I vizi motivazionali in tema di valutazione delle risultanze istruttorie

Sintesi: Ai fini d'una corretta decisione, il giudice non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, né a confutare singolarmente le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l'iter seguito nella valutazione degli stessi e per le proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata.

Sintesi: I vizi motivazionali in tema di valutazione delle risultanze istruttorie non sussistono se la valutazione delle prove è eseguita in senso difforme da quello preteso dalla parte, perché proprio a norma dell'art. 116 c.p.c. rientra nel potere discrezionale del giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare all'uopo le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza e scegliere tra le varie risultanze istruttorie, quelle ritenute idonee e rilevanti.

Estratto: «che, infatti, con il primo motivo, i ricorrenti deducono vizio di motivazione, sostenendo che la Corte d'appello avrebbe ignorato le deposizioni di cinque testimoni sentiti nel corso del giudizio di primo grado, e che avevano affermato l'esistenza di un muro di confine alto da 10/15 a 20/25 centimetri;che il motivo è inammissibile...
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Sintesi: Alla Corte di Cassazione non è conferito il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, non essendo compito del giudice di legittimità verificare l'esattezza della decisione rispetto alle risultanze istruttorie: spetta alla Cassazione che, come si è detto, non può esaminare gli atti, tranne che sia dedotto un error in procedendo, quello di controllare, sotto il profilo logico e formale, la correttezza giuridica del provvedimento impugnato attraverso l'esame del suo contenuto.

Estratto: «Con il secondo motivo le ricorrenti, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 122 del regolamento edilizio del Comune di Caserta, censurano la decisione impugnata laddove aveva ritenuto l'illegittimità dei balconi in quanto costruiti in violazione delle distanze previste da tali norme. In considerazione della indeterminatezza e della genericità del regolamento edilizio che definisce il balcone e le pensiline aggetti, la loro estensione non doveva essere computata nel calcolo delle distanze legali; tenuto conto che di fronte alla finestra balconata non vi erano costruzioni od ostacoli evidenti, il manufatto non comportava alcuna compressione di quei beni (luminosità, salute, igiene) che le norme regolamentari tendono a tutelare: l'aggetto, computabile ai fini delle distanze, è quello implicante ampliamento dell'edificio in superficie e volume;il balcone non creava intercapedini dannose.Con il terzo motivo le ricorrenti, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 122 del regolamento edilizio del Comune di Caserta nonché del Decreto n. 1444 del 1968, censurano la sentenza gravata laddove aveva ritenuto: in relazione alle coperture dei balconi, che gli archi facessero parte del genere pensiline e quindi degli aggetti, che i piastrini presenti nei balconi, in quanto sporgenti dai balconi, creassero intercapedini dannose.Le coperture dei balconi dovevano considerarsi come sporti ornamentali, atteso i che gli archi erano composti da mattoni forati e poggiavano su piastrini non portanti in mattoni pieni con funzione meramente ornamentale; le coperture non potevano considerarsi - come ritenuto dai Giudici - archi murari solidali con l'edificio, tenuto conto che erano state eliminate senza intaccare e modificare le caratteristiche costruttive dell'edificio; la decisione si era basata su una acritica accettazione dei rilievi del consulente, avendo mal valutato le circostanze di fatto, cioè la lesività del balcone, il pericolo igienico e gli sporti.Il secondo e il terzo motivo, che possono esaminarsi congiuntamente stante la connessione, sono infondati.La sentenza ha escluso che i balconi costituissero sporti ornamentali avendo accertato che il fronte dell'immobile di proprietà delle appellanti presentava degli archi murari perfettamente solidali con il fabbricato al di sopra dei quali si sviluppava una muratura di tamponamento, osservando che gli sporti, per le loro caratteristiche strutturali e funzionali, non avevano carattere meramente ornamentale ma, in considerazione dell'apprezzabile profondità e ampiezza dei balconi, la costruzione rappresentava un ampliamento in superficie e in volume: pertanto la misurazione, che andava calcolata dai pilastri, quali punto di massima sporgenza, e non dalla parete retrostante, aveva consentito di accertare la violazione della distanza al riguardo prescritta dall'art. 122 del regolamento edilizio vigente.La decisione è corretta, avendo i giudici fatto puntuale applicazione del principio elaborato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di distanze fra edifici, mentre rientrano nella categoria degli sporti, non computabili ai fini delle distanze, soltanto quegli elementi con funzione meramente ornamentale, di rifinitura od accessoria, come le mensole, le lesene, i cornicioni, le canalizzazioni di gronda e simili, costituiscono corpi di fabbrica, computabili nelle distanze fra costruzioni, le sporgenze di particolari proporzioni, come i balconi, costituite da solette aggettanti anche se scoperte, di apprezzabile profondità ed ampiezza.In realtà, la doglianza, pur facendo riferimento a violazioni di legge, da cui la sentenza è immune, si risolve nella censura dell'accertamento di fatto compiuto dai Giudici in ordine alla natura e alla consistenza del balcone, che è evidentemente oggetto dell'indagine riservata al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione che nella specie non è neppure specificamente formulato, posto che il motivo tende a una diversa rivalutazione delle risultanze processuali: oltretutto il ricorso difetta di autosufficienza laddove in modo del tutto generico si denuncia l'adesione acritica alla consulenza tecnica senza trascriverne il testo e senza evidenziare i relativi errori in modo che non consente alla Corte di Cassazione, che non ha accesso diretto agli atti, di verificarne la decisività. Al riguardo, è appena il caso di ricordare che il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d'ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione; tali vizi non possono consistere nella difformità dell'apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, mentre alla Corte di Cassazione non è conferito il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, non essendo compito del giudice di legittimità verificare l'esattezza della decisione rispetto alle risultanze istruttorie: spetta alla Cassazione che, come si è detto, non può esaminare gli atti, tranne che sia dedotto un error in procedendo, quello di controllare, sotto il profilo logico e formale, la correttezza giuridica del provvedimento impugnato attraverso l'esame del suo contenuto. Il ricorso va rigettato. Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico delle ricorrenti, risultate soccombenti.»

Sintesi: Il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte perché la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico - formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, all’uopo, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione.

Estratto: «Con il 2 motivo del ricorso, l’esponente denunzia l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza impugnata.Le anomalie della motivazione sarebbero particolarmente evidenti in relazione alle problematiche relative all’accertamento delle cause degli allagamenti del proprio fondo e al criterio di liquidazione dei danni subiti. Contesta l’assunto della Corte d’Appello che aveva escluso - non aderendo alle conclusione cui era giunto il CTU - che la condotta fognaria (deviata e ridotta di portata dal Consorzio) fosse la causa principale degli allagamenti e che, in difformita’ da quanto previsto dal primo giudice, ai fini della liquidazione dei danni, aveva ridotto la responsabilita’ del Consorzio del 50%, mentre, secondo il ricorrente, tale ente era l’unico autore degli eventi subiti; invero il ragionamento del giudice si fonda solo su elementi presuntivi e su un ragionamento meramente induttivo.La doglianza non ha pregio.Intanto la predetta censura introduce questioni di merito non sindacabili in sede di legittimita’ quali quelle relativa alla valutazione del materiale probatorio acquisito. E’ opportuno ricordare a questo riguardo che – come ha piu’ volte ribadito questa Corte - "...il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimita’ ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, e non puo’ invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte perche’ la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico - formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, all’uopo, valutarne le prove, controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. Sez. U. n. 5802 del 11/06/1998).Cio’ posto, occorre rilevare che, nella fattispecie la Corte napoletana ha ampiamente motivato, in modo conforme a logica, le ragioni delle sue scelte, talora non in sintonia con le affermazioni dei CTU, per quanto riguarda, in specie, le cause degli allagamenti;ha infatti escluso che vi«fosse stata un’effettiva riduzione della portata della condotta fognaria, sottolineando che l’originario impianto era destinato alla raccolta sia delle acque bianche che delle acque nere, mentre, nella nuova condotta, erano convogliate solo tali ultimi reflui, in quanto le acque bianche erano deviate, tramite un partitore, in due condotte laterali di nuova realizzazione. La Corte di merito ha pure evidenziando le altre concause dei fenomeni in esame, quali la mancanza di manutenzione (imputabile ad altri enti, diversi dal Consorzio, a cio’ preposti ), ovvero a sovraccarichi per innesti abusivi connessi con il caotico sviluppo urbanistico della zona, giustificando in tal modo l’attenuata responsabilita’ del Consorzio.»

Sintesi: Il disposto dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non conferisce alla Corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione data dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, in proposito, valutarne le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione.

Estratto: «L'Amministrazione Provinciale di Roma denuncia "Omessa, erronea, illogica motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5. Violazione art. 112 c.p.c. in relazione all'art. 112 c.p.c." esponendo doglianze da riassumere nel modo seguente.La sentenza della Corte di Appello...
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Sintesi: Il vizio di omessa motivazione, ricorre non solo quando il giudice abbia completamente omesso di esaminare una questione proposta, ma anche quando sia reso impossibile il controllo del criterio logico in base al quale egli ha affermato il proprio convincimento.

Estratto: «Sennonché nella stima di detto valore la sentenza si è limitata a recepire quello prospettato dal c.t.u., pari ad Euro 5,16 mq., perché "congruo" senza altra considerazione; Per cui è incorsa nel vizio di omessa motivazione, denunciato dall'espropriato, il quale ricorre non solo quando il giudice abbia completamente omesso di esaminare una questione proposta, ma anche quando sia reso impossibile il controllo del criterio logico in base al quale egli ha affermato il proprio convincimento, e, perciò, sussiste quando detto giudice si sia limitato ad affermazioni apodittiche non corredate dall'indicazione degli elementi a sostegno della decisione.A questa situazione è, peraltro, equiparabile quella in cui la sentenza argomenta sulla base di elementi di prova menzionati in modo tale da presupporre che essi siano già conosciuti, perché li fa oggetto di mero richiamo, invece che di una descrizione sufficiente a dar conto della loro rilevanza:posto che anche in tal caso non è ricostruibile l'iter logico attraverso cui si è formato il convincimento del giudice e non è quindi esercitabile il controllo della sufficienza e coerenza delle ragioni che lo sorreggono. Il che si è verificato nel caso concreto con il mero rinvio alla valutazione del c.t. che si risolve, di per sé, in una violazione dell'art. 360 c.p.c., n. 5, posto che il giudice deve attenersi al limite intrinseco alla consulenza tecnica, consistente nella sua funzionalità alla risoluzione di questioni di fatto presupponenti cognizioni di ordine tecnico e non giuridico;per cui, non può risolvere la controversia in base ad un richiamo agli accertamenti ed alle conclusioni al riguardo del consulente stesso, ma può condividerle soltanto ove formuli una propria autonoma motivazione basata sulla valutazione degli elementi di prova legittimamente acquisiti al processo e dia sufficiente ragione del proprio convincimento.»

Sintesi: La censura dì insufficiente motivazione della sentenza non può sottrarsi, al fine di consentire una valutazione sulla decisività degli elementi non valutati, né ad un preciso riferimento alla vera ragione della decisione (sia pure solo affermata) né al richiamo degli elementi che, se apprezzati, avrebbero potuto condurre ad una diversa decisione.

Estratto: «Ma una tale, pur generica, motivazione, avrebbe dovuto essere investita da deduzioni specifiche, mirate appunto ad evidenziare non solo la mancata indicazione delle ragioni che tale pregio avrebbero giustificato ma anche l'erroneità dell'affermazione. La censura, in altri termini, non poteva sottrarsi all'onere di indicare, a fronte della generica affermazione della Corte d'Appello mutuata dal Tribunale, gli elementi di segno contrario idonei ad evidenziare, nell'ambito di una valutazione di merito, la mancanza del particolare pregio dei terreno. Il ricorso invece, eludendo sostanzialmente detta "ratio" e le ragioni della sua insufficiente prospettazione, ha espresso le proprie doglianze limitandosi a sostenere che la Corte d'Appello erroneamente ha ritenuto "non similari" con il terreno in questione le aree oggetto degli atti di compravendita, ma nulla ha dedotto, al di là di un generico riferimento alla mancanza di motivazione, sugli elementi che la Corte d'Appello avrebbe trascurato nel giungere al suo convincimento. La censura dì insufficiente motivazione della sentenza non può sottrarsi infatti, per consentire a questa Corte una valutazione sulla decisività degli elementi non valutati, né ad un preciso riferimento alla vera ragione della decisione (sia pure solo affermata) né al richiamo degli elementi che, se apprezzati, avrebbero potuto condurre ad una diversa decisione. Alla Corte d'Appello in definitiva incombeva l'obbligo di indicare e di motivare le ragioni per le quali si era discostata dalla valutazione del C.T.U., ma tale omissione avrebbe dovuta essere investita da una censura puntuale, corredata dalla indicazione di elementi di giudizio non presi in considerazione e che, se valutati, avrebbero potuto evidenziare, la loro decisività.»

Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.