L'onere della prova, ripartizione
La responsabilità per i danni cagionati dalla cosa in custodia si fonda, come appena visto, non su una particolare attività del soggetto tenuto alla custodia del bene, quanto piuttosto su una relazione tra soggetto e res.
Attenendosi alla formulazione dell’art. 2051 c.c., e riservandosi di meglio argomentare infra quanto si sta per esporre, il limite di tale responsabilità consisterebbe nella dimostrazione del caso fortuito, ossia di un fattore esterno alla cosa e al suo custode che intervenga e determini le modalità di causazione dell’evento.
«La responsabilità per i danni cagionati da una cosa in custodia ex art. 2051 c.c. si fonda non su un comportamento od un’attività del custode, ma su una relazio...
_OMISSIS_ ...le ma alle modalità di causazione del danno, si deve ritenere che, in tema di ripartizione dell’onere della prova, all’attore compete provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, mentre il convenuto, per liberarsi, dovrà provare l’esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale e, cioè, un fattore esterno (che può essere anche il fatto di un terzo o dello stesso danneggiato) che presenti i caratteri del fortuito e, quindi, dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità» [1].
Sanciti di tali principi, la Suprema Corte - chiamata a pronunciarsi, precipuamente, sulla rilevanza causale della condotta del danneggiato - precisa che «(…) quand...
_OMISSIS_ ...e un concorso colposo ai sensi dell’art. 1227, primo comma, c.c., con conseguente diminuzione della responsabilità del danneggiante secondo l’incidenza della colpa del danneggiato» [2].
Per tutto quanto sopra, l’attore che voglia vedersi risarcire un danno cagionato da cose sottoposte alla custodia di terzi, ha l’onere di provare in primo luogo la relazione di custodia tra convenuto e cosa, nonché l’evento dannoso; egli è tenuto, parimenti, alla prova del nesso di causalità tra l’evento dannoso e la cosa custodita, ossia a provare che il danno concretamente patito (patrimoniale e/o non patrimoniale) sia conseguenza dell’evento cagionato dalla cosa sottoposta alla custodia di terzi.
Fornite queste prove, il conven...
_OMISSIS_ ...olta escluso il nesso causale tra la cosa e l’evento dannoso, resta esclusa non solo la responsabilità ex art. 2051 c.c. ma anche una responsabilità ex art. 2043 c.c.» [4].
Ciò rileva nel caso in cui il convenuto sia effettivamente custode della cosa.
Viceversa, il convenuto può esonerarsi da responsabilità dimostrando l’assenza di un rapporto di custodia tra sé e la cosa, ovvero dimostrando di non essere il reale legittimato passivo. In tal caso, però, sarà necessario provare il vero titolare rapporto custodiale, ovvero il soggetto titolare “dell’effettivo potere sulla cosa” alla luce dei rapporti giuridici e di fatto concretamente sussistenti.
Nesso di causalità
Poco sopra [1], avevamo anticipato che il da...
_OMISSIS_ ... sia conseguenza dell’evento cagionato dalla cosa sottoposta alla custodia di terzi.
Occorre provare, in altre parole, che la “cosa” sia la causa generatrice del pregiudizio cagionato.
Si rende opportuna, in questa sede, una breve notazione generale sull’ampio dibattito in tema di causalità, che ha visto da un lato i fautori della teoria della c.d. condicio sine qua non, per cui un evento si considera causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo; dall’altro quelli della teoria, mutuata dall’ambito penalistico, della “causalità adeguata”, di origine tedesca, secondo cui per l’imputazione dell’evento occorrono, contemporaneamente, un presupposto positivo, ovvero che l...
_OMISSIS_ ...a di causazione dell’evento.
La giurisprudenza e la dottrina dominanti - in ambito civilistico e, soprattutto, per quanto rileva ai fini della presente opera - hanno accolto quest’ultima ricostruzione del nesso di causalità, affermando pertanto che il danneggiato avrà, in primo luogo l’onere di provare la sussistenza del rapporto di custodia tra presunto responsabile del danno e cosa che tale danno ha cagionato; ma anche l’onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ovvero che il danno sia conseguenza normale della cosa custodita, implicitamente escludendo che un evento esterno sia stato da solo in grado di determinare l’evento.
Viceversa, il presunto responsabile dovrà provare l’esistenza o comunque la v...
_OMISSIS_ ...rsquo;evento.
Il responsabile sarà tale ove la sequenza causale di eventi non sia stata alterata da fattori esterni ed eccezionali, imprevedibili, che da soli abbiano alterato l’ordine delle cose e determinato l’evento dannoso.
Così, con grande chiarezza, si è espressa la Corte di Cassazione: «La giurisprudenza di questa Corte ha anche chiarito che il predetto rapporto di causalità non può farsi dipendere dalla meccanica applicazione della regola della condicio sine qua non ma deve piuttosto riscontrarsi secondo il criterio della teoria penalistica della causalità adeguata, per la quale si considera causa giuridica dell’evento solo quell’antecedente necessario che appartiene ad una sequenza causale che, valutata ex ante, no...
_OMISSIS_ ...i di causalità, la Suprema Corte individua le immediate conseguenze dell’applicazione di tali principi alla ricerca della causa giuridica nell’ambito della responsabilità da cose in custodia: «Sulla base di questa premessa, (...) sostanzialmente presente in tutte le altre sentenze di questa Corte in materia, e, del resto, imposta dalla stessa disposizione dell’art. 2051 c.c., che, appunto, esclude la responsabilità del custode in tutti i casi in cui l’evento sia imputabile ad un caso fortuito, si è ritenuto che il nesso causale debba essere negato non solo, come è ovvio, in presenza di un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per se prodotto l’evento, assumendo il carattere del c.d. fortuito autonomo, ma anche nei casi in c...
_OMISSIS_ ... dipendente dalla condotta colpevole della vittima» [3].
Tale pronuncia, nella sua chiarezza, impone di proseguire nell’analisi degli elementi già anticipati supra, riportati dalla sentenza appena richiamata.