Indici di edificabilità e varianti urbanistiche

Un altro problema tipico della disciplina urbanistica degli indici di edificabilità riguarda l’eventualità che il piano regolatore sia oggetto di varianti urbanistiche, alle quali si applica espressamente il d.m. 1444/1968 [1].

Sul punto vengono in rilievo sia le varianti in senso proprio che le c.d. varianti normative: le prime possono importare la riqualificazione dell’area - ad esempio da zona E a zona C - con conseguente modifica degli indici di edificabilità applicabili ai singoli lotti interessati, mentre le seconde incidono sugli indici in modo ancor più diretto, dal momento che con la variante normativa il pianificatore modifica le n.t.a. [2], nelle quali sono normalmente fissati gli indici di edificabilità di ciascuna zona territoriale omogenea.

Sul punto, è pacifico in giurisprudenza che gli interventi edilizi successivi alla variante dovranno essere vagliati alla luce dei nuovi parametri, con totale irrilevanza degli ... _OMISSIS_ ...i [3].

Tutto questo, peraltro, vale anche qualora le varianti abbiano ad oggetto solo una parte del territorio comunale [4], nel qual caso di parla di varianti parziali, nonché laddove l’area fosse oggetto di convenzione di lottizzazione [5], che in seguito alla variante deve normalmente intendersi revocata [6].

A fronte delle varianti che vanno ad incidere sulla densità edilizia appaiono comprensibili le perplessità dei privati, sia in caso di aumento degli indici di edificabilità, sia - soprattutto - a fronte di una riduzione della densità edilizia di zona. Nel primo caso, infatti, l’aumento degli indici di edificabilità potrebbe essere oggetto di censura da parte di tutti coloro che hanno interesse al mantenimento del carico urbanistico all’interno di parametri accettabili.

Decisamente più ricorrente è però la seconda ipotesi, che si presenta ogniqualvolta il proprietario intenzionato ad intraprendere un... _OMISSIS_ ... edilizia si ritenga leso da un’improvvisa riduzione dell’indice di edificabilità applicabile alla sua proprietà.

Si pensi ad esempio a colui che abbia già stipulato un apposito contratto di progettazione e stia valutando gli elaborati redatti dal tecnico abilitato: in questo caso, la lesione del proprietario acquisterebbe anche natura patrimoniale, dal momento che si troverebbe a dover retribuire un progettista per una prestazione che, di fatto, non gli porterebbe alcuna utilità.

Ebbene, le reazioni del privato avverso le varianti urbanistiche che vadano ad incidere sulla densità edilizia sono respinte con grande frequenza dal giudice amministrativo. Ed invero, la giurisprudenza è solita ripetere che il pianificatore dispone di ampia discrezionalità in relazione alle scelte urbanistiche [7], dalla quale discende l’impossibilità di ammettere un generale divieto di modifiche in peius delle prescrizioni di piano [8].
... _OMISSIS_ ...dati profili processuali, peraltro, non esauriscono le problematiche che possono derivare dalle varianti che incidono sulla densità edilizia. In particolare, nella prassi si sono riscontrate alcune difficoltà al momento di applicare le varianti urbanistiche a lotti i cui diritti edificatori erano stati precedentemente oggetto di asservimento.

Si ipotizzi ad esempio che Tizio e Caio siano rispettivamente proprietari dei fondi T e C, ciascuno dei quali avente superficie di 1000 mq ed entrambi ubicati in una zona con indice di edificabilità fondiaria pari a 0,1 mc/mq. Per erigere un immobile residenziale di 150 mc, Caio richiede a Tizio il trasferimento di 50 dei 100 mc assentibili sul fondo T, la cui volumetria residua viene dunque dimezzata.

Successivamente interviene una variante urbanistica che eleva gli indici di edificabilità fino a 0,2 mc/mq. Il problema è quello di stabilire se, in seguito alla variante urbanistica, Tizio possa edifica... _OMISSIS_ ... sua proprietà.

Sul punto possono essere offerte soluzioni discordanti e in effetti in giurisprudenza si è registrata una certa oscillazione.

Secondo un primo orientamento - minoritario in giurisprudenza [9] - l’intervento della variante farebbe venir meno il vincolo di asservimento dell’area [10]. Nel nostro esempio, quindi, Tizio potrebbe edificare integralmente i propri 200 mc.

Si tratta di un orientamento che fa leva sul fatto che l’asservimento era noto al pianificatore, il quale ne avrà dunque tenuto conto in sede di variante: se il nuovo indice è di 0,2 mc/mq, è questa la potenzialità edificatoria che il nuovo pianificatore ha voluto conferire al fondo in questione [11]. In definitiva, pertanto, ogni variante avrebbe l’effetto di porre nel nulla tutti gli asservimenti antecedenti.

Una soluzione di questo tipo, però, è tutt’altro che obbligata ed è stata espressamente critica... _OMISSIS_ ...o di Stato [12]. Con una «suggestiva metafora» [13], infatti, il giudice d’appello ha recentemente osservato che tale ricostruzione considera solo un fotogramma di quel film che è il fenomeno dell’asservimento.

Prendendo atto della complessiva vicenda, invece, appare doveroso considerare la natura permanente dei fenomeni di questo tipo e quindi procedere a scomputare, dalla volumetria teoricamente edificabile dopo l’entrata in vigore della variante, la volumetria già edificata in precedenza [14], che non diviene dunque giuridicamente irrilevante.

Applicando al caso di specie questa regola - sostenuta da giurisprudenza maggioritaria [15] - ne risulta che Tizio non potrà edificare tutti i 200 mc che il nuovo strumento urbanistico gli consentirebbe, perché da questi deve essere detratta la volumetria già sfruttata da Caio.

A questo punto si pongono però ulteriori problemi, dovendosi stabilire quanta... _OMISSIS_ ...ane in capo a Tizio dopo l’asservimento e dopo la variante. Anche qui si possono dare soluzioni differenti, anche alla luce della tendenziale mancanza di previsioni normative su questo punto [16].

Ed invero, osservando che Tizio ha trasferito 50 mc a Caio, a fronte di una volumetria complessiva che ora è pari a 200 mc, si potrebbe concludere nel senso che, in seguito alla variante urbanistica, Tizio può edificare 150 mc.

Un’impostazione di questo tipo è in effetti adottata da una corrente giurisprudenziale che appare maggioritaria [17], oltre che da qualche legislatore regionale [18]. L’enunciato fondamentale di questo criterio, noto come «criterio dell’indice attuale» [19], è che le variazioni degli indici si ripercuotono automaticamente sulla consistenza e sull’entità dell’asservimento [20]. La conseguenza operativa che ne deriva è che l’area asservita si riduce in seguito alle nuove va... _OMISSIS_ ...LF|
Come osservato da altra parte della giurisprudenza, però, questa impostazione sembra impercorribile anzitutto nella parte in cui finisce per dare portata retroattiva ai piani regolatori [22]. A livello di principio, inoltre, tale soluzione sembra muovere dall’assunto per il quale i diritti edificatori sono scorporati dal fondo asservito e realmente trasferiti su un fondo limitrofo: tuttavia nella sede opportuna è stato chiarito che il trasferimento di cubatura - a prescindere dall’infelice denominazione invalsa nella prassi - è un fenomeno che non attiene ai volumi, bensì alle superfici [23].

Del resto la soluzione che si avversa, seppur accolta da recente giurisprudenza in occasione della variazione in peius degli indici di edificabilità, non è mai prevalsa il relazione alle varianti che aumentino la volumetria assentibile, come nota anche la dottrina che sostiene l’indice attuale [24]. Infine, la stessa dottrina ric... _OMISSIS_ ...to criterio «è tuttora presente nella pianificazione degli enti locali ed è ancora di grande attualità alla luce della permanente incertezza legislativa» [25].

Per tutte queste ragioni a noi sembra dunque che, in definitiva, la soluzione più accettabile sia quella condivisa dalla giurisprudenza tradizionale e nota come «criterio dell’indice storico» [26]. Il portato fondamentale di questo criterio consiste nella «cristallizzazione dell’asservimento di un’area» [27] ed esso comporta che la superficie asservita prima della variante rimane tale anche dopo il sopraggiungere di quest’ultima.

Questa soluzione appare senz’altro condivisibile perché più coerente con il principio per il quale al vicino non si trasferiscono metri cubi ma si asserviscono metri quadri, i quali non si riducono certo per il fatto che è intervenuta una variante urbanistica.

Se è così, ... _OMISSIS_ ...lema esposto in precedenza deve essere reimpostato: Tizio non ha trasferito 50 mc a Caio, ma ha asservito al fondo C un’area di 500 mq, in modo che la volumetria da esso sviluppata - pari a 50 mc nel panorama anteriore alla variante urbanistica - fosse utilizzata da Caio sul fondo di sua proprietà. Ma se è così, è chiaro che la variante urbanistica dovrà portare a Tizio un beneficio ridotto rispetto alla soluzione prospettata in precedenza: nell’esercizio della propria autonomia privata, questi ha infatti asservito la metà della sua proprietà al fondo C, sul quale sarà dunque edificabile anche la metà della volumetria sviluppata dai 1000 mq della superficie T.

In seguito alla variante urbanistica, quindi, il fondo C verrà ad avere una volumetria potenziale di 300 mc: essendo stato edificato un immobile di 200 mc, Caio avrà ora a disposizione 100 mc. Il fondo T, viceversa, beneficerà della sola volumetria sviluppata dall’area non a... _OMISSIS_ ... pari al 50% della relativa superficie: la volumetria edificabile da Tizio in seguito alla variante urbanistica, dunque, sarà pari ad appena 100 mc.

Dal punto di vista del proprietario del fondo asservito, la soluzione può apparire iniqua. A ben guardare, però, l’autonomia privata permette di disporre dei propri diritti a prescindere dalle imprevedibili sopravvenienze di fatto o diritto.

Se colui che aliena un fondo non può avanzare alcuna pretesa nel caso in cui poi si scoprisse che il fondo celava un tesoro, non v’è alcuna ragione per permettere che il proprietario, avendo asservito al vicino l’intero suo fondo, avanzi pretese in forza dell’aumento della densità edilizia della zona: in verità, il fatto che la variante urbanistica non migliori la sua posizione discende dal fatto che egli ha disposto dei diritti edificatori del suo fondo fino a privarsene in tutto o in parte.

Ogni dubbio di ingiustizia... _OMISSIS_ ...to fugato se si osserva meglio la realtà dei fatti. Nell’esempio tracciato in precedenza, Caio si troverà a poter edificare 100 mc su un fondo di 1000 mq sul quale insiste già un immobile di 200 mc.

Con ogni probabilità, egli si troverà allora nelle condizioni di rivendere la volumetria in eccesso [28], o di asservire a sua volta la metà del proprio fondo, o ancora di stipulare con Tizio un contratto oneroso di risoluzione dell’asservimento precedente. Ed invero, la superficie del fondo C è ora sufficiente per sostenere la volumetria dell’immobile di Caio, che dunque non ha più alcun bisogno dell’atto di asservimento.

Sul piano pratico, comunque, è importante sottolineare che sul soggetto beneficiato prima dall’asservimento e poi dalla variante non grava alcun obbligo di riattivarsi per perequare la volumetria di zona. Parimenti, non è fuori luogo osservare che il ripristino della volumetria assentibile sul fon... _OMISSIS_ ...mprescindibilmente che il Comune ne sia informato: dagli atti in possesso dell’amministrazione risulta infatti che il fondo T è stato asservito al fondo C per cui, se non informato del nuovo esercizio dell’autonomia privata, il Comune dovrà ritenere dimezzata la volumetria del fondo T, come già si è dimostrato a suo tempo [29].

Viceversa, informando il Comune della risoluzione dell’asservimento - perfettamente lecita perché, come detto, il fondo C è ora sufficiente per reggere l’immobile assentito da Caio - la volumetria del fondo T ritornerà nella disponibilità di Tizio, che potrà legittimamente presentare al Comune una fondata domanda di rilascio del permesso di costruire.