- alla medesima conclusione è dato pervenire ove si voglia accedere alla tesi di parte ricorrente in merito alla natura dell’alloggio in questione come bene non appartenente al demanio o al patrimonio indisponibile dell’Ente, atteso che, in tal caso controparte non sarebbe titolare di poteri pubblicistici e le controversie ad esso relative rientrerebbero nella giurisdizione dell’Autorità giudiziaria ordinaria (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 7 gennaio 1993, n. 5)»

Sintesi: La domanda relativa all'accertamento del diritto dei soci di una cooperativa di inquilini a beneficiare delle condizioni e delle agevolazioni previste dall'art. 6 d. lgs. 104/1996 in caso di dismissione del patrimonio immobiliare di enti previdenziali pubblici è di cognizione del G.O..

Estratto: «3.2.- Quanto alle note, agli atti e alle determinazioni impugnate sia con il ricorso straordinario che con i motivi aggiunti, è fondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata da Zero (eccezione sub.- i.-) nel rilievo che l’impugnativa involge atti di autonomia negoziale riferibili a soggetti privi di personalità giuridica pubblica.Invero, gli atti impugnati sono riferibili a soggetti indubbiamente privati – quali Zero SGR s.p.a., SEI, soc. Immobiliare Lombarda e i SIGEST – che agiscono nell’ambito di autonomia negoziale privata.Come condivisibilmente si argomenta con l’eccezione, vengono impugnati atti che non costituiscono esercizio di potestà amministrativa, ma esercizio di autonomia negoziale privata in relazione ad un transazione commerciale avente ad oggetto l’apporto di cespiti immobiliari che non possono essere qualificati come “beni pubblici”.Vero è che l’eccezione viene argomentata anche con riferimento alla qualità soggettiva di Enpam, del quale viene predicata la natura privatistica che sarebbe stata ulteriormente confermata dall’art. 1, comma 10-ter, del d.l. 23 ottobre 2008, n. 162, convertito in legge 22 dicembre 2008, n. 201, che ha escluso gli enti previdenziali dalla categoria degli organismi di diritto pubblico.Il Collegio non condivide però l’eccezione in parte qua - formulata con articolata prospettazione anche dalla difesa di Enpam - nella considerazione che, a prescindere dall’indagare se ai sensi della norma invocata Enpam abbia effettivamente dismesso la qualità di organismo pubblico, non è dubitabile che, con riferimento al periodo in cui l’ente ha conferito a Colliers l’incarico di valorizzare gli immobili per cui è causa e di agevolarne la vendita, Enpam dovesse considerarsi organismo di diritto pubblico (cfr. sent. della Sezione n. 2331 del 4 aprile 2006).Peraltro, attesa la tardività del ricorso - per le ragioni enunciate al p. 3.1.- nei riguardi dell’unico provvedimento impugnato emesso da Enpam, la qualità soggettiva di quest’ultimo difetta di rilevanza.Ciò premesso, e dovendo limitare l’indagine alla consistenza degli atti coinvolti dall’impugnativa, eccettuato quello promanante da Enpam, è certo che essi si qualificano come atti soggettivamente ed oggettivamente privati, come tali conoscibili solo dal giudice ordinario.3.3.- Il quale deve quindi ritenersi altresì competente a conoscere dell’azione dichiarativa proposta con il ricorso diretta all’accertamento dei diritto dei soci della Cooperativa ricorrente a beneficiare delle condizioni e delle agevolazioni previste dall’art. 6 d.lgs. n. 104/1996 in relazione all’acquisto degli immobili per cui è causa.»

Sintesi: Nei casi di occupazione senza titolo di beni pubblici deve escludersi l’applicabilità dell’art. 5 legge 1034/1971, non essendovi alcuna concessione di bene in atto e deve farsi riferimento al criterio base in materia di riparto della giurisdizione, imperniato sulla consistenza della posizione giuridica sostanziale fatta valere dal ricorrente (c.d. petitum sostanziale), sicché spetta al G.O. la cognizione della controversia ogniqualvolta il ricorrente opponga un diritto al subentro concessorio, qualunque sia il titolo (più o meno fondatamente o plausibilmente) addotto nel ricorso: successione, subentro per vincolo di coabitazione familiare e/o assistenziale, subentro per esercizio di fatto delle prerogative del conduttore, quale il pagamento del canone e delle utenze dei servizi, sanatoria.

Estratto: «CONSIDERATO, in via preliminare, che:- nei casi di occupazione senza titolo di beni pubblici, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. V, 26 maggio 2009, n. 2925), deve escludersi l’applicabilità dell’art. 5 della legge n. 1034/1971, non essendovi alcuna concessione di bene in atto e deve farsi riferimento al criterio base in materia di riparto della giurisdizione, imperniato sulla consistenza della posizione giuridica sostanziale fatta valere dal ricorrente (c.d. petitum sostanziale), sicché spetta al giudice ordinario la cognizione della controversia ogniqualvolta il ricorrente opponga un diritto al subentro concessorio, qualunque sia il titolo (più o meno fondatamente o plausibilmente) addotto nel ricorso: successione, subentro per vincolo di coabitazione familiare e/o assistenziale, subentro per esercizio di fatto delle prerogative del conduttore, quale il pagamento del canone e delle utenze dei servizi, sanatoria (peraltro configurabile in Campania solo per situazioni di fatto anteriori all’anno 2000);- in applicazione di tale orientamento giurisprudenziale, risulta fondata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal Comune di Napoli con la memoria depositata in data 24 febbraio 2010, in quanto dagli atti di causa non si evince alcun elemento idoneo a radicare la giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi nel caso in esame non già della conclusione negativa di un apposito procedimento amministrativo volto alla regolarizzazione della occupazione senza titolo dell’immobile pubblico, bensì della mancata prestazione, da parte dell’Amministrazione, del consenso alla costituzione del rapporto privatistico di locazione al quale si riferisce il verbale di consegna redatto in data 23 dicembre 2004. Del resto, a conferma di tale assunto, vale la circostanza che la stessa ricorrente, nell’istanza presentata in data 2 marzo 2009, chiede genericamente la regolarizzazione della propria posizione locativa, senza far alcun riferimento a norme che giustificherebbero l’esercizio di un potere amministrativo, atto a radicare la giurisdizione del giudice amministrativo;»

Sintesi: Le controversie aventi ad oggetto l’esercizio del diritto di prelazione per l’acquisto di beni appartenenti al patrimonio disponibile dei soggetti pubblici esulano dalla giurisdizione del giudice amministrativo laddove la normativa relativa al diritto di prelazione risulti preordinata a dettare una disciplina di carattere inderogabile, attinente ad uno specifico diritto soggettivo non suscettibile di essere degradato o, comunque, vanificato da provvedimenti autoritativi della Pubblica Amministrazione.

Estratto: «secondo una consolidata giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. IV, 7 aprile 2008, n. 1462; T.A.R. Veneto Venezia, Sez. I, 17 luglio 2002, n. 3482) le controversie aventi ad oggetto l’esercizio del diritto di prelazione per l’acquisto di beni appartenenti al patrimonio disponibile dei soggetti pubblici esulano dalla giurisdizione del giudice amministrativo laddove la normativa relativa al diritto di prelazione risulti preordinata a dettare una disciplina di carattere inderogabile, attinente ad uno specifico diritto soggettivo non suscettibile di essere degradato o, comunque, vanificato da provvedimenti autoritativi della Pubblica Amministrazione;»

Sintesi: Il G.A. difetta di giurisdizione con riferimento all'impugnativa di clausole di bandi di gara che siano qualificabili non come regole per il procedimento di scelta del contraente, ma come "condizioni generali di contratto": in quest'ultimo caso infatti la controversia ha ad oggetto non interessi legittimi, ma diritti soggettivi.

Estratto: «E’ invece fondata l’eccezione di difetto di giurisdizione sul quinto motivo di ricorso, essendo state con esso censurate, non le prescrizioni del bando relative al procedimento di scelta del contraente, ma le condizioni generali di contratto (art. 9 dei bandi) sotto il profilo dell’asserito rifiuto della Coldiretti di assistere i coltivatori nella stipulazione dei contratti di affitto.Tali clausole generali di contratto, tuttavia, non attengono alla fase autoritativa del procedimento di scelta dei contraenti, ma a quella successiva prettamente negoziale. In altri termini, le relative censure mosse dai ricorrenti non riguardano interessi legittimi, ma diritti soggettivi perfetti e, trattandosi di materia nella quale il Giudice amministrativo non esercita giurisdizione esclusiva, la stessa spetta al Giudice ordinario, secondo il normale criterio di riparto della giurisdizione. Per le stesse ragioni, anche il primo motivo aggiunto, con cui è stata lamentata la mancata previsione di un meccanismo di adeguamento periodico dei canoni di affitto, è inammissibile per difetto di giurisdizione, riguardando la pretesa lesione esclusivamente diritti soggettivi e non interessi legittimi afferenti al procedimento di scelta dei contraenti.»

Sintesi: La stipula di contratti di diritto privato è preceduta dalla cd. fase procedimentale, in cui la p.a. adotta atti amministrativi che, in quanto tali, sono certamente sindacabili da parte del giudice amministrativo.

Sintesi: La revoca di delibera di acquisto di un bene immobile è qualificabile come un atto provvedimentale, di autotutela, che incide su un interesse legittimo e che, in quanto tale, è sindacabile da parte del giudice amministrativo.

Estratto: «Preliminarmente, va respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, opposta dalla Provincia.Infatti, come correttamente eccepito da parte ricorrente, procedimento di formazione della volontà contrattuale dell'amministrazione non si svolge esclusivamente sul piano del diritto privato; la stipula del contratto è notoriamente preceduta dalla cd. fase procedimentale, in cui la p.a. adotta atti amministrativi (quali la delibera a contrarre, l'approvazione o il diniego o la revoca dell'approvazione, la registrazione e il visto, ovvero il diniego degli stessi). Trattandosi di atti amministrativi, e non negoziali, sono certamente sindacabili da parte del giudice amministrativo: nel caso di specie, l’atto adottato (una revoca di delibera di acquisto di un bene immobile) è qualificabile come un atto provvedimentale, di autotutela, che incide su un interesse legittimo.»

Sintesi: La giurisdizione sulle controversie relative al diniego dell'istanza di acquisto di beni demaniali o patrimoniali ai sensi dell'art. 5-bis d.l. 143/2003, conv. in l. 212/2003 spetta al G.O..

Estratto: «In particolare, l’Agenzia ha eccepito il difetto di giurisdizione del G.A., richiamandosi al precedente di questa Sezione staccata n. 404/2007.IV. A tale eccezione ha replicato oralmente la difesa di parte ricorrente nel corso dell’odierna Udienza Pubblica.Indi, la causa è passata in decisione.V.1. Ciò premesso, il Collegio ritiene preliminarmente opportuno riportare di seguito il nucleo motivazionale centrale della citata sentenza n. 404/2007:«va dichiarato il difetto di giurisdizione in favore della Autorità giudiziaria ordinaria, alla luce del testo del citato art. 5 bis della l. 1 agosto 2003 n°212. La norma, come accennato in premesse, consente in via eccezionale di alienare aree appartenenti al demanio o al patrimonio dello Stato le quali, come previsto al comma 1, risultino "interessate dallo sconfinamento di opere eseguite entro il 31 dicembre 2002 su fondi attigui di proprietà altrui" con determinati presupposti; a tal fine, al comma 2, prevede che l'interessato presenti all'amministrazione una domanda, corredata dai documenti indicati dalla norma e dalla prova del versamento determinato in base ad una tabella allegata al provvedimento legislativo stesso. Quel che interessa notare nella sede presente è che a fronte di una domanda completa di tutti i requisiti di legge l'amministrazione non è fornita di discrezionalità alcuna, nel senso che può solo accoglierla e perfezionare la cessione: in tal senso, sussiste quindi un diritto soggettivo del privato, tutelabile avanti il Giudice ordinario.».V.2. Il Collegio non intende discostarsi da tale proprio precedente, tenuto anche conto che la difesa di parte ricorrente, in sede di discussione orale, non ha indicato orientamenti giurisprudenziali contrari, mentre consta al Collegio una conforme e precedente pronuncia del Tar Friuli Venezia Giulia (16 dicembre 2005, n. 1074), ugualmente declinatoria della propria giurisdizione in controversia identica alla presente, sulla base degli ulteriori argomenti, condivisi dal Collegio e che pure si reputa opportuno trascrivere:«Va, ulteriormente ricordato - in linea di principio - che la posizione di interesse legittimo non si ravvisa necessariamente solo in relazione ad atti discrezionali, potendo esistere posizioni di interesse legittimo anche in relazione a provvedimenti vincolati, laddove questi siano emanati in via primaria ed immediata per la cura degli interessi pubblici, e non già a soddisfazione di aspettative dei privati.La distinzione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi è da farsi - alla stregua dei principi generali - con riferimento alla finalità perseguita dalla norma cui il provvedimento si ricollega: a seconda che la norma sia diretta in via primaria ed immediata a tutelare posizioni soggettive del privato (norma di relazione - diritti soggettivi), ovvero a tutelare un interesse pubblico della collettività (norma di azione - interessi legittimi), e non con riferimento alla natura discrezionale o vincolata dell'attività dell'Amministrazione.Nel caso in esame non è revocabile in dubbio che si versi in tema di norme di relazione: la materia del contendere non è, infatti, tanto la tutela di un interesse legittimo alla regolarità ed alla correttezza dell'azione amministrativa, quanto piuttosto l'affermazione dell'esistenza, in capo alla deducente, di un vero e proprio diritto ad acquistare il terreno in forza del ripetuto art. 5-bis.Sotto altra angolazione, va detto che l'Autorità procedente ha agito iure privatorum, ponendo in essere un atto paritetico - il gravato diniego - e non un atto autoritativo.Se così è, va fatta applicazione dell'art. 1-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 del 1990, aggiunto dall'art. 1 della legge 11 febbraio 2005, n. 15, secondo cui: "1-bis. La pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente".Per le suesposte considerazioni è ravvisabile il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo … posto che la complessiva posizione fatta valere è di diritto soggettivo.».»

Sintesi: La controversia sulla sussistenza di una servitù di uso pubblico di parcheggio su un area di proprietà privata appartiene alla giurisdizione del G.O., anche se questa è introdotta di fronte al G.A. come impugnazione di un provvedimento con cui il sindaco ordina il ripristino di condizioni di sosta veicolare gratuite.

Sintesi: In caso di impugnazione di un'ordinanza del sindaco che ordini al privato il ripristino in un'area di parcheggio di condizioni di sosta veicolare gratuite, deve ritenersi che il G.A. non possa accertare incidentalmente la sussistenza o meno della servitù di uso pubblico di parcheggio che il Comune asserisce gravare sull'area del privato.

Estratto: «Orbene, controvertendosi della sussistenza di una servitù di uso pubblico sull’area in questione, dalla quale deriverebbe, ove accertata, la legittimità del provvedimento impugnato, la giurisdizione appartiene non già al giudice amministrativo, bensì al giudice ordinario, trattandosi in sostanza di un’actio negatoria servitutis (cfr.: Cons. Stato, V, 18 dicembre 2006, n. 7601; T.A.R. Lombardia Brescia, 29 dicembre 2000, n. 1079; T.A.R Puglia Bari, III, 10 gennaio 2007, n. 59; T.A.R. Liguria Genova, II, 27 novembre 2008, n. 2053; T.A.R. Toscana Firenze, III, 6 novembre 2007, n. 3599; T.A.R Campania Napoli, II, 20 aprile 2009, n. 2040).Né il collegio potrebbe limitarsi ad accertare la sussistenza o meno della servitù in questione in via meramente incidentale, in forza del disposto di cui all'art. 8 della legge n. 1034/1971, speculare all'art. 5 della legge n. 2248/1865, all. E); sebbene tali norme consentano da un lato al giudice amministrativo di decidere "con efficacia limitata di tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale", dall’altro al giudice ordinario di applicare "gli atti amministrativi ed i regolamenti generali e locali in quanto siano conformi alle leggi", occorre precisare i limiti di tale sindacato incidentale. Per quel che qui rileva, si osserva che la giurisprudenza interpreta il ricordato art. 8 della legge n. 1034/1971 escludendo che esso consenta al giudice amministrativo di apprestare ai diritti soggettivi quella piena tutela che è riservata al giudice ordinario; pertanto, l’accertamento incidentale consentito dalla norma non può consistere nella soluzione di controversie riservate all'autorità giudiziaria ordinaria. In altri termini, il giudice amministrativo dovrà limitare il proprio sindacato al contenuto oggettivo degli atti che siano fonte costitutiva - o anche meramente ricognitiva - di un diritto, senza possibilità di estenderlo ad ulteriori atti o fatti modificativi delle situazioni giuridiche, come usucapioni, prescrizioni, devoluzioni o manifestazioni atipiche di volontà contrattuale (cfr.: Cons. Stato, VI, 27 febbraio 2008, n. 713, ed ivi ulteriori citazioni di giurisprudenza; v. anche Cons. Stato, VI, 8 maggio 2006, n. 2509, che - confermando TAR Puglia, n. 102/1999, in cui era stata accertata "incidenter tantum" l'appartenenza di un’area al patrimonio di un Comune e non al demanio marittimo - sottolinea che la decisione di prime cure si era limitata “ad un' attività strettamente ricognitiva sulla base di risultanze cartolari ai fini della verifica della legittimità dell'esercizio del potere di polizia demaniale”).Orbene, nel caso sottoposto all’esame del collegio la controversia ruota tutta intorno alla sussistenza o meno della servitù di uso pubblico che il Comune asserisce gravare sull’area in questione, mentre l’Azienda lo nega, sicché l’azione di quest’ultima si atteggia come contestazione dell’appartenenza al Comune del potere esercitato, potere che si nega in radice, non già di cui si riconosce in astratto l’appartenenza all’amministrazione resistente, ma di cui si lamenta il cattivo uso. Tutto ciò appare evidente dal tenore delle difese che le parti esplicano, rivelatore dell’oggetto sostanziale del contendere, ovvero, come già rilevato, l’esistenza o meno della servitù di uso pubblico sulle aree in questione. Ne consegue il difetto di giurisdizione dell’adita autorità giudiziaria amministrativa.»

Sintesi: Le controversie relative alla concessione in godimento ai privati di beni che appartenevano all'ente comunale di assistenza, beni oggi devoluti ai comuni in virtù del D.P.R. 616/1977 sono attribuite alla giurisdizione del G.O.

Estratto: «Costituisce principio pacifico e risalente nella giurisprudenza di legittimità (ex plurimis: Cass., Sez. Un., 26 febbraio 2003, n. 10157; Cass., Sez. Un., 7 maggio 2003, n. 6898; Cass., Sez. Un., 16 gennaio 1991, n. 377) che solo l'attribuzione a privati dell'utilizzazione di beni del demanio o del patrimonio indisponibile dello Stato o dei Comuni...
[...omissis...]

Sintesi: Il G.A. non ha giurisdizione in ordine all'accertamento del se e del momento in cui la proprietà di beni patrimoniali dello Stato e degli enti pubblici dismessi sia passata ai compratori.

Estratto: «Va in primo luogo precisato che la Sezione, come del resto dà atto lo stesso ricorso, è carente di giurisdizione in ordine all’accertamento del se e del momento in cui la proprietà dei beni di cui trattasi può dirsi trasferita in capo ai ricorrenti, e ciò alla luce dell’insegnamento delle SS.UU. della Corte di Cassazione, 12 marzo 2007, n. 5593, che, premessa la valenza della disposizione di cui all’art. 23-bis della l. 13 dicembre 1971 n. 1034, introdotto dall’art. 4 della l. 21 luglio 2000, n. 205 ad attestare che le dismissioni in argomento rientrano tra le materie in cui possono venire in questione e diritti soggettivi e interessi legittimi, ha chiarito che la circostanza che le “procedure di privatizzazione o di dismissione di imprese o beni pubblici” siano indicate come possibile oggetto dei “giudizi davanti agli organi di giustizia amministrativa”, non implica che la cognizione di tutte le relative controversie sia riservata al giudice amministrativo, atteso che la disposizione non contiene norme sulla giurisdizione, e perciò non modifica i normali criteri di riparto vertenti sulla dicotomia diritti soggettivi/interessi legittimi, bensì si limita a dettare particolari regole di procedura per giudizi che già competono allo stesso giudice. Vieppiù, come la Sezione ha già avuto modo più volte di affermare (ex plurimis, 8187/08) non può accedersi neanche alla ricostruzione di parte ricorrente in ordine all’intervenuto consolidamento nella fattispecie dell’abbattimento del prezzo.Si è, infatti, rilevato sia che l’art. 3, comma 8 del d.l. 25 settembre 2001, n. 351, convertito dalla l. 23 novembre 2001, n. 410, nel prevedere che il prezzo di vendita delle unità immobiliari ad uso residenziale offerte in opzione ai conduttori è pari al prezzo di mercato diminuito del 30 per cento, esclude espressamente dal proprio ambito di applicazione quelle di pregio, sia che la stessa norma non vincola siffatta deroga all’intervento in un determinato arco temporale del relativo accertamento.»

Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.