Gli indici di edificabilità nello strumento urbanistico generale

Gli indici di edificabilità vengono fissati dal pianificatore [1] con atti di natura pacificamente regolamentare [2]. Altrettanto pacifica è la natura discrezionale [3] di tali atti, perché ad essi è rimesso il compito di effettuare il bilanciamento tra gli interessi in gioco che è tipico della discrezionalità amministrativa.

Questa delicata operazione si conclude con l’attribuzione di un valore numerico preciso agli indici di edificabilità, che deve essere compreso negli intervalli concessi dal legislatore nazionale e da quello regionale.

Dall’analisi che precede, si è visto che la tecnica seguita dal legislatore consiste normalmente nella fissazione di indici massimi, spesso articolandoli sulla base di parametri eterogenei - come gli interventi edilizi ammissibili o la capacità demografica del Comune - e in ogni caso senza mai esaurire le possibilità di scelta del pianificatore.

A quest’ultimo si presenta... _OMISSIS_ ...mo luogo, la scelta tra rimettersi a quanto disposto dal legislatore ed arricchirne le prescrizioni [4]. In conseguenza del carattere di inderogabilità degli standard, viceversa, il pianificatore non può alzare le soglie di densità edilizia, a pena di illegittimità parziale dell’atto di pianificazione: di questo avviso si è mostrata anche la giurisprudenza, ad esempio nelle ipotesi in cui il pianificatore aveva derogato ai limiti fissati per gli standard di edificabilità per ragioni igienico-sanitarie [5], che pure sono senz’altro meritevoli di tutela.

La prima opzione, consistente nel mero rinvio alle prescrizioni del legislatore, non è sempre legittima: senz’altro non lo è, in particolare, laddove il legislatore obbliga il pianificatore alla fissazione di una soglia di densità edilizia, come accade ad esempio nelle zone C [6].

Anche laddove sia legittima, comunque, una scelta di questo tipo è raramente soddisfacente ed ap... _OMISSIS_ ...versata dalla dottrina che se ne è occupata [7]. Essa per vero consente al pianificatore un notevole risparmio di energie, in perfetta aderenza con il canone di economicità dell’azione amministrativa previsto dalla versione attuale della legge sul procedimento [8].

La stessa legge sul procedimento, tuttavia, prescrive anche il criterio dell’efficacia [9], che richiede notoriamente l’ottimizzazione del rapporto tra risultati conseguiti e bisogni iniziali e che sembra tradito da una scelta rinunciataria del pianificatore.

Ed invero, se il pianificatore si limita a rimettersi al legislatore, lo strumento urbanistico mostrerà quello stesso carattere di frammentarietà che è proprio delle prescrizioni legislative. In simili ipotesi, naturalmente, non si pone alcun problema di illegittimità parziale del piano, perché l’irrigidimento dei limiti di densità edilizia non rientra tra i compiti inderogabili dello strumento urban... _OMISSIS_ ...rsquo;art. 7 della legge urbanistica [10].

La doverosità di queste prescrizioni, poi, non può neppure l’art. 41-quinquies, che si limita ad imporre il rispetto dei limiti inderogabili fissati dall’amministrazione dello Stato, senza però costringere il pianificatore ad alcuna attività integrativa. Formalmente, dunque, il piano urbanistico che si limiti a far propri i limiti dettati dal legislatore non appare per ciò solo illegittimo, a meno che non sia il legislatore stesso ad imporre la previsione di indici puntuali.

Dal punto di vista del merito, però, una scelta di questo tipo appare senz’altro inopportuna: infatti nella prassi i pianificatori tendono ad arricchire i limiti legislativi con prescrizioni a carattere locale, coerentemente con l’essenza della tecnica degli standard speciali [11].

Laddove il pianificatore decida - per necessità o per opportunità - di integrare le prescrizioni legisl... _OMISSIS_ ...o secondo due tecniche assai differenti. Un primo approccio consiste nel prendere in esame gli stessi parametri utilizzati dal legislatore al fine di abbassare le soglie fissate da quest’ultimo.

Ad esempio, un Comune particolarmente urbanizzato potrebbe ritenere necessario preservare le proprie scarse zone agricole e per questo costringere la relativa densità edilizia entro la soglia di 0,02 mc/mq, in luogo della soglia di 0,03 fissata dal d.m. 1444/1968. Analogamente, un pianificatore sensibile alle esigenze delle zone di completamento potrebbe non apprezzare il rapporto di alternatività tra la soglia di densità calcolata su base demografica e quella calcolata su base storica ed imporre di conseguenza che nelle zone B i due parametri siano rispettati in via cumulativa.

L’approccio alternativo consiste invece nel prendere in esame dei parametri ulteriori rispetto a quelli considerati dal legislatore. Si tratta di un’opzion... _OMISSIS_ ...dove il legislatore non detti alcuna prescrizione, come è tipico ad esempio delle zone C: nelle zone di questo tipo, il pianificatore - che è costretto dall’amministrazione statale a fissare una soglia di densità edilizia - non potrà dunque limitarsi ad abbassare i valori fissati dal legislatore, per la semplice ragione che quest’ultimo non ha fissato alcuna soglia.

Anche laddove sia stata fissata una soglia massima, però, il pianificatore può ritenere opportuno non limitarsi ad abbassarla ed è questa la prassi più diffusa sul territorio nazionale. Ed invero, l’analisi degli strumenti urbanistici mostra che il pianificatore di norma non si accontenta di rimettersi alle prescrizioni legislative neppure dove ciò sia possibile e parimenti non si limita ad abbassare i valori già fissati dal legislatore statale.

Si tratta di un atteggiamento tecnicamente corretto, perché permette di adempiere al ruolo riconosciuto al pianificat... _OMISSIS_ ...ordinamento urbanistico italiano. Si ricorderà [12], infatti, che il legislatore ha sempre fatto un uso moderato della tecnica degli standard generali proprio per permettere che se ne occupi il pianificatore, ritenendo che questi possa meglio considerare le peculiarità del territorio di riferimento. La scelta di arricchire le prescrizioni legislative con regole più articolate e specifiche appare pertanto in linea con l’impianto di fondo dell’urbanistica italiana.

Le tecniche seguite dai pianificatori sono molteplici e ricordarle tutte è impensabile. Tra le più frequenti si può ricordare la tendenza a differenziare la soglia di densità edilizia in base all’intervento posto in essere. Un Comune potrebbe ad esempio imporre agli interventi conservativi di mantenere inalterata la volumetria esistente e permettere al contempo un limitato incremento volumetrico agli interventi di nuova costruzione, secondo una tecnica peraltro simile a quella ut... _OMISSIS_ ...gislatore in relazione alle zone A.

Un’altra tecnica normativa molto diffusa è quella della suddivisione delle zone omogenee in sottozone, di solito individuate con l’accostamento di un numero alla lettera qualificante: in luogo di un’unica disciplina per tutte le zone C, ad esempio, vi sarà una disciplina specifica per la zona C1, un’altra per la zona C2 ed una terza per la zona C3.

Nella prassi sono stati avanzati alcuni dubbi di legittimità nei confronti di una tecnica di questo tipo. Ed invero, il fatto che si tratti di zone che per definizione sono omogenee sembra precludere che il pianificatore le assoggetti a regolamentazioni eterogenee, che del resto sembra anche urtare con la perentorietà del decreto ministeriale.

Obiezioni di questo tipo sono state accolte dalla giurisprudenza più risalente [13], ma risultano sconfessate da quella più recente, che pacificamente legittima ormai la tecnica del... _OMISSIS_ ...4], nei limiti dell’ordinario criterio di ragionevolezza e con la precisazione che ogni sottozona deve rispettare i parametri di densità edilizia propri della zona di riferimento [15]. Né può essere sottaciuto, del resto, che alcuni legislatori regionali riconoscono espressamente la suddivisione del territorio comunale in sottozone [16].