Individuazione del giudice chiamato ad accordare la tutela risarcitoria

GIUDIZIO --> GIURISDIZIONE E COMPETENZA --> GIUDICE AMMINISTRATIVO, IN GENERALE --> TUTELA RISARCITORIA E DEMOLITORIA --> OMESSO/RITARDATO ESERCIZIO DEL POTERE

Sintesi: Un vero è proprio provvedimento può di fatto mancare, senza che ciò implichi che non sia il giudice amministrativo ad essere chiamato a valutare l'effettivo, corretto estrinsecarsi della funzione da parte della P.A. (anche, se del caso, attraverso la fictio del silenzio inadempimento), posto che, una volta abbattuto il limite dell'irrisarcibilità degli interessi legittimi, potrà essere la stessa mancata adozione dell'atto, a costituire la fonte della pretesa risarcitoria, in tutte quelle ipotesi che più propriamente riguardano la tutela piena dell'interesse legittimo e che investono gli interessi legittimi cc.dd. di tipo pretensivo.


Estratto: «B2) La pronuncia di incostituzionalità ora richiamata, lungi dall'aver sopito i problemi interpretativi cui dava luogo la disposizione censurata (anzi si può dire che la tesi che vedeva ogni controversia trasmessa alla cognizione del giudice amministrativo, a prescindere dall'esistenza dell'effettivo esercizio di una potestà pubblicistica, aveva, per contro, indiscutibilmente semplificato, ancorché illegittimamente, il sistema), ne ha aperti di nuovi, nella sostanza riassumibili nel doppio quesito cui deve darsi risposta: quello funditus di stabilire quali siano i casi in cui si può ritenere che la p.a. abbia agito comunque nella veste di autorità; quello interconnesso, relativo alla individuazione del giudice chiamato ad accordare la tutela risarcitoria conseguente, se cioè questo debba essere sempre il giudice amministrativo, adito, se del caso, anche successivamente o addirittura indipendentemente dall'impugnazione dell'atto amministrativo, o se residuasse l'ipotesi di una giurisdizione alternativa o concorrente del giudice ordinario, anch'essa attivabile, sulla scorta delle argomentazioni desumibili dalle note sentenze nn. 500 e 501 del 1999 (con le quali si è dato ingresso alla risarcibilità per lesione degli interessi legittimi), indipendentemente dalla impugnazione e dall'annullamento dell'atto amministrativo presupposto (o più propriamente, come vedremo, dalla declaratoria dell'illegittimità dell'operato dell'amministrazione), da verificare incidentalmente, quale fatto e cioè quale elemento costitutivo della pretesa risarcitoria (quesiti che implicano anche la nota tematica della c.d. pregiudizialità amministrativa su cui, seppure per incidens, successivamente si tornerà).B2a) Partendo dall'analisi della seconda questione relativa all'individuazione del giudice cui è attribuita la potestà di fornire la correlativa tutela risarcitoria - che si affronta per prima perché, indipendentemente da quanto si rileverà nel prosieguo, nel caso di specie vi è stato un pronunciamento del giudice amministrativo che ha annullato l'occupazione degli immobile di proprietà degli attori, occupazione in conseguenza della quale si assume siano derivati i danni di cui viene domandato il ristoro - occorre chiaramente ricordare le pronunce del giudice di legittimità che, nel corso del 2006, hanno cercato di delineare l'assetto delle tutele oggi accordate al privato nel campo di cui si sta discorrendo (si tratta ovviamente di Cass. sez. un. nn. 13659, 13660 e 13911 del 2006).La Suprema corte ha posto in risalto come si fossero venute a consolidare due opposte opzione interpretative.Una tesi per così dire "tutta amministrativa", secondo la quale occorreva, per conseguire la tutela risarcitoria, necessariamente esperire la tutela demolitoria nei confronti dell'atto e nel termine di impugnazione, sicché, sebbene fosse possibile adire il giudice amministrativo anche separatamente e successivamente all'annullamento dell'atto, se non era stata praticata l'azione di legittimità, era preclusa la tutela risarcitoria, non solo davanti al g.a. - il quale strutturalmente non poteva valutare in via incidentale, né disapplicare l'atto - ma anche innanzi al giudice ordinario, al quale, in ossequio al principio della c.d. pregiudizialità amministrativa, non era concesso di verificare incidentalmente l'illegittimità dell'atto quale semplice elemento costitutivo dell'illecito.L'altra "tutta civilistica", che, in primo luogo, non ammetteva l'introduzione della: domanda risarcitoria indipendentemente da quella di legittimità davanti al giudice amministrativo, evidenziando che il g.o. restava comunque costituzionalmente il giudice dei diritti, dal che non poteva sostenersi che la concentrazione della tutela innanzi al g.a. avesse carattere necessitato, potendo il cittadino rivolgersi al giudice ordinario non solo successivamente all'ottenimento dell'annullamento dell'atto amministrativo da parte del g.a., ma anche prescindendo del tutto dal presupposto dell'annullamento, in considerazione dell'argomentazione che il privato potrebbe non avere interesse alla caducazione dell'atto, ma esclusivamente ad ottenere il ristoro pecuniario del danno, con la conseguente possibilità, da parte del giudice ordinario, di verificare la legittimità del provvedimento come fatto e pertanto come elemento interno alla pretesa risarcitoria.Le sezioni unite, dopo aver esposto le opposte interpretazioni, hanno scelto una tesi, per così dire, intermedia, o se si vuole combinatoria, attribuendo la giurisdizione, in via esclusiva, sulla pretesa al risarcimento, al giudice amministrativo, al quale, però, non è consentito di rifiutare la tutela invocata nel caso in cui non vi sia stata l'impugnazione dell'atto (pena la ricorribilità in Cassazione per motivi di giurisdizione), di tal che il cittadino potrà agire innanzi al giudice amministrativo sia chiedendo contestualmente la rimozione dell'atto ed il conseguente risarcimento del danno, sia successivamente all'annullamento ed anche indipendentemente da questo, non potendo ammettersi nel nostro ordinamento, che la tutela risarcitoria venga subordinata, non alla regola generale della prescrizione, ma, con l'obbligo di impugnare l'atto in un termine decadenziale assai stringente, ad una sorta di "verwirkung amministrativa tutta italiana".Si può subito dire che l'approdo del giudice di legittimità (soprattutto Cass. n. 13911 cit.) in favore del giudice amministrativo, è stato certamente condizionato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e segnatamente dalle precisazioni che la Consulta ha svolto nella successiva pronuncia n. 191 del 2006, in cui esplicitamente si parla di principio di concentrazione delle tutele, in piena attuazione non solo dell'art. 24 cost, ma della nuova formulazione dell'art. 111 cost.Sicché - anticipando per un attimo anche il discorso relativo al primo quesito in precedenza enunciato e cioè in quali casi deve ritenersi che la pubblica amministrazione abbia comunque agito nella veste di autorità - le sezioni unite sciolgono il dubbio che pure aveva animato più di una pronuncia dello stesso giudice di legittimità anche successivamente alla sentenza di incostituzionalità n. 204 del 2004, in relazione al giudice cui è attribuita la giurisdizione nell'evenienza in cui sia stato precedentemente adito il giudice amministrativo per l'annullamento dell'atto e una volta ottenuto tale annullamento, venga in un secondo momento domandato il risarcimento del danno conseguente, optando sempre in favore del medesimo giudice che si è occupato della rimozione dell'atto, non potendosi, invero, negare che, ancorché tramite l'adozione di un provvedimento non conforme a legge, in quel caso la p.a. ha certamente agito nell'esercizio delle sue prerogative pubblicistiche (ipotesi che, per buona parte della giurisprudenza del g.o. si riteneva rientrasse tra quelle in cui la p.a. aveva agito in assoluta carenza di potere, avendo l'annullamento efficacia ex tunc e pertanto, addirittura, tra le ipotesi di c.d. occupazione usurpativa).Appare opportuno, inoltre, richiamare l'attenzione - l'argomento tornerà utile in seguito - sul rilievo che, in realtà, è persino riduttivo ragionare in termini di mera impugnativa ed annullamento di atti, dovendo, invece, tenere presente che, già da un punto di vista concettuale e rimanendo (ancora) negli ambiti prospettati dallo stesso giudice di legittimità, un vero è proprio provvedimento può di fatto mancare, senza che ciò implichi che non sia il giudice amministrativo ad essere chiamato a valutare l'effettivo, corretto estrinsecarsi della funzione da parte della pubblica amministrazione (anche, se del caso, attraverso la fictio del silenzio inadempimento), posto che, una volta abbattuto il limite della irrisarcibilità degli interessi legittimi, potrà essere la stessa mancata adozione dell'atto, a costituire la fonte della pretesa risarcitoria, in tutte quelle ipotesi che più propriamente riguardano la tutela piena dell'interesse legittimo e che investono gli interessi legittimi cc.dd. di tipo pretensivo, non dubitandosi, a fortiori, che, in questo caso, il ristoro dei danni dovrà essere domandato al g.a. nell'ambito della stessa giurisdizione di legittimità (vds. trib Nola 9.5.2007, g.i. No.; si consideri, altresì, sul punto il nuovo istituto riguardante il ricorso giurisdizionale contro l'inerzia della p.a. che, a parere del tribunale, non nega, ma anzi conferma, col prevedere esplicitamente la condanna dell'amministrazione a provvedere in un termine preciso, che ad essere impugnato non è l'atto, ma la sua mancata adozione e cioè il mancato esercizio del potere; ed ancora la possibilità, in caso di perdurare dell'inerzia della p.a., di ricorrere immediatamente allo stesso tribunale amministrativo per la nomina di un commissario ad acta che comunque, pur preservando il potere dell'amministrazione di provvedere in prima battuta, accentua il profilo di giurisdizione sul rapporto e la tutela dell'interesse sostanziale perseguito dal ricorrente).»

Sintesi: In ipotesi di danno conseguente ad occupazione disposta a termini scaduti non dovrebbe stimarsi esistente un atto effettivamente da impugnare o che possa essere validamente qualificato tale; il privato dovrebbe, infatti, agire per la declaratoria d'inefficacia del perdurare dell'occupazione e non per l'annullamento dell'atto originariamente adottato, potendo il GA limitare la sua indagine alla mera constatazione dell'assenza del presupposto di efficacia che legittimava necessariamente l'adozione dell'atto successivo, o addirittura dell'assenza stessa di un atto successivo (si pensi all'ipotesi di irreversibile trasformazione del fondo in mancanza di tempestiva adozione del decreto (di esproprio).

Estratto: «C) Come spunto di riflessione conclusivo - posto che qui il problema non si pone, avendo, come più volte ricordato, gli attori impugnato il provvedimento di occupazione - osserva il tribunale che le problematiche maggiori potrebbero incentrasi proprio sulla c.d. pregiudizialità amministrativa, apparendo questa in grado di condizionare radicalmente la tutela del cittadino, con la conseguenza che il valore della concentrazione delle domande davanti ad un unico giudice, verrebbe posto in non cale dalla rigida applicazione delle regole del giudizio in quella sede oggi propugnate del giudice amministrativo.Non vanno nascosti il peso e l'importanza delle argomentazioni svolte dal supremo organo di giustizia amministrativa e gli interessi di sistema che sottendono a tale opzione interpretativa, in passato condivisi pure da questo giudice.Ciò nondimeno ci si deve domandare se tali argomentazioni, alla luce del mutato quadro ordinamentale, possano essere considerati ancora attuali (o forse accettabili sul piano delle garanzie del cittadino).Si dovrebbe, infatti, ammettere che, se l'esame deve essere compiuto non solo sull'atto, ma sull'estrinsecarsi del pregresso esercizio della funzione, che collega comunque il danno conseguente, all'agire (per questo ritenuto ancora) in veste di autorità della p.a., per molti dei casi in esame, neppure dovrebbe stimarsi esistente un atto effettivamente da impugnare o che possa essere validamente qualificato tale - il privato dovrebbe, infatti, agire per la declaratoria di inefficacia del perdurare dell'occupazione e non per l'annullamento dell'atto originariamente adottato - potendo il giudice amministrativo limitare la sua indagine alla mera constatazione della assenza del presupposto di efficacia che legittimava necessariamente l'adozione dell'atto successivo, o addirittura dell'assenza stessa di un atto successivo (si pensi all'ipotesi di irreversibile trasformazione del fondo in mancanza di tempestiva adozione del decreto (di esproprio), sempre se il giudice speciale, pur rivendicando con forza tale fetta di attribuzione giurisdizionale, non si voglia porre esso stesso in un angolo, rinunciando a quella giurisdizione sul "rapporto" che dovrebbe caratterizzare la giustizia amministrativa in un moderno Stato di diritto ed a meno di non voler apprestare una tutela minore di quella che, in precedenza, il giudice ordinario, oramai "per diritto vivente", forniva al cittadino, così giustificando le riserve spesso mostrate dal giudice regolatore della giurisdizione a declinare le proprie attribuzioni.Del resto, il problema si era già presentato in generale nell'ambito delle ipotesi di giurisdizione esclusiva esistenti in precedenza e non era sfuggito ad un'autorevole dottrina amministrativistica che, infatti, già nel 1983, poneva la questione della possibilità della disapplicazione dell'atto ad opera del giudice amministrativo o comunque della generale applicazione delle regole di giudizio proprie della giurisdizione sul rapporto, pure applicate in quell'ambito, ma solo in relazione ai c.d. atti paritetici.Anche tale autore muoveva dal presupposto dell'interesse concreto perseguito dal ricorrente, come oggi fa la Corte di cassazione e sul punto si può evidenziare che, nella pratica ed in relazione alla materia di cui stiamo trattando, i problemi dovrebbero essere certamente minori, come ci mostra proprio il caso di specie, dove gli odierni attori, avendo interesse a conservare la proprietà e a rientrare nel possesso dei beni, hanno proposto ricorso davanti al giudice amministrativo per poi domandare anche il ristoro dei danni (i maggiori problemi si pongono, infatti, in relazione al risarcimento del danno per lesione degli interessi di tipo pretensivo nell'ambito della giurisdizione di legittimità).In conclusione si può ricordare che, sulla scorta delle considerazioni proposte da quella dottrina, altro compianto autore, pur non condividendo l'assolutezza delle conclusioni, poneva in risalto, comunque, la necessità che il giudice amministrativo, dal dato stesso che la materia è stata attribuita alla sua giurisdizione esclusiva, dovrebbe trarre "indice rivelatore di una prevalente considerazione della natura paritaria dei rapporti relativi", a maggior ragione, si può aggiungere, laddove la cognizione di quelle controversie gli è stata attribuita in presenza di consolidati indirizzi interpretativi del giudice di legittimità, cui precedentemente era devoluta la giurisdizione.Pertanto, alla luce delle considerazioni che precedono, ritiene questo giudice che debba essere affermata la giurisdizione del tribunale amministrativo regionale per la Campania, per essere la cognizione della presente controversia, riguardando questa danni conseguenti ad un'occupazione disposta dalla p.a. nell'esercizio della funzione amministrativa, devoluta al giudice amministrativo.Da ciò consegue che, vertendo anche la presente controversia sulla domanda di risarcimento dei danni o per la perdita della proprietà e danni conseguenti, derivati da pregressa attività amministrativa posta in essere in esecuzione di provvedimento formalmente adottato di occupazione delle aree, la controversia sia devoluta alla cognizione del tribunale amministrativo, a nulla rilevando che i termini che legittimavano l'occupazione siano scaduti, risultando superato, per le espresse ragioni, il precedente indirizzo cui si richiama la parte attrice (si evidenzia, per completezza, che, sebbene sembrerebbe anche adombrarsi una occupazione per una estensione maggiore di quella di cui al relativo decreto, non vi è specifica domanda al riguardo, circostanza che comunque risulterebbe irrilevante ai fini del riparto tra le giurisdizioni, posto che di recente il giudice di legittimità ha avuto modo di affermare la giurisdizione del g.a. anche in relazione a tale evenienza; cfr. Cass. sez. un. n. 16093 del 2009).»

Sintesi: In presenza del mancato tempestivo soddisfacimento dell’obbligo dell’Autorità amministrativa di assolvere adempimenti pubblicistici, aventi ad oggetto lo svolgimento di funzioni amministrative, si è al cospetto di interessi legittimi pretensivi del privato, la cui tutela ricade, nella giurisdizione del giudice amministrativo.

Estratto: «Asserisce la società di avere titolo alla tutela risarcitoria per l’illegittimo ritardo nel rilascio della concessione edilizia evidenziando come, nella specie, l’istanza non è stata definita a distanza di un lungo lasso di tempo dalla richiesta e che le argomentazioni sollevate dall’Amministrazione nel corso del procedimento sulla complessità giuridica del caso, peraltro, non sussisterebbero. Il danno patrimoniale subito è stato quantificato dalla società ricorrente in una somma di euro 250.000,00 (duecentocinquantamila), ovvero di quella ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione.La pretesa è stata contrastata dal Comune resistente che ha eccepito profili di inammissibilità del gravame atteso che non vi sarebbe stata una condotta omissiva da parte del medesimo, in quanto la concessione edilizia non sarebbe stata rilasciata per mancanza dei presupposti e cioè, per mancanza del PIP, né la società avrebbe impugnato il rifiuto opposto dal Comune contro la diffida nel quale ha espresso la necessaria approvazione del PIP.1.1. Il Collegio rileva che il ricorso presenta profili di inammissibilità alla luce delle considerazioni di seguito riportate.Va premesso che nel nostro diritto positivo non è previsto, allo stato attuale della legislazione, un meccanismo riparatore dei danni causati dal ritardo procedimentale in sé e per sé considerato. A questo proposito, la giurisprudenza amministrativa ha precisato che in presenza del mancato tempestivo soddisfacimento dell’obbligo dell’Autorità amministrativa di assolvere adempimenti pubblicistici, aventi ad oggetto lo svolgimento di funzioni amministrative, si è al cospetto di interessi legittimi pretensivi del privato, la cui tutela ricade, per loro intrinseca natura, nella giurisdizione del giudice amministrativo (e, trattandosi della materia urbanistica-edilizia, nella sua giurisdizione esclusiva); come tali esulano dai meri “comportamenti” della P.A. invasivi dei diritti soggettivi del privato ed espunti dalla giurisdizione amministrativa in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004 (cfr. Cons. Stato, Ad. Plenaria, n. 7 del 15 settembre 2005; Tar Lazio, Roma, sez. III quater, 31 marzo 2008, n. 2704; Tar Piemonte, sez. I, 20 novembre 2008, n. 2901).Il danno da ritardo, secondo l’orientamento giurisprudenziale, non ha un’autonomia strutturale rispetto alla fattispecie procedimentale da cui scaturisce ed è legato inscindibilmente alla positiva finalizzazione di quest’ultima (cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 2009, n. 1162); infatti, secondo la richiamata decisione dell’Ad. Plen. n. 7/2005, non è risarcibile il danno da ritardo “puro” quando è disancorato dalla dimostrazione giudiziale della meritevolezza di tutela dell’interesse pretensivo fatto valere (e quando l’Amministrazione abbia adottato con notevole ritardo, un provvedimento negativo rimasto inoppugnato). Peraltro, va posto in rilievo che i termini di conclusione del procedimento specifico per il rilascio della concessione edilizia, di cui all’art.4 della Legge n. 493 del 1993, non ha natura perentoria, ma meramente acceleratoria (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 30.12.2005, n.7623).»

GIUDIZIO --> GIURISDIZIONE E COMPETENZA --> GIUDICE AMMINISTRATIVO, IN GENERALE --> TUTELA RISARCITORIA E DEMOLITORIA --> RIFIUTO DELLA TUTELA RISARCITORIA AUTONOMA

Sintesi: In ordine all'individuazione del giudice chiamato ad accordare la tutela risarcitoria, le SS.UU. della Suprema corte, dopo aver esposto le opposte interpretazioni, tesi per così dire "tutta amministrativa" e tesi "tutta civilistica", hanno scelto una tesi, per così dire, intermedia, o se si vuole combinatoria, attribuendo la giurisdizione, in via esclusiva, sulla pretesa al risarcimento, al giudice amministrativo, al quale, però, non è consentito di rifiutare la tutela invocata nel caso in cui non vi sia stata l'impugnazione dell'atto (pena la ricorribilità in Cassazione per motivi di giurisdizione).

Estratto: «B2) La pronuncia di incostituzionalità ora richiamata, lungi dall'aver sopito i problemi interpretativi cui dava luogo la disposizione censurata (anzi si può dire che la tesi che vedeva ogni controversia trasmessa alla cognizione del giudice amministrativo, a prescindere dall'esistenza dell'effettivo esercizio di una potestà pubblicistica...
[...omissis: vedi sopra...]

Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.