Tertium genus e vocazione edificatoria dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 181 del 2011

2.1 Il problema della sorte del tertium genus




La pronuncia 348 del 2007 riguarda solo l’indennità relativa alle aree edificabili senza toccare tutta la vasta congerie di terreni soggetti al VAM.

Anche in relazione a tali terreni, tuttavia, si ripropone la questione della conformità di tale criterio di indennizzo all’art. 1 del Protocollo 1 della CEDU, così come interpretato dalla Corte Europea.

Il criterio del VAM comporta, infatti, la liquidazione di indennizzi largamente inferiori al valore effettivo di mercato delle aree non edificabili.

La ragione di tale discrasia fra il valore agricolo medio e quello effettivo dipende in primo luogo dal cattivo funzionamento delle Commissioni provinciali che, spesso, non procedono ad un effettivo aggiornamento dei valori medi di mercato in relazione alle colture praticate nella zona in cui esse operano.

Ma la di... _OMISSIS_ ...M e valore di mercato delle aree non edificabili è dovuta anche a ragioni strutturali che non dipendono dalla cattiva applicazione delle norme che disciplinano la sua determinazione.

Tale criterio indennitario, infatti, risulta strutturalmente inadeguato nei casi in cui il terreno espropriato, ancorché non edificabile, sia utilizzato o, per le sue oggettive caratteristiche, sia utilizzabile per lo svolgimento di attività economiche diverse e più redditizie di quella agricola (aree per stoccaggio vicine a porti o centri di interscambio e se ciò è consentito dal PRG, aree per esposizioni commerciali se in fregio a via di comunicazione e se ciò è consentito dal PRG).

Inoltre, l’indennizzo determinato in base al VAM non consente di tenere conto dell’effettiva consistenza economica delle aree non edificabili ma urbanizzate e vicine (o addirittura interne) ai centri abitati il cui valore non dipende da un ipotetico sfruttamento agricol... _OMISSIS_ ... non è nemmeno possibile) ma dall’aspettativa edificatoria che essi suscitano.

Su tali problemi è stata chiamata nuovamente a pronunciarsi la Corte Costituzionale alla luce dei parametri CEDU filtrati nel nostro diritto interno attraverso l’art. 117 Cost. e della reinterpretazione dell’art. 42 Cost. che ne è conseguita.

Con la sentenza n. 181 del 2011 la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il criterio di indennizzo basato sul valore agricolo medio in quanto esso prescinde da un’effettiva valutazione dell’area oggetto del procedimento espropriativo, ignorando ogni dato valutativo inerente ai requisiti specifici del bene.

La sentenza ha dichiarato incostituzionali gli articoli: 5 bis comma 4 della legge 359 del 1992, 15, primo comma, secondo periodo, e 16, commi quinto e sesto, della legge 22 ottobre 1971, n. 865.

Avvalendosi della facoltà prevista dall... _OMISSIS_ ...della L. 87 del 1953 la Consulta ha poi esteso la declaratoria di incostituzionalità ai commi 2° e 3° dell’art. 40 del t.u. per le espropriazioni.

È stato, invece, fatto salvo il comma 1 della predetta norma[1].

La Corte ha, infatti, ritenuto che con riguardo a tale disposizione sia possibile un’interpretazione costituzionalmente orientata che consenta al proprietario di terreni effettivamente coltivati di percepire un indennizzo non commisurato ad un valore medio, avulso dalle caratteristiche concrete del fondo, ma al valore agricolo effettivo dello stesso desumibile dalle colture effettivamente praticate e dei manufatti edilizi legittimamente realizzati, anche in relazione all’esercizio dell’azienda agricola, senza valutare la possibile o l’effettiva utilizzazione diversa da quella agricola.

Il comma primo dell’art. 40, come ha osservato la stessa Consulta, si riferisce, tuttavia, ... _OMISSIS_ ... coltivati.

Rimane, quindi, aperto l’interrogativo circa il criterio di indennizzo applicabile alle aree non edificabili che non siano coltivate. A tali aree avrebbe dovuto applicarsi, infatti, il comma 2 che è stato dichiarato incostituzionale. Si apre, quindi un vuoto normativo che deve essere colmato per via interpretativa.

Escluderei che a tal fine possa ricorrersi ad un’applicazione analogica del comma 1 dell’art. 40, almeno con riguardo alle aree che hanno una destinazione economica diversa da quella agricola (solitamente ascritte al cd. tertium genus).

Una tale operazione andrebbe infatti contro gli stessi principi affermati dalla Corte perché il parametro delle coltivazioni in atto costituisce un aggancio alle caratteristiche concrete del bene solo se riferito ad aree a sfruttamento agricolo, mentre se applicato ad aree aventi una diversa destinazione economica costituisce anche esso un criterio astra... _OMISSIS_ ... VAM.

Occorre, inoltre, osservare che la Corte ha dichiarato la incostituzionalità del comma 4° dell’art. 5 bis della L. 359 del 1992 il quale, come si ricorderà, accomunava il regime di indennizzo delle aree non edificabili a quello delle aree agricole, rendendo in tal modo ininfluenti ai fini della determinazione dell’indennizzo le potenzialità di sfruttamento extra agricolo eventualmente possedute dai suoli privi di natura edificatoria. Se tale equiparazione è stata ritenuta non conforme a Costituzione per le espropriazioni disciplinate ratione temporis all’art. 5 bis della L. 359 del 1992 non si vede davvero come essa possa essere stata reintrodotta per quelle soggette alla disciplina del t.u.

Ma allora quale è la norma di riferimento per stabilire il criterio con cui calcolare l’indennità di espropriazione relativa a tali beni?

Si ripropone in relazione alle conseguenze della sentenza n. 181 d... _OMISSIS_ ...so problema di vuoto normativo che si era determinato per i suoli edificabili a seguito della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 5 bis e dell’art. 37 del t.u. da parte della pronuncia n. 348 del 2007 prima che il legislatore introducesse i nuovi criteri di indennizzo relativi a tali aree con la legge n. 244 del 2007.

Per gli espropri non soggetti ratione temporis al t.u. espropriazioni si può tranquillamente affermare che la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 15 e, in parte, dell’art. 16 della L. 865 del 1971 comporta la riviviscenza dell’art. 39 della L. 2359 del 1865 con la conseguenza che le aree non edificabili dovranno essere indennizzate in base al loro valore venale tenendo conto anche delle utilizzazioni extra agricole effettive o potenziali.

Più complesso è il discorso con riguardo alle espropriazioni ricadenti nel regime del t.u.

La legge 2359 del 1865 è stata, infa... _OMISSIS_ ...rsquo;art. 58 del D.P.R. 327 del 2001[2].

Tuttavia, come ribadito anche di recente dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 393 del 2010, il testo unico per le espropriazioni non ha natura innovativa ma ricognitiva essendo la delega alla sua emanazione limitata al mero coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti nell’ambito del quale erano consentite le sole modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa.

L’abrogazione della L. 2359 del 1985 operata dal D.P.R. 327 del 2001 non poteva assumere, quindi, valenza meramente eliminatoria della disciplina posta dalla predetta legge ma doveva, invece, corrispondere ad una risistemazione coordinata ed aggiornata del suo contenuto nell’ambito della disciplina dettata dal medesimo t.u. per le espropriazioni. Il che vale a dire che l’art. 39 della legge Codacci Pisanelli, che la giurisprudenza della Cassazione prima de... _OMISSIS_ ...vigore del D.P.R. 327/01 ha sempre considerato vigente, sia pure come norma applicabile in via residuale in difetto di criteri specifici, deve in qualche modo rinvenirsi nelle pieghe del citato t.u. a pena di incostituzionalità dell’art. 58 comma 1 n. 1 del medesimo per eccesso di delega.

E, a ben vedere, la norma che ha recepito come criterio indennitario residuale la stima del bene a valore venale è l’art. 32 del t.u.

Si tratta, infatti, di una norma relativa alla “determinazione del valore del bene”, applicabile in difetto di “specifici criteri previsti dalla legge” e inserita in una Sezione del capo dedicato alla entità della indennità di espropriazione contenente le “disposizioni generali”.

L’art. 32, prevedendo che il bene espropriato debba essere valutato tenendo conto di tutte le caratteristiche giuridiche e di fatto da esso possedute al momento del passaggio all... _OMISSIS_ ..., detta, appunto, un criterio di indennizzo generalissimo che può considerarsi, con i dovuti aggiornamenti, del tutto corrispondente a quello del valore venale previsto dall’art. 39 della legge fondamentale.

Il sistema di determinazione della indennità di espropriazione relativa ai suoli non edificabili risultante dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 181 del 2011 è quindi dato dalla combinata applicazione dell’art. 32 comma 1 e dell’art. 40 comma 1 del t.u. per le espropriazioni: la prima norma sancisce la regola generale della corrispondenza fra indennizzo e valore venale, la seconda, con riguardo ai suoli coltivati, pone la presunzione che il relativo valore (venale) corrisponda a quello agricolo desumibile dalle colture praticate sul fondo che si assume più redditizio rispetto ad altre eventuali possibilità di utilizzo dell’area.





2.2. L’indennizzo per le aree dotate di ... _OMISSIS_ ...catoria




Resta da affrontare la questione se, in base alla sentenza della Consulta, possa risultare valorizzata, ai fini della determinazione della indennità di espropriazione, anche la cd. vocazione edificatoria delle aree espropriate, ossia la presenza nel luogo ove si trova il terreno di opere di urbanizzazione che, qualora il PRG ne consentisse l’edificabilità, renderebbero immediatamente possibile procedere alla attività costruttiva.

Infatti, la consistenza economica di tali tipologie di aree non viene percepita dal mercato in funzione di una loro improbabile utilizzazione agricola ma in relazione alla possibilità che esse, in un futuro più o meno lontano, possano divenire edificabili. Sicché, anche per tali tipologie di terreni la valutazione secondo il valore agricolo verrebbe a costituire un criterio del tutto avulso dalla loro reale potenzialità economica.

Ammettere che la vocazione edif... _OMISSIS_ ...avere un’incidenza sulla determinazione della indennità di espropriazione, sembrerebbe, però, contrastare con l’ancora vigente impianto del t.u. per le espropriazioni che continua a basarsi sulla distinzione fra aree legalmente edificabili (art. 37 comma 3) ed aree che non lo sono. Per tale via, infatti, anche i suoli privi di carattere fabbricativo verrebbero ad essere indennizzati in relazione ad una potenzialità edificatoria che non trova corrispondenza nella disciplina d’uso del bene dettata dagli strumenti urbanistici.

Si tratta, però, di un timore non completamente fondato perché tener conto dell’apprezzamento economico che il mercato fa delle aree periurbane non ancora legalmente fabbricabili non significa annoverarle a tutti gli effetti fra le aree edificabili.

Un conto è, infatti, la valutazione economica delle aree che sono effettivamente edificabili in quanto a ciò destinate dal PRG un altro è l’appre... _OMISSIS_ ... vicinanza al centro abitato e la presenza di opere di urbanizzazione può determinare sul prezzo di un terreno che, comunque, rimane non edificabile.

La distinzione che il t.u. opera fra aree edificabili ed aree non edificabili conserva, quindi, un senso anche qualora l’indennizzo relativo a queste ultime venga determinato in base al maggiore apprezzamento di mercato determinato dalla loro oggettiva vocazione edificatoria che, ragionevolmente, non potrà mai essere tale da produrne una equiparazione alle aree dotate di un vero e proprio indice edificatorio.