Riparto della giurisdizione competente: assegnazione dell'alloggio P.E.E.P. e silenzio rifiuto della P.A.

GIUDIZIO --> GIURISDIZIONE E COMPETENZA --> SFRATTO

Sintesi: In tema di edilizia economica e popolare, il riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e ordinario, anche dopo l'entrata in vigore del c.p.a., trova il suo criterio distintivo nell'essere la controversia relativa alla fase antecedente o successiva al provvedimento di assegnazione dell'alloggio, che segna il momento a partire dal quale l'operare della Pubblica amministrazione non è più riconducibile all'esercizio di pubblici poteri, ma ricade invece nell'ambito di un rapporto paritetico soggetto alle regole del diritto privato; segue da ciò che la controversia introdotta da chi si opponga ad un provvedimento dell'Amministrazione comunale di rilascio di immobili ad uso abitativo occupati senza titolo rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, essendo contestato il diritto di agire esecutivamente e configurandosi l'ordine di rilascio come un atto imposto dalla legge e non come esercizio di un potere discrezionale dell'Amministrazione, la cui concreta applicazione richieda, di volta in volta, una valutazione del pubblico interesse.


Estratto: «Ritiene il Collegio che nella specie sussista il difetto di giurisdizione del giudice adito.Sul punto la giurisprudenza consolidata ha chiarito che in tema di edilizia economica e popolare, il riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e ordinario, anche dopo l'entrata in vigore del c.p.a., trova il suo criterio distintivo nell'essere la controversia relativa alla fase antecedente o successiva al provvedimento di assegnazione dell'alloggio, che segna il momento a partire dal quale l'operare della Pubblica amministrazione non è più riconducibile all'esercizio di pubblici poteri, ma ricade invece nell'ambito di un rapporto paritetico soggetto alle regole del diritto privato; segue da ciò che la controversia introdotta da chi si opponga ad un provvedimento dell'Amministrazione comunale di rilascio di immobili ad uso abitativo occupati senza titolo rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, essendo contestato il diritto di agire esecutivamente e configurandosi l'ordine di rilascio come un atto imposto dalla legge e non come esercizio di un potere discrezionale dell'Amministrazione, la cui concreta applicazione richieda, di volta in volta, una valutazione del pubblico interesse” (cfr., Consiglio di Stato, sez. V, 03 agosto 2012, n. 4441).La giurisprudenza dei Tribunali Amministrativi Regionali si è poi assestata su tali principi, evidenziando che esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo la controversia in materia di opposizione a provvedimento di rilascio di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, in cui il ricorrente rappresenti di avere diritto ad occupare l'alloggio avendo coabitato con i genitori, originari assegnatari, mirando la controversia a dimostrare la sussistenza dei presupposti per il subentro nel contratto (ex plurimis, T.A.R. Roma Lazio sez. III, 09 maggio 2013 n. 4632 e T.A.R. Salerno Campania sez. I, 10 dicembre 2012, n. 2275.Recentemente poi la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha chiarito che in materia di edilizia residenziale pubblica, le controversie attinenti alla legittimità dei provvedimenti di diffida al rilascio dell'immobile e di rigetto dell'istanza volta ad ottenere la voltura del contratto di affitto riguardano la disciplina del rapporto così instaurato e, pertanto, rientrano nella giurisdizione del g.o. (cfr., Cassazione civile, sez. un., 23 novembre 2012, n. 20727).»

Sintesi: Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario nel caso in cui la PA abbia disposto lo sfratto del privato da un prefabbricato non destinato ad un pubblico servizio ed oggetto di un rapporto privatistico.

Estratto: «pienamente condivisibile è la ratio decidendi sul punto in esame dell'impugnata decisione; innanzi tutto questa Corte ha già sostenuto che affinché un bene non appartenente al demanio necessario possa rivestire il carattere pubblico proprio dei beni patrimoniali indisponibili in quanto destinati ad un pubblico servizio, ai sensi dell'art. 826 cod. civ., comma 3, deve sussistere il doppio requisito (soggettivo ed oggettivo) della manifestazione di volontà dell'ente titolare del diritto reale pubblico (e, perciò, un atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell'ente di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio) e dell'effettiva ed attuale destinazione del bene al pubblico servizio, per cui non è sufficiente la semplice previsione dello strumento urbanistico circa la destinazione di un'area alla realizzazione di una finalità di interesse pubblico (tra le altre, Cass. S.U. n. 14865/2006); inoltre, è ormai indirizzo consolidato (tra le altre, Cass. S.U. n. 25769/2008) quello secondo cui, ai fini del riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, la giurisdizione si determina in relazione al carattere paritario o autoritativo del rapporto intercorrente tra privato e P.A.; ne consegue che ove il privato, al di fuori dei casi di giurisdizione esclusiva, deduca la lesione di un diritto soggettivo in relazione ad un rapporto nel quale alla P.A. non è attribuito dalla legge alcun potere autoritario né alcuna discrezionalità, la controversia è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario.Nella fattispecie in esame, come detto e come accertato in sede di merito, si verte in tema di un prefabbricato non destinato ad un pubblico servizio ed oggetto di un rapporto privatistico: deve affermarsi, quindi, la giurisdizione del giudice ordinario.»

GIUDIZIO --> GIURISDIZIONE E COMPETENZA --> SILENZIO

Sintesi: Secondo principi costantemente ripetuti dalla giurisprudenza amministrativa, è inammissibile il ricorso proposto al fine di accertare il silenzio formatosi sull'istanza presentata all'Amministrazione ed in ordine alla quale essa non ha provveduto espressamente, per come richiesto dall'art. 2, comma 1, della legge 7 agosto 1990 n. 241, allorché il giudice amministrativo sia privo di giurisdizione in ordine al rapporto giuridico sottostante ovvero si tratti comunque di posizioni di diritto soggettivo, anche laddove sia riscontrabile un'ipotesi di giurisdizione esclusiva.

Estratto: «Considerato che il ricorso di cui trattasi è inammissibile per la natura dell'interesse sotteso alla richiesta di parte ricorrente. Infatti, in linea di diritto va osservato che , secondo principi costantemente ripetuti dalla giurisprudenza amministrativa...
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Sintesi: In caso di inerzia su un'istanza di attribuzione di un bene del patrimonio disponibile, sussiste un difetto di giurisdizione del G.A. e non è possibile utilizzare il rito avverso il silenzio (artt. 31 e 117 c.p.a.), poiché tale categoria di beni non può essere oggetto di concessione ma solo di negozi di diritto privato.

Sintesi: I limiti della giurisdizione amministrativa non possono essere superati con il ricorso surrettizio al rito speciale del silenzio rifiuto disciplinato dagli artt. 31 e 117 c.p.a..

Estratto: «Osserva il Collegio che, in effetti, considerato che l’Associazione ricorrente occupa un immobile appartenente al patrimonio disponibile del Comune di Gallipoli a titolo (sia pure precario) di locazione e che aspira ad occupare (allo stesso titolo) un altro immobile pure rientrante nel patrimonio disponibile comunale (dovendo trattarsi, ex art. 32 della Legge n° 383/2000, di “beni immobili non utilizzati per fini istituzionali”), la posizione giuridica azionata non ha certo la consistenza dell'interesse legittimo, vertendosi, invece, in tema di diritti soggettivi perfetti.Pertanto, non sussistendo nella presente vicenda una fattispecie di giurisdizione esclusiva (come sarebbe laddove il rapporto in questione fosse qualificabile come concessorio), la controversia appartiene alla giurisdizione dell'Autorità Giudiziaria Ordinaria.Al riguardo, il Tribunale, rammentato che ai sensi dell’art. 32 primo comma della Legge 7 Dicembre 2000 n° 383 “Lo Stato, le Regioni, le Province e i Comuni possono concedere in comodato beni mobili ed immobili di loro proprietà, non utilizzati per fini istituzionali, alle associazioni di promozione sociale e alle organizzazione di volontariato previste dalla Legge 11 Agosto 1991 n° 266, per lo svolgimento delle loro attività istituzionali”, ritiene di poter richiamare le conclusioni, assolutamente condivisibili, rassegnate dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nelle fondamentali sentenze 27 Maggio 2009 n° 12251 e 28 Giugno 2006 n° 14865.Con tali pronunce la Suprema Corte ha, infatti, statuito che "....Costituisce principio pacifico e risalente nella giurisprudenza di legittimità che solo l'attribuzione a privati dell'utilizzazione di beni del demanio o del patrimonio indisponibile dello Stato o dei Comuni, quale che sia la terminologia adottata nella convenzione ed ancorché essa presenti elementi privatistici, è sempre riconducibile, ove non risulti diversamente, alla figura della concessione-contratto, atteso che il godimento dei beni pubblici, stante la loro destinazione alla diretta realizzazione di interessi pubblici, può essere legittimamente attribuito ad un soggetto diverso dall'ente titolare del bene - entro certi limiti e per alcune utilità - solo mediante concessione amministrativa, con la conseguenza che le controversie attinenti al suddetto godimento sono riservate alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo, ai sensi dell’art. 5 della Legge 6 Dicembre 1971 n° 1034 (ora art. 133 primo comma lett. b c.p.a.) quando non abbiano ad oggetto indennità, canoni ed altri corrispettivi [.....]. Qualora, invece, si tratti di beni del patrimonio disponibile dello Stato o dei Comuni, il cui godimento sia stato concesso a terzi dietro corrispettivo, al di là del nomen iuris che le parti contraenti abbiano dato al rapporto, viene a realizzarsi lo schema privatistico della locazione e le controversie da esso insorgenti sono attribuite alla giurisdizione del Giudice Ordinario [.....]. Al riguardo devesi, infatti, ribadire che, onde un bene non appartenente al demanio necessario possa rivestire il carattere pubblico proprio dei beni patrimoniali indisponibili in quanto destinati ad un pubblico servizio, ai sensi dell'art. 826 c.c., comma 3, deve sussistere il doppio requisito (soggettivo ed oggettivo) della manifestazione di volontà dell'ente titolare del diritto reale pubblico (e, perciò, un atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell'ente di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio) e dell'effettiva ed attuale destinazione del bene al pubblico servizio".D’altra parte, è noto che un bene immobile appartenente al patrimonio disponibile del Comune può essere assegnato in godimento a terzi (quale che sia la terminologia adoperata in proposito nei regolamentari comunali) solo attraverso negozi di diritto privato, e non già tramite un provvedimento amministrativo di concessione, posto che l’utilizzazione dello strumento concessorio per all’attribuzione in godimento a soggetti terzi di un bene patrimoniale disponibile non è conforme ai principi del nostro ordinamento giuridico (cfr: Consiglio di Stato, IV Sezione, 8 Giugno 2009 n° 3507; Corte dei Conti, Sez. Sardegna, 7 Marzo 2008 n° 4), sicché (a ben vedere) l’istanza di assegnazione di nuovi locali comunali presentata, in data 17 Aprile 2012, dalla ricorrente Associazione di promozione sociale non è idonea ad attivare un procedimento amministrativo e/o a sollecitare l’esercizio delle potestà pubblicistiche del Comune di Gallipoli.E’ appena il caso, poi, di segnalare che nel procedimento speciale di impugnazione del silenzio rifiuto, disciplinato dagli artt. 31 e 117 c.p.a., il G.A. esercita i poteri della giurisdizione generale di legittimità, e che i limiti della giurisdizione amministrativa non possono essere superati con il ricorso surrettizio al rito speciale del silenzio rifiuto.»

Sintesi: Il rito contro il silenzio soggiace ai consueti limiti di giurisdizione, essendo solo uno specifico strumento processuale che non costituisce ambiti di giurisdizione esclusiva autonomi o ulteriori rispetto alle previsioni di cui agli artt. 133 e ss. cod. proc. amm..

Estratto: «Ritenuto che nell’odierno giudizio parte ricorrente chiede, mediante più azioni (di accertamento e di condanna), che sia accertata l’esatta quantificazione dei canoni di concessione dell’area demaniale marittima scoperta della superficie di mq 1200,00 ubicata sull’arenile del Comune di Bova Marina (RC), destinata a cantiere navale, per il periodo compreso tra il 1989 ed il 1996;Ritenuto che, in adesione alla corrispondente eccezione di parte resistente, costituitasi in giudizio, va rilevata la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo sulla odierna domanda, ai sensi dell’art. 133, lett. “b”, già art. 5 della l. 1034/71 (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 07 febbraio 2011 , n. 1121; T.A.R. Bari Puglia sez. III, 25 novembre 2011, nr.1796);Ritenuto che non vale a radicare la giurisdizione del giudice amministrativo la configurazione di parte della odierna domanda in termini di giudizio sul silenzio o inerzia della PA, atteso che tale rito speciale soggiace ai consueti limiti di giurisdizione, essendo solo uno specifico strumento processuale che non costituisce ambiti di giurisdizione esclusiva autonomi o ulteriori rispetto alle previsioni di cui agli artt. 133 e ss. del c.p.a. (si veda, ex multis, T.A.R. Calabria Reggio Calabria, sez. I, 24 marzo 2011 , n. 227);»

Sintesi: È inammissibile il ricorso avverso il silenzio per ottenere la declaratoria dell'obbligo di provvedere della P.A. qualora non sia in discussione un interesse legittimo ma un diritto soggettivo come quello che sorge in capo al privato in seguito al provvedimento di legittimazione dell'occupazione abusiva di terreno oggetto di uso civico.

Estratto: «6 Il ricorso è inammissibile.6.1 In via preliminare, va dato atto della correttezza dell’impostazione interessante la qualificazione della situazione giuridica soggettiva scaturente dalla legittimazione di cui agli articoli 9 e 10 della legge 16 giugno 1927, n. 1766 e 33 del R.D. n. 332 del 1928. Ed, infatti, attingendo ai precedenti citati dagli stessi ricorrenti, va evidenziato che anche di recente la Corte regolatrice “... - al riguardo - ha precisato che il provvedimento di legittimazione delle occupazioni abusive di terre del demanio civico comporta la trasformazione del demanio in allodio e, contestualmente, la nascita, in capo all’occupatore, di un diritto soggettivo perfetto di natura reale sul terreno che ne è oggetto … (recentemente, in tema, Cass. ss. uu., 22 maggio 1995 n. 5600). In altri termini in esito al procedimento - avente natura amministrativa - di legittimazione, da un lato, cessa il regime di inalienabilità e imprescrittibilità delle terre che diventano private; …, viene (quindi) emesso un provvedimento di natura concessoria in forza del quale il privato acquista un diritto di natura reale, sul bene (Cass. sez. uu. 9 novembre 1994 n. 9286, nonché Cass. 23 giugno 1993 n. 6940 e, in precedenza, Cass. 15 giugno 1974 n. 1750: per effetto della legittimazione l’abusivo occupatore diventa titolare di un diritto soggettivo perfetto, con pienezza di facoltà). … in questa ottica si giustifica la formula legislativa che prevede l’imposizione, a carico dei fondi, di un “canone enfiteutico”, che in tanto è - anche in termini di teoria generale - configurabile in quanto non esiste un diritto reale di proprietà, ma il diverso diritto di enfiteusi.”. (Cassazione, III, 8 gennaio 1997, n. 64). Dal precedente in parte riprodotto si evince pertanto che, ferma la proprietà del comune, per effetto del provvedimento di legittimazione sorge in capo all’interessato una posizione giuridica connotata in termini di diritto soggettivo al quale si riferiscono le indicazioni di cui alla Circolare n. 2 del 26.02.2006 ed alla risoluzione n. 1/2006 - prot. n. 18288 della Direzione Agenzia del Territorio con specifico riguardo ai profili della trascrizione, quindi dell’opponibilità dello stesso diritto, e del regime fiscale cui è sottoposto il relativo provvedimento di legittimazione.6.2 Ciò posto se, per quanto già detto, è indiscutibile che i ricorrenti sono titolari di un diritto soggettivo al quale si connettono, per i fini propri e di tutela dello stesso, gli adempimenti indicati in ciascuna determina di legittimazione, va escluso nel caso l’esistenza di un obbligo di provvedere sì come sotteso dalla norma invocata a sostegno della domanda, obbligo che per definizione implica l’esercizio di attività amministrativa, discrezionale o vincolata, comunque funzionalizzata e rapportata alla esistenza di un interesse legittimo. In altri termini, gli adempimenti di cui alle singole legittimazioni attengono sicuramente alla tutela di una posizione di diritto, non di interesse legittimo, il che giustifica l’anticipato esito in applicazione del costante orientamento - a valere anche in relazione all’articolo 117 del codice de processo amministrativo -, per il quale “ … l’azione di annullamento del silenzio - rifiuto della pubblica amministrazione non è applicabile qualora essa sia finalizzata all’accertamento di un comportamento dell’Amministrazione inadempiente rispetto ad un obbligo di natura civilistica, perché la pretesa del ricorrente ha natura di diritto soggettivo mentre il giudizio disciplinato dall’art. 21 bis l. 6 dicembre 1971 n. 1034 presuppone l’esercizio di una potestà amministrativa, rispetto alla quale la posizione del privato si configura come interesse legittimo.” (da ultimo T.a.r. Sicilia Catania, sez. III, 27 settembre 2010, n. 3834).»

Estratto: «Tanto premesso, l’impugnativa in esame -nella prima parte, relativa al silenzio rifiuto- è inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito per le ragioni che seguono: a). con l’art.2 della L.7 luglio 2000 n.205, il Legislatore ha previsto che i ricorsi avverso il silenzio dell’Amministrazione sono decisi in camera di consiglio...
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Sintesi: L'art. 21-bis legge 1034/1971 non costituisce un'autonoma ipotesi di giurisdizione amministrativa esclusiva o per materia, ma è ammissibile solo nei casi in cui il Giudice adito abbia giurisdizione sul rapporto sostanziale cui si riferisce la dedotta inerzia.

Sintesi: Il rimedio introdotto dall'art. 21 bis L. n. 1034/1971 non è esperibile nel caso in cui il giudice amministrativo sia privo di giurisdizione in ordine al rapporto cui inerisce la richiesta rimasta inevasa; non è infatti configurabile una sorta di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sul silenzio.

Estratto: «La domanda in questione, ancorché proposta con lo scopo di riattivare le procedure del caso anche in via alternativa, in realtà ha per oggetto primo la determinazione dell’indennità di espropriazione, la quale condiziona – secondo la stessa prospettazione della ricorrente – le successive scelte, sia dell’ufficio sia della ricorrente medesima, anche in ordine al contenzioso pendente.Ma l’oggetto primo di questa domanda, così individuato, non attiene a materia che possa essere oggetto di giudizio sul silenzio – rifiuto.Infatti, il rimedio apprestato dall'art. 21 bis l. 6 dicembre 1971 n. 1034, introdotto dall'art. 2 l. 21 luglio 2000 n. 205, contro il silenzio serbato dall'amministrazione sull'istanza del privato non è esperibile nel caso in cui il giudice amministrativo è privo di giurisdizione in ordine al rapporto sostanziale: situazione, questa, che ricorre nel caso in cui la materia del contendere è costituita dal silenzio dell'amministrazione sull'istanza del privato espropriato intesa ad ottenere la liquidazione dell'indennità di espropriazione, che è materia rientrante ex art. 28 t.u. 8 giugno 2001 n. 327, modificato dal d.lg. 27 dicembre 2002 n. 302, nella giurisdizione del giudice ordinario (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 27 febbraio 2008, n. 741, che conferma TAR Campania, sez. V, 31 maggio 2007, n. 5871).Il ricorso non può quindi essere ritenuto ammissibile, anche se inteso come formalmente rivolto a ottenere la mera declaratoria dell’obbligo di provvedere sull’istanza, ai sensi dell’art. 2 della L. 205/2000.Ad avviso del Collegio, infatti, il rimedio introdotto dalla richiamata norma non è esperibile nel caso in cui il giudice amministrativo sia privo di giurisdizione in ordine al rapporto cui inerisce la richiesta rimasta inevasa (cfr. TAR Campania, sez. II, 16 dicembre 2000, n. 4726).Vero è che la contraria tesi - diretta a configurare l’istituto in questione come rimedio “di chiusura”, esperibile in qualunque caso di comportamento inerte della P.A. in seguito alla proposizione di un’istanza da parte di un privato - non sarebbe priva, in ipotesi, di argomenti di sostegno, sia sul piano letterale (attesa l’assenza di una limitazione espressa in tal senso) sia sul piano sistematico (in considerazione della valenza generale dei principi di cui agli artt. 3, 24 e 97 Cost.).Ma in realtà appare arduo configurare una sorta di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sul silenzio: in mancanza di univoche indicazioni testuali in senso contrario, l’istituto del silenzio deve essere letto in continuità con la consolidata tradizione giurisprudenziale, che lo ha configurato come strumento diretto a superare l’inerzia della P.A. nell’emanazione di un provvedimento amministrativo, a fronte di una posizione di mero interesse legittimo in capo al cittadino; con la conseguenza che, in presenza di una posizione di diritto soggettivo, la tutela giurisdizionale è ammissibile solo attraverso la proposizione di un'azione di accertamento e/o di condanna davanti al giudice munito di giurisdizione.Questa impostazione rimane valida pur dopo la modifica di cui all'art. 2, comma 5, della L. n. 241/1990 (introdotto dall'art. 2, comma 6-bis del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, conv. in legge 14 maggio 2005, n. 80), secondo cui il giudice amministrativo "…può conoscere della fondatezza dell'istanza". Si tratta infatti - come risulta dallo stesso tenore della disposizione - di un potere e non di un obbligo (cfr. TAR Toscana, sez. I, 22 giugno 2005, n. 3044), che comunque non comporta il mutamento della struttura fondamentale del giudizio sul silenzio.Ed anche a voler in ipotesi accedere all'impostazione minoritaria, che ammette la proposizione del rimedio in questione anche in presenza di diritti soggettivi perfetti (TAR Lazio, sez. I, 6 maggio 2003, n. 3921), è evidente che ciò può valere solo ove tali diritti soggettivi rientrino nei casi nei quali già sussista la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.Non esistono, in realtà, elementi normativi che consentano di sostenere che la modifica in questione, introdotta con una disposizione sul procedimento amministrativo, abbia finito col comportare addirittura un nuovo assetto della giurisdizione, con la creazione di una nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva. A ben vedere, anzi, il legislatore, nel consentire la pronuncia sulla fondatezza dell’istanza, presuppone con ciò stesso che il giudice amministrativo abbia giurisdizione sul rapporto controverso. Ne risulta quindi confermata l’impostazione secondo cui l'art. 21 - bis della L. n. 1034/71 (al quale fa rinvio la nuova disposizione di cui all'art. 2, comma 5, della L. n. 241/90), è una norma che "opera esclusivamente sul piano processuale, presupponendo e non fondando la giurisdizione del giudice amministrativo" (C. S. VI, n. 683/2003; cfr. altresì C. S. IV, 2 novembre 2004, n. 7088).E siffatte conclusioni non mutano ove si considerino:- la disciplina da ultimo dettata dall’art. 133 del codice del processo amministrativo, il quale, da un lato, non annovera il giudizio sul silenzio tra le ipotesi di giurisdizione esclusiva, confermando d’altra parte la pertinenza della materia dell’indennità espropriativa alla giurisdizione del giudice ordinario;- la previsione dell’art. 31, comma 3 del medesimo codice, secondo la quale “il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione”: disposizione, questa, la quale parimenti presuppone la giurisdizione del giudice amministrativo sulla materia controversa.»

Sintesi: Ove il procedimento attivato dal ricorrente afferisca alla tutela di un diritto soggettivo, la giurisdizione in tema di silenzio appartiene al giudice ordinario.

Estratto: «Come esposto in premesse, il ricorso è volto ad ottenere la declaratoria della illegittimità del silenzio su istanze dei ricorrenti tendenti all’accertamento della natura demaniale di una stradella.In proposito, questo T.A.R. (con sent. della sez. II, 26 ottobre 2009 , n. 1740) ha chiarito che l'art. 2 della legge n. 205/2000, che ha introdotto l'art. 21 bis della l. n. 1034/1971 in tema di silenzio serbato dall'Amministrazione, non ha inteso creare un rimedio di carattere generale, esperibile in tutte le ipotesi di comportamento inerte della P.A. e pertanto sempre ammissibile indipendentemente dalla giurisdizione del giudice amministrativo, il quale si configurerebbe quindi come giudice del silenzio della P.A., ma soltanto un istituto giuridico di elaborazione giurisprudenziale relativo alla esplicazione di potestà pubblicistiche correlate alle sole ipotesi di mancato esercizio dell'attività amministrativa discrezionale. Ne consegue che ove il procedimento attivato dal ricorrente afferisca alla tutela di un diritto soggettivo, la giurisdizione in tema di silenzio appartiene al giudice ordinario (in termini, T.A.R. Sicilia Catania, sez. II, 26 ottobre 2009 , n. 1740; cfr. anche T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 29 ottobre 2007 , n. 10559 e nulerose altre).Pertanto, l'azione di annullamento del silenzio-rifiuto della pubblica amministrazione non è applicabile qualora essa sia finalizzata all'accertamento di un comportamento dell'Amministrazione inadempiente rispetto ad un obbligo di natura civilistica, perché la pretesa del ricorrente ha natura di diritto soggettivo mentre il giudizio disciplinato dall'art. 21 bis l. 6 dicembre 1971 n. 1034 presuppone l'esercizio di una potestà amministrativa, rispetto alla quale la posizione del privato si configura come interesse legittimo.Ciò posto, per giurisprudenza assolutamente pacifica, rientra nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, e non già in quella del giudice amministrativo, la cognizione della controversia avente ad oggetto l' accertamento della natura demaniale , o non, di un determinato bene (fin da Consiglio Stato , sez. VI, 05 agosto 1985 , n. 450), in quanto le questioni relative alla natura demaniale o privata di un bene e, quindi, alla titolarità del diritto dominicale, attengono a situazioni giuridiche di diritto soggettivo ed esulano pertanto dalla giurisdizione del g.a. (tra le tante, Cons.giust.amm. Sicilia , sez. giurisd., 19 febbraio 1998 , n. 57, T.A.R. Basilicata Potenza, 06 maggio 2002 , n. 333).»

Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.