Zonizzazione ed indici di edificabilità

3. Zonizzazione ed indici di edificabilità




La scelta di definire gli standard urbanistici in relazione alle caratteristiche tipologiche della zona è anticipata dalla legge ponte [1] e fatta propria dal suo regolamento di attuazione, la cui seconda disposizione introduttiva ha cura di definire le sei zone territoriali omogenee in cui deve essere diviso il territorio comunale. Per l’individuazione di tali zone, il legislatore ha dettato criteri quanto mai vaghi, limitandosi a richiedere una generica omogeneità [2], con la conseguenza che, al momento di darvi attuazione, il Governo ha potuto adottare parametri non omogenei, combinando criteri oggettivi e criteri funzionali [3]. Ai fini della zonizzazione, in effetti, il d.m. 1444/1968 prende in esame sia il dato reale dell’insediamento attuale [4], sia la destinazione presente o futura delle singole zone [5]. In particolare, il criterio funzionale viene in rilievo in rela... _OMISSIS_ ... D, E ed F, mentre le condizioni dell’insediamento caratterizzano le zone A, B e C [6].

Ad ogni zona territoriale omogenea sono collegati specifici limiti inderogabili, che frenano la discrezionalità del pianificatore in considerazione delle caratteristiche di zona. Nel dettaglio, gli artt. 4, 5 e 6 del decreto si occupano delle quantità minime di spazi pubblici, l’art. 8 si occupa dei limiti di altezza degli edifici e l’art. 9 si occupa delle distanze tra i fabbricati. Particolare rilievo, naturalmente, riveste poi l’art. 7, che fissa i «limiti di densità edilizia» [7] in relazione alle singole zone territoriali omogenee.




4. Gli indici di edificabilità nelle zone funzionalmente qualificate (zone D, E ed F)




Cominciando dalle zone identificate sulla base di criteri funzionali vengono anzitutto in rilievo le zone D, che comprendono principalmen... _OMISSIS_ ... territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali [8], ma anche le parti destinate ad altri insediamenti produttivi assimilabili a quelli industriali [9] cioè agli impianti produttivi in senso economico [10]. L’individuazione di queste zone è rimessa alla discrezionalità del pianificatore, seppur nei consueti limiti di ragionevolezza [11].

Per esse non viene fissato alcun indice di edificabilità speciale nell’art. 7 del decreto ministeriale [12], con la conseguenza che i limiti di densità edilizia sono stabiliti dagli strumenti urbanistici, sia per gli insediamenti con vocazione propriamente industriale, sia per quelli con vocazione commerciale o direzionale [13].

Sulla base di un criterio principalmente funzionale sono identificate anche le zone F, che sono definite in termini di «parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale» [14] e costituiscono una zona urbanist... _OMISSIS_ ...articolare [15]. Anche per esse, però, l’art. 7 non fissa alcun indice di edificabilità, rinviando al pianificatore la determinazione delle soglie di densità edilizia [16], con le implicazioni tecniche di cui si dirà [17].

L’ultima zona caratterizzata principalmente sulla base delle sue peculiarità funzionali è la zona E, che comprende essenzialmente «le parti del territorio destinate ad usi agricoli» [18]. Il concetto di «uso agricolo», peraltro, è costantemente interpretato in senso ampio dalla giurisprudenza amministrativa, che ammette l’uso di queste zone come «argine all’espansione urbanizzativa e al consumo di territorio» [19], giungendo talvolta a parlare di «polmone dell’insediamento urbano» [20]. Lungi dall’essere necessaria la reale coltivazione dell’area [21], quindi, ai fini della qualificazione in termini di zona agricola è sufficiente che l’amminis... _OMISSIS_ ...valutazione insindacabile - ritenga opportuno garantire ad una parte del territorio comunale «quella quota di valori naturalistici necessaria a compensare gli effetti dell’espansione dell’aggregato urbano» [22]. Fermo restando, allora, che non è corretto qualificare in termini di zone E tutte le z.t.o. non oggetto di differente classificazione [23], l’ampia discrezionalità del pianificatore in relazione a queste scelte trova conferma nella scarsa ricorrenza di fattispecie nelle quali la qualificazione di una parte del territorio comunale in termini di zona E è stata ritenuta illegittima dalla giurisprudenza amministrativa [24]. Lo stesso legislatore, inoltre, giunge talvolta ad ammettere che in queste zone siano edificate opere non agricole [25], con buona pace delle relative finalità ambientali.

Di tutte le zone funzionalmente orientate, le zone agricole sono le sole per le quali il d.m. 1444/1968, fissa un indice di edificab... _OMISSIS_ ...do che, all’interno di questi ambiti, «è prescritta per le abitazioni la massima densità fondiaria di mc 0,03 per metro quadro» [26]. Secondo parte della dottrina, anzi, la densità edilizia dettata per la zona E è «l’unica prescrizione autonoma e veramente inderogabile» [27] dell’intero art. 7: ciò si giustifica perché, in effetti, in relazione a tutte le altre z.t.o. prese in esame la disposizione in parola fa ampio riferimento agli altri standard fissati dal d.m. 1444/1968, con il risultato che la densità edilizia sembra perdere la propria autonomia.

Si tratta in tutta evidenza di un indice di edificabilità particolarmente ridotto: un appezzamento quadrato di 100 metri di lato potrà infatti sviluppare una volumetria di appena 300 mc, cioè grossomodo un appartamento di un piano soltanto e di 10 metri di lato. La logica di questa prescrizione va cercata proprio nell’evitare che l’attività edilizia alter... _OMISSIS_ ...tata vocazione naturalistica della zona in esame. In dottrina, peraltro, si suggerisce talvolta di ridurre ulteriormente questo parametro, in considerazione delle reali caratteristiche della zona e segnatamente laddove si tratti di boschi [28] o «di grandi estensioni di un unico proprietario, privato o consortile» [29]: il legislatore regionale, come si vedrà [30], ha talvolta dato ascolto a queste indicazioni.

La definizione delle zone E fa peraltro salvo il caso in cui il frazionamento della proprietà agricola sia tale da imporre l’edilizia tipica delle zone di espansione [31]. La previsione non sembra dettata dal fatto che gli spazi angusti mal si prestano ad essere coltivati, dal momento che è espressamente confermato il carattere agricolo di queste aree: in altre parole, il Ministero non esclude a priori che aree di questo tipo siano comunque coltivate, ad esempio in forza di contratti agrari che unifichino la disponibilità del fondo... _OMISSIS_ ... la prescrizione sembra vietare che l’art. 2 del d.m. 1444/1968 sia letto come un’autorizzazione a sottrarre le aree di questo tipo alla loro vocazione comunque agricola. Come rilevato dal TAR Roma, dunque, la disposizione mira «a consentire edificazione anche su aree non aventi misure sufficienti rispetto agli indici di fabbricabilità delle zone agricole» [32]. In altre parole la normativa nazionale rileva che se le aree di questo tipo fossero edificate secondo i parametri tipici delle zone agricole - come sarebbe normale, dal momento che di zone agricole in effetti si tratta - esse finirebbero per essere inedificabili di fatto: per edificare un immobile di 300 mc in zona agricola, ad esempio, occorre una superficie di 6000 mq e chiunque può rendersi conto di quanto sia difficile ottenere l’asservimento di 5500 mq per colui che dispone di un orto di 500 mq soltanto. In simili ipotesi, dunque, il d.m. solleva il pianificatore dai rigorosi pa... _OMISSIS_ ... dalla seconda parte del d.m. 1444/1968 e quindi in primis dai limiti di densità edilizia di cui al n. 4) dell’art. 7.

Poiché comunque - giova ripetere - si tratta pur sempre di zone con vocazione agricola, è evidentemente inopportuno che gli indici siano elevati fino a raggiungere la densità tipica delle zone di espansione, tant’è che in certi casi il legislatore regionale ha subordinato l’edificazione di queste zone a parametri del tutto simili alle zone agricole [33], pur facendo salva la relativa qualificazione in termini di zona C [34]. Dal canto suo, poi, la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che il beneficio edificatorio è subordinato all’uso abitativo degli erigendi immobili, con la conseguenza che non può essere invocato da chi miri ad un’edilizia di carattere produttivo o industriale [35].




5. Gli indici di edificabilità nei centri storici (zone A): identificazione delle zo... _OMISSIS_ ...LF|


Per distinguere le zone che non sono destinate a nuovi insediamenti industriali o assimilabili, né ad usi agricoli, né ad attrezzature ed impianti di interesse generale - cioè per distinguere le zone A, B e C - occorre far principalmente riferimento alle caratteristiche oggettive dell’insediamento, presente e futuro.

Anzitutto, se l’insediamento mostra le caratteristiche di centro storico, si tratterà di zona A. La definizione del centro storico dipende principalmente dall’oggettiva esistenza di edifici di particolare pregio storico, artistico o ambientale [36], ma va intesa in senso ampio, come riconosciuto anche dalla più recente giurisprudenza amministrativa [37]. Per espressa disposizione regolamentare, infatti, la zona in discorso si estende alle parti del territorio in cui edifici di particolare pregio si affiancano ad immobili sprovvisti di tali caratteristiche [38], nonché alle aree circostanti se, in ... _OMISSIS_ ...esime caratteristiche, possono essere considerati parti integranti del centro storico [39]. A questo proposito, alcune importanti indicazioni si possono trarre dalla circolare del Ministero dei lavori pubblici 28 ottobre 1967, n. 3210, recante istruzioni per l’applicazione della legge ponte: nel modificare la legge urbanistica, infatti, quest’ultima vi introduceva anche un fondamentale riferimento all’agglomerato urbano di «carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale» [40] e benché la previsione di legge sia stata successivamente abrogata, la circolare interpretativa seguita a costituire il perno dell’identificazione delle zone A.

Sul punto la circolare evidenzia anzitutto alcune ipotesi in cui la perimetrazione del centro storico non può far sorgere incertezze interpretative, perché identificato da vincoli paesaggistici [41] o dagli strumenti urbanistici comunali [42]. Il profilo di maggior interesse... _OMISSIS_ ...uello in cui il Ministero suggerisce ai Comuni alcuni possibili criteri per l’individuazione dei centri storici ancora da perimetrare, che è già ritenuta un’operazione opportuna [43], benché all’epoca la tipizzazione delle z.t.o. debba ancora intervenire [44]. A questo proposito vengono fissati tre specifici elementi da considerare e segnatamente la datazione preunitaria [45] la sopravvivenza di mura cittadine [46] e l’alta qualificazione edilizia [47]: tre elementi ai quali la dottrina seguita a rivolgere la propria attenzione ancora oggi [48]. La giurisprudenza amministrativa, dal canto suo, ha poi avuto modo di osservare che non è escluso che una zona A si riduca ad un solo edificio, salvo il limite della congruità e ragionevolezza di una scelta pianificatoria così peculiare [49].