Danni cagionati da cose in custodia: la sentenza della Corte Costituzionale

grave; la Corte Costituzionale sul punto: «La giurisprudenza, sia dei giudici di merito sia della Corte di Cassazione, in effetti è da tempo consolidata nel senso che colui il quale intenda far valere la responsabilità extracontrattuale della pubblica amministrazione, deve - una volta esclusa, nei limiti sopra chiariti, l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. - dimostrare che l’evento dannoso sia eziologicamente ricollegabile ad un’insidia (o trabocchetto), cioè ad una situazione di fatto che rappresenti pericolo occulto per l’utente del bene demaniale, e segnatamente della strada aperta al pubblico. Ma il giudice a quo non ha colto le ragioni e la portata di codesto indirizzo giurisprudenziale (...)»[7].

Con la sentenza n. 156/99, la Corte Costituzionale - coerentemente con le sue attribuzioni - non ha tracciato la via per una nuova interpretazione dell’art. 2051 c.c. in relazione all’ammissibilità de... _OMISSIS_ ...ità della pubblica amministrazione per danni cagionati da cose in custodia, ma ha dato atto dell’esistenza e della rilevanza di due orientamenti che sono giunti a tale conclusione.

Una volta esclusa l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. al caso di specie, la Corte Costituzionale ha rilevato l’applicabilità, per la tutela del soggetto danneggiato, dell’art. 2043 c.c., con tutte le conseguenze e gli effetti in termini di ripartizione dell’onere probatorio.

Da rilevare poi come, nella pronunzia in questione, la Consulta si sia soffermata nell’evidenziare la sussistenza di un rapporto di fatto tra il terzo e il bene, oltre a quello presupposto tra proprietario e bene; «nelle fattispecie come quella in esame, è compito del giudice ordinario accertare secondo le circostanze di tempo e di luogo se la pubblica amministrazione sia in concreto responsabile per i danni, tenuto conto anche del particolare ra... _OMISSIS_ ... che, da una parte, il proprietario e, dall’altra, il terzo danneggiato hanno con la cosa in relazione alla quale l’evento si verifica»[8].

Da un lato, difatti, v’è la posizione qualificata della p.a. in relazione alla strada, «la manutenzione delle strade costituisce per l’ente pubblico un dovere istituzionale non correlato a un diritto soggettivo dei privati, i quali possono far valere soltanto un interesse legittimo al corretto esercizio del potere discrezionale dell’ente medesimo. Pertanto il difetto di manutenzione assume rilievo, nei rapporti con i privati, unicamente allorché la pubblica amministrazione non abbia osservato le specifiche norme e le comuni regole di prudenza e diligenza poste a tutela dell’integrità personale e patrimoniale dei terzi, in violazione del principio fondamentale del neminem laedere: venendo così a superare il limite esterno della propria discrezionalità, con conseguen... _OMISSIS_ ...izione al regime generale di responsabilità dettato dall’art. 2043 c.c.»[9].

Corrispondentemente, però, v’è il rapporto di fatto che sorge tra bene pubblico ed utenti-danneggiati, «i quali, in coerenza con il principio di autoresponsabilità, sono indubbiamente gravati d’un onere di particolare attenzione nell’esercizio dell’uso ordinario diretto del bene demaniale, per salvaguardare appunto la propria incolumità»[10].

È in questo quadro che si inserisce la nozione di insidia stradale, rilevante ai fini dell’individuazione della responsabilità, e che «viene a configurarsi come una sorta di figura sintomatica di colpa, elaborata dall’esperienza giurisprudenziale, mediante ben sperimentate tecniche di giudizio, in base ad una valutazione di normalità, col preciso fine di meglio distribuire tra le parti l’onere probatorio, secondo un criterio di “semplificazione analit... _OMISSIS_ ...a fattispecie generatrice della responsabilità in esame.

Se e in quanto il danneggiato provi l’insidia, può e deve essere affermata la responsabilità della pubblica amministrazione, salvo che questa, a sua volta, provi di non aver potuto rimuovere - adottando le misure idonee - codesta situazione di pericolo, i cui elementi costitutivi il giudice ha comunque il compito di individuare in modo specifico (fra l’altro precisando gli standards di diligenza connessi alla visibilità e prevedibilità nonché all’evitabilità del pericolo stesso, in relazione all’uso della strada), onde accertare in definitiva se ricorrano, a stregua delle peculiarità del caso, le condizioni richieste dall’art. 2043 c.c.»[11].

La Corte Costituzionale affronta, nella fondamentale pronunzia in esame, la questione dall’applicabilità - o meno - dell’art. 1227, primo comma, c.c. alla ipotesi di responsabilità della p.a. per da... _OMISSIS_ ...a cose in custodia: la questione di costituzionalità era infatti estesa alla suddetta disposizione, in materia di concorso colposo del danneggiato nella produzione del danno, come richiamata dall’art. 2056 c.c., nella parte in cui esclude, in caso di insidia, un accertamento del concorso di colpa del danneggiato.

Una volta accertata l’operatività dell’art. 2043 c.c. in caso di danni patiti dagli utenti entrati in contatto con il bene della p.a. e quindi dell’insidia sia come sintomo della colpa dell’ente che come espressione della violazione del principio del neminem laedere, la Consulta ha voluto anche escludere tale profilo di incostituzionalità come sollevato dal giudice rimettente, con le seguenti parole: «Una volta acclarata in tal modo la responsabilità della pubblica amministrazione, di regola risulti inapplicabile l’art. 1227, primo comma, c.c., dipende da evidenti ragioni di incompatibilità logica fra un p... _OMISSIS_ ...so di colpa del danneggiato e la stessa nozione d’insidia, essendo questa contraddistinta appunto dai caratteri dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità del pericolo»[12].

Così, infine, conclude la Corte Costituzionale: «Per dissipare (...) il dubbio espresso dal rimettente, secondo cui una tale interpretazione della denunciata normativa consentirebbe il permanere nell’ordinamento giuridico di antichi privilegi a favore della pubblica amministrazione, non più giustificabili in uno Stato di diritto, sembra opportuno aggiungere, conclusivamente, che l’utilizzazione giurisprudenziale della suddescritta figura sintomatica di colpa non è estranea neanche alla responsabilità extracontrattuale dei privati, convenuti per il risarcimento dei danni conseguenti a difetto di manutenzione dei loro immobili.

Tale difetto, invero, al di fuori di specifici obblighi di legge o contrattuali (e salvo quanto sop... _OMISSIS_ ...n riguardo all’art. 2051 c.c.), rileva unicamente sotto specie di violazione del principio del neminem laedere, allo stesso modo per la pubblica amministrazione e per i privati: eventuali diversità di giudizio dovendosi ricollegare soltanto alle peculiarità del bene, influenti sulla relativa manutenzione»[13].

Mentre tutto l’iter logico-argomentativo sino a questo punto svolto dalla Consulta era apparso lineare e condivisibile, tale da costituire addirittura un riferimento per chi si approcci all’argomento, gli ultimi due periodi risultano quanto meno fuorvianti: non è equiparabile, in considerazione dell’ampiezza dei poteri propri dell’amministrazione pubblica, la posizione della stessa in relazione alle cose sottoposte alla sua custodia, rispetto alla posizione del privato cittadino che sia custode di un bene.

Ove un terzo subisca danni in relazione al “contatto” con la res altrui, ad esempio... _OMISSIS_ ...di un albero, potrà certamente agire nei confronti del privato per vederlo imputare di omessa custodia ai sensi dell’art. 2051 c.c.; mentre, ove tale albero appartenga al demanio, potrà vedersi rigettare la domanda di risarcimento ex art. 2051 c.c. e, in generale, non vedersi riconoscere alcun risarcimento per non essere riuscito a provare che quell’albero rappresentasse un’insidia per il suo stato di manutenzione.

Volutamente, si è cercato di semplificare il più possibile il ragionamento per farne trasparire il carattere estremamente concreto. Dalla mancata applicazione dell’art. 2051 c.c. per i danni cagionati dalle cose sottoposte alla custodia della p.a., deriva chiaramente una disparità di trattamento a svantaggio del privato cittadino.

I criteri di cui agli orientamenti richiamati dalla Consulta nella sentenza n. 156/99 individuano delle regole applicabili unicamente per l’ente pubblico, in ragione della s... _OMISSIS_ ... del soggetto “custode”.

Astrattamente, i principi relativi alla responsabilità per fatto illecito di cui all’art. 2043 c.c. sono applicabili anche all’ipotesi in cui il privato sia imputato di tale responsabilità: ma il problema di fondo è che il privato risponde sempre ex art. 2051 c.c., per i danni cagionati dalle “cose” da lui custodite, ove non vi sia una norma più specifica a disciplinare il rapporto.

Conseguentemente i principi in materia di insidia, l’onere della prova gravante sul danneggiato, si applicano, per il privato, in ipotesi diverse e non coincidenti con quelle riguardanti la p.a., che dal confronto delle rispettive posizioni esce chiaramente - ma soprattutto, indebitamente - avvantaggiata. Occorre, però, meglio analizzare gli orientamenti richiamati dalla sentenza della Corte Costituzionale fin qui esaminata.