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Premessa

Con la sentenza in epigrafe, il TAR Milano si occupa di alcune censure avanzate nei confronti del piano urbanistico recentemente approvato da un comune lombardo.

La peculiarità della fattispecie deriva dalla natura del piano in parola, che si ascrive alla tipologia dei piani perequativi. Si tratta di un istituto che da oltre un decennio è al centro di un vivace dibattito dottrinale ed è oggetto di interesse per gli operatori di tutta la penisola, ma che sottende problematiche di difficile soluzione e talvolta così rilevanti da scoraggiarne l’applicazione.

Consapevole di queste incertezze, il giudice lombardo approfitta dell’occasione per fissare alcuni capisaldi dell’istituto, sui quali vale la pena di soffermarsi, anche al fine di verificare la possibilità di esportarli oltre i ristretti confini della Regione Lombardia.

Prima di qualunque altra considerazione, infatti, è bene osserva... _OMISSIS_ ...nienza lombarda della fattispecie non è indifferente ai fini della nostra analisi.

A questo proposito, è vero che ampia parte delle normative urbanistiche regionali contemplano ormai la possibilità di precipitare nel piano urbanistico fattispecie di tipo perequativo, ma è pur vero che quasi tutti i legislatori si sono accontentati di disposizioni di principio, laddove la normativa urbanistica lombarda rientra in quella ridotta minoranza di testi normativi per i quali si può parlare di disciplina “lunga” della perequazione [1].

Di conseguenza sarà bene distinguere i risultati che possono essere raggiunti solo in forza della localizzazione lombarda della fattispecie dalle considerazioni che, in quanto svincolate da un preciso aggancio normativo regionale, possono essere svolte con riguardo ai piani perequativi di qualunque provenienza.

La perequazione in generale: problemi ricorrenti Prima ancora che sul piano a... _OMISSIS_ ...squo;istituto della perequazione soffre gravissime incertezze sul piano terminologico [2]. La dottrina che si è occupata dell’argomento ha sempre avuto cura di precisare che non esiste un unico modello perequativo, dovendosi piuttosto parlare - al plurale - di modelli perequativi [3].

Tali modelli sono accomunati dalla medesima origine, trovando storicamente i propri natali nella volontà di superare la natura «necessariamente e per sua stessa natura diseguagliante» [4] dello “zoning” razionalista [5].

L’evoluzione dell’istituto soffre però la mancanza di un sicuro addentellato normativo. Frequentemente, in passato, si è fatto riferimento all’art. 23 della legge urbanistica [6], la cui rigidità non permette però di superare l’onere, per i singoli proprietari, di procedere ad edificazione congiunta [7]. Abbandonato il riferimento all’art. 23 L.U., le amministrazioni locali hanno dunq... _OMISSIS_ ...e vie [8], incontrando presto la generale approvazione della giurisprudenza amministrativa [9], alla quale è seguita la copertura legislativa la parte dei Consigli regionali [10].

A loro volta, i pionieristici interventi delle Regioni - affiancati da qualche intervento settoriale del legislatore statale [11] - hanno aggravato gli equivoci terminologici, inducendo la dottrina a formare un fronte il più possibile compatto per dipanare l’ingarbugliata matassa.

In particolare, l’elaborazione scientifica si è occupata di enucleare le principali problematiche sottese dall’istituto, impostandone la disamina in modo tendenzialmente condiviso. A questo proposito si tende a partire dal fondamentale problema della legalità, dovendosi stabilire se l’adozione di un modello perequativo sia ammissibile laddove non contemplato né dal legislatore statale né da quello regionale [12].

La questione è stata risolta in mod... _OMISSIS_ ...alla prima giurisprudenza formatasi su questo punto [13] ed è comunque superata dalla presenza di una previsione regionale [14]. Quest’ultimo tipo di previsioni impone però riflessioni ulteriori, e segnatamente di ordine costituzionale: incidendo alla radice lo statuto della proprietà, infatti, la perequazione dettata dai legislatori regionali sembra invadere quell’ordinamento civile che l’art. 117 Cost. riserva al legislatore statale [15], costringendo gli interpreti a letture evolutive della Carta fondamentale, nella speranza che altrettanto clemente si mostri anche la Consulta [16].

Segue: la distinzione tra perequazione e compensazione Procedendo sulla scorta della trattazione dottrinale, un’altra problematica nella quale ci si imbatte con grande frequenza è la distinzione tra perequazione e compensazione [17]. Diversamente dalle questioni che precedono, quest’ultima è affrontata di petto dal giudice lombardo, che su ques... _OMISSIS_ ...tra una certa “confusione” nella normativa comunale impugnata. La parte centrale della sentenza è dunque interamente dedicata a chiarire la differenza che intercorre tra cessione perequativa e cessione compensativa, con specifico - ma non esclusivo - riferimento alla legge urbanistica lombarda.

I due istituti presentano invero numerosi elementi unificanti, a cominciare dal fatto che entrambi costituiscono «meccanismi di cessione di aree al Comune in corrispettivo dell’attribuzione di diritti edificatori», secondo quanto rilevato dal Collegio. Dal punto di vista formale, entrambe le figure sono disciplinate dall’art. 11 della legge urbanistica regionale ed è forse questo che origina le incertezze dell’Amministrazione. A ben guardare, però, si tratta una disposizione dotata di grande attenzione sistematica, che dapprima distingue accuratamente il regime dell’uno e dell’altro istituto e solo in un secondo ... _OMISSIS_ ...ca alla disciplina comune [18].

Nell’evidenziare le differenze tra i due istituti, il Collegio muove da un’ottica funzionale, anteponendo alle peculiarità applicative la diversa logica che ispira la perequazione e la compensazione. Diverso, in particolare, è il rapporto con l’espropriazione, atteso che la perequazione prescinde da qualsiasi fenomeno ablatorio, laddove la compensazione appare più uno sviluppo anomalo di un procedimento espropriativo, che potrebbe, in alternativa, seguire il proprio corso ordinario.

Il contenuto specifico dei due istituti discende da questa diversità di fondo. La compensazione, anzitutto, consiste nell’attribuzione di diritti edificatori in luogo dell’indennità di esproprio: può dunque aver luogo all’interno del procedimento ablatorio, nell’arco dei cinque anni di durata del vincolo preordinato all’esproprio. La perequazione, viceversa, è una facoltà del pianific... _OMISSIS_ ...uo;autorità espropriante - e consiste nell’attribuzione di diritti edificatori - di natura analoga a quelli della compensazione - a tutti i proprietari di un determinato ambito, sui quali gravano al contempo i corrispettivi oneri.

Tra le due figure, la più sfuggente è senz’altro la cessione perequativa, probabilmente perché sconta l’impossibilità di confrontarsi con un procedimento storicamente consolidato come l’espropriazione. La perequazione costituisce infatti alternativa non di uno specifico procedimento ablatorio, bensì della tradizionale pianificazione per zone omogenee, della quale costituisce la negazione.

Questa contrarietà alle fondamentali acquisizioni dell’urbanistica contemporanea si aggiunge alle ricordate incertezze semantiche ed alle diversità applicative a seconda delle diverse Regioni, contribuendo a rendere ulteriormente incerta una nozione che sarebbe comunque intrinsecamente co... _OMISSIS_ ...sto che avventurarsi sull’impervio sentiero della traduzione in termini astratti di una così delicata nozione, dunque, conviene approfittare della fattispecie concretamente esaminata dalla sentenza in epigrafe, procedendo in modo progressivo alla necessaria astrazione di quanto riscontrato nel caso specifico.

Analisi di un piano perequativo I due elementi qualificanti, che permettono di ritenere senz’altro perequativo il piano urbanistico in cui ricorrono, sono l’omogenea ripartizione di diritti edificatori tra tutte le aree interessate e l’alienabilità di tali diritti [19]. La sentenza del TAR Milano mette chiaramente in luce entrambi gli elementi: da un lato l’uniformità dei diritti edificatori, attribuiti a tutte le aree a prescindere dalla relativa edificabilità, dall’altro la possibilità di trasferire tali diritti da un’area non edificabile ad una in cui, viceversa, l’edificazione sia consentita.... _OMISSIS_ ... A questi due elementi se ne possono aggiungere degli altri, di solito ritenuti meramente accidentali. Tra essi vengono in rilievo anzitutto la previsione (c.d. “infrastrutturativa”) dell’onere di cedere parte dell’area al Comune per poter sfruttare la circolazione dei diritti edificatori [20], nonché la possibilità per l’Amministrazione di incentivare il trasferimento con incrementi volumetrici ulteriori [21]: anche questi due elementi sono presenti nel piano impugnato, come del resto nella maggioranza degli strumenti urbanistici perequativi dei quali si è occupata la dottrina.

La maggioranza dei piani, peraltro, adotta criteri perequativi pur senza rinunciare ad operare delle suddivisioni del territorio comunale. A questo proposito vengono in rilievo due classificazioni di generale applicazione [22]: da un lato la contrapposizione tra perequazione generale e parziale [23], d’altro lato la distinzione tra perequazione e... _OMISSIS_ ...fusa [24]. Le due distinzioni non sono sovrapponibili [25]: la prima serve per chiarire se il criterio perequativo è esteso a tutto il territorio comunale o solo ad una parte dello stesso; la seconda individua invece la destinazione dei diritti edificatori, i quali possono dispiegarsi solo in un luogo predeterminato dal legislatore, se la perequazione è endoambito, mentre possono circolare in tutto il territorio oggetto di perequazione, se questa ha carattere diffuso.

Delle due distinzioni, la più rilevante è senz’altro la seconda, perché riguarda il concreto funzionamento del meccanismo perequativo: la perequazione endoambito si collega infatti ad un obbligo di piano attuativo, per “costringere” i proprietari ad accordarsi tra loro e non vanificare la natura circolatoria dei diritti; la perequazione diffusa, viceversa, impone al pianificatore di individuare le aree idonee a ricedere i diritti edificatori circolanti, ma poi non obbliga tu... _OMISSIS_ ...ri a partecipare ad un piano attuativo, essendo sufficiente la cooperazione tra il proprietario “a quo” e quello “ad quem”. In entrambi i casi, la terminologia impiegata è di regola quella che fa riferimento agli “ambiti”, che permette di non confondere le suddivisioni del territorio comunale né con le zone omogenee di cui al D.M. 1444/68 né con i comparti edificatori di cui all’art. 23 della legge urbanistica.

La distinzione tra perequazioni endoambito e diffuse è recepita, benché con formulazione non troppo limpida, dalla legge urbanistica lombarda [26]: i primi due commi dell’art. 11, infatti, sono entrambi dedicati alla perequazione in senso proprio, ma il comma 1 - che il TAR Milano chiama “perequazione limitata” - spiega effetti nelle sole aree interessate dagli interventi e richiede un piano attuativo, laddove il comma 2 - perequazione c.d. “generalizzata” - si estende ad intere... _OMISSIS_ ...torio comunale e prescinde dall’accordo universale tra i proprietari.

Nell’inquadrare il piano perequativo del Comune di Buccinasco, per vero, la sentenza afferma con decisione che si tratta di perequazione e non di compensazione, ma non chiarisce se si tratti di perequazione limitata - cioè endoambito - o generalizzata - cioè diffusa. Avendo però tracciato in premessa una limpida distinzione tra le due figure, il Collegio offre all’interprete tutti gli strumenti necessari e sufficienti per qualificare la fattispecie in parola in termini di perequazione generalizzata.

Ed invero, il piano fa sì riferimento ad una suddivisione in ambiti, ma con questo termine non si riferisce alle aree interessate dall’intervento - come sarebbe in caso di perequazione endoambito - bensì al diverso modo che hanno i fondi di relazionarsi ai diritti edificatori: se l’area può essere ceduta per dar luogo al trasferiment... _OMISSIS_ ...ti, rientra negli ambiti detti “di perequazione e compensazione” (Zm e Zp), se invece l’area ha la possibilità di ricevere i diritti trasferiti, rientra negli ambiti detti “di trasformazione” (TM e Tm).

Si può dunque concludere che si tratta di perequazione diffusa, dal momento che il pianificatore determina le aree “ad quem” ma non pone alcuna relazione biunivoca tra queste e le aree “a quo”, lasciando...


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Autore

Antoniol, Marco

Avvocato del Foro di Venezia