Dichiarazione d'illegittimità dell'art. 53 comma 1 D.P.R. 327/2001: effetti sulla giurisdizione esclusiva del G.A.

GIUDIZIO --> GIURISDIZIONE E COMPETENZA --> ART. 53 DPR 327/2001 --> COSTITUZIONALITÀ

Sintesi: La Corte Costituzionale, con sentenza n. 191 del 2006, ha indicato che deve ritenersi conforme alla Costituzione la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie relative a “comportamenti” (di impossessamento del bene altrui) collegati all’esercizio, pur se illegittimo, di un potere, laddove deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima la devoluzione alla giurisdizione esclusiva di “comportamenti” posti in essere in carenza di potere o in via di mero fatto.


Estratto: «4.1 In primo luogo, occorre premettere che l’art. 53 d.P.R. 327/2001 devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparati e conseguenti all’applicazione delle disposizioni del testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità.La giurisprudenza ha quindi avuto modo di chiarire che, anche in presenza di comportamenti della pubblica amministrazione, essi, in quanto direttamente collegati all’esercizio del potere pubblico di espropriazione, appartengono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi della norma di cui al richiamato art. 53 d.P.R. 327/2001 (Cons. St., IV, 18 giugno 2008, n. 3026).D’altra parte, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 191 del 2006, ha indicato che deve ritenersi conforme alla Costituzione la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie relative a “comportamenti” (di impossessamento del bene altrui) collegati all’esercizio, pur se illegittimo, di un potere, laddove deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima la devoluzione alla giurisdizione esclusiva di “comportamenti” posti in essere in carenza di potere o in via di mero fatto.Nel caso di specie, l’attività posta in essere dall’amministrazione è collegata all’esercizio del potere di espropriazione, anche se il decreto di esproprio non risulta mai intervenuto, per cui deve ritenersi sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo.»

GIUDIZIO --> GIURISDIZIONE E COMPETENZA --> ART. 53 DPR 327/2001 --> COSTITUZIONALITÀ --> ILLEGITTIMO

Sintesi: La dichiarazione d'illegittimità costituzionale dell'art. 53 comma 1, D.P.R. n. 327/2001, ad opera della sentenza n. 191 del 2006 della Corte costituzionale, riguarda soltanto la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie relative ai comportamenti delle pubbliche amministrazioni, conseguenti all'applicazione delle disposizioni del testo unico, non riconducibili, nemmeno mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere.

Estratto: «2. - Il primo motivo di appello - con cui si deduce il difetto di giurisdizione amministrativa per le cause di risarcimento danni da c.d. occupazione acquisitiva - (pur considerato che sulla vertenza è pendente giudizio anche avanti al giudice ordinario) deve ritenersi infondato, in armonia con quanto stabilito dalla citata sentenza n. 191/2006 della Corte costituzionale in punto di perdurante vigenza dell’art. 53 del T.U. n. 327 del 2001 e come altresì ritenuto - con specifico riguardo alla domanda risarcitoria per danni da c.d. occupazione acquisitiva - da C.d.S., A.P., 30 luglio 2007, n. 9.In questo indirizzo si collocano le pronunce giurisprudenziali che ribadiscono la sussistenza della giurisdizione amministrativa esclusiva in relazione a liti che abbiano ad oggetto diritti soggettivi la cui lesione tragga origine, sul piano eziologico, da fattori causali comportamentali riconducibili all'esplicazione del pubblico potere e ciò pur se in un momento nel quale quest'ultimo, per la sopraggiunta inefficacia disposta dalla legge o per la mancata conclusione del procedimento, risulta ormai privo della sua forza autoritativa (cfr. in vertenza del tutto analoga a quella odierna, anche CGA 21 luglio 2008, n. 651).La dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 53 comma 1, del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 325, trasfuso nell'art. 53, comma 1 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, ad opera della sentenza n. 191 del 2006 della Corte costituzionale, riguarda dunque soltanto la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie relative ai comportamenti delle pubbliche amministrazioni, conseguenti all'applicazione delle disposizioni del testo unico, non riconducibili, nemmeno mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere.Per l’effetto, rientrano invece nella giurisdizione amministrativa le controversie aventi come nella specie ad oggetto il risarcimento del danno per l'occupazione appropriativa di un’area (non seguita da tempestivo decreto di esproprio), atteso che la condotta lamentata si collega indirettamente alla dichiarazione di pubblica utilità, ancorché i suoi effetti siano terminati. (cfr. Cassazione civile, sez. un., 20 marzo 2008, n. 7442).»

Sintesi: La Corte Costituzionale, con sentenza n. 191/2006, ha dichiarato la parziale incostituzionalità dell'art. 53 D.P.R. 327/2001 nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative ai “comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparati”, non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere.

Estratto: «Anche le previsioni degli artt. 33, 34 e 35 sono state sottoposte allo scrutinio della Corte costituzionale che, con la sentenza n. 204 del 5/6 luglio 2004, ha travolto per illegittimità costituzionale, l’art. 33, commi 1 e 2, del D. Lg.vo n. 80/98, nel testo novellato dall’art. 7, lett. a L. 21 luglio 2000 n. 205...
[...omissis...]

Sintesi: La Corte Costituzionale, con sentenza n. 191/2006, ha dichiarato la parziale incostituzionalità dell'art. 53 D.P.R. 327/2001 nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative ai “comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparati”, non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere.

Estratto: «Collocandosi nel solco dell’art. 34 innanzi citato, le previsioni di cui all’art. 53 del Testo Unico delle Espropriazione di cui al D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 -  a mente delle cui indicazioni la cognizione delle “controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi ed i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparati, conseguenti all’applicazione delle disposizioni del testo unico” è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo – anche quest’ultima  disposizione è stata rimessa, dal Tar Calabria, con ordinanze n. 36 del 22 ottobre 2004 e n. 425 del 5 maggio 2005, al vaglio della Corte Costituzionale, la quale, con sentenza n. 191/2006 ha dichiarato la parziale incostituzionalità dell’art. 53 citato nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a “i comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparati”, non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente all’esercizio di un pubblico potere. In particolare, la Corte ha precisato che: a) occorre escludere che  “per ciò solo che la domanda proposta dal cittadino abbia ad oggetto esclusivo il risarcimento del danno, la giurisdizione competa al giudice ordinario“; b) “laddove la legge – come fa l’art. 35 del D. Leg.vo n. 80 del 1998 – costruisce il risarcimento del danno, ai fini del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo come strumento di tutela affermandone il carattere rimediale, essa non viola alcun precetto costituzionale, e anzi costituisce attuazione del precetto dell’art. 24 Cost., laddove questo esige che la tutela giurisdizionale sia effettiva e sia resa in tempi ragionevoli”;      c) in definitiva deve ritenersi perfettamente conforme alla Costituzione “un sistema che riconosce esclusivamente al giudice naturale della legittimità dell’esercizio della funzione pubblica poteri idonei ad assicurare piena tutela , e quindi anche il potere di risarcire, sia per equivalente, sia in forma specifica, il danno sofferto per l’illegittimo esercizio della funzione”, al qual fine è irrilevante se la pretesa risarcitoria “abbia intrinseca natura di diritto soggettivo”, e ciò in quanto la legge ha “inequivocabilmente privilegiato la considerazione della situazione soggettiva incisa dall’illegittimo esercizio della funzione amministrativa”.      Proprio sulla base di tali argomentazioni la Corte costituzionale è giunta alla sua duplice considerazione della locuzione “comportamenti”, dichiarando: a) costituzionalmente illegittima la locuzione, laddove “prescindendo da ogni qualificazione di tali comportamenti, attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo controversie nelle quali sia parte – e perciò solo che essa è parte – la P.A., e cioè fa del giudice amministrativo il giudice dell’amministrazione piuttosto che l’organo di garanzia della giustizia nell’amministrazione (articolo 100 della Costituzione)”; b) costituzionalmente legittima la locuzione “comportamenti” di cui all’articolo 53, laddove questi ultimi “causativi di danno ingiusto (…) costituiscono esecuzione di atti o provvedimenti amministrativi (dichiarazione di pubblica utilità e/o di indifferibilità e urgenza) e sono quindi riconducibili all’esercizio del pubblico potere dell’amministrazione (…) costituendo tali comportamenti esercizio, ancorché viziato da illegittimità, della funzione pubblica della pubblica amministrazione”. Quindi – avuto riguardo alla prospettata distinzione tra “comportamenti materiali” (id est, non correlati all’esercizio, quand’anche illegittimo, di pubblici poteri e sindacabili dal giudice ordinario) e “comportamenti giuridici” (id est esecutivi di atti e/o provvedimenti amministrativi ancorché contra legem) – è la stessa Corte costituzionale, con specifico riguardo alla materia espropriativa, ad evocare la (correlativa) distinzione tra le fattispecie, di nota origine pretoria, della occupazione c.d. acquisitiva (“che si verifica quando il fondo è stato occupato a seguito di dichiarazione di pubblica utilità, e pertanto nell’ambito di una procedura di espropriazione, ed ha subito una irreversibile trasformazione in esecuzione dell’opera di pubblica utilità senza che, tuttavia, sia intervenuto il decreto di esproprio o altro atto idoneo a produrre l’effetto traslativo della proprietà”) e della occupazione c.d. usurpativa (caratterizzata “dall’apprensione del fondo altrui in carenza di titolo: carenza universalmente ravvisata nell’ipotesi di assenza ab inizio della dichiarazione di pubblica utilità, e da taluni anche nell’ipotesi di annullamento, con efficacia ex tunc, della dichiarazione inizialmente esistente ovvero di sua inefficacia per inutile decorso dei termini previsti per l’esecuzione dell’opera pubblica”).Appare del tutto evidente, allora, che la figura dell’occupazione acquisitiva (in ordine alla quale “perfezionandosi con l’irreversibile trasformazione del fondo la traslazione in capo all’amministrazione del diritto di proprietà, il proprietario del fondo non può che chiedere la tutela per equivalente”) corrisponde alla fattispecie dei comportamenti collegati all’esercizio (sia pure illegittimo) di un pubblico potere (nel che – secondo le note concettuologie, pur di recente seriamente poste in discussione sulla scorta dei pronunciamenti della Corte europea dei diritti dell’uomo e di una lettura “ampia” dell’art. 43 del testo unico in materia espropriativa, sulla quale non sembra necessario ed opportuno soffermarsi – è dato rinvenire il fondamento giuridico della sua attitudine a giustificare l’effetto acquisitivo della proprietà in favore della pubblica amministrazione), laddove la figura dell’occupazione usurpativa [in cui “il proprietario può scegliere tra la restituzione del bene e, ove a questo rinunci  così determinando il prodursi (dei presupposti) dell’effetto traslativo, la tutela per equivalente”] corrisponde alla fattispecie dei comportamenti “posti in essere in carenza di potere ovvero in via di mero fatto”, e, come tali, devoluti, quoad tutelam, alla giurisdizione del giudice ordinario.»

Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.