1. Premessa: l’individuazione della superficie di riferimento
Dagli esempi svolti nel capitolo che precede si può ricavare che gli indici di edificabilità sono normalmente [1] espressi in mc/mq [2]. Sulla base di questo dato, si potrebbe essere indotti a pensare che l’indice esprima la cubatura assentibile in ogni metro quadro di terreno. Se ad esempio il pianificatore assegnasse all’area X un indice di 2 mc/mq, si potrebbe ritenere che su ogni metro quadro dell’area X sia consentito realizzare un volume pari a 2 metri cubi.
La logica dimostra però che così non può essere. Ed invero, gli indici sono al più valori di poche unità e talvolta sono addirittura espressi in valori decimali compresi tra zero e uno. Se dunque su ogni metro quadro si potessero edificare solo i metri cubi che l’indice riferisce ad un metro quadro, raramente si potrebbe raggiungere l’altezza di 3 metri che, com’è noto, ...
_OMISSIS_ ...irca l’altezza di un locale di edilizia residenziale.
Occorre allora prendere atto che la volumetria tende a concentrarsi su una parte dell’area a disposizione [3]: chi dispone di un indice di 2 mc/mq, ad esempio, non edificherà 2 metri cubi in ogni metro quadro a propria disposizione, ma sceglierà un’area ottimale per l’edificazione e lì edificherà tutta la volumetria che il pianificatore gli consente.
Se è così, occorre però domandarsi quale superficie considerare per individuare il totale di volumetria assentibile.
Evidentemente, considerare un’area più ampia permetterà di totalizzare una volumetria superiore e quindi di edificare un’immobile di maggiori dimensioni, esaurendo però la volumetria assentibile in una più vasta superficie di terreno.
Ciò può forse essere chiarito con un esempio. Si pensi che Tizio sia proprietario di un piccolo prato di 100 mq e d...
_OMISSIS_ ... sterrata adiacente, anch’essa di 100 mq. Si ipotizzi che entrambe le aree siano ubicate in una zona con indice di edificabilità pari a 2 mc/mq. Tizio decide di edificare sul prato: se considera la sola volumetria assentibile sul prato stesso, egli può edificare un immobile di 200 mc, ma se considera anche l’adiacente area sterrata - che è di sua proprietà, al pari del prato - l’immobile potrà anche raggiungere i 400 mc.
Occorre dunque capire, in buona sostanza, quale superficie deve essere utilizzata nella formula fondamentale della densità edilizia, ai fini del calcolo della volumetria assentibile. Di questo aspetto del problema della densità edilizia ci si occuperà dunque nel presente capitolo.
2. Zone urbanizzate e zone non urbanizzate: la summa divisio tra gli indici di edificabilità
La soluzione del problema accennato - consistente nell’individuazione della superficie da prendere in cons...
_OMISSIS_ ...ini del calcolo della volumetria assentibile - dipende in larga misura dalle caratteristiche della zona sulla quale insiste la superficie da considerare.
Nella materia de qua è infatti fondamentale distinguere le zone già urbanizzate e quelle ancora da urbanizzare: nell’ambito delle prime, la superficie che viene in rilievo è quella del lotto; nell’ambito delle seconde, invece, viene in rilievo la superficie dell’intera zona territoriale omogenea.
L’indice di edificabilità riferito al lotto è detto indice fondiario, mentre quello riferito all’intera zona è detto indice territoriale.
Si tratta di contrapposizione classica [4], che appare recepita anche dal legislatore statale [5], da quello regionale [6] e dalla giurisprudenza [7]. In dottrina, per vero, si ritrova anche espressa con terminologia differente, ma quasi sempre ancorata comunque alla contrapposizione tra fondo e territorio [8].
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_OMISSIS_ ...ndosi di concetti portanti della materia de qua, è bene chiarirne l’esatto portato prima di procedere oltre.
3. L’indice territoriale
Si è accennato al fatto che per indice territoriale si intende l’indice di edificabilità riferito all’intera zona territoriale omogenea, che viene in rilievo laddove la zona stessa non sia ancora urbanizzata [9]. Ciò presuppone alcuni chiarimenti anzitutto sul concetto di zona territoriale omogenea - z.t.o. - e poi in merito al presupposto della mancata urbanizzazione della stessa.
Le zone territoriali omogenee sono zone più o meno estese del territorio comunale, caratterizzate dalla medesima vocazione funzionale [10].
L’esigenza della zonizzazione risale all’originaria versione della legge urbanistica, che già nel 1942 attribuiva agli strumenti urbanistici il compito di indicare, tra l’altro, «la divisione in zone del terr...
_OMISSIS_ ...cisazione di quelle destinate all’espansione» [11].
Sul punto è poi intervenuta la legge ponte [12], che ha introdotto gli standard [13] urbanistici e li ha riferiti alle singole zone del territorio comunale [14], da tipizzare con apposito regolamento ministeriale: un compito di classificazione che è stato effettivamente svolto dal d.m. 2 aprile 1968, che costituisce un caposaldo fondamentale in materia di standard urbanistici e sul quale si avrà modo di tornare ex professo [15]. Per ora sia sufficiente rilevare che l’art. 2 di tale decreto ammette la previsione, all’interno del territorio comunale, di zone appartenenti a sei tipologie, indicate con le lettere dalla A alla F. Per ognuna di queste zone vengono individuati - oltre ai limiti massimi di densità edilizia, che saranno oggetto di attenzione in sede di analisi normativa [16] - anche la dotazione minima di spazi pubblici [17], la cui importanza trova conferma nel fatto che s...
_OMISSIS_ ...ssi vengono indicati sic et simpliciter come standard, benché naturalmente non esauriscano la figura degli standard in senso tecnico.
In buona sostanza, nel tracciare il perimetro di una z.t.o., il pianificatore deve tener conto del fatto che, all’interno della stessa, una certa superficie dovrà essere dedicata agli spazi pubblici. Ciò si riflette sull’indice di edificabilità perché, fino a quando tali spazi non vengono concretamente posizionati, la z.t.o. unitariamente considerata comprende degli ambiti che, al termine dell’urbanizzazione, non potranno produrre volumetria [18].
In dottrina il concetto viene espresso osservando che l’indice territoriale è «al lordo degli spazi non edificabili» [19]. Il concetto di lordo implica in generale l’inclusione di quella parte dell’oggetto che non è destinata a produrre utilità [20]. Con riferimento alla densità edilizia, dire che l’indice territo...
_OMISSIS_ ...o degli spazi non edificabili significa rilevare che esso considera l’intera superficie della z.t.o., a prescindere dal fatto che una parte della zona non sarà edificabile e quindi non avrà utilità dal punto di vista edilizio.
Tutto ciò significa che alla pianificazione di dettaglio è permesso di calcolare sulla base dell’intera superficie di zona una volumetria che poi, di fatto, sarà concentrata su alcune porzioni soltanto.
Si ipotizzi ad esempio che una certa z.t.o., non ancora urbanizzata, abbia una superficie di 500.000 mq e un indice di edificabilità pari a 0,2 mc/mq. Teoricamente, l’area potrebbe sviluppare una volumetria pari a 100.000 mc. Con l’urbanizzazione, tuttavia, una certa quota di quei 500.000 mq saranno destinati a spazi pubblici: ipotizzando, ad esempio, che agli standard siano concretamente destinati 100.000 mq, la volumetria assentibile, calcolata sulla base di una superficie di 500.000 mq, sarà ...
_OMISSIS_ ...dificata su una superficie di 400.000 mq.
Con la pianificazione di dettaglio, insomma, gli spazi pubblici verranno concretamente posizionati e sarà possibile determinare la volumetria assentibile sulla singola area edificabile: ciò segna il passaggio dall’indice territoriale, riferito alla z.t.o. ed al lordo degli spazi non edificabili, all’indice fondiario, riferito al fondo ed al netto degli spazi stessi.
4. L’indice fondiario
Come detto, l’indice fondiario è l’indice di edificabilità riferito al singolo lotto: il legislatore regionale con più marcata vocazione definitoria lo descrive come «il volume massimo lordo di costruzione (V, espresso in mc) realizzabile per ogni metro quadrato di Superficie fondiaria (Sf)» [21], esplicitando in tal modo una definizione coerente con il panorama normativo nazionale e per questo suscettibile di essere esportata al di fu...
_OMISSIS_ ...ti confini regionali.
Questo indice viene in rilievo nell’ambito delle zone urbanizzate [22]: una volta operata la pianificazione di dettaglio [23], infatti, è possibile individuare quali aree sono destinate a spazi pubblici, per cui non producono volumetria, e quali invece sono edificabili, secondo appunto l’indice di edificabilità fondiario.
In dottrina si afferma che l’indice fondiario, diversamente da quello territoriale, ha finalità principalmente architettoniche [24], con ciò intendendosi che la densità fondiaria si ripercuote sulla tipologia di costruzioni. Si dice infatti che ad un’elevata densità corrisponde un’edilizia intensiva, mentre man mano che la densità diminuisce, diminuiscono le dimensioni dei fabbricati ed aumentano gli spazi liberi [25].
Simili considerazioni non possono essere svolte in relazione all’indice territoriale. Ed invero, si è già rilevato che quest’ulti...
_OMISSIS_ ...ificabilità descrive una volumetria che con la pianificazione attuativa si andrà a concentrare in una limitata porzione della zona: uno stesso indice territoriale può dunque dar luogo a tipologie edilizie assai differenti, a seconda di quanto ridotta sarà questa porzione concretamente edificabile.