Presupposti per ritenere un soggetto autore morale di un illecito possessorio

Sintesi: I presupposti per ritenere un soggetto autore morale di un illecito possessorio (anche per la legittimazione passiva alla relativa azione), sono essenzialmente due: 1) che il soggetto pur non avendo autorizzato la condotta illecita, abbia tratto vantaggio dall'illecito possessorio materialmente posto in essere da altri; 2) che il soggetto, preteso autore morale, abbia consapevolezza che l'atto di molestia compiuto da terzi integra gli estremi dell'illecito.

Estratto: «E' giusto il caso di evidenziare che anche alla luce degli orientamenti giurisprudenziali richiamati dalla stessa ricorrente, appare motivata, condivisibile e coerente con la normativa di cui all'art. 1170 c.c., nonché al R.D. n. 1775 del 1933, artt. 119 e 121, l'affermazione della Corte di Catanzaro secondo cui, nel caso in esame, la società Enel doveva considerarsi "autore morale" della turbativa arrecata dalla strada creata dalla Mive sul fondo dei sigg. S. per raggiungere il luogo dove è stato collocato il traliccio Enel. Posto che, come ha avuto modo di precisare questa Corte: a) affinché un soggetto possa considerarsi autore morale dello spoglio, ancorché non ne sia il mandante, né lo abbia autorizzato, è necessario (anche per la legittimazione passiva alla relativa azione) che egli sia stato consapevole di trarre vantaggio dalla situazione posta in essere dallo spogliatore (Cass. n. 1222 del 1997); b) che il vantaggio sia dipeso da quello specifico atto di molestia possessoria; c) che il criterio del cui prodest, attraverso il quale si può attribuire la paternità morale dello spoglio o della turbativa del possesso a colui che ne abbia tratto effettivo e reale profitto, ha rilevanza giuridica non già di per sé, ma in quanto elemento rivelatore della preventiva autorizzazione o della successiva approvazione da parie del cosiddetto autore morale (Cass. n. 992 del 1969), i presupposti per ritenere un soggetto autore morale di un illecito possessorio sono essenzialmente due: 1) che il soggetto pur non avendo autorizzato la condotta illecita, abbia tratto vantaggio dall'illecito possessorio materialmente posto in essere da altri; 2) che il soggetto, preteso autore morale, abbia consapevolezza che l'atto di molestia compiuto da terzi integra gli estremi dell'illecito. 1.1.a).= Ora, nel caso in esame, come ha avuto modo di chiarire la Corte catanzarese sussistevano entrambi i presupposti. La Corte territoriale ha avuto modo di precisare che la società Mive, come risultava dalle deposizioni degli informatori e veniva confermato dalla documentazione fotografica esistente in atti, aveva realizzato una pista sul terreno dei ricorrenti per raggiungere il luogo ove è stato eretto il traliccio dell'Enel, per una lunghezza considerevole (come è detto nell'esposizione del fatto la strada di cui si dice era lunga 700 metri e larga quattro metri), che il passaggio non era autorizzato e che veniva utilizzato dagli operai della Mive in giorni diversi e dall'Enel per la verifica dei lavori realizzati. La stessa Corte territoriale ha avuto modo di precisare che la predetta condotta arrecava un più che apprezzabile disturbo al possesso del terreno da parte dei sigg. S. ( V. e G.) il cui pieno godimento risultava essere stato significativamente limitato dalla condotta posta in essere dagli operai della Mive srl. E, soprattutto, la Corte territoriale, ha avuto modo di precisare che l'Enel, nonostante non fosse l'autore materiale dell'illecito possessorio, tuttavia, aveva utilizzato la strada realizzata dalla Mevi per la verifica dei lavori - e come la stessa società Enel riferisce almeno in un'occasione con una jeep, e restando inalterate le condizioni della stradella l'Enel, secondo la sentenza impugnata, l'avrebbe potuta utilizzare successivamente per lavori di manutenzione del traliccio. Se, dunque, proprio, quella stradella è stata utilizzata e nel futuro sarebbe potuto essere utilizzata per la manutenzione del traliccio, vuoi dire che, da quella stradella, l'Enel ne ha tratto e poteva trame nel futuro, un sicuro vantaggio. 1.1.b).= A sua volta, posto che la normativa di cui al R.D. n. 1775 del 1933, artt. 119 e 121, non legittimava l'Enel a costituire o a giovarsi della costituzione di una servitù di passaggio sul fondo dei sigg. S. non solo perché il provvedimento ablativo di esproprio non comprendeva anche la costituzione di quella servitù di passaggio determinata dalla ditta Mevi, ma anche perché quella normativa si riferisce ad una servitù di attraversamento aereo dei cavi elettrici dell'alta tensione, la società Enel non poteva non essere consapevole che le volte in cui aveva attraversato o avrebbe attraversato nel futuro, la stradella costruita dalla società Mevi utilizzava un bene in modo illegittimo. Non solo, ma deve pure sottolinearsi che nella fattispecie la ditta Mevi in quanto appaltatrice dei lavori era una specie di "longa manus" dell'Enel, dato che nell' appaltare i lavori non poteva non aver identificato le attività necessarie per collocare il traliccio e non poteva non aver presente la situazione dei luoghi, tale che, anche, per tale motivo, l'Enel non potrebbe considerarsi del tutto estranea alla vicenda, né sarebbe possibile escludere (proprio per il rapporto di appalto che esisteva tra l'Enel e la Mive) che l'Enel potesse non avere consapevolezza dell'illecito posto in essere dalla Mive, né che da quello illecito traeva un indubbio vantaggio. Pertanto, la Corte di appello di Catanzaro nel conferire all'Enel la responsabilità morale dell'illecito possessorio posto in essere dalla società Mevi non è incorsa in nessuna violazione di legge e ha motivato la decisione in maniera non solo sufficiente, ma con rigore logico e consequenziale, nonché in modo coerente con le prove acquisite in giudizio.»

Sintesi: Lo spoglio e la turbativa costituiscono fatti illeciti e determinano la responsabilità individuale dei singoli autori degli stessi, con la conseguenza che nei giudizi possessori e nunciatori, quando il fatto lesivo del possesso sia riferibile a diversi soggetti, l'uno quale esecutore materiale e l'altro quale autore morale, sussiste la legittimazione passiva di entrambi, ma non ricorre un'ipotesi di litisconsorzio necessario, potendo la pretesa essere proposta anche nei confronti di uno solo dei responsabili.

Estratto: «che il primo motivo è infondato;che, secondo i consolidati principi affermati dalle sezioni unite di questa Corte: a) il criterio di riparto della giurisdizione tra giudice ordinano e giudici speciali si individua nel cosiddetto "petitum sostanziale", il quale si risolve nell'irrilevanza delle formule giuridiche utilizzate dall'attore e delle richieste rivolte al giudice adito e nella valorizzazione invece della causa petendi, cioè della situazione giuridica soggettiva di cui si chiede tutela (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 10375 del 2007 e 17641 del 2006);b) le azioni possessorie sono esperibili davanti al giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione (e di chi agisca per conto di essa) quando il comportamento della medesima non si ricolleghi ad un formale provvedimento amministrativo, emesso nell'ambito e nell'esercizio di poteri autoritativi e discrezionali ad essa spettanti, ma si concreti e si risolva in una mera attività materiale, non supportata da atti o provvedimenti amministrativi formali, mentre ove risulti, sulla base del criterio del petitum sostanziale, che oggetto della tutela invocata non è una situazione possessoria, ma il controllo di legittimità dell'esercizio del potere, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, competente essendo il giudice amministrativo (cfr., ex plurimis, la citata sentenza n. 10375 del 2007, nonché l'ordinanza n. 23561 del 2008, proprio relativamente ad una fattispecie nella quale le stesse sezioni unite hanno affermato la giurisdizione dell'A.G.O. in relazione ad un giudizio possessorio promosso da un privato nei confronti di un Comune che - avendo deliberato l'esecuzione di lavori di ristrutturazione di un immobile oggetto del proprio patrimonio disponibile, senza in alcun modo indicare, nei propri provvedimenti, la necessità di occupare beni appartenenti a privati - aveva abusivamente invaso una strada privata, rimuovendo il cancello d'ingresso ed elevando un muro in violazione delle distanze legali);che, nella specie, dal ricorso introduttivo del presente giudizio, depositato dinanzi al Tribunale di Taranto il 20 dicembre 1999, si desume agevolmente che gli odierni controricorrenti hanno inteso tutelare esclusivamente il loro possesso sull'immobile in questione, sena fare alcun riferimento ad atti o a provvedimenti amministrativi del Comune di Taranto;che infatti, con tale atto - proposto ai sensi dell'art. 1168 cod. civ. e art. 703 cod. proc. civ., i coniugi C. - P. hanno denunciato che "... nel giugno 1999, clandestinamente e violentemente, l'impresa di costruzioni Umberto A. s.p.a. ... eseguiva l'innalzamento della quota di campagna della Via (OMISSIS) al fine di unirla alla superiore Via (OMISSIS), nel cui comprensorio la medesima impresa realizzava un complesso edilizio per civili abitazioni" e che la stessa impresa, "in dispregio dei più elementari diritti altrui, ... edificava un muro di contenimento della quota innalzata, ostruendo definitivamente i passi carrabile e pedonale del fondo degli esponenti ...", ed hanno chiesto che il Tribunale adito "voglia ordinare all'impresa Umberto A. s.p.a. la immediata riduzione in pristino stato dei luoghi, a sue esclusive cure e spese ...";che è dunque evidente che la situazione giuridica soggettiva fatta valere dinanzi al Tribunale di Taranto nei confronti della Società A. è il possesso dell'immobile oggetto dello spoglio, senza che in detto ricorso introduttivo si faccia riferimento alcuno all'esercizio di poteri della pubblica amministrazione o alla qualità della Società A., ai rapporti di quest'ultima con il Comune di Taranto, ovvero ad atti o a provvedimenti di tale ente locale riconducibili in qualche modo allo spoglio denunciato;che inoltre, al riguardo, deve aggiungersi che, trattandosi di controversia vertente tra privati, l'estraneità al giudizio della pubblica amministrazione comporta che le eventuali questioni concernenti la valutazione di aspetti di pubblico interesse, ovvero la disapplicazione o il sindacato di legittimità di provvedimenti amministrativi in via meramente incidentale, attengono al merito e non alla giurisdizione (cfr., ex plurimis, le ordinanze delle sezioni unite nn. 7800 del 2005, 6409 del 2010, 13639 del 2011), sicché il profilo di censura con il quale si denuncia l'omessa considerazione di tutti gli atti ed i provvedimenti amministrativi menzionati nel motivo in esame è privo di rilevanza ai fini della decisione della questione di giurisdizione, in quanto essi - come già rilevato - non sono riconducibili, neppure indirettamente, al perpetrato spoglio;che - una volta stabilito che la fattispecie attiene ad azione possessoria promossa da un privato nei confronti di altro privato e che, secondo la stessa prospettazione della ricorrente, il Comune di Taranto potrebbe al più essere qualificato come autore morale dello spoglio - perde qualsiasi consistenza la tesi dell'evocato litisconsorzio necessario tra la ricorrente e detto ente locale, in quanto lo spoglio e la turbativa costituiscono fatti illeciti e determinano la responsabilità individuale dei singoli autori degli stessi, con la conseguenza che nei giudizi possessori e nunciatori, quando il fatto lesivo del possesso sia riferibile a diversi soggetti, l'uno quale esecutore materiale e l'altro quale autore morale, sussiste la legittimazione passiva di entrambi, ma non ricorre un'ipotesi di litisconsorzio necessario, potendo la pretesa essere proposta anche nei confronti di uno solo dei responsabili (cfr., ex plurimis, le sentenze n, 11916 del 2000 e n. 7748 del 2011);»

Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.