Quale giurisdizione nelle questioni relative ai casi di occupazione usurpativa?

Estratto: «14. Nota inoltre il Collegio come l’occupazione in via anticipata e d’urgenza preordinata all’esproprio ed, ancor prima, la dichiarazione di pubblica utilità implicita nel progetto approvato, vale a circoscrivere entro rigorosi limiti temporali e spaziali il potere dell’Autorità espropriante con la conseguenza che ogni provvedimento espropriativo legittimamente condotto...
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Sintesi: La materiale apprensione da parte della P.a. di terreno non indicato in sede di dichiarazione di pubblica utilità costituisce fattispecie sussumibile pacificamente nelle ipotesi di c.d. “occupazione usurpativa”, poiché l’operato dell’Amministrazione si concreta in una condotta materiale non collegata all’esercizio del potere ablatorio delimitato dalla dichiarazione di pubblica utilità; della conseguente domanda di risarcimento dei danni conosce il Giudice Ordinario.

Estratto: «La ricorrente ha spiegato domanda di risarcimento dei danni asseritamente subiti in forza dell’avvenuta materiale apprensione da parte della Pubblica Amministrazione resistente di una lotto di terreno non indicato in sede di dichiarazione di pubblica utilità.Trattasi di fattispecie sussumibile pacificamente nelle ipotesi di c.d. “occupazione usurpativa”, poiché l’operato dell’Amministrazione si concreta in una condotta materiale non collegata all’esercizio del potere ablatorio delimitato dalla dichiarazione di pubblica utilità, con la conseguenza che la giurisdizione appartiene al Giudice Ordinario (ex multis: Cass. SS.UU, 5.3.2008 n. 5925)..»

Sintesi: Solo il ristoro discendente da mere condotte illecite ex art. 2043 c.c. – come è il caso, ad esempio, dell'occupazione di aree non comprese nell'originario progetto dell'opera pubblica - e non anche dall'adozione di atti illegittimi, costituisce un’ipotesi di risarcimento da comportamento materiale ingiusto, con conseguente devoluzione della relativa controversia al giudice ordinario.

Estratto: «7- Sul punto della giurisdizione, il Collegio ritiene di dover confermare la statuizione del giudice di primo grado sulla base delle decisioni dell’Adunanza Plenaria n. 9 e 12 del 2007.Ha osservato al riguardo l'Adunanza Plenaria che nei procedimenti - come quello in controversia - non governati, ratione temporis, dalle norme sostanziali del T.U. n. 327 del 2001 , la dichiarazione di pubblica utilità è l'atto autoritativo che fa emergere il potere pubblicistico in rapporto al bene privato e costituisce, al tempo stesso, origine funzionale della successiva attività, sia essa giuridica che materiale, di utilizzazione dello stesso per scopi pubblici previamente individuati.In questo quadro, le vicende patologiche del procedimento, quali la mancata adozione del provvedimento espropriativo entro il termine fissato a monte dalla predetta dichiarazione ( ovvero, la protrazione dell’occupazione oltre il termine biennale di efficacia previsto dall’art. 73 della legge n. 2359 del 1865 ) non sembra poter dequalificare la valenza giuridica di un'attività appunto espletata nel corso e in virtù di un procedimento, che la dichiarazione ha ab origine funzionalizzato a scopi specifici e concreti di pubblica utilità. Rispetto ai casi di illegittimità sopravvenuta del procedimento la stessa Adunanza ha ravvisato “ evidenti punti di contatto “ con quelle che si determinano a seguito dell'annullamento in s.g. della dichiarazione di pubblica utilità, in quanto in entrambi i casi gli effetti retroattivi naturalmente conseguenti alla pronuncia demolitoria o quelli derivanti dalla mancata conclusione del procedimento non sembrano poter travolgere a posteriori il nesso funzionale che ha comunque legato l'attività dell'Amministrazione alla realizzazione del fine di interesse collettivo individuato all'origine.Ben distinto invece - e dunque non equiparabile ai fini del riparto di giurisdizione ai sensi dell'art. 34 del D. L.vo n. 80 del 1998 e delle corrispondenti norme processuali contenute nell'art. 53 del T.U. n. 327 del 2001 come incisi dalle citate sentenze della Corte costituzionale - è il caso in cui la dichiarazione manchi del tutto, venendo allora in rilievo un mero comportamento per vie di fatto in nessun modo e nemmeno mediatamente funzionalizzato all'esercizio di un effettivo potere degradatorio e traslativo.È stato pertanto ritenuto che nella materia dei procedimenti di esproprio sono devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie nelle quali si faccia questione - naturalmente anche ai fini complementari della tutela risarcitoria - di attività di occupazione e trasformazione di un bene conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità, con essa congruenti e ad essa conseguenti, anche se il procedimento all'interno del quale sono state espletate non sia sfociato in un tempestivo atto traslativo ovvero sia caratterizzato dalla presenza di atti poi dichiarati illegittimi ( cfr., oltre le citate pronunce dell’Adunanza plenaria, la decisione di questa Sezione 30 novembre 2007, n. 6124 ).D’altra parte, anche la Corte di Cassazione distingue fra risarcimento del danno per occupazione espropriativa, dal risarcimento del danno da occupazione radicalmente illegittima "ab origine" a causa della mancanza di dichiarazione di pubblica utilità ( Cass. Civ., sez. I, 6 novembre 2008 , n. 26615 ed ivi ulteriori citazioni ).La Corte regolatrice anche recentemente ( sez. un., 9 luglio 2009 , n. 16093 ) ha avuto modo di precisare, sulla scorta dell’orientamento espresso da Corte costituzionale con la sentnza n. 191/2006, che debbono ascriversi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in tema di risarcimento da comportamenti causativi di un danno che, pur se illegittimi, siano riconducibili, almeno mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere, indipendentemente da ogni valutazione circa il regolare esercizio e svolgimento di quel potere (Cass. sez. un., 7 novembre 2008, n. 26789; id., 8 ottobre 2008, n. 24786; 20 dicembre 2006, n. 27191). In sostanza, solo il ristoro discendente da mere condotte illecite ex art. 2043 c.c. – come è il caso, ad esempio, dell' occupazione di aree non comprese nell'originario progetto dell'opera pubblica - e non anche dall'adozione di atti illegittimi costituisce un’ipotesi di risarcimento da comportamento materiale ingiusto, con conseguente devoluzione della relativa controversia al giudice ordinario (Consiglio di stato, sez. IV, 20 luglio 2009 , n. 4571 il quale richiama anche: Cass. civ., sez. un., 20 marzo 2008, nr. 7442; id., 19 aprile 2007, nr. 9323; id. 15 giugno 2006, nr. 13911).»

Sintesi: Sussiste la giurisdizione del GO in ordine alla domanda di risarcimento dei danni per l’occupazione di una superficie maggiore di quella autorizzata in quanto relativa a terreni non compresi nel piano particellare di esproprio; ciò in quanto trattasi di un mero comportamento materiale non sorretto da alcuna dichiarazione di pubblica utilità e/o di un’occupazione in via di fatto, cioè di un intervento sine titulo non riconducibile nemmeno mediatamente e/o indirettamente all’esercizio di una funzione amministrativa.

Estratto: «In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità per difetto di giurisdizione del ricorso in esame, nella parte in cui viene chiesto: 1) il risarcimento dei danni per l’occupazione di una superficie maggiore di quella autorizzata (nella specie, l’ENEL ha costruito il cd. Elettrodotto SiderLucchini...
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Sintesi: Alla luce della sentenza della Corte Cost. n. 204/2004, sono devolute alla giurisdizione del GO le controversie relative ad occupazioni di aree non comprese nell’originario progetto dell’opera pubblica; ciò in quanto tale condotta va assimilata a un’occupazione sine titulo, e pertanto costituisce un mero comportamento materiale.

Estratto: «Nell’esaminare la vicenda per cui è causa, il Collegio non può esimersi dal rilevare d’ufficio, in via preliminare e assorbente di ogni altra considerazione, la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine al ricorso introduttivo.Ed invero, i suoli di proprietà degli odierni appellanti sono stati interessati da una procedura di esproprio iniziata nel 1999, con l’approvazione del progetto relativo a opere di fognatura, e proseguita con un decreto di occupazione d’urgenza emesso dal Sindaco del Comune di Esperia nel 2000 (materialmente eseguito in data 6 giugno 2000).Tuttavia, sono gli stessi appellanti ad assumere che in fase esecutiva le opere sarebbero state realizzate su una porzione della loro proprietà diversa da quella prevista nel progetto originario, e che inoltre sarebbero state realizzate opere ulteriori, non contemplate affatto dall’intervento approvato.Tanto premesso, va richiamata la nota sentenza della Corte Costituzionale 20 luglio 2004, nr. 204 (intervenuta dopo il deposito della sentenza qui impugnata), che ha inciso sulla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia urbanistica prevista dall’art. 34 del decreto legislativo 31 marzo 1998, nr. 80, escludendo dalla stessa i “comportamenti” illeciti della p.a., oggi devoluti alla giurisdizione ordinaria.Orbene, è la stessa parte appellante a evidenziare che il danno di cui chiede il ristoro discende da mere condotte illecite ex art. 2043 c.c., e non dall’adozione di atti illegittimi; al riguardo, la S.C. ha più volte precisato che l’occupazione di aree non comprese nell’originario progetto dell’opera pubblica va assimilata a un’occupazione sine titulo, e pertanto costituisce un mero comportamento materiale, con conseguente devoluzione della relativa controversia al giudice ordinario (cfr. Cass. civ., sez. un., 20 marzo 2008, nr. 7442; id. 19 aprile 2007, nr. 9323; id. 15 giugno 2006, nr. 13911).Pertanto, il sopravvenuto intervento della Corte Costituzionale ha determinato la sicura sottrazione della presente controversia alla sfera di cognizione del giudice amministrativo (venendo incontro, evidentemente, agli auspici della stessa parte appellante, la quale nel proprio atto di impugnazione ha più volte lamentato che “purtroppo” il legislatore aveva previsto una giurisdizione amministrativa esclusiva in subiecta materia).S’impone, in conclusione, una declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo per difetto di giurisdizione, per le ragioni anzi dette.»

Sintesi: L'occupazione di particelle non comprese nella dichiarazione di PU configura ipotesi di occupazione usurpativa rientrante nella giurisdizione del G0.

Estratto: «13. Nell’ultima censura è dedotto l’eccesso di potere per la circostanza che, mentre nell’impugnato decreto ex art. 22 D.P.R. n. 327/2001 sarebbe stata formalmente disposta l’espropriazione del fondo per una superficie di mq. 465, l’Amministrazione avrebbe illegittimamente occupato una maggiore superficie di mq. 732 (particella 651) e, considerando che la maggiore superficie occupata, interessando l’intero fronte strada, avrebbe loro impedito di accedere alle altre due residue particelle di loro proprietà, di fatto, sarebbero risultati spossessati ed espropriati, senza percepire alcuna indennità, dell’intero loro immobile della estensione complessiva di mq. 6450. 14. La censura e, per questa parte, inerente ad un’autonoma domanda giudiziale, lo stesso ricorso è inammissibile. Nota sul punto il Collegio come la dichiarazione di pubblica utilità implicita nel progetto approvato vale a circoscrivere entro rigorosi limiti temporali e spaziali il potere dell’Autorità espropriante con la conseguenza che ogni provvedimento espropriativo legittimamente condotto nei confronti del proprietario intestatario catastale che ricomprenda anche particelle non previamente dichiarate di pubblica utilità non può che configurare una fattispecie di occupazione usurpativa la quale non può che radicarsi la giurisdizione del giudice ordinario, con le sue tipiche forme di tutela civilistica (azione di reintegrazione nel possesso, di rivendicazione, ecc.) alla stregua di una comune fatto di illecito spossessamento riconducibile all’art. 2043 cod. civ. Per questa parte, dunque, il gravame deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.»

Sintesi: Qualora il terreno occupato non rientri tra le particelle interessate dall'opera pubblica, non essendo contemplata dal progetto e dal piano particellare di esproprio, e tantomeno risulti compreso nel decreto di occuapazione, si configura ipotesi di occupazione usurpativa posta in essere dalla P.A. in totale carenza di potere e senza collegamento con l'esercizio di una pubblica potestà; ne consegue la giurisdizione del giudice ordinario.

Estratto: «Orbene passando alla fattispecie concreta oggetto del presente giudizio, dalla documentazione prodotta e per stessa allegazione delle parti, emerge che la particella n. (...) del foglio (...) del Comune di Benevento non rientrava tra quelle interessate dall'opera pubblica, non essendo mai stato oggetto di intervento nel progetto approvato, anche ai fini di dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, con decreto n. 987/C1605 in data 11.3.1988 del Ministero dei Lavori Pubblici, finalizzato alla sistemazione ad opera dell'AN. della strada SS. (...) Benevento - Pietrelcina.La particella n. (...) non fu peraltro nemmeno oggetto del decreto prefettizio di occupazione in data 13.7.1998, atteso che il piano particellare di esproprio non ricomprendeva detta particella, il cui frazionamento dall'originaria particella n. (...) era stato predisposto ed eseguito in data 19.7.1996 proprio perché la particella originaria n. 347 solo in parte (particella derivata n. 846) doveva essere appresa per la realizzazione dell'opera.Trattandosi di occupazione usurpativa posta in essere dalla P.A. in totale carenza di potere e senza collegamento con l'esercizio di una pubblica potestà, va dunque dichiarata, per quanto sopra argomentato, la giurisdizione del giudice ordinario.»

Sintesi: In ipotesi di occupazione di aree in assenza di dichiarazione di pubblica utilità (nel caso di specie per essere le stesse esterne al piano A.S.I), delle relative questioni conosce il GO, sussistendo una carenza assoluta di potere pubblico espropriativo.

Estratto: «Quanto alla quarta censura, la stessa, fondata sulla consulenza di parte dell’arch. Spiniello, è smentita dal certificato, rilasciato dal Direttore operativo del Consorzio in data 14.01.08, ed allegato (sub 16) alla memoria difensiva dell’Amministrazione, depositata il 12.03.08, secondo cui: “La planimetria allegata al decreto di occupazione prot. n. 3330 del 2 novembre 2006 rispetta quanto previsto nella tavola 5A (zonizzazione e rete viaria su base catastale) del P. R. T. dell’Agglomerato industriale di Pianodardine, approvato con D. P. G. R. n. 21038 del 23 settembre 1992, di cui si allega stralcio in scala 1:2000” (del pari allegato alla memoria).In ogni caso, valore dirimente deve attribuirsi all’argomento di parte resistente, secondo cui, ove effettivamente fossero stati occupati mq. 710 di terreno, giammai perimetrati “all’interno di alcun Piano A. S. I.”, la relativa questione, indice di una carenza assoluta di potere pubblico (espropriativo), sarebbe estranea alla sfera di giurisdizione del G. A. Si confronti, al riguardo, la seguente massima della Suprema Corte: “Nel contesto ermeneutico delle sentenze della Corte cost. (n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006), dichiarative della illegittimità costituzionale di nuove ipotesi legislative di giurisdizione esclusiva del g. a. in materia urbanistico - edilizia ed espropriativa, se estese a comportamenti non riconducibili nemmeno mediatamente all’esercizio di un pubblico potere, devono ascriversi alla giurisdizione del g. o. le controversie in tema di riduzione in pristino e risarcimento del danno da comportamenti, causativi di danno ingiusto, perpetrati in carenza assoluta di potere, come nel caso di occupazione di mero fatto del suolo privato e conseguente irreversibile trasformazione, in assenza di dichiarazione di pubblica utilità (c.d. occupazione usurpativa), che, pur emessa, sia riferibile ad aree diverse da quelle di fatto trasformate, configurandosi in tale ipotesi un illecito a carattere permanente, lesivo di diritto soggettivo” (Cassazione civile, sez. un., 20 dicembre 2006, n. 27192).»

Sintesi: Della tutela risarcitoria conseguente ad asserito sconfinamento rispetto al piano particellare di esproprio conosce il giudice ordinario, trattandosi di comportamento in tesi non riconducibile, neppure in via mediata o indiretta, ad alcuna dichiarazione di pubblica utilità.

Estratto: «che con la memoria di cui all'art. 378 c.p.c., il S. ha peraltro aggiunto di aver basato le anzidette richieste anche sul fatto che l'occupazione del suo terreno aveva costituito la conseguenza di uno "sconfinamento" rispetto al piano particellare di esproprio; che fondandosi su di comportamento in tesi non riconducibile, neppure in via mediata o indiretta, ad alcuna dichiarazione di pubblica utilità, la predetta domanda rientra nel novero di quelle devolute al Giudice ordinario e, più in particolare, al Tribunale (che, infatti, si è pronunciato su di essa in fase cautelare, escludendone la fondatezza con l'ordinanza depositata il 28/11/2006); che in considerazione di tutto quanto sopra, il S. va condannato al pagamento delle spese di lite del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.700,00, Euro 200,00, dei quali per esborsi, oltre gli accessori di legge.»

Sintesi: Alla luce delle sentenze della Corte costituzionale n. 204/2004 e n. 191/2006, non spettano al giudice amministrativo le controversie relative ad occupazioni sine titulo, tra cui quelle dipendenti da erroneo sconfinamento commesso dall’Autorità espropriante; ciò in quanto lo sconfinamento dal piano particellare si risolve in un occupazione senza titolo, riconducibile ad un mero comportamento materiale dell’amministrazione procedente e non già –neanche mediatamente- all’esercizio di un potere, con conseguente giurisdizione del GO.

Estratto: «Ritiene il Collegio che a seguito della sentenza della Corte costituzionale n.204/2004, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.34, comma 1°, d.lgs. n.80/98, come sostituito dall’art.7, lett.a) della legge n.205/00 nella parte in cui devolveva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche le vertenze in materia urbanistica concernenti i comportamenti dell’Amministrazione, non spettano più al giudice amministrativo in particolare le controversie relative ad occupazioni sine titulo, tra cui quelle dipendenti da erroneo sconfinamento commesso dall’Autorità espropriante. Né la giurisdizione esclusiva può trovare fondamento –come vorrebbe la difesa dei ricorrenti- nell’art.53 del T.U. espropri (D.P.R. n.327/01) dopo la pronunzia della Consulta n.191 del 2066 con la quale, facendo applicazione dei principi già elaborati con la richiamata sentenza n.204, ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale nella parte in cui devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative “ai comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad essi equiparati”, non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente l’esercizio di un pubblico potere. Tale è il caso dello sconfinamento dal piano particellare giacché si risolve in un occupazione senza titolo, riconducibile ad un mero comportamento materiale dell’amministrazione procedente e non già –neanche mediatamente- all’esercizio di un potere.In tal senso si sono da ultimo espresse le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n.3723 del 19.2.2007, statuendo che in assenza di dichiarazione di pubblica utilità, cui è stata espressamente equiparata proprio l’ipotesi in cui si sia verificato “uno sconfinamento, nel corso dell’esecuzione dell’opera pubblica, da aree legittimamente occupate”, sia ravvisabile un illecito permanente, in alcun modo ricollegabile all’esercizio di poteri amministrativi ma dipendente da un comportamento materiale, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario.»

Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.