Responsabilità e custodia: definizioni e nozioni

Definizione e nozioni generali di responsabilità L’art. 2051 c.c., rubricato “Danno cagionato da cosa in custodia”, così dispone: «Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito».

Tale norma trova il suo precedente nell’art. 1153 del codice sabaudo del 1885, che sanciva: «Ciascuno parimenti è obbligato non solo pel danno che cagiona col fatto proprio, ma anche per quello che viene arrecato col fatto delle persone delle quali deve rispondere, o colle cose che ha in custodia».

A sua volta l’art. 1153 del codice sabaudo (come l’art. 1384 del Code Napoléon del 1804 [1]) deriva dal diritto romano e, in particolare, dall’actio de positis et suspensis, azione attribuita a Gaio e consolidata in epoca giustinianea, concessa a chi subiva danno dalla caduta di cose appoggiate ad una abitazione o su queste sospese, da es... _OMISSIS_ ...ronti dell’abitante della casa, in capo al quale la responsabilità si configurava per il fatto stesso del rapporto con la cosa [2].

La vigente formulazione dell’art. 2051 c.c. consente di dedurre due fondamentali innovazioni rispetto al sistema di derivazione gaiana. La prima: il legislatore già nel testo della norma prevede che la dimostrazione - a carico del custode - del c.d. caso fortuito costituisca prova liberatoria, tale da escludere la propria responsabilità.

La seconda: il danno, per importare la responsabilità del custode, deve essere derivante dalla cosa, non rilevando in tale fattispecie il danno “cagionato dall’uomo con le cose”.

Si è a lungo dibattuto sul punto, ovvero se l’art. 2051 c.c. si riferisca solo a danni cagionati da cose che abbiano “attivamente” contribuito nella produzione del danno in virtù di caratteristiche dinamiche peculiari, tali da rendere la cos... _OMISSIS_ ...ldquo;attivarsi”, magari autonomamente, o se si estenda anche a ipotesi in cui i danni siano cagionati da cose inerti. Tale seconda conclusione è stata a lungo ritenuta inaccoglibile da autorevole parte della dottrina [3], che riteneva inammissibile che la cosa inanimata potesse generare un danno a prescindere dall’azione o dall’omissione dell’uomo.

Sulla base, invece, della lettera dell’art. 2051 c.c., pare corretto concludere nel senso di ampliare la nozione di danno di cui alla norma in esame, affermando che ciò che conta è che «il danno derivi dalla cosa, sia cioè diretta esplicazione di quella che i giudici definiscono concreta idoneità al nocumento» [4].

Difatti, non si può in alcun modo prescindere, nello studio della responsabilità per “danni cagionati da cose in custodia”, dagli arresti giurisprudenziali e, soprattutto, da un attento studio della casistica, che consenta di dedurr... _OMISSIS_ ...dquo; l’enorme ampiezza della nozione di cosa in custodia.

È stata infatti la giurisprudenza ad aver più volte affermato che l’art. 2051 c.c. - nella sua attuale formulazione - non richiede espressamente che la cosa sia suscettibile, per sua intrinseca natura, di produrre danni: ciò in quanto, anche per le cose prive di autonomo dinamismo, esiste un dovere di custodia e controllo ove sia prevedibile che un evento - fortuito o per fatto dell’uomo - si inserisca, divenendo causa esclusiva o concausa nella produzione dell’evento dannoso, o comunque conferendo alla cosa idoneità al nocumento [5].

Conclusivamente, per ciò che attiene all’inquadramento della responsabilità di cui all’art. 2051 c.c., occorre rilevare che si tratta di norma a valenza generale, suscettibile di applicazione ogni qualvolta un soggetto abbia in custodia una cosa da cui origini un danno e la fattispecie non sia oggetto di una disc... _OMISSIS_ ...si pensi, ad esempio, all’ipotesi in cui il danno sia cagionato da una cosa di cui il soggetto dispone nell’ambito dell’esercizio di un’attività pericolosa: in tal caso troverà applicazione la norma specifica di cui all’art. 2050 c.c.) [6].

La nozione di custodia La giurisprudenza ha progressivamente elaborato una nozione di custodia estremamente ampia, tale da superare qualsiasi limite contrattuale e venire intesa, attualmente, come semplice “rapporto qualificato con la cosa”.

In particolare la giurisprudenza ritiene sussistere un rapporto di custodia tra il soggetto e la cosa ogni qualvolta il primo possa esercitare, per contratto o per stato di fatto, un potere sulla res effettivo e non occasionale.

La custodia di un bene, quindi, non coincide necessariamente con la proprietà o con la titolarità di un diritto reale sul bene stesso: ipotesi, queste ultime, in cui il rapporto di cust... _OMISSIS_ ... presunto [7].

Viceversa la Corte di Cassazione ha a più riprese affermato una sorta di “decontrattualizzazione” del rapporto custodiale, inteso come rapporto prevalentemente fisico, di materiale disponibilità, non occasionale ed effettivo, ancorato ad un presupposto certamente giuridico, ma non necessariamente contrattuale [8].

Un potere materiale, effettivo e non occasionale sul bene, al quale siano «implicitamente annessi i doveri di custodia, vigilanza e controllo, salvo tuttavia si accerti in giudizio che, per via di accordo tra le parti, o in ragione della natura del rapporto ovvero della situazione di fatto che si sia venuta a verificare, l’uno (l’utilizzatore) ha la mera disponibilità del bene, ma il dovere di custodia residua in capo all’altro che risulta legittimato così ad esercitare i poteri di ingerenza, gestione ed intervento sulla cosa» [9].

Come desumibile già da... _OMISSIS_ ...nza citata, molto ampio è il potere discrezionale del giudice nell’individuazione del soggetto titolare di doveri di custodia sul bene, in base al rapporto giuridico-fattuale venutosi a creare; uno studio casistico sul punto è auspicabile, ma non effettuabile in questa sede [10].

Per il momento basti concludere, sinteticamente, in questo modo: «La responsabilità da cose in custodia si fonda sulla disponibilità giuridica e di fatto della cosa» [11].

Secondo la ricostruzione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la funzione dell’art. 2051 c.c. è infatti quella di imputare la responsabilità per i danni cagionati dalla cosa in custodia a chi abbia il concreto “governo della cosa”, potendo pertanto - a seconda del concreto atteggiarsi del rapporto tra custode e cosa - essere qualificato come custode il proprietario del bene, o il possessore, o finanche il detentore [12].

Persino l’... _OMISSIS_ ...ove il giudice di merito ritenga essersi instaurato un rapporto, tra questi e la res, di concreta disponibilità e caratterizzato da un effettivo potere di controllo, gestione ed ingerenza sul bene - può essere chiamato a rispondere dei danni cagionati dalla cosa avuta sotto la propria custodia [13].

Sempre in merito al rapporto di custodia, quale requisito di cui all’art. 2051 c.c., è pacifico che possa integrarsi una situazione di custodia “congiunta”, o comunque imputabile a più soggetti, che importi la fondamentale conseguenza di vedere più soggetti imputati solidalmente della responsabilità per i danni cagionati dalla cosa posta sotto la loro custodia, secondo le disposizioni dell’art. 2051 c.c. [14].

Ipotesi “tipica” generante responsabilità solidale dei custodi si ha in materia di appalto, per cui a seconda del concreto svilupparsi della situazione di fatto in cui versa la cosa; ad esempio, se la str... _OMISSIS_ ... lavori di manutenzione è comunque aperta - almeno parzialmente - alla circolazione, a seconda del preciso punto in cui si verifichi il sinistro, ben potrà sussistere contemporaneamente la responsabilità del committente, dell’appaltatore, anche in via solidale tra loro [15].