La costituzione di servitù di gasdotto volontaria e la sua imposizione coattiva

La servitù può costituirsi bonariamente (servitù bonaria o volontaria) o coattivamente (servitù coattiva o legale).

Nel caso delle servitù volontarie, i soggetti beneficiari dell’asservimento, come le società che realizzano infrastrutture energetiche, contattano solitamente i proprietari dei fondi serventi per instaurare un rapporto diretto e proporre un accordo per la costituzione della servitù. Una volta sottoscritto il contratto, l’indennità spettante ai proprietari del fondo servente viene determinata in base alla natura e all’entità degli specifici vincoli imposti dalla servitù. Tale accordo rappresenta un passaggio preliminare alla costituzione della servitù di metanodotto, che deve essere autenticata davanti a un Notaio e regolarmente trascritta nei Pubblici Registri.

In questa fase il D.P.R. 327/2001 non trova applicazione, salvo che per l’ottenimento del Decreto di Pubblica Utilità dell’opera.

Nel caso di mancato accordo, il soggetto beneficiario deve, invece, necessariamente ricorrere allo strumento della servitù coattiva per realizzare l’opera. In tal caso l’indennità viene determinata dall’Autorità Espropriante (di seguito anche “Asservente”) mediante un provvedimento amministrativo, ai sensi del Testo Unico Espropri (T.U.E.).

Il procedimento è delineato dall’art. 52-octies del T.U.E., richiamato nella precedente Sezione 2, e prevede che l’imposizione della servitù avvenga, esattamente come accade per gli espropri, tramite l’emanazione e l’esecuzione di un decreto che indichi anche l’ammontare dell’indennità determinata in via provvisoria.

Infatti, in caso di mancato accordo bonario, viene redatto un piano particellare che individua le proprietà non concordatarie, corredato dalla documentazione cartografica e dall’indennità provvisoria per l’asservimento e per l’occupazione temporanea (spesso anche comprensiva dei danni al soprassuolo). Questo piano è propedeutico all’emanazione del Decreto di asservimento e di occupazione temporanea, che, nella maggior parte dei casi, e qualora i lavori rivestano carattere d’urgenza, viene emesso dalle Autorità Esproprianti ai sensi dell’art. 22 del D.P.R. 327/2001.

Le condizioni, i contenuti, gli effetti e le modalità di esecuzione ricalcano quelle del decreto di esproprio (di cui agli artt. 23 e 24 del D.P.R. 327/2001).

Il Decreto di asservimento è notificato dall’Autorità Espropriante o dal beneficiario della servitù nelle forme degli atti processuali civili, unitamente a un avviso indicante il luogo, il giorno e l’ora fissati per l’esecuzione mediante immissione in possesso, che non può avvenire prima del settimo giorno successivo alla data di notifica del decreto.

L’esecuzione del Decreto, con l’immissione in possesso, autorizza immediatamente l’avvio dei lavori. Nel contempo, ai sensi dell’art. 22, i proprietari dei fondi serventi possono ancora accettare l’indennità indicata nel Decreto; in tal caso l’Autorità Espropriante emette un’ordinanza di pagamento e il beneficiario provvede alla liquidazione, previa presentazione da parte dei proprietari della documentazione comprovante il titolo di proprietà.

Se i proprietari non accettano l'indennità provvisoria, sia rifiutandola esplicitamente, sia restando silenti di fronte alla comunicazione, questa viene depositata dal beneficiario dell’asservimento presso la Ragioneria Territoriale dello Stato (ex Cassa Depositi e Prestiti).

I proprietari che rifiutano l'indennità provvisoria hanno la possibilità di chiedere la determinazione dell’indennità definitiva tramite il Collegio dei Tecnici (noto anche come ‘Terna Tecnica’), ai sensi dell’art. 21 del T.U.E.

Se non viene avanzata tale richiesta, la determinazione dell’indennità è affidata alla Commissione Provinciale, istituita dall’art. 41 del T.U.E.

Prende avvio, per tal modo, la determinazione dell’indennità di asservimento e occupazione temporanea/danni in via definitiva ad opera di organi tecnici.

L’indennità diventa definitiva solo se accettata da entrambe le Parti (dalla proprietà asservita e dal beneficiario dell’asservimento); in caso contrario ciascuna può impugnare la stima innanzi alla Corte d’Appello, come previsto dall’art. 54 del T.U.E. (secondo il procedimento delineato nella precedente Sezione 2).

Si osserva, in generale, nei casi di servitù di metanodotto, una netta preferenza da parte degli interessati (beneficiari dell’asservimento) per il ricorso alle procedure bonarie. Il perfezionamento di accordi volontari porta alla definizione di una soluzione vantaggiosa per entrambe le Parti coinvolte.

Per i beneficiari dell’asservimento:

-    rapido ottenimento del titolo concessorio;

-    semplificazione delle procedure amministrative;

-    avvio immediato dei lavori;

-    instaurazione di un rapporto diretto e collaborativo con i proprietari.

Per i proprietari dei fondi serventi:

-    definizione rapida e pacifica delle procedure di asservimento;

-    pagamento tempestivo dell’indennità di servitù (contestualmente alla stipula dell’atto e prima dell’inizio dei lavori);

-    possibilità di ottenere l’approvazione di eventuali eccezioni e/o accorgimenti richiesti in merito alle limitazioni imposte dalla servitù, sempre che accoglibili tecnicamente e compatibili con le norme di sicurezza;

-    valutazione tempestiva di eventuali esigenze specifiche legate alla conduzione del fondo (es. colture pregiate, prospettive di sviluppo aziendale, ecc.) o alla sua natura (es. destinazioni urbanistiche, aspetti organizzativi e logistici, ecc.).

Per facilitare gli accordi bonari, non è raro che, prima del contatto con i proprietari dei fondi serventi, vengano sottoscritti protocolli d’intesa tra i beneficiari dell’asservimento e le rappresentanze sindacali o di categoria, che assistono e rappresentano i coltivatori proprietari o conduttori dei fondi interessati.

La partecipazione di queste rappresentanze alle fasi di definizione delle procedure e delle metodologie da adottare per la determinazione delle indennità di servitù e degli indennizzi per i danni agrari ha lo scopo di favorire un dialogo proficuo tra le Parti[1], che mira a:

-    comprendere gli obiettivi di una Parte e i diritti e le aspettative dell’altra;

-    condividere criteri e valori per la stima;

-    superare eventuali criticità, privilegiando la mediazione ed il confronto per operare con equità e trasparenza;

-    stabilire criteri unitari applicabili a ogni tipologia di interferenza con l’opera;

-    limitare il ricorso al contenzioso, così da garantire l’asservimento dei fondi in tempi brevi, previo tempestivo riconoscimento di un equo indennizzo.

Sia nelle procedure bonarie, sia in quelle coattive, prima dell’esecuzione delle opere, vengono redatti opportuni verbali (stati di consistenza) direttamente sulle aree interessate. Tali verbali rilevano il soprassuolo effettivamente esistente, le rotazioni e gli avvicendamenti realmente praticati e l’eventuale presenza di manufatti sulle aree soggette a occupazione temporanea da parte del cantiere di realizzazione del metanodotto.

Nel caso delle servitù coattive, lo stato di consistenza viene di norma redatto contestualmente alla presa di possesso (c.d. “immissione in possesso” – cfr. art. 24 D.P.R. 327/2001), con cui si dà esecuzione al Decreto di asservimento.

Lo scopo dello stato di consistenza, nel caso delle servitù bonarie, è indennizzare, al termine dei lavori i danni effettivamente causati, tra cui i mancati raccolti e il soprassuolo arboreo presenti all’inizio dei lavori, i minori redditi futuri e gli eventuali ripristini necessari.

Nel caso delle servitù coattive, laddove i danni siano già compresi nell’indennità totale provvisoria, lo stato di consistenza diventa fondamentale per la successiva rideterminazione dell’indennità definitiva da parte della Commissione Provinciale, del Collegio dei Periti o della Corte d’Appello.

La dottrina estimativa e i limiti applicativi delle formule standardizzate per la determinazione dell’indennità

Alla luce di quanto esposto finora, è emerso che attualmente non esiste una norma specifica che disciplini il calcolo dell’indennità per servitù di metanodotto, ma che, piuttosto, essa, per analogia, possa correttamente rifarsi agli stessi principi in base ai quali, secondo il Codice Civile, vengono determinati gli indennizzi per le servitù ivi normate, che presentano con il metanodotto una certa affinità (a tal proposito, la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 1567/1972, aveva già espresso un orientamento in tal senso).

In particolare, i riferimenti riguardano le servitù di acquedotto e scarico (artt. 1034-1045), le servitù di passaggio (art. 1051, 1054, 1055) e le servitù di elettrodotto (art. 1056).

Ne consegue che, ai fini della determinazione dell’indennità per servitù di metanodotto, è necessario considerare, come avviene per le altre servitù, non solo il valore della superficie di terreno interessata dalla servitù, ma anche ogni altro pregiudizio arrecato al fondo servente, in relazione alla sua destinazione. Pertanto, devono essere attentamente valutati i vincoli che incidono sul fondo, tenendo conto sia della sua destinazione urbanistica, sia dell’eventuale presenza di vincoli preesistenti, come, ad esempio, vincoli ambientali (aree vincolate ex lege, parchi, riserve, fasce rispetto ex D.Lgs. n. 42/2004) o vincoli di natura idrogeologica (aree soggette a vincolo idrogeologico, zone classificate a pericolosità o rischio idraulico, frane, ecc.).

Tuttavia, il principale problema di questo approccio risiede nel fatto che, nel caso dei metanodotti, le caratteristiche delle infrastrutture, le fasce di influenza rispetto all’asse delle condotte, i vincoli derivanti e gli effetti sul fondo servente non sono mai sempre gli stessi e possono dar luogo, caso per caso, a situazioni diverse che, ai fini estimativi, non consentono di formulare un modello unico, standardizzato e generale per il calcolo dell’indennità di servitù.

In effetti, questa tipologia di servitù si distingue dalle altre sopra menzionate per i seguenti motivi:

-    non è normata in modo specifico;

-    prevede la posa di una condotta interrata, rendendo, la servitù, di fatto, non apparente;

-    ha un impatto sostanzialmente quasi nullo sull’esercizio delle attività agricole;

-    l‘impatto è significativo solo durante il periodo in cui vengono effettuati i lavori di costruzione e nei pochi casi in cui vengono realizzati manufatti fuori terra (come, ad esempio, impianti, cabine, opere per la sicurezza della condotta).

Di conseguenza, la stima dell’indennità deve essere contestualizzata sulla base delle singole circostanze, eludendo il ricorso a un modello unico standardizzato, spesso mutuato da una bibliografia datata o applicato a situazioni teoriche e non aderenti alla realtà concreta.

Questo approccio risulta talvolta prevalente nelle decisioni delle Corti di merito, che si basano su valutazioni espresse da C.T.U. che, in assenza di norme specifiche, non elaborano un processo estimativo autonomo, ma si limitano ad applicare meccanicamente il metodo e le formule della dottrina ritenuti più idonei, senza effettuare valutazioni effettivamente specifiche e aderenti ai casi di specie.

A titolo esemplificativo, si rileva che attualmente non esistono vincoli relativi alla messa a dimora di specie arboree in prossimità dei metanodotti, nemmeno sulla superficie sovrastante le condutture, mentre in molte formule estimative presenti in bibliografia vengono ancora presi in considerazione i criteri di indennizzo per il vincolo non plantandi. In coerenza con tali pubblicazioni, numerose C.T.U. finiscono per includere erroneamente questo vincolo nel calcolo dell’indennizzo.

È necessario, perciò, sottolineare che le indennità proposte dai principali Autori (ad esempio, quella per il transito degli addetti alla manutenzione del metanodotto, stimata pari al 100% del valore venale del terreno, o quella per il divieto di messa a dimora di piante d’alto fusto, quantificata in misura pari alla metà del valore venale del terreno) non devono essere necessariamente sempre quantificate. È, infatti, opportuno che il perito verifichi ogni volta i vincoli effettivi indicati nell’atto di costituzione della servitù (o nel Decreto di asservimento coattivo) e stimi esclusivamente il “peso” di quelli concretamente previsti.

Nel caso dei metanodotti, l’estimo non offre un criterio univoco per la determinazione dell’indennità di asservimento.

Gli Autori sono generalmente concordi sulla metodologia estimativa da applicare alle servitù di passaggio, acquedotto, scarico coattivo ed elettrodotto, in quanto le norme forniscono chiare indicazioni in tal senso. Per le servitù di metanodotto, invece, si riscontrano criteri di valutazione spesso molto differenti e distanti, anche per l’assenza di una normativa chiara e specifica, come già sottolineato.

In primo luogo, i principi classici dell’estimo per la determinazione dell’indennità di asservimento di metanodotto si basano sull'analogia con le servitù di acquedotto e elettrodotto coattivi[2] al punto che, come per quest’ultimi, anche per la determinazione dell’indennità di servitù di metanodotto si è consolidato nel tempo il ricorso ad analoga procedura di stima (c.d. “additiva”).

Quest’ultima prevede l’addizione, membro per membro, degli indennizzi corrispondenti a ciascun vincolo derivante dalla costituzione della servitù, come proposto nelle formule degli Autori appresso meglio approfondite.

In secondo luogo, le tesi sostenute dai principali Autori hanno trovato conforto anche nella giurisprudenza, la quale, richiamando l’analogia con la servitù di elettrodotto, sostiene che la determinazione dell’indennità di asservimento, nei casi di metanodotto, debba essere stimata tenendo in debito conto la natura del suolo, in particolare, se edificatoria o meno[3], e prendendo in considerazione la diminuzione del valore del fondo nella sua interezza, piuttosto che limitarsi alla sola area effettivamente asservita[4].

Queste premesse giurisprudenziali hanno permesso agli studiosi di elaborare teorie alternative alla metodologia "additiva", secondo le quali si suggerisce che l'indennità per servitù di metanodotto, in funzione della destinazione del fondo, debba essere calcolata per l'intero fondo servente, attraverso una stima differenziale tra il valore del fondo prima e dopo l'asservimento, oppure, più sinteticamente, considerando una percentuale di deprezzamento.

Di seguito, si riportano le principali e più classiche teorie elaborate da M. Grillenzoni, M. Polelli, I. Michieli – M. Michieli e M. Michieli – G.B. Cipolotti.

Secondo M. Grillenzoni (1993), l'indennità di asservimento (e danni), nel caso in cui la condotta non intersechi in modo sensibile il fondo e non ricada in aree extragricole, è determinata attraverso una procedura “additiva”, secondo la quale devono essere sommati i seguenti addendi:

 

I = (V1 + Tr/r) + ½ (V2 + Tr/r) + ¼ (V3 + Tr/r) + DV0 + D   [2]

V1 + Tr/r: valore di mercato dell’area di servizio per il passaggio di addetti e mezzi per la manutenzione, al lordo delle imposte;

V2 + Tr/r: valore di mercato dell’area soggetta a limitazioni per colture arboree ad alto fusto, al lordo delle imposte;

V3 + Tr/r: valore di mercato dell’area soggetta a limitazioni di edificabilità, al lordo delle imposte;

DV0: maggiori spese di esercizio e deprezzamento dell’area;

D: danni, mancati redditi e frutti pendenti.

 

Di contro, per la valutazione dell’indennità di asservimento nei casi in cui, in terreni agricoli, la condotta interrompa l’unitarietà del fondo con pregiudizi patrimoniali o gestionali, o, in aree urbanizzate, comporti limitazioni all’edificabilità del fondo, Grillenzoni, in linea con il primo comma art. 123 RD n. 1775/1933 e con la già citata Sent. C. Cost. 46/1973, propone una procedura “integrativa”. In questo caso l'indennità di asservimento (e danni) è calcolata in base al valore complementare, che, in questo modo, va ad includere integralmente tutti i pregiudizi subiti dal fondo. Tali pregiudizi, tuttavia, dovranno essere sempre dimostrati in modo concreto e documentato:

 

I = [(Va – Vp) + Tr/r] + D                   [3]

(Va – Vp) + Tr/r: differenza tra il valore di mercato del fondo prima dell’asservimento e valore di mercato del fondo dopo l’asservimento, al lordo delle imposte;

D: danni, mancati redditi e frutti pendenti.

 

Secondo M. Polelli (2006), l'indennità di asservimento (e danni), è calcolata con la seguente formula “integrativa”:

 

I = V1 + ¼ V2 + (Va – Vp) + ½ V3 + D                      [4]

V1: valore di mercato dell’area occupata dalle tubature e dai dispositivi di controllo e di sicurezza dell’impianto, al netto delle imposte;

V2: valore di mercato dell’area sporadicamente occupata per il passaggio dei tecnici addetti alle operazioni di controllo, manutenzione, riparazione o verifiche delle strutture, determinata dalla lunghezza delle strutture della servitù per un metro di larghezza ritenuto sufficiente dal legislatore, al netto delle imposte;

V3: valore di mercato dell’area interessata dal vincolo di non coltivare piante d’alto fusto nell’area sovrastante la condotta e in un’area attigua alla stessa, ad una distanza variabile, ma comunque non inferiore ai 2 metri dall’asse delle tubazioni, al netto delle imposte;

Va – Vp: diminuzione del valore di mercato del fondo, legata all’impossibilità di edificare entro una determinata distanza dall’asse delle tubazioni o di sopraelevare una costruzione già esistente;

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Autore

AA.VV.