I beni pubblici, dato il vincolo di destinazione che li accomuna, e specie per ciò che attiene a quelli demaniali ed a quelli ricompresi nel patrimonio indisponibile dello Stato, sono sottoposti, innanzitutto, ad un
uso esclusivo da parte della stessa Amministrazione, ad un uso generale, da parte di qualunque soggetto pubblico o privato e, da ultimo, sono sottoposti ad un
uso speciale da parte di soggetti pubblici o privati cui è riservato un certo utilizzo del bene.
Tali usi speciali si distinguono a loro volta in usi autorizzati ed usi concessi.
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Tale distinzione sembrava recentemente essersi assestata sulla natura costitutiva o meno di tali atti: secondo l’impostazione in esame, infatti, l’autorizzazione consiste nella rimozione di un ostacolo legale all’esercizio di un diritto che preesiste nella sfera giuridica del destinatario, mentre la concessione conferisce una situazione giuridica di vantaggio in capo al suo destinatario stesso.
Questa tradizionale distinzione ha iniziato a traballare con l’avvento di atti particolari consistenti nelle «
autorizzazioni costitutive» e nelle «
concessioni traslative».
Ecco che Autorevole dottrina [1], ritiene, pertanto, che l’elemento distintivo tra autorizzazione e concessione risiede nel fatto che mentre con riferimento al primo dei predetti provvedimenti amministrativi è agevole evincere che la sua connotazione essenziale è volta a comportare utilità a vantaggio esclusivamente del privato, nel secondo caso il dinamismo dell’atto coinvolge non più solo il settore privatistico, ma anche quello pubblicistico.
Infatti, e con partic...