Le clausole rinunziative nella cessione volontaria: tipologie ed effetti

In particolare pare che clausole rinunziative con effetti definitivi, espansivi, consolidatori ed irrevocabili possano trovare più opportuna collocazione nell’atto di cessione volontaria, anziché nell’accordo di cessione o nelle quietanze di pagamento, entro i limiti – peraltro – in cui esse possano ivi avere un senso, venendosi a concludere nel tempestivo atto di cessione la vicenda traslativa del bene, con il risultato che dopo la sua stipula non sono più configurabili fenomeni patologici di occupazione illegittima dai quali possano scaturire crediti risarcitori in capo all’ex proprietario.

Si ritiene altresì che possano anche essere inserite negli accordi di cessione volontaria clausole satisfattive, ma con il limitato effetto loro proprio e possibile in tale sede di rinunciare a ulteriori stime dell’indennità di esproprio, da ritenersi definitivamente determinata nella somma accettata (anche se, a ben vedere, ... _OMISSIS_ ...o;effetto tipico dell’atto di cessione, senza che siano necessarie clausole o quietanze).

Ne consegue che anche le clausole suddette subiscono gli effetti della mancata conclusione del procedimento, consistenti nella perdita di efficacia; e qualora l’Amministrazione abbia occupato il bene, risponderà delle pretese risarcitorie discendenti dalla intervenuta illegittimità della occupazione; l’intangibilità, formalizzata nelle eventuali clausole rinunziative, della indennità concordata deve ritenersi infatti limitata al periodo di efficacia della pubblica utilità: risarcimento del danno ed indennità di espropriazione costituiscono due entità ontologicamente diverse.

Sono eventualmente concepibili anche clausole con l’effetto para-transattivo di esplicita rinuncia a far valere forme di illegittimità della procedura fino a quel momento conosciute o conoscibili.

Ma è preferibile ritenere improduttive di ... _OMISSIS_ ...he formule od espressioni rinunziative di richieste risarcitorie scaturenti da illegittimità future, non conosciute né conoscibili al momento della loro sottoscrizione.

Nella sentenza in commento il Consiglio di Stato sembra attribuire un particolare rilievo al pagamento, che viene considerato un “quid pluris”, una sorta di valore aggiunto all’accordo di cessione, che congiungendosi alla dichiarazione liberatoria fa scattare il consolidamento definitivo del debito dell’ente, ma non è ben chiaro il motivo per cui si dovrebbe attribuire un simile effetto alla percezione della somma da parte dell’espropriando piuttosto che a quel punto – puramente e semplicemente – alla clausola rinunziativa che ha preceduto o ha accompagnato la percezione stessa.

Quanto alla possibilità per i proprietari di una preventiva rinuncia al diritto al risarcimento non ancora sorto, è ben vero che è prevista nel nostro ordinam... _OMISSIS_ ...ti limiti, la possibilità di disporre di utilità eventuali e future, ma sembra difficile che ciò possa ammettersi con riguardo a crediti futuri derivanti da un’attività illegittima e patologica della pubblica amministrazione non ancora configuratasi, e implicitamente “sdoganata”.

La PA deve agire nel rispetto della legalità e del principio costituzionale del buon andamento: non è accettabile che essa possa essere in condizione di mettere in conto e disporre preventivamente dell’eventualità futura di un suo agire contrario alla legge e difforme dal principio del buon andamento, disinnescandone a priori le conseguenze risarcitorie, e che tutto questo possa essere oggetto di negoziazione e patteggiamento preventivo con il destinatario degli effetti dell’eventuale futura azione illegittima.

E ciò a maggior ragione in un ambito normativo delicatissimo come quello che riguarda l’esercizio del potere espropriativ... _OMISSIS_ ...zione viene ad esempio considerata dalla Corte dei Conti ex se presunzione assoluta di colpa grave).

Un cittadino può rinunciare a future pretese economiche nei confronti della PA nel contesto di un normale agire della stessa. Ma non può, per incassare l’indennità di esproprio, rinunciare ad opporsi ad ogni futura sorta di illegittimità che potrà essere perpetrata nel corso dell’azione espropriativa diretta nei suoi confronti.

In linea con le considerazioni espresse, si riporta lo stralcio di una sentenza di merito, che analizza in particolare l’efficacia delle clausole di stile incluse in schemi tipizzati e l’inammissibilità della portata dispositiva del diritto di proprietà che la rinuncia finirebbe per assumere, se ritenuta preclusiva di future pretese risarcitorie in caso di eventuale mancato trasferimento formale e tempestivo del diritto con decreto di esproprio o atto di cessione.

« E’... _OMISSIS_ ...secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, l’amichevole determinazione dell’indennità concordata tra il proprietario del bene e l’amministrazione diviene inefficace qualora il procedimento non si concluda con il negozio di cessione o con il decreto di esproprio, così come del resto previsto dall’art. 28 L. n. 2359/1865.

Tuttavia, si sostiene nelle decisioni richiamate dai convenuti, nel caso in cui l’accordo sia accompagnato da una manifestazione di volontà, avente carattere transattivo, con la quale il privato, nel ricevere le somme di danaro, dichiari di non avere null’altro a pretendere, tale disposizione negoziale rimane valida ed efficace a prescindere dalla tempestiva conclusione del procedimento espropriativo. Il che comporterebbe che, anche in caso di radicale ed irreversibile trasformazione del bene per l’intervenuta realizzazione dell’opera l’interessato non possa agire neppur... _OMISSIS_ ...il risarcimento del danno conseguente alla perdita della proprietà derivante dall’accessione invertita.

In realtà, è noto che l’accordo amichevole sull’ammontare dell’indennità di esproprio non comporta una cessione volontaria del bene, sicché è sempre necessario il completamento del procedimento al fine del passaggio della proprietà del bene dall’espropriato all’espropriante: non può esserci una intangibile indennità di espropriazione se non vi è stata poi un’espropriazione o una cessione volontaria del bene (Consiglio Stato 23.9.2004, n. 6245; Cass. 18.10.2001 n 12704). (...)

A ben vedere, qualsiasi accordo amichevole assume una valenza latu sensu transattiva e non basta affermare che esso contenga un qualcosa in più della semplice determinazione convenzionale dell’indennità, perché solo se contiene anche la cessione del bene può sostenersi che esso resti fermo a prescindere dallo sviluppo ... _OMISSIS_ ...o amministrativo in quanto, soltanto in tal caso, fornisce una definitiva ed esaustiva sistemazione della vicenda ablativa. (...) deve evidenziarsi che non si vede che senso avrebbe pattuire una indennità che potrebbe essere messa in discussione liberamente dal privato o dall’ente espropriante, per cui deve necessariamente ritenersi che tutti gli accordi sull’indennità, per la loro natura vincolante tra le parti, comportano implicitamente ma inevitabilmente la rinuncia a contestare l’ammontare dell’indennità concordata, anche in mancanza di una espressa dichiarazione abdicativa sul punto. In altri termini, se a tutti gli accordi sull’indennità può riconoscersi un carattere transattivo e può ricondursi l’effetto di rendere incontestabile l’indennità concordata, vuol dire che tali elementi non sono un quid pluris ma sono intrinseci alla natura degli accordi medesimi (...)

Inoltre, particolarmente significative ai fi... _OMISSIS_ ...ultano anche le prescrizioni contenute nell’ordinanza n. 70 del Commissario Straordinario di Governo, la quale prevede, al punto 3, che l’accettazione dell’indennità deve essere accompagnata dalla espressa rinuncia a proporre opposizioni alla stima o altre impugnazioni giudiziarie, formula riprodotta nei moduli delle dichiarazioni sostitutive di notorietà predisposte dall’amministrazione.

Ciò vuol dire che detta rinuncia rientra nel contenuto tipico dell’accordo sull’indennità regolato nelle procedure ex Legge n. 219/1981 e che, di conseguenza, il privato, nel sottoscrivere la rinuncia, non fa che adeguarsi allo schema tipizzato dall’ente espropriante per gli accordi dell’indennità, modello del tutto diverso rispetto a quello della cessione volontaria regolato in altra sede (analoghe considerazioni valgono per la circostanza dell’anticipata riscossione delle somme concordate).


L... _OMISSIS_ ...e aggiunta di non aver nulla a pretendere per qualsiasi titolo, risulta un evidente clausola di stile, dal tenore letterale del tutto generico: individuarsi in essa la specifica ed onerosa volontà di privarsi di un diritto di proprietà o di realizzare una efficacia traslativa dello stesso, così eliminando la necessità di proseguire la procedura ablativa, sembra davvero contrario ai principi di logica e di buon senso, anche alla luce del comportamento complessivamente tenuto da entrambe le parti.

Si vuole cioè porre in evidenza che nella pur ampia formulazione della rinuncia esaminata non può assolutamente intravedersi un atto dispositivo del diritto, né come mera dismissione della proprietà del bene, che rimarrebbe peraltro singolarmente privo di qualsiasi titolare, né come cessione volontaria, la cui disciplina anche formale è distinta ed autonoma da quella del sub-procedimento utilizzato che ha avuto attuazione nei verbali sottoscritti dal privat... _OMISSIS_ ...
Alla luce di tali chiarimenti, risulta allora pertinente il richiamo al costante insegnamento della Suprema Corte e della dottrina, secondo cui sia nel caso di accettazione dell’offerta o dell’indennità provvisoria sia in caso di accordo sull’indennità, il privato acquista il diritto a che l’indennità, ove il procedimento prosegua, sia determinata e corrisposta in una certa misura, assumendo nel contempo l’obbligo di non contestare l’importo medesimo: tali obblighi, tuttavia, si risolvono se il procedimento espropriativo non prosegue e il decreto ablatorio non viene emesso nel termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità. » (TRIB NA 9891/2005).