Tertium genus e vocazione edificatoria

Il principio della necessaria aderenza del ristoro a tutte le caratteristiche concrete del bene suscettibili di determinarne un apprezzamento ha una portata che va ben oltre l’ambito dei suoli strettamente agricoli.

Le affermazioni della Consulta, infatti, si riverberano anche sulla determinazione della indennità relativa alle aree appartenenti al cd “tertium genus”; e cioè di quei terreni che, pur non essendo dotati di capacità edificatoria, hanno potenzialità (giuridiche ed effettive) di utilizzo diverse e più redditizie di quelle agricole (si pensi ai terreni in fregio alle strade di grande comunicazione gravati dal vincolo di rispetto ma sovente utilizzati come deposito ed esposizione di autovetture).

Fino ad oggi la rigidità del VAM, che attribuiva rilevanza solo alla tipologia di colture praticate sul terreno o nella zona, aveva fatto sì che la predetta categoria di aree, non potendo considerarsi edificabile, f... _OMISSIS_ ...bile solo mediante i criteri tabellari con conseguente soffocamento ai fini indennitari di ogni plusvalore derivante dalle potenzialità di sfruttamento diverse da quelle agricole.

Una volta venuto meno il VAM deve ritenersi che anche le possibilità di sfruttamento diverse da quelle agricole acquistino una propria autonoma rilevanza ai fini della determinazione della indennità di espropriazione delle aree non edificabili.

A tale conclusione non può opporsi che la Corte Costituzionale ha lasciato in vita il primo comma dell’art. 40 del D.P.R. 327 del 2001 a mente del quale nella determinazione dell’indennità relativa alle aree non edificabili non rilevano possibilità di utilizzazione diverse da quella agricola.

Infatti, la Consulta ha dato una particolare interpretazione di tale norma ritenendola applicabile solo alle aree effettivamente coltivate per le quali l’indennizzo a valore agricolo (effettivo) rispecch... _OMISSIS_ ...izzazione attuale e non anche una potenzialità di sfruttamento diversa e del tutto ipotetica.

Alle aree non coltivate, invece, dovrebbe applicarsi il problematico[1] secondo comma dell’art. 40 del t.u.e. (indennizzabilità a valore agricolo medio) che la Consulta ha eliminato sostituendolo con il criterio del valore di mercato.

Pertanto, alla luce della nuova formulazione della norma, devono ritenersi indennizzabili in base ad un valore diverso da quello agricolo le aree non edificabili sulle quali i proprietari svolgono attività economiche diverse da quelle di coltivazione (si pensi ad esempio a terreni destinati a deposito o a quelli annessi a strutture ricettive destinate ad agriturismo), in ragione di tali possibilità di sfruttamento.

Più dubbia appare, invece, la valorizzazione dei terreni in stato di abbandono; qui al VAM dovrà necessariamente tenere luogo una stima che tenga conto delle utilizzazioni potenziali (ag... _OMISSIS_ ...eterminate in base alle loro caratteristiche concrete, nella misura in cui incidono sul valore di mercato.

Sembra però da escludersi che la valorizzazione extra agricola delle predette aree possa arrivare fino al punto di apprezzare destinazioni d’uso meramente future ed ipotetiche come, ad esempio, il fatto che il terreno, per la sua vicinanza al centro abitato, possa un giorno acquisire destinazione fabbricativa in seno al piano regolatore generale.

Si entra qui nell’ambito della cosiddetta “vocazione edificatoria”, attualmente considerata dalla Cassazione non autosufficiente ai fini indennitari ove scissa dall’edificabilità legale; non è detto tuttavia che il vento del valore venale non possa finire per abbattere anche questo ultimo bastione, giacché anche la ‘vocazione edificatoria’ di un terreno può incidere effettivamente sul suo valore venale.