Gli indici di edificabilità nelle zone di espansione (zone C)

La zona C rappresenta l’ultima delle sei z.t.o. tipizzate dal d.m. 1444/1968 e ricorre in presenza di un triplice presupposto.

In primo luogo, tali zone devono essere «destinate a nuovi complessi insediativi» [1] cioè deve trattarsi di parti del territorio comunale nelle quali il pianificatore intende aumentare la densità edilizia rispetto alla situazione esistente [2].

Inoltre, l’insediamento programmato non deve avere vocazione industriale o assimilabile, né essere destinato ad attrezzature ed impianti di interesse generale, né infine rispondere all’esigenza di garantire la produzione agricola o gli spazi verdi dell’abitato: in questi casi, infatti, si tratterebbe rispettivamente di zone D, di zone F o di zone E [3]. Alcuni dubbi possono porsi in relazione alle strutture turistiche, che in dottrina sono state talvolta ricondotte alle zone C [4], ma in giurisprudenza vengono di solito qualificate in termi... _OMISSIS_ ...produttivi [5].

Come terzo requisito, infine, una z.t.o. può qualificarsi in termini di zona C a condizione che non risulti edificata neppure parzialmente [6], essendo necessario che almeno una delle soglie di edificazione fissate dalla precedente lett. B) non risulti integrata.

Come già anticipato, nelle zone C i limiti di densità edilizia sono dettati con una tecnica analoga a quella che - con la sola eccezione espressa della demoricostruzione - regola anche le zone B, cioè mediante rinvio al pianificatore [7]. Diversamente dal primo periodo del n. 2), peraltro, il n. 3) dell’art. 7 non suggerisce al pianificatore alcun interesse da tenere in particolare considerazione ed è assai più esplicito nel rimettere gli indici di edificabilità delle zone in parola alla discrezionalità dell’amministrazione.

L’unico limite che incontra il pianificatore è quindi il riflesso degli altri standard previsti dal d.m. 1444/... _OMISSIS_ ... viene fatta minuziosa menzione perché ciascuno di essi può ripercuotersi sulla densità edilizia [8]. Peraltro, il fatto che il ministero dei lavori pubblici faccia uso di questa tecnica in due delle sei z.t.o. previste dall’art. 2 ha indotto i primi commentatori del decreto ad affermare che la densità edilizia non ha una propria autonomia nel d.m. 1444/1968 «ma è piuttosto la risultante del rapporto [...] insediamento-spazi pubblici e dei limiti specifici [...] concernenti l’altezza e la distanza fra i fabbricati» [9].