La proprietà di un bene immobile confinante legittima l'interesse al ricorso

GIUDIZIO --> LEGITTIMAZIONE ATTIVA --> SOGGETTI --> PROPRIETARIO CONFINANTE --> BASE NORMATIVA

Sintesi: Pur dopo l’abrogazione dell’art. 31 legge 1150/1942 conserva validità la consolidata giurisprudenza che riconosce una posizione di interesse legittimo tutelabile a chi (come il proprietario limitrofo) vanti una situazione di stabile collegamento con la zona interessata da una costruzione assentita, così da subire in concreto un pregiudizio dalla lesione dei valori urbanistici.


Estratto: «A tal proposito, va evidenziato come l’esperibilità di un’azione di accertamento atipica anche con riferimento a posizioni di interesse legittimo appaia coerente con il sistema giuridico nei casi in cui l’attività amministrativa sia di tipo vincolato o comunque allorché determinati effetti siano collegati al ricorrere di specifici presupposti, e in particolare quando vi sia un oggettivo interesse alla verifica della sussistenza della posizione sostanziale stessa (ad es. per stabilire se, per la presenza dei necessari elementi, si sia o meno sostanziato un provvedimento tacito). In tal senso appare invero deporre la considerazione che, qualora la P.A. sia venuta meno all’obbligo di concludere il procedimento e l’interessato si sia attivato ai sensi dell’art. 31 del codice del processo amministrativo, il G.A., a mente del comma 3 di quest’ultimo, “può pronunziare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio” appunto “solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’Amministrazione” : risulterebbe infatti incongruo che l’ordinamento consentisse al giudice di effettuare accertamenti sulla fondatezza della pretesa del privato soltanto in presenza di una inerzia della P.A., e limitasse invece il suo potere d’intervento all’annullamento del provvedimento nel caso di adozione di un provvedimento (espresso o tacito che sia) di diniego.Ulteriori argomenti a conforto della configurabilità dell’azione in commento sono anche offerti dall’art. 21 octies, laddove questo, in sostanza, dà al G.A. la possibilità, in caso di impugnazione di un provvedimento adottato dalla P.A. all’esito di attività vincolata, di spingere la propria indagine alla verifica della fondatezza sostanziale della pretesa: se il giudice ha un tale potere, sembrerebbe anomalo escludere che il cittadino, chiedendo un mero accertamento al fine di tutelare opportunamente la propria posizione sostanziale, possa farvi ricorso.Ancora, l’esperibilità di un’azione atipica di accertamento in relazione ad una posizione di interesse legittimo è ipotizzabile a tutela di un interesse che il privato vanti al fine di stabilire con esattezza quale sia la portata di un adottato provvedimento, ovvero di accertare entro quali limiti la P.A. abbia inteso esercitare, appunto a mezzo del provvedimento, il proprio potere.Nel senso poi della configurabilità di una azione atipica di accertamento a tutela di interessi legittimi anche dopo l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo di cui al Decr. Leg.vo 104/2010, va in particolare ricordata la recente sentenza del T.A.R. Puglia – Bari n° 4242 del 17.12.2010, la quale pone in luce come <<L'ammissibilità di detta azione si fonda altresì sul rinvio esterno di cui all'art. 39, comma 1 cod. proc. amm. ai principi generali del codice di procedura civile (ove è indiscutibilmente ammessa detta azione) ed in considerazione del fatto che il nuovo codice di cui al dlgs n. 104/2010 contempla azioni sicuramente dichiarative quali l'azione avverso il silenzio e l'azione volta alla declaratoria della nullità (cfr. art. 31 cod. proc. amm.; cfr. altresì art. 34, comma 3 cod. proc. amm.: "Quando, nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto se sussiste l'interesse ai fini risarcitori.").D'altra parte la circostanza che il codice del processo amministrativo non abbia disciplinato in generale l'azione di accertamento bensì previsto - come detto - singole e specifiche ipotesi di azione di accertamento (cfr. artt. 31 e 34 citati) non può deporre nel senso di doversi desumere dal tessuto della nuova codificazione un divieto implicito nel giudizio amministrativo di azioni di accertamento non espressamente previste (ovvero un principio di tipicità delle azioni), poiché un ostacolo di tal fatta ad esperire in generale azioni di accertamento si porrebbe in stridente contrasto con il principio di effettività della tutela giurisdizionale di cui all'art. 24 Cost. come del resto sottolineato da Cons. Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717 al punto 7.9.4. >>, per poi aggiungere, circa la rilevanza in proposito della relazione finale di accompagnamento al dlgs n. 104/2010 del luglio 2010 quanto alle azioni di cognizione, che <>, e che <<In ogni caso la relazione finale de qua non sembra affatto deporre inequivocabilmente nel senso della inammissibilità nel processo amministrativo dell'azione generale di accertamento a tutela degli interessi legittimi che invece era stata espressamente prevista nella versione originaria dell'art. 36, comma 1 del testo del codice del processo amministrativo dell'8 febbraio 2010 ("Chi vi ha interesse può chiedere l'accertamento dell'esistenza o dell'inesistenza di un rapporto giuridico contestato con l'adozione delle consequenziali pronunce dichiarative").Inoltre l'entrata in vigore del codice del processo amministrativo, che all'art. 1 (rubricato "Effettività") espressamente sancisce il principio in virtù del quale il giudizio amministrativo assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo (principio attuativo del criterio direttivo della legge delega n. 69/2009 di cui all'art. 44, comma 2, lett. a): " assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela ..."), non può evidentemente comportare una dimidiazione ed un arretramento della tutela giurisdizionale del singolo rispetto alle acquisizioni della precedente giurisprudenza amministrativa con riferimento alla ammissibilità dell'azione di accertamento atipica nell'ambito del processo amministrativo e rispetto agli stessi criteri direttivi contenuti nella legge delega (cfr. art. 44, comma 2, lett. b), n. 4 legge n. 69/2009: "... prevedendo le pronunce dichiarative ... idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa"), pena l'incostituzionalità di una differente interpretazione delle disposizioni del nuovo codice.Peraltro più disposizioni del codice del processo amministrativo (cfr. art. 31 in tema di azione avverso il silenzio e declaratoria di nullità; cfr. altresì art. 34, comma 1, lett. c): "1. In caso di accoglimento del ricorso il giudice, nei limiti della domanda: ... c) condanna ... all'adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio ...."; art. 34, comma 3: "Quando, nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto se sussiste l'interesse ai fini risarcitori.") depongono nel senso del superamento del tradizionale principio di tipicità delle azioni nel processo amministrativo e nella direzione della affermazione dell'opposto principio di atipicità delle azioni medesime.Inoltre, posto che il codice del processo amministrativo si applica anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore dello stesso (i.e. 16 settembre 2010) pur se avviati in epoca antecedente, sarebbe assolutamente irrazionale alla stregua del principio costituzionale di ragionevolezza desumibile dall'art. 3 Cost. che il mero dato neutro rappresentato dalla decisione di un giudizio amministrativo, introdotto - come nel caso di specie - in epoca precedente rispetto all'entrata in vigore del codice del processo amministrativo, in epoca successiva rispetto a tale data comporti il rigetto ovvero l'inammissibilità della domanda, domanda che, se delibata in un momento storico anteriore, viceversa sarebbe stata accolta. >>.In ogni caso, dato essenziale da sottolineare è che all’azione in commento non può non applicarsi, per la sua esperibilità, un termine di gg. 60 dalla conoscenza dell’atto (o dei suoi presupposti, in caso di atto tacito), o comunque della situazione lesiva (in mancanza di provvedimento); e ciò quanto meno nei casi (quale quello qui in esame) in cui, altrimenti opinando, si perverrebbe ad un aggiramento del termine decadenziale posto dalla legge a tutela della certezza dei rapporti di diritto pubblico, stanti gli effetti conformativi della sentenza di accoglimento nei confronti dell’Amministrazione (essendo questa tenuta, in caso di accoglimento del ricorso, a porre rimedio alla situazione creatasi sulla base della d.i.a., ovvero, senza necessità di alcuna valutazione discrezionale comparativa quanto alla posizione dell’originario presentatore, ad ordinare l’interruzione dell’attività e la riduzione in pristino dei luoghi – in tal senso cfr. T.A.R. Calabria – Reggio Calabria n° 915 del 23.8.2010). Né una tale limitazione può dirsi incompatibile con la struttura propria di una domanda di accertamento, visto che l’art. 31 co. 4 del codice del processo amministrativo fissa un termine di decadenza (gg. 180) per la proposizione per l’azione di accertamento delle nullità (che pure dovrebbe essere tendenzialmente imprescrittibile, alla luce del brocardo “quod nullum est, nullum producit effectum”).Peraltro, va chiarito che l’esperimento di un’azione autonoma di accertamento risulta espressamente esclusa (dall’art. 34 co. 2 del codice del processo amministrativo) in fattispecie in cui i poteri amministrativi non siano stati ancora esercitati, o comunque (salvo quanto previsto dal successivo co. 3 e dall’art. 30, co. 3) in relazione ad atti “che il ricorrente avrebbe dovuto impugnare con l’azione di annullamento di cui all’art. 29”.A questo punto, tirando le somme di quanto fin qui esposto e posto che, pur dopo l’abrogazione dell’art. 31 L. 1150/1942 conserva validità la consolidata giurisprudenza che riconosce una posizione di interesse legittimo tutelabile a chi (come il proprietario limitrofo) vanti una situazione di stabile collegamento con la zona interessata da una costruzione assentita, così da subire in concreto un pregiudizio dalla lesione dei valori urbanistici (cfr. Cons. di Stato sez. V, n° 2086 del 7.5.2008; T.A.R. Puglia – Bari n° 2898 del 23.11.2009; T.A.R. Campania – Salerno n° 2823 del 3.10.2008), devono, in questo giudizio, qualificarsi come ammissibili la domanda volta all’accertamento dell’insussistenza dei presupposti per assentire a mezzo di d.i.a. l’opera della quale in questa sede si discute, nonché quella, collegata, volta all’annullamento della nota con la quale il Comune di Agerola, ritenendo legittimo il ricorso alla d.i.a. e conforme alla presentata denunzia l’opera realizzata, ha opposto un diniego alla richiesta di intervento repressivo formulata dall’odierna ricorrente.Viceversa, va qualificata inammissibile la domanda finalizzata all’annullamento del titolo edilizio formatosi in conseguenza della presentazione della d.i.a. da parte della controinteressata Naclerio Fiorina, posto che nella fattispecie non è individuabile alcun provvedimento amministrativo impugnabile, ancorché tacito.»

Sintesi: Il pacifico orientamento giurisprudenziale secondo cui la legittimazione ad impugnare una concessione edilizia deve essere riconosciuta al proprietario di un immobile sito nella zona interessata alla costruzione, o comunque a chi si trovi in una situazione di stabile collegamento con la zona stessa, senza che sia necessario dimostrare la sussistenza di un ulteriore interesse qualificato alla tutela giurisdizionale non può dirsi venuto meno per effetto dell'abrogazione dell'art. 31, co. 9, legge 1150/1942 ad opera dell'art. 136 D.P.R. 380/2001 atteso che la sussistenza in capo al ricorrente in primo grado dell’interesse e della legittimazione a ricorrere, individuabili in forza del criterio della vicinitas appena sopra precisato, trova adeguato fondamento nel principio fondamentale, accolto nel nostro ordinamento, secondo cui la possibilità di agire in giudizio è riconosciuta ( e consentita ) a colui che vanti un interesse personale qualificato in quanto titolare di una situazione giuridica, appunto, qualificata, di interesse cioè differenziato rispetto agli altri soggetti.

Estratto: «2. - Quanto, anzitutto, alle eccezioni in rito disattese dal Giudice di primo grado e riproposte con l’atto di appello, esse si appalesano tutte infondate.Ed invero:1) ad avviso di un consolidato e condivisibile orientamento giurisprudenziale la legittimazione a ricorrere avverso i provvedimenti in materia urbanistica ed edilizia richiede una situazione di stabile collegamento con la zona interessata dall'attività pianificatoria o costruttiva, che evidenzii una specifica lesione di posizioni giuridiche soggettive differenziate atta a distinguere la sfera del ricorrente rispetto alla collettività indistinta ( cfr., ex multis, Cons Stato , sez. V, 19 settembre 2008, n. 4528 e 2 marzo 2010, n. 1189 ).Quanto in particolare alla materia edilizia, è pacifico che la possibilità riconosciuta a "chiunque" di ricorrere avverso le concessioni edilizie, anche in sanatoria, ex art. 31, comma 9, della legge 17 agosto 1942 n. 1150, come modificato dall'art. 10 della legge 6 agosto 1967, n. 765, non configura un nuovo tipo di azione popolare, ma va intesa nel senso di consentire l'impugnativa solo a chi si trovi in una situazione di stabile collegamento con la zona (residenza, possesso o detenzione di immobili, od altro titolo di collegamento con l'ambito territoriale interessato).Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso di specie, merita condivisione l'assunto del Primo Giudice in ordine alla sussistenza, in capo all’odierno appellato, di una posizione differenziata, che fonda la sua legittimazione ad impugnare la concessione ad aedificandum rilasciata alla controinteressata. Non è infatti contestato il possesso, da parte dell’originario ricorrente, di un titolo di collegamento ( titolo di proprietà di un edificio limitrofo ) con le aree interessate alla esecuzione dei lavori assentiti con la concessione stessa; d’altra parte, la proposizione dell’iniziativa giudiziaria di tipo oppositivo de qua è accompagnata, a differenza di quanto ritenuto dall’appellante principale, dalla prospettazione di un pregiudizio diretto ed immediato alla sua sfera giuridica (sulla cui sussistenza effettiva nulla la stessa ha in concreto obiettato) per effetto dell’adozione dell’atto gravato ( v. la incisione, dedotta col ricorso originario, per effetto dei lavori assentiti, sul godimento dell’immobile di proprietà del ricorrente, suffragata coerentemente dalle osservazioni, di cui alla perizia stragiudiziale allegata al gravame introduttivo ). Né il veduto, pacifico, orientamento giurisprudenziale ( secondo cui, come s’è detto, la legittimazione ad impugnare una concessione edilizia deve essere riconosciuta al proprietario di un immobile sito nella zona interessata alla costruzione, o comunque a chi si trovi in una situazione di stabile collegamento con la zona stessa, senza che sia necessario dimostrare la sussistenza di un ulteriore interesse qualificato alla tutela giurisdizionale ) può ritenersi suscettibile di revisione sol per effetto dell’intervenuta abrogazione del citato art. 31 ad opera dell’art. 136 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e della mancata riproduzione delle disposizioni del relativo comma 9 negli articoli 8, 12 e 15 dello stesso D.P.R., atteso che la sussistenza in capo al ricorrente in primo grado dell’interesse e della legittimazione a ricorrere, individuabili in forza del criterio della vicinitas appena sopra precisato, trova adeguato fondamento nel principio fondamentale, accolto nel nostro ordinamento, secondo cui la possibilità di agire in giudizio è riconosciuta ( e consentita ) a colui che vanti un interesse personale qualificato in quanto titolare di una situazione giuridica, appunto, qualificata, di interesse cioè differenziato rispetto agli altri soggetti ( che, per quanto riguarda specificamente la posizione di terzi rispetto al rilascio di titoli ad aedificandum, la giurisprudenza ha individuato facendo riferimento al rapporto con l’erigendo immobile in relazione alla ubicazione di questo ), sì che, come correttamente qui dedotto dall’appellato, “l’abrogazione della citata norma non implica un sostanziale mutamento nella identificazione dei soggetti legittimati né l’eliminazione della stessa legittimazione”;2) siffatta posizione qualificata costituisce poi titolo idoneo a sorreggere il ricorso di primo grado anche quanto al rimedio della opposizione di terzo con lo stesso esperita avverso la precedente sentenza dello stesso T.A.R. 11 settembre 2002, n. 4838, di accoglimento del ricorso R.G. n. 4084/2000 promosso dalla controinteressata contro il Comune di Tufino avverso il diniego di concessione edilizia relativo all’ampliamento di un immobile per uso commerciale. Invero va condivisa in proposito l’affermazione, recata dalla sentenza impugnata, secondo cui “atteso che l’opponente non si atteggia come un quivis de populo rispetto alla concessione edilizia … per gli stessi motivi … che radicano il suo interesse alla impugnativa della concessione edilizia, riveste sul piano processuale la posizione di legittimato alla proposizione della opposizione di terzo ordinaria”. Se, infatti, la legittimazione a proporre l'opposizione di terzo nei confronti di una sentenza del giudice amministrativo resa tra altri soggetti va riconosciuta, tra gli altri, ai terzi titolari di una situazione giuridica autonoma ed incompatibile rispetto a quella riferibile alla parte risultata vittoriosa per effetto della sentenza oggetto di opposizione ( Cons. Stato, Sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8944; Cons. St., VI, 15 luglio 2010, n. 4578 ), queste condizioni si riscontrano nel caso in esame, poiché: la sentenza opposta ha statuito l’illegittimità del precedente diniego pronunciato dal Comune in ordine al rilascio di concessione edilizia per gli stessi lavori di cui qui si tratta; essa, pur non avendo (come correttamente dedotto sul punto dall’appellante principale) affermato il suo diritto ad ottenere la richiesta concessione, ha tuttavia individuato ( come del resto la stessa appellante principale riconosce ) “le modalità attraverso cui l’intervento sarebbe ammissibile dalle norme urbanistiche” ( pag. 11 app. ), o, come meglio precisato dal T.A.R. nella sentenza impugnata, “la possibilità di rilascio di un titolo edilizio che indiscutibilmente alterava, per ampiezza di volumi e superfici consentite, il rapporto preesistente tra costruzioni limitrofe,”, al cui mantenimento, aggiunge il Collegio, l’opponente aveva ( ed ha ), in virtù della situazione di stabile collegamento di cui s’è detto, un qualificato interesse; sotto questo profilo, la concessione edilizia successivamente rilasciata ( oggetto del petitum di annullamento formulato con lo stesso ricorso e che, come s’è visto, il ricorrente era sicuramente legittimato ad impugnare ) rappresenta l’atto conclusivo del procedimento posto in essere dal Comune in esecuzione della sentenza opposta, trattandosi di rinnovazione del procedimento attivato a suo tempo dall’interessato con la richiesta di concessione, con l’eliminazione dei vizii in precedenza ravvisati; pertanto è riconoscibile in capo all’opponente la titolarità di un diritto autonomo, la cui tutela è incompatibile con la situazione giuridica risultante dalla sentenza n. 4838/2002 pronunciata dal T.A.R. tra altre parti e che funge dunque da presupposto della sua legittimazione ad impugnare la sentenza stessa con lo strumento dell’opposizione di terzo, di cui al primo comma dell’art. 404 c.p.c.;3) né la contestuale proposizione, col ricorso di primo grado, di tale azione unitamente a quella di annullamento della concessione edilizia poi rilasciata dal Comune all’ésito di detta rinnovazione può ritenersi, come pretende l’appellante principale, inammissibile, giacché devono ritenersi giuridicamente e logicamente cumulabili le domande, che, come appunto accade nel caso di specie, presentano identità di oggetto e di contenuto e sono vòlte alla tutela dello stesso interesse ( il principio, già immanente nell’ordinamento, è stato poi tradotto in norma positiva dall’art. 32 c.p.a. ). Si evita così, peraltro, un possibile contrasto sia di giudicati che di accertamenti;4) nella fattispecie, infine, a differenza di quanto dedotto dall’appellante principale, il ricorso di primo grado non risulta tardivo. Lo stesso, infatti, è stato ritualmente proposto nel términe di sessanta giorni previsto dall’art. 21, comma 1, della legge n. 1034/1971, decorrente dalla piena conoscenza dell’atto impugnato, che l’interessato afferma di aver acquisito a séguito dell’accesso agli atti conseguito in data 19 maggio 2004. Invero, come evidenziato da tempo da questo Consiglio ( v. sez. V, 17 gennaio 1994, n. 29 ), la prova della piena conoscenza di una concessione edilizia assentita a terzi incombe sulla parte, che eccepisca la tardività dell’impugnazione. A tal fine, in caso di mancanza di univoci elementi probatòrii che depongano per una conoscenza acquisita in un preciso, diverso, momento storico, il términe per ricorrere decorre dall’ultimazione dei lavori. Nel caso di specie l’appellante principale, nell’eccepire la tardività dell’impugnativa, non ha fornito prova alcuna in ordine alla piena conoscenza della gravata concessione edilizia n. 21/2003 assentita alla confinante, da parte dell’originario ricorrente, in un momento storico tale da poter fare considerare tardivo, alla stregua del citato art. 21, il ricorso introduttivo. In particolare, non viene affatto provato che l’odierno appellato abbia avuto conoscenza della comunicazione di inizio dei lavori di cui alla concessione ( anche a voler ammettere che la stessa potesse valere a rivelare in modo certo ed inequivoco le essenziali caratteristiche dell’opera ) in data anteriore a quella del 19 maggio 2004, né che i lavori fossero, anteriormente a detta data, ad uno stato di avanzamento tale da consentire all’originario ricorrente di percepire la eventuale non conformità del titolo autorizzatòrio alla disciplina urbanistica di settore, sicché, in mancanza di in equivoci elementi probatòrii, il términe non può che decorrere dalla predetta data del 19 maggio 2004. Nemmeno, poi, può diversamente arguirsi dalla affermata ( dall’appellante principale ) rituale esposizione del cartello di cantiere ( il quale recava l’oggetto della concessione “ampliamento dell’esistente” ), giacché, in disparte ancora una volta la questione dell’idoneità di siffatta indicazione a rendere il controinteressato edotto della lesività della concessione e del suo contrasto con le norme urbanistiche sotto i profili poi dedotti in giudizio, non v’è alcuna prova in atti che il cartello stesso sia stato effettivamente apposto in loco in data anteriore al 19 maggio 2004. In conclusione sul punto, non essendo stata rigorosamente provata con elementi oggettivi dall’appellante principale una data di conoscenza del provvedimento impugnato diversa da quella ragionevolmente esposta dal controinteressato, l’eccezione di tardività del ricorso di primo grado riproposta con l’appello principale va respinta, in quanto, si ripete, non v’è prova certa ( non potendo sul punto farsi ricorso a mere presunzioni ) che il ricorrente originario abbia avuto la “piena conoscenza” dell’atto impugnato prima della data da lui indicata ( 19 maggio 2004 ).»

Sintesi: L’orientamento giurisprudenziale che si è formato sotto il vigore dell’art. 31, l. n. 1150/1942 in tema di legittimazione ad impugnare il titolo edilizio conserva validità anche nel regime delineato dal testo unico dell’edilizia.

Estratto: «Con riferimento alle controversie relative alla realizzazione di interventi edilizi, la legittimazione ad impugnare ha trovato una specifica disciplina nell’art. 31, nono comma, della legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150, nel testo sostituito dall’art. 10 della legge 6.8.1967 n. 765, che attribuiva a "chiunque"...
[...omissis...]

Sintesi: L'abrogazione dell’art. 31 della legge 1150/42 ad opera dell’art. 136 del DPR 380/01 non rileva ai fini della determinazione dell'interesse a ricorrere contro i titoli edilizi, che deve essere tuttora riconosciuto in capo ai ricorrenti che abbiano uno stabile collegamento con la zona in cui è prevista la realizzazione dell'opera.

Estratto: «Gli interessati comprovano di abitare in via san Giacomo 50, sì che in base a tali elementi sussistono la legittimazione e l’interesse a proporre la presente domanda, posto che i fondi in questione fanno parte della medesima zona presa in esame dagli strumenti urbanistico e paesaggistico vigenti.
[...omissis...]

GIUDIZIO --> LEGITTIMAZIONE ATTIVA --> SOGGETTI --> PROPRIETARIO CONFINANTE --> PROGETTI

Sintesi: La mera vicinanza dell’abitazione alla realizzanda opera pubblica non costituisce di per sé elemento fondante la legittimazione attiva del proprietario dell’abitazione stessa alla proposizione dell’azione giurisdizionale, essendo necessario, affinché la legittimazione si fondi, che il proprietario dimostri o, perlomeno, alleghi, che l’opera è in grado di arrecare un danno concreto ai propri interessi, quali la perdita di valore dell’abitazione, la violazione delle distanze minime di sicurezza, la potenziale dannosità per la salute delle persone che vivono nelle sue vicinanze.

Sintesi: In caso di azione proposta ai fini di tutela ambientale, la vicinitas alla realizzanda opera pubblica costituisce elemento in grado di conferire posizione differenziata a coloro che possono farla valere; e costituisce dunque elemento qualificante della legittimazione ad agire di costoro.

Estratto: «4.2. Come precisato in giurisprudenza, la mera vicinanza dell’abitazione alla realizzanda opera pubblica non costituisce di per sé elemento fondante la legittimazione attiva del proprietario dell’abitazione stessa alla proposizione dell’azione giurisdizionale, essendo necessario, affinché la legittimazione si fondi, che il proprietario dimostri o, perlomeno, alleghi, che l’opera è in grado di arrecare un danno concreto ai propri interessi, quali la perdita di valore dell’abitazione, la violazione delle distanze minime di sicurezza, la potenziale dannosità per la salute delle persone che vivono nelle sue vicinanze.4.3. Nel caso concreto i suindicati soggetti, pur non interessati dalle espropriazioni, non si sono limitati a dedurre la vicinanza delle abitazioni di loro proprietà alla ferrovia quale elemento di per sé sufficiente a fondare la legittimazione attiva, ma hanno anche dato conto delle potenziali ricadute negative che la realizzanda opera potrebbe produrre sui residenti in prossimità della stessa.4.4. Nel ricorso si deduce infatti che il quadruplicamento dei binari potrebbe avere riflessi negativi: a) sulla popolazione e sulla qualità della vita, in quanto il raddoppio della linea comporterebbe un notevole incremento del numero dei passaggi di treni veloci e merci, con ricadute negative in punto di vibrazioni e rumore; b) sulla sicurezza, in quanto l’apposizione di un quarto binario determinerebbe il passaggio veloce dei convogli ferroviari in stretta prossimità di stabilimenti classificati a rischio di incidente.4.5. Deve dirsi pertanto che, nella fattispecie, il criterio della vicinitas è stato corredato dagli elementi necessari per fondare la legittimazione alla proposizione dell’azione processuale.4.6. Inoltre, i ricorrenti fanno valere, fra l’altro, l’interesse alla salvaguardia di valori ambientali afferenti al contesto abitativo nel quale sono insediati, lamentando che l’opera impatterebbe negativamente su un territorio che, per quanto densamente urbanizzato, conserva ancora siti ambientali di pregio, rifugio e garanzia di sopravvivenza di una fauna diversificata.4.7. Va allora richiamato, per ribadire la sussistenza della loro legittimazione attiva, quanto ormai costantemente affermato dalla giurisprudenza secondo la quale, in caso di azione proposta ai fini di tutela ambientale, la vicinitas costituisce elemento in grado di conferire posizione differenziata a coloro che possono farla valere; e costituisce dunque elemento qualificante della legittimazione ad agire di costoro (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 11 novembre 2011n. 5986).4.8. Né, più in generale, può ritenersi che la legittimazione ad agire sia da escludere in quanto alcuni dei ricorrenti sarebbero in posizione di conflitto di interesse rispetto ad altri. Tale conflitto di interessi è invero allo stato del tutto insussistente, posto che l’annullamento degli atti impugnati andrebbe a vantaggio di tutti gli interessati, i quali, in caso di accoglimento del ricorso, otterrebbero il risultato di impedire la realizzazione di un’opera da loro ritenuta eccessivamente impattante sul contesto ambientale nel quale vivono.»

Sintesi: Il principio per cui il terzo ha titolo ad adire il Giudice amministrativo quando esista una situazione soggettiva ed oggettiva di stabile collegamento con la zona coinvolta da un intervento che, se illegittimamente assentito, sia idoneo ad arrecare pregiudizio ai valori urbanistici della zona medesima, può agevolmente essere esteso – per intuibili ragioni sistematiche – alla materia dell’impugnativa di delibere comunali di approvazione di progetti comunque incidenti sui valori urbanistici della zona.

Estratto: «2. In primo luogo deve essere esaminato l’appello incidentale, con cui il Comune di Ossuccio ha chiesto che la sentenza in epigrafe sia riformata per la parte in cui ha omesso di rilevare che la venuta a scadenza della concessione di boa a suo tempo rilasciata in favore dell’appellante avrebbe fatto venir meno la posizione legittimante alla proposizione e alla coltivazione del ricorso, così come l’interesse alla sua stessa prosecuzione.Nella tesi del Comune, infatti, una volta venuta a scadenza la concessione a suo tempo rilasciata in favore della signora G., in capo a quest’ultima non sussisterebbe più un interesse di carattere differenziato e qualificato relativo alla presentazione di progetti volti alla modifica delle aree rivierasche.2.1. L’argomento non può essere condiviso.Si osserva al riguardo che, anche ad annettere rilevanza ai fini del decidere al fatto che, nelle more del giudizio, sia venuta a scadenza la concessione demaniale a suo tempo rilasciata in favore della signora G. per il mantenimento di una boa sulla medesima area interessata dal progetto comunale, nondimeno la stessa vanterebbe un’autonoma legittimazione ed interesse alla coltivazione del ricorso nella sua indiscussa qualità di proprietario di un immobile antistante l’area interessata dal progetto per cui è causa.Al riguardo il Collegio ritiene di prestare adesione al condiviso orientamento secondo cui il terzo ha titolo ad adire il Giudice amministrativo quando esista una situazione soggettiva ed oggettiva di stabile collegamento con la zona coinvolta da un intervento che, se illegittimamente assentito, sia idoneo ad arrecare pregiudizio ai valori urbanistici della zona medesima, onde la qualifica giuridica di proprietario di un bene immobile confinante deve di per sé ritenersi idonea a radicare la legittimazione e l'interesse al ricorso, non occorrendo altresì la verifica della concreta lesione di un qualsiasi altro interesse giuridicamente rilevante (Cons. Stato, IV, 29 luglio 2009, n. 4756).La giurisprudenza di questo Consiglio ha altresì stabilito che l'art. 31 comma 9, della l. 17 agosto 1942, n. 1150 (come modificato dall'art. 10 l. 6 agosto 1967 n. 765), nel legittimare chiunque a ricorrere contro le concessioni edilizie, pur non avendo introdotto un'azione popolare, va comunque correttamente inteso nel senso che deve riconoscersi una posizione qualificata e differenziata ai singoli proprietari siti nella zona in cui la costruzione è assentita e a tutti coloro che si trovino in una situazione di stabile collegamento con la zona stessa, ove gli stessi ritengano che per effetto della nuova costruzione, in contrasto con le prescrizioni urbanistiche, si determini una rilevante e pregiudizievole alterazione del preesistente assetto urbanistico ed edilizio, che i ricorrenti intenderebbero, invece, conservare (Cons. Stato, IV, 11 aprile 2007, n. 1672).Ad avviso del Collegio il principio di diritto testé richiamato, pur essendo stato affermato in relazione all’impugnativa di concessioni edilizie, può agevolmente essere esteso – per intuibili ragioni sistematiche – alla materia che qui rileva dell’impugnativa di delibere comunali di approvazione di progetti comunque incidenti sui valori urbanistici della zona.»

GIUDIZIO --> LEGITTIMAZIONE ATTIVA --> SOGGETTI --> PROPRIETARIO CONFINANTE --> SANZIONI EDILIZIE

Sintesi: Al proprietario confinante deve riconoscersi sia la legittimazione sia l’ interesse a censurare le determinazioni sanzionatorie adottate dall'Amministrazione nei confronti del suo vicino.

Sintesi: Il proprietario di un' area o di un fabbricato, nella cui sfera giuridica incide dannosamente il mancato esercizio dei poteri ripristinatori e repressivi relativi ad abusi edilizi da parte dell'organo preposto, è titolare di un interesse legittimo all'esercizio dei medesimi poteri.

Estratto: «In via preliminare, il Comune di Erbusco ed i controinteressati eccepiscono la carenza di legittimazione al ricorso di tale Società, rilevando che il vicino o confinante non avrebbe alcuna legittimazione a sindacare il contenuto della sanzione irrogata per un abuso edilizio...
[...omissis...]

GIUDIZIO --> LEGITTIMAZIONE ATTIVA --> SOGGETTI --> PROPRIETARIO CONFINANTE --> STRUMENTO URBANISTICO ATTUATIVO

Sintesi: La qualifica giuridica di proprietario di un bene immobile confinante deve, di per sé, ritenersi idonea a creare la legittimazione e l'interesse al ricorso, dal momento in cui si ha conoscenza dell’intervento edilizio a confine; all’uopo, non occorre neppure che sia verificata in capo al ricorrente la concreta lesione di un particolare interesse di rilevanza giuridica riferibile a norme di diritto privato o di diritto pubblico.

Estratto: «IV - Non è tardivo il gravame proposto avverso le deliberazioni consiliari di approvazione del piano di recupero, atteso che il piano di recupero e le relative norme tecniche di attuazione sono atti a contenuto generale destinati a regolare la futura attività edilizia e, in quanto tali, non sono di per sé immediatamente lesivi di posizioni giuridiche soggettive dei singoli (cfr.: Cons. Stato IV, 12.7.2002 n. 3929). L'interesse a impugnare dei ricorrenti è divenuto attuale soltanto nel momento in cui essi hanno preso conoscenza delle potenzialità lesive derivanti dall'approvazione di un progetto edilizio sviluppante nuove volumetrie in una zona che essi sapevano satura (cfr.: T.A.R. Liguria Genova I, 16.2.2008 n. 307). Sotto tale profilo, il ricorso avverso gli atti pianificatori comunali è da ritenersi ammissibile, poiché il termine per impugnare va computato dal momento in cui i ricorrenti hanno avuto conoscenza della lesione del proprio interesse. D’altro canto, stando a una consolidata giurisprudenza, la qualifica giuridica di proprietario di un bene immobile confinante deve, di per sé, ritenersi idonea a creare la legittimazione e l'interesse al ricorso, dal momento in cui si ha conoscenza dell’intervento edilizio a confine; all’uopo, non occorre neppure che sia verificata in capo al ricorrente la concreta lesione di un particolare interesse di rilevanza giuridica riferibile a norme di diritto privato o di diritto pubblico (cfr.: Cons. Stato V, 15.2.2010 n. 809; T.A.R. Campania Napoli VIII, 8.4.2011 n. 2028). Pertanto, è da ritenersi ammissibile, nei limiti dell’interesse dei ricorrenti, l’impugnativa del piano di recupero e delle relative n.t.a., vale a dire dei diversi e successivi provvedimenti che hanno portato all’approvazione di essi.»

Sintesi: La legittimazione all’impugnazione da parte dei proprietarii dei fondi confinanti a prescindere dalla verifica della concreta lesione di un qualsiasi altro interesse giuridicamente rilevante, va riconosciuta anche allorché l’interesse alla legittimità dell’operato dell’Amministrazione attenga ad un piano urbanistico attuativo.

Estratto: «Né si presenta suscettibile di accoglimento l'obiezione degli odierni appellati/appellanti incidentali imperniata sulla distinzione tra materia urbanistica ed edilizia, giacché gli enunciati principii in materia di legittimazione all’impugnazione da parte dei proprietarii dei fondi confinanti (e nella specie è incontestato che l’immobile oggetto del controverso intervento di recupero sia antistante a quello di proprietà della ricorrente in primo grado odierna appellante principale) risultano applicabili anche allorché l’interesse alla legittimità dell’operato dell’Amministrazione, strumentale alla difesa della tipologia di zona e dunque alla tutela delle esistenti proprietà a fronte di opere che ne turbino (o siano potenzialmente idonei a turbarne) l’originario ed ordinato sviluppo, attenga ad un piano urbanistico attuativo, suscettibile, ancor più del singolo permesso di costruire, di determinare quella rilevante e pregiudizievole alterazione del preesistente assetto urbanistico ed edilizio, che la ricorrente intende qui conservare (Cons. St., V, 28 giugno 2004, n. 4790).»

Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.