I beni del demanio portuale

DEMANIO E PATRIMONIO --> DEMANIO --> DEMANIO PORTUALE

Alla luce dell’art. 6, comma 7, d.lvo 30 aprile 1992, n. 285, è legittima l'ordinanza del Capo del Circondario Marittimo che disciplina la sosta dei veicoli all'interno dell'area portuale.

Mentre i porti naturali rientrano senz’altro nel demanio pubblico, quelli artificiali o sono da qualificare del pari demanio pubblico ai sensi dell’ampia previsione dell’art. 822 c.c., o comunque sono demanio pubblico se appartenenti a enti territoriali ovvero realizzati su aree demaniali, in virtù del principio dell’accessione.

La natura pubblica dei porti artificiali sembra doversi negare ai soli porti realizzati su aree private, nei pochi casi in cui ciò possa verificarsi (c.d. darsene a secco).

La circostanza che il porto turistico, a differenza degli altri porti, non sia aperto indiscriminatamente al pubblico ma consente l’utilizzo di posti barca in via esclusiva, non è sufficiente a escludere la natura pubblica delle opere.

I porti turistici, in quanto realizzati in virtù di concessione su area demaniale, per il principio dell’accessione costituiscono beni demaniali (l’art. 822 c.c. menziona i porti), e dunque beni pubblici, soggetti al regime delle opere pubbliche, e solamente gestiti da soggetti privati per il periodo di durata della concessione, ritornando, allo scadere della concessione, nella disponibilità dell’ente pubblico, e fatti salvi i casi in cui l’atto concessorio preveda a favore del concessionario la proprietà superficiaria a termine delle opere portuali, che è proprietà privata per la sola durata della concessione, consolidandosi, allo scadere della concessione, quale proprietà pubblica demaniale.

Sin dal D.P.R. 8/1972 il legislatore ha mostrato di includere i porti turistici tra le opere pubbliche, e tale scelta è stata successivamente confermata con il D.P.R. 509/1997, che rinvia alla disciplina dei lavori pubblici per quel che concerne il progetto definitivo del porto, e con l'art. 153 D. Lgs. 163/2006 che include le strutture dedicate alla nautica da diporto tra le opere realizzabili mediante project financing, vale a dire le opere pubbliche o di pubblica utilità.

Il marciapiede situato nell’area portuale non può che ritenersi destinato all’uso pubblico proprio delle aree demaniali marittime al servizio delle strutture portuali e per questo rientrante nel demanio dello Stato anche se occupato dall'amministrazione ferroviaria.

Non è condivisibile l'assunto secondo cui il riferimento ai «porti» contenuto all'art. 822 c.c. e all'art. 28 cod. nav. dovrebbe essere interpretato secondo un'accezione naturalistica, in quanto queste norme privilegiano un'accezione funzionale, che tiene conto essenzialmente dell'attitudine dei beni in questione ad assolvere ad un uso collettivo connesso alla fruizione delle acque pubbliche.

I beni del demanio portuale sono per vocazione destinati essenzialmente al soddisfacimento di finalità pubbliche e l’utilizzazione di essi da parte dei privati, possibile soltanto a condizione che intervenga l’apposito provvedimento concessorio ai sensi dell'art. 16 legge 84/1994, non li rende titolari di pretese specifiche nei confronti dell’Autorità portuale.

Dall'art. 6 co. 1, lett. b), legge 84/1994 - che prevede l'obbligo per le Autorità portuali di provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell'ambito portuale - non discendono diritti degli operatori economici a determinate prestazioni; detta norma prevede, invero, un dovere di carattere generale, non un obbligo specifico nei confronti del singolo concessionario dalla cui violazione possa derivare la responsabilità per le maggiori spese cui questi va incontro nell’esercizio dell’attività d’impresa svolta nelle aree demaniali.

Il fatto che l'art. 6, co. 1, lett. b), legge 84/1994 preveda che le Autorità portuali debbano provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell'ambito portuale non comporta che a carico delle stesse sussistano obblighi specifici in termini di garanzia del maggior rendimento possibile dell’attività economica svolta da dette imprese.

Il divieto per le Autorità Portuali di gestire direttamente o indirettamente le operazioni portuali (ar. 6, co. 6, legge 84/1994) si applica unicamente per queste ultime e non anche ai servizi di interesse generale, come può essere la gestione di un terminal crociere.

Non può sussistere alcun dubbio sul fatto che l’articolo 6 (“Funzioni della Regione”), comma 1, della legge della Regione Campania 28 marzo 202, n. 3, attribuisca alla Regione la competenza in materia di porti.

La valenza turistica di un porto non osta alla classificazione dello stesso tra i porti di rilievo regionale ed interregionale.

L’oggetto della legge n. 84/1994 è costituito da un fenomeno articolato, che viene chiamato sia “porto”, sia “area portuale”, per indicare rispettivamente il bene demaniale (l’infrastruttura di trasporto marittimo) e il territorio portuale, cioè l'insieme delle superfici oggetto del potere di intervento regolativo e pianificatorio dell'Autorità portuale.

L’art. 1, comma 3, del d.P.R. n. 684/1977, recante norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana in materia di demanio marittimo, ha escluso dal trasferimento alla Regione i beni del demanio marittimo “interessanti servizi di carattere nazionale”: ne discende che dal trasferimento al demanio regionale siano rimasti esclusi i porti appartenenti, in base alla classificazione ex art. 2 R.D. n. 3095/1885, alla categoria II, classe 1, tra cui il porto di Catania, in quanto occupanti aree interessanti servizi di carattere nazionale.

Per lo svolgimento del servizio di imbarco/sbarco merci e passeggeri, nonché per la movimentazione ed il parcheggio di trailers non è sufficiente la concessione ai sensi dell’art. 18 della l. n. 84 del 1994, essendo imprescindibile che l’operatore deve essere in possesso anche della specifica autorizzazione prescritta dall’art. 16 della medesima legge.

L’attività di imbarco e sbarco dei veicoli al seguito dei passeggeri è attività libera, che le imprese di navigazione possono organizzare e gestire con propri dipendenti (o affidandosi ad imprese terze) nel rispetto di specifiche norme di sicurezza.


DEMANIO E PATRIMONIO - DEMANIO - DEMANIO PORTUALE - MANUTENZIONE

L’art. 6 comma 4 lettera b) della l. 84/1994, nonché i successivi artt. 76 e 77, prevedono obblighi manutentivi generici, e non possono in alcun modo interpretarsi nel senso che i soggetti indicati, e in particolare l’Autorità portuale, debbano svolgere i lavori di manutenzione in modo da soddisfare le richieste specifiche di un particolare utilizzatore del porto, a pena di inadempimento della concessione da parte dell'autorità concedente e sua conseguente responsabilità risarcitoria.


DEMANIO E PATRIMONIO - DEMANIO - DEMANIO PORTUALE - OPERAZIONI DI RIFORNIMENTO

L’art.47 del D.M. 31.7.1934 vieta il travaso di olii minerali e derivati ammettendo il parcamento di fortuna per la nafta e petrolio agricolo, sicchè il divieto non è tassativo e generalizzato e comunque non riguardante il rifornimento, specie se “di fortuna” o comunque “eccezionale”.

Il D.M. 31.07.1934 (molto risalente nel tempo) pone un divieto (sulle banchine dei porti) che non è possibile estendere all’attività di rifornimento di navi in sosta mediante autobotti: esso si riferisce infatti al “travaso di oli minerali e loro derivati”, il quale è operazione diversa dal rifornimento, da cui si tratta.


DEMANIO E PATRIMONIO - DEMANIO - DEMANIO PORTUALE - OPERE ED INTERVENTI

La realizzazione di una rampa per disabili sul molo costituisce una modificazione strutturale, sia pure di lieve entità, di un porto, che esula in quanto tale dalle normali funzioni amministrative, nelle quali possono ricomprendersi solo i compiti di gestione ordinaria della struttura.

Nell'ambito delle infrastrutture portuali, una barca porta non va considerata un natante, in quanto destinata per sua natura a rimanere ancorato alla riva e quindi essa va considerato opera non amovibile.

Le prescrizioni contenute in un atto di parte (nella specie, le misure delle navi che si intende far attraccare ad una banchina) non si possono, a tutto voler concedere, considerare vincolanti per l’Autorità senza una sua accettazione la quale, trattandosi di un soggetto pubblico, deve di necessità esprimersi in un atto formale.

Ai sensi dell’art. 1 del d. lgs. n. 182/2003, la nozione di impianto portuale è riferibile a qualsiasi struttura fissa galleggiante o mobile all’interno del porto dove, prima del loro avvio a recupero o allo smaltimento, possono essere conferiti i rifiuti provenienti dalle navi ed i residui del carico.

Lo stesso d. lgs. n. 182/2003 prevede che il porto sia dotato di impianti e di servizi portuali di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico adeguati in attuazione del Piano di raccolta e piano di gestione dei rifiuti (artt. 4 e 5), così come anche la direttiva 2000/59/CE (art. 5).

La registrazione ex art. 68 Cod. nav. vale per qualsiasi attività nell' interno dei porti ed in genere nell’ambito del demanio marittimo, non solo per il carico e scarico di attrezzature e materiali.


DEMANIO E PATRIMONIO - DEMANIO - DEMANIO PORTUALE - ORDINANZE DI POLIZIA MARITTIMA

Le ordinanze di polizia marittima di cui all’art. 59 del codice della navigazione integrano atti di formazione secondaria, per i quali va escluso l’obbligo di motivazione.

Non è necessario che gli atti generali di polizia marittima indichino le specifiche ragioni sottese agli stessi.

L’Autorità di Sistema Portuale ha potere di ordinanza in materia di sicurezza dei porti industriali, petroliferi e commerciali, in quanto la “sicurezza” rientra nella lettera a) del comma 4 dell’art. 6 della legge 84/1994, che dispone l’attribuzione all’Autorità di Sistema Portuale di poteri di regolamentazione e di ordinanza, anche con riferimento alla sicurezza “rispetto a rischi di incidenti” connessi alle attività svolte nell’area portuale.

Nell’art. 6 comma 4, lett. a) della legge n. 84/1994 è indicata quale ragione specifica, legittimante l’esercizio del potere di ordinanza dell'autorità portuale, la sussistenza di rischi per la sicurezza delle attività portuali, desumendosi da ciò che l’azione amministrativa deve essere in particolare motivata da tale esigenza e svolgersi con interventi, anche se inevitabilmente non predeterminabili nei contenuti, comunque proporzionati a detto scopo.

Il potere di ordinanza dell’autorità di sistema portuale può essere ricondotto all’art. 59 del codice della Navigazione, e del suo Regolamento di Esecuzione, il quale, rubricato ‘Ordinanza di polizia marittima’ reca una corposa casistica di ipotesi nelle quali il capo del circondario marittimo può adottare, in relazione ai porti e alle altre zone demaniali marittime e di mare territoriale incluse nella sua circoscrizione, proprie ordinanze; con la previsione, tra l’altro, di una clausola di chiusura dal tenore piuttosto generale, che dispone che l’ordinanza possa operare per “tutto quanto concerne la polizia e la sicurezza dei porti, nonché le varie attività che si esercitano nei porti e nelle altre zone comprese nella circoscrizione”.

Le ordinanze emesse ai sensi dell’art. 59 del codice della Navigazione sono veri e propri atti normativi, aventi rango secondario, di contenuto generale, adottabili per disciplinare ordinariamente le fattispecie previste di diritto positivo, non assoggettate ad alcun obbligo di motivazione.

Le ordinanze previste dall’art. 59 del Regolamento di esecuzione del codice della navigazione sono atti di normazione secondaria per il quale l'Autorità di sistema portuale, nell’esercizio di tale potere, è dotata di ampia discrezionalità circa la individuazione delle precauzioni più idonee in relazione alla specifica situazione del porto.


DEMANIO E PATRIMONIO - DEMANIO - DEMANIO PORTUALE - PARCO FERROVIARIO

L’aerea del parco ferroviario adiacente ad un porto, per sua natura, deve non solo essere a disposizione di tutti gli operatori, ma questi devono essere messi in condizione di parità e non discriminati in alcun modo.

E' illegittima la concessione demaniale che prevede un significativo vantaggio comparativo per la ditta concessionaria nell’utilizzo di un bene pubblico (nella specie, un parco ferroviario adiacente al porto), con palese violazione della normativa europea e nazionale sulla libera concorrenza e dei principi sull’uso di opere e infrastrutture di interesse pubblico.


DEMANIO E PATRIMONIO - DEMANIO - DEMANIO PORTUALE - RIPARTO DI FUNZIONI

La circolazione veicolare nei porti non è materia che, ricadendo necessariamente nel tema della sicurezza, appartenga ancora alla competenza, almeno concorrente, delle Capitanerie di porto.

Il riconoscimento della competenza dell’ente locale in materia di viabilità anche in ambito portuale non implica affatto che possa essere inibito od ostacolato in alcun modo lo svolgimento nel porto delle competenze (relative, ad esempio, alla sicurezza della navigazione, alla protezione dei confini nazionali, all'adozione di misure per contrastare l'immigrazione clandestina, e così via) che l'attuale riparto attribuisce in via esclusiva allo Stato.

Se al Comandante del Porto sono riservate attribuzioni in materia di vigilanza, regolazione, sicurezza e polizia relativamente ai movimenti interessanti il porto, diversamente è il Capo del Circondario a detenere il potere di disciplina della ripartizione e destinazione degli spazi portuali, nonché di individuazione delle entrate ed uscite, nonché dei turni di accosto, di navi e galleggianti e, ancora, in materia di trasporto delle persone.

La compresenza di distinti plessi di attribuzione fra Comandante del Porto e Capo del Circondario è, in via interpretativa, agevolmente risolvibile nel senso che se al primo sono rimesse le competenze di generale vigilanza, polizia e sicurezza sulla movimentazione dello spazio portuale, è soltanto il secondo destinatario di un generale potere di programmazione sull’attività destinata a svolgersi all’interno di esso.

Pur essendo i porti destinati a “funzioni turistiche e di diporto” sottratti all’obbligo di premunirsi di “un piano regolatore portuale” (art. 5 della L. n. 84 del 1994), è indubbio che la non necessità di uno strumento di tal fatta, riservato dalla legge ai porti di maggiore rilevanza, non comporta in alcun modo che sia preclusa una corretta programmazione/gestione dei porti turistici con quanto la stessa richiede in tema di concerti fra amministrazioni titolari di interessi pubblici diversi e confluenti e con quanto ad essa consegue in tema di esercizio ed esaurimento degli spazi di discrezionalità: amministrativa e tecnico/amministrativa: la norma statale quindi non priva le regioni del potere di far luogo ad atti di programmazione/gestione, concertandoli, per quanto necessario, con altre amministrazioni pubbliche deputate alla tutela di diversi, ma confluenti, interessi.

L’art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006 per un verso ribadisce l’esistenza delle competenze regionali relative agli impianti di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi, in quanto assimilabili a quelli di smaltimento dei rifiuti, e, per l’altro, presuppone l’esistenza di una competenza generale delle Autorità portuali nella gestione dei rifiuti prodotti all’interno dell’area portuale. Competenza generale che deve ritenersi estesa ai profili tariffari-impositivi in virtù dell’espresso riferimento al titolo oneroso dell’offerta dei servizi di interesse generale da parte delle Autorità, ad opera dell’art. 6 co. 1 lett. c) della legge n. 84/1994.

Il D.P.R. n. 509/1997, quale normativa statale anteriore alla riforma del Titolo V della Costituzione (legge costituzionale n. 3/2001), non può non confrontarsi con il nuovo testo dell’art. 117 della Costituzione, in base al quale i “porti e aeroporti civili” sono oggetto di potestà legislativa regionale concorrente, il che implica che la normativa regolamentare statale (quale è il D.P.R. n. 509/1997) cede il passo alla legislazione regionale, ove ad essa non conforme, avendo lo Stato potestà regolamentare solo nelle materie di sua competenza esclusiva, ex art. 117, comma 6, della Costituzione.

Ai sensi della vigente normativa, di cui all’art. 105, comma 2, lett. l), d.lgs. 112/1998 e agli artt. 40, 41 e 42, d.lgs. 96/1999, deve ritenersi che le competenze amministrative in materia di porti di rilevanza economica regionale ed interregionale sono in capo alla Regione, mentre le funzioni gestorie sul demanio marittimo non portuale sono esercitate dai Comuni costieri competenti per territorio.

L'attività di gestione dei rifiuti nell'ambito dell'area portuale - da intendersi come spazio territoriale in cui svolge i suoi compiti la singola Autorità portuale - rientra nella competenza di quest'ultima, la quale per legge è tenuta ad attivare il relativo servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti fino alla discarica. Ne deriva, per esclusione, che la relativa attività sfugge alla competenza in materia dei Comuni, che invece normalmente agiscono in questo ambito in regime di privativa, i quali, sono di conseguenza privi anche di ogni potere impositivo, atteso che, essendo quella dei rifiuti una tassa, esso non può evidentemente configurarsi in favore di un soggetto diverso da quello che espleta il servizio.

Il servizio di igiene urbana nell’ambito portuale rimane indefettibilmente assorbito in quello di “amministrazione in via esclusiva delle aree e dei beni del demanio marittimo ricompresi nella propria circoscrizione", di competenza pertanto delle Autorità portuali, in base alla lettera e) del quarto comma dell’art. 5 della L. n. 84/1990.

L’unica deroga prevista dalla L. n. 84/1994 - nel testo a tutt’oggi vigente - in materia di amministrazione in via esclusiva delle aree e dei beni del demanio marittimo ricompresi nella circoscrizione di ciascuna Autorità Portuale è rappresentato dal sussistere di “comp...

Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare. 

Autore

Boschetti, Monica

Avvocato

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