Le declinazioni del demanio con riguardo a beni che presentano connessioni con acque pubbliche

Demanio idrico, fluviale, lacuale, marittimo, portuale, lagunare, acquedottistico: varie sono le declinazioni del demanio con riguardo a beni che presentano connessioni con acque pubbliche.

In natura la prima e più importante distinzione delle acque è quella tra acque salate e dolci[1], e grossomodo sulla base di essa, nell’ordinamento giuridico si è radicata la distinzione[2] tra demanio marittimo e demanio idrico, intendendosi per demanio marittimo l’insieme di beni di cui al combinato disposto dell’art. 822, primo comma, c.c. e 28 cod. navigazione R.D. 30/03/1942, n. 327[3], e per demanio idrico[4] i fiumi, i torrenti, i laghi, le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia sempre appartenenti al demanio naturale necessario di cui al primo comma dell’art. 822 c.c., nonché, si ritiene[5], anche gli acquedotti[6] appartenenti al demanio eventuale artificiale di cui all’art. 822 c.c. secondo ... _OMISSIS_ ...

I beni del demanio idrico sono funzionali soprattutto all’uso potabile, irriguo, industriale, alla navigazione e alla difesa idraulica del territorio, mentre i beni del demanio marittimo lo sono rispetto alla navigazione, al traffico e alle attività turistico-balneari e ricreative.

Con specifico riguardo ai fiumi, che, diversamente dalla tradizione romanistica[7] che ammetteva i fiumi privati, appartengono al demanio naturale necessario e rientrano nella nozione di demanio idrico, si parla di demanio fluviale[8].

Come si è osservato, il demanio naturale è anche necessario, per cui un fiume è, per il solo fatto di esistere in quanto tale, un bene demaniale, senza che occorra un atto amministrativo di destinazione del bene; si tratta solo di appurare che una determinata porzione della realtà sia qualificabile “fiume”; gli eventuali atti amministrativi di individuazione... _OMISSIS_ ...iscrizione nell’elenco delle acque pubbliche) hanno un valore meramente ricognitorio e dichiarativo, non costitutivo, della natura del bene[9], pertanto è possibile che ci siano corsi d’acqua demaniali non riportati in codesti elenchi.

[1] Art. 74 comma 1 lettera ‘f’ D.Lgs. 152/2006: «acque dolci: le acque che si presentano in natura con una concentrazione di sali tale da essere considerate appropriate per l’estrazione e il trattamento al fine di produrre acqua potabile».

[2] Suggerita anche – sotto il profilo dell’interpretazione letterale – dall’utilizzo del punto e virgola che nel primo comma dell’art. 822 c.c. separa 3 blocchi distinti e omogenei di beni: a) il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti (demanio marittimo); b) i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia (demanio idrico);... _OMISSIS_ ...stinate alla difesa nazionale (demanio militare). Il punto a) corrisponde al demanio marittimo, il punto b) al demanio idrico, il punto c) al demanio militare.

[3] Il lido del mare, la spiaggia, le rade, i porti, le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell’anno comunicano liberamente col mare, i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo. Alcuni beni possono risultare promiscui al demanio marittimo e a quello idrico, come le acque di transizione, definite dall’art. 54 comma 1 lettera ‘h’ del D.Lgs 152/2006 «i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce». Anche se i fiumi compongono il demanio idrico, le foci degli stessi fanno parte del demanio marittimo ai sensi dell’art. ... _OMISSIS_ ...el codice della navigazione; tuttavia è stato chiarito che le opere idrauliche, golene o terre emergenti alla foce di un fiume, ubicate in zona interessata dal demanio marittimo, continuano a far parte del demanio idrico se la compresenza di un interesse marittimo non li priva della loro peculiare funzione pubblica. Cfr. Trib. sup. acque, 05/06/1990, n.45, Cons. Stato, 1990, II, 969.

[4] «L’individuazione dei beni di demanio idrico deriva da due sub-categorie di fonti equipollenti: dall’enunciazione dell’art. 822, comma primo, c.c. (..) e dalle leggi speciali sulle acque pubbliche e gli impianti elettrici» Caputi Jambrenghi, Beni pubblici e di interesse pubblico, in Mazzarolli , Pericu, Romano, Roversi Monaco, Scoca, Diritto amministrativo, IV ed., vol. II, Bologna, 2005, 231.

[5] In dottrina ci si imbatte spesso in definizioni di demanio idrico circoscritte ai soli beni del demanio necessario (fiumi, i torrenti... _OMISSIS_ ...ltre acque pubbliche) di cui al primo comma dell’art. 822 c.c. dimenticando gli acquedotti di cui al secondo comma. Ma, secondo ogni evidenza, anche gli acquedotti trasportano - mediante condotte chiuse o canali aperti – acqua pubblica (ad uso potabile o irriguo) di cui è palese la funzione sociale, e non si vede per quale ragione non possano essere inclusi anch’essi nel perimetro semantico e concettuale del demanio “idrico”, né si capisce sulla base di cosa il demanio idrico, sul piano sistematico, debba essere per forza circoscritto al demanio naturale necessario e non riguardare anche il demanio artificiale. Nel senso di includere gli acquedotti nel demanio idrico v. Cairo, I beni demaniali: definizioni, caratteristiche, distinzioni, categorie, in Le problematiche giuridiche del demanio, Sant’Arcangelo di Romagna, 2014, 22.

[6] Il comma 1 dell’art. 143 del d.Lgs. n. 152 del 2006 (Codice dell’ambiente) d... _OMISSIS_ ...uo;Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica, fino al punto di consegna e/o di misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e seguenti del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge». Tale disposizione speciale, nel rimandare all’art. 822 del codice civile, ne conferma il contenuto, essendo gli acquedotti ivi previsti al secondo comma, e non ha quindi l’effetto di spostare la categoria dell’acquedotto dal demanio eventuale a quello necessario. Dunque tali manufatti, diversamente dai corsi d’acqua e relative pertinenze, appartengono al demanio cd. “accidentale”, cioè sono demaniali non necessariamente, ma solo se di proprietà pubblica.

[7] I due testi che costituiscono il fondamento della teoria dei fiumi nel diritto romano sono il § 2 de rerum divisione Institutiones II, 1 ... _OMISSIS_ ...m omnia et portus publica sunt; ideoque ius piscandi omnibus commune est in portu fluminibusque) e la L. 4, § 1 de divisione rerum et qualitate, Digesta I, 8 («flumina paene omnia et portus publica sunt»). «Dei fiumi si occupa in primo luogo il § 2 de rerum divisione Inst. II, 1, in cui si fa una molto ampia dichiarazione, nel senso che tutti i fiumi, come i porti, sono pubblici e che perciò è diritto comune a tutti quello di pescare in essi. La 1. 4, § 1 de divisione rerum et qualitate, Dig. I, 8, fa una simile dichiarazione, ma con una importante differenza: mentre infatti nelle Istituzioni si dice che tutti i fiumi sono pubblici, qui si dice che “quasi” tutti i fiumi sono pubblici. (..) La legge del Digesto (4 § 1 , I , 8) dice che quasi tutti i fiumi sono pubblici, il che significa che ve ne sono anche dei privati» così Scialoja, Teoria della proprietà nel diritto romano, Lezioni ordinate curate ed edi... _OMISSIS_ ... Roma, 1933, 212. Di centrale importanza assumono poi i seguenti editti: «§ 1. Flumen a rivo magnitudine discernendum est aut existimatione circumcolentium .§2. Item fluminum quaedam sunt perennia, quaedam torrentia; perenne est, quod semper fluat, perennis, torrens, suppos hieme fluens, si tamen aliqua aestate exaruerit, quod alioquin perenne fluebat, non ideo minus perenne est. § 3. Fluminum quaedam publica sunt, quaedam non. Publicum flumen esse Cassius definit, quod perenne sit» Dig. Lib. XLIII, Tit. XII, De fluminibus, ne quid in flumine publico ripave eius fiat, quo peius navigetur 1. LXVIII ad Edictum. Ulpiano 220-230 d.C. circa. Quindi il corso d’acqua è perenne quando scorre sempre l’acqua (salvo ordinari fenomeni di siccità), e questa caratteristica è alla base della distinzione con il torrente e della natura pubblica. Peraltro, nella parafrasi greca del § 2 de rerum divisione Institutiones II, 1, già citato, attribu... _OMISSIS_ ...ad aqua profluens è stato erroneamente attribuito il significato di «acqua perenne», e pare addirittura che questo equivoco abbia condizionato le elaborazioni successive (così Scialoja, Teoria della proprietà nel diritto romano, Lezioni ordinate curate ed edite da Bonfante, Roma, 1933, 136).

Dunque se nel Digesto i fiumi pubblici sono “perenni” «da ciò si deduce che i secondi, pur non essendo perenni, si possono bensì chiamare fiumi, ma sono privati. La definizione del fiume pubblico basata sulla sua perennità non viene data come cosa certissima e universalmente ammessa; Ulpiano la fonda sull’autorità di Cassio e di Celso, soggiungendo poi, ma sempre in modo assai cauto, che egli crede che tale definizione debba approvarsi (..) Confrontando tra loro le dichiarazioni contenute nei vari §§, ne risulta il seguente sistema. I corsi d’acqua si dividono in fiumi e in rivi. Non è facile determinar... _OMISSIS_ ...precisione la differenza che intercede tra i primi e i secondi. Soccorre in primo luogo il criterio della grandezza, che, se si applica facilmente allorchè si tratta di casi estremi, cioè di un piccolo ruscello e di un grande fiume, è invece di difficile applicazione quando si tratta di casi intermedi prodotti dal crescere dei rivi o dal diminuire dei fiumi, in cui a un certo punto non si sa qual nome applicare al corso d’acqua. La difficoltà dipende da ciò, che si tratta di una determinazione non geografica, ma sociale, la quale ha per scopo di stabilire a quali norme debbonsi assoggettare i corsi d’acqua. Quando il criterio della grandezza è di difficile applicazione, se ne adopera un altro, anch’esso poco determinato e netto, cioè l’opinione dei vicini dal che deriva che simili corsi di acqua possono in un luogo esser considerati come fiumi e in un altro come rivi. Questa grande difficoltà di delimitare nettamente i fiumi dai rivi, la quale dur... _OMISSIS_ ...a fatto sì che certi giuristi sono arrivati a negare l’esistenza dei rivi, intesi come ruscelli, dando al termine “rivus” un significato diverso da quello che ha in italiano il termine “ruscello”. Ma queste sono opinioni errate; i rivi sono i ruscelli ed effettivamente in fisica i fiumi non sono che grandi ruscelli e questi sono piccoli fiumi, e tanto gli uni quanto gli altri sono corsi d’acqua con un proprio letto e un proprio sbocco. Ma giuridicamente c’è una differenza, la quale si impone specialmente nei casi estremi: infatti su di un piccolo corso d’acqua potranno costituirsi diritti assai simili alla proprietà privata, mentre ciò è impossibile per i grandi fiumi, che sono soggetti all’uso di tutti in modo simile al mare. Ma, data la mancanza di differenza fisica, si giunge ben presto ad una zona intermedia in cui la classificazione è difficile, cosa questa che i Romani compresero perfettamente, perché, ol... _OMISSIS_ ... della grandezza, essi si basarono su quello della opinione dei circumcolentes. Ma tutti i fiumi sono pubblici ? No: certi corsi d’acqua che per la grandezza e l’opinione dei vicini non sono rivi, non per questo sono fiumi pubblici e a questo punto subentra un’altra distinzione. I fiumi si dividono in fiumi propriamente detti e in torrenti. Qui il criterio della grandezza non giova, essendo spesso i torrenti più grandi dei fiumi. I torrenti sono fiumi, ma solo in lato senso, e non sono mai pubblici; anzi i fiumi pubblici si considerano come in opposizione ai torrenti. Che i fiumi possano talvolta non essere pubblici, ma privati, risulta anche da altri testi e dalla necessità che sentirono i Romani di aggiungere publicum al termine flumen , quando volevano parlare di fiumi pubblici; il che, come ben si comprende, sarebbe stato inutile, se tutti i fiumi si fossero considerati pubblici» Scialoja, Teoria della proprietà nel diritto romano, a cura di B... _OMISSIS_ ...1933, 212 ss..

Al di là della suggestione che deriva dalle fonti classiche, non vi è chi non veda l’approssimazione e inadeguatezza di tali venerande ma arcaiche formule: «Venendo a quest’acqua profluens, i nomi di fiume, torrente, canale, rivo, scolatore, con cui si designa, hanno forse un senso preciso? A buon conto, la parola flumen, era presso i latini molto generica; e mentre talvolta si adattava a ogni corrente mossa da spinta naturale, come nella servitus fluminis, tal’altra si ristringeva al corso ampio ex magnitudine, e perenne nell’abbondanza. Ma come va, che i giureconsulti classici, mentre distinguevano dei flumina publica e dei flumina privata, secondo che e...

Autore

Loro, Paolo

Laureato in giurisprudenza, direttore e coordinatore scientifico della rivista Esproprionline, direttore del network di riviste tecnico-giuridiche Territorio.it, consulente e operatore in materia di espropriazione per pubblica utilità, direttore dei notiziari bimestrali di giurisprudenza Esproprionline, Urbium, Patrimoniopubblico, curatore di repertori e massimari giurisprudenziali, autore e curatore di varie pubblicazioni, docente in numerosi corsi di formazione, già capo ufficio espropriazioni del Comune di Padova.