TITOLO EDILIZIO

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Dalla denuncia alla segnalazione certificata di inizio attività; considerazioni sull’ambito applicativo degli istituti

Il comma 4-bis dell'art. 49 del d.l. n. 78/2010 conv., con modif., in legge n. 122/2010, introdotto in sede di conversione, ha integralmente sostituito l'art. 19 della legge n. 241/1990, eliminando dal nostro sistema l'istituto della dichiarazione di inizio attività (d.i.a.) e introducendo al suo posto la segnalazione certificata di inizio attività (s.c.i.a.). L’istituto della d.i.a. comparve per la prima volta nel nostro ordinamento nell’art. 19 della legge n. 241/1990.

L’evoluzione storica dei titoli edilizi e della semplificazione in materia edilizia: dalla licenza edilizia al permesso di costruire e alla d.i.a..

Il settore dell’edilizia è sempre stato una sorta di «cantiere aperto», in cui gli interventi normativi di semplificazione delle modalità di conseguimento del titolo abilitativo si sono susseguiti in maniera alluvionale, creando molteplici problemi di coordinamento tra le fonti

Il rapporto tra l’art. 19 della legge n. 241/1990 e la d.i.a. edilizia; l’applicabilità della s.c.i.a. al settore dell’edilizia e la sostituibilità con s.c.i.a. del permesso di costruire

nel momento in cui venne introdotta, la d.i.a. edilizia si discostava in modo assai rilevante dal modello generale configurato dall’art. 19 della legge n. 241/1990, così come sostituito dall’art. 2 della legge n. 537/1993, che peraltro escludeva dal suo ambito di applicazione le «concessioni edilizie»

S.c.i.a. e d.i.a. in edilizia: inquadramento generale

Sono sottoposti a permesso di costruire gli interventi espressione dello ius aedificandi, sono assoggettate a s.c.i.a. quelle attività che invece sono manifestazione dello ius utendi. Differenza che si ripercuote sul regime autorizzatorio in ragione del rilievo che gli stessi interventi assumono per la collettività, che ha un interesse a che la P.A. esegua un controllo diretto solo su quelle attività che trasformano in modo rilevante e duraturo il territorio.

La potestà legislativa regionale in tema di interventi sottoposti a s.c.i.a., d.i.a. e permesso di costruire

le Regioni possono individuare con legge ulteriori interventi che, in relazione all’incidenza sul territorio e sul carico urbanistico, sono sottoposti a permesso di costruire e che l’art. 22, co. 4, T.U. prevede che le Regioni a statuto ordinario possano ampliare o ridurre l’ambito di applicazione della d.i.a..

L'attività di edilizia libera senza comunicazione preventiva al Comune

Allo scopo di delimitare «in negativo» l’ambito di applicazione della s.c.i.a. è necessario esaminare gli interventi di «attività edilizia libera», previsti dall’art. 6 T.U., così come sostituito dall’art. 5 del d.l. n. 40/2010 , che ha introdotto la distinzione tra le attività di edilizia libera senza comunicazione preventiva al Comune, e quelle assoggettata a comunicazione preventiva.

La s.c.i.a. applicata all’edilizia: come cambia il procedimento con la legge 124/2015

Una diversità rilevante tra s.c.i.a. e d.i.a. edilizia si ha sul piano dei poteri esercitabili dalla P.A., che sono regolati dai commi 3 e 6-bis dell’art. 19 della legge n. 241/1990 , così come modificati dall’art. 6, co. 1, lett. a), della legge n. 124/2015.

L'indice fondiario virtuale negli ambiti di trasformazione

Prima ancora che sul piano applicativo, la perequazione soffre gravissime incertezze sul piano terminologico. La dottrina che si è occupata dell’argomento ha sempre avuto cura di precisare che non esiste un unico modello perequativo, dovendosi piuttosto parlare, al plurale, di modelli perequativi. Tali modelli sono accomunati tutti dalla medesima origine, trovando storicamente i propri natali nella volontà di superare l'istituto per sua stessa natura diseguagliante dello zoning razionalista

Effetti dell'asservimento urbanistico

L’effetto positivo per il privato è l’aumento della volumetria assentibile sul proprio fondo. Ed invero, l’asservimento permette normalmente di edificare un immobile di volumetria superiore rispetto a quella che potrebbe sviluppare un terreno isolatamente considerato. L’effetto negativo per il privato è invece la sterilizzazione della superficie asservita, che dà luogo a tematiche delicatissime e particolarmente frequenti nella prassi.

Storia normativa della densità edilizia

L’esigenza di regolare la densità degli edifici non è coeva all’ordinamento urbanistico italiano. Nella versione originaria della legge 1150/1942, infatti, l’istituto non era oggetto di alcuna esplicita regolamentazione. Di conseguenza, la disciplina della densità edilizia era rimessa all’autonomia dei vari pianificatori .

Zonizzazione ed indici di edificabilità

Cominciando dalle zone identificate sulla base di criteri funzionali vengono anzitutto in rilievo le zone D, che comprendono principalmente le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali, ma anche le parti destinate ad altri insediamenti produttivi assimilabili a quelli industriali cioè agli impianti produttivi in senso economico.

Interventi e indici nelle zone di completamento

Se la zona è già edificata, ma non presenta le caratteristiche di centro storico come sopra definite, si tratterà di zona B. A questo proposito, però, il Ministro dei lavori pubblici ha giustamente avvertito l’esigenza di chiarire cosa si debba intendere per zona edificata.

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