Nel paragrafo sul vincolo preordinato all’esproprio si è detto che la prima fase, quella dell’apposizione del vincolo, si sostanzia nell’individuazione dell’area su cui dovrà essere realizzata l’opera. Nella seconda fase prevista dall’art. 8 T.U., la dichiarazione di pubblica utilità, si tratta di scegliere “cosa” in concreto si dovrà realizzare individuando le relative opere, scelta che avviene all’atto dell’approvazione del progetto definitivo.
La dichiarazione di pubblica utilità è l’atto autoritativo dal quale deve emergere il potere pubblicistico in relazione al bene immobile e costituisce allo stesso tempo il presupposto per la successiva attività giuridica e materiale di utilizzazione del bene stesso per gli scopi pubblici individuati [1].
Pertanto, il decreto di esproprio può realizzare il suo effetto traslativo delle titolarità del diritto ablato solo nella misura in cui il bene venga effettivamente utilizzato per il raggiungimento dell’interesse pubblico predeterminato nella dichiarazione di pubblica utilità. In ogni caso, la dichiarazione di pubblica utilità – derivi essa dalla legge o mediatamente da un atto amministrativo – vale a legittimare l’esercizio concreto del potere espropriativo che la stessa legge ha già attribuito in via generale all’autorità competente.
La legge lo considera un presupposto indispensabile per l’esercizio del potere espropriativo e per l’avvio e lo svolgimento del procedimento ablatorio: è con esso che il potere espropriativo si costituisce in capo all’Amministrazione [2].
La Cassazione l’ha definita come segue: «La dichiarazione di pubblica utilità dell’opera rappresenta la guarentigia prima e fondamentale del cittadino e nel contempo la ragione giustificatrice del suo sacrificio nel bilanciamento degli interessi del proprietario alla restituzione dell’immobile di quello pubblico al mantenimento dell’opera pubblica per la funzione sociale della proprietà» [3].
I suoi elementi essenziali sono la relazione sommaria, che descriva la natura e lo scopo dell’opera, la spesa stimata, i mezzi finanziari di esecuzione ed il termine di conclusione dei lavori.
L’oggetto precipuo della dichiarazione è l’interesse generale connesso all’opera da realizzare o allo scopo da raggiungere; l’atto non considera i soggetti passivi della futura espropriazione, né strettamente i beni espropriandi. La finalità della dichiarazione, infatti, non è la compressione della sfera giuridica altrui, bensì «la legittimazione dell’esercizio del potere espropriativo della competente autorità a favore del promotore dell’opera ritenuta di pubblica utilità» [4].
La Cassazione ha richiamato sia l’articolo 42 della Costituzione che l’articolo 1 del Protocollo n. 1 della CEDU quando ha dichiarato che, in assenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità, qualsiasi provvedimento ablatorio e pure un’apprensione sine titulo rimangono al livello di meri comportamenti dell’Amministrazione, non collegati ad alcuna pubblica funzione e, a maggior ragione, estranei alla materia dell’espropriazione, costituendo meri fatti illeciti di diritto comune [5].
In buona sostanza, la dichiarazione non ha lo scopo di comprimere la sfera giuridica altrui, bensì quello di autorizzare nel caso concreto l’esercizio del potere espropriativo a favore della realizzazione di una determinata opera. Per effetto della stessa i beni privati sono sottoposti immediatamente ad una qualità giuridica di subordinazione alla realizzazione dell’opera e al relativo regime di espropriabilità [6].
Per la sia idoneità a determinare effetti lesivi immediati nella sfera giuridica di terzi, sia il Consiglio di Stato sia la Corte di Cassazione hanno ritenuto che il procedimento di dichiarazione di pubblica utilità, anche quando questa sia implicita, sia autonomo rispetto a quello espropriativo, affermando la necessità che il suo atto conclusivo possa formare oggetto di specifica impugnazione, a differenza di tutti gli atti infraprocedimentali, anche senza connessione al decreto di espropriazione, come atto intermedio del procedimento espropriativo [7].
A maggior ragione, se la dichiarazione di pubblica utilità avviene mediante atto amministrativo e attraverso il piano di massima o, se sostituito, dal piano particolareggiato, è già possibile individuare i beni espropriandi e la loro appartenenza ai privati; in questa fattispecie il Consiglio di Stato ha pacificamente ammesso il ricorso degli espropriandi avverso tale atto, senza che sia necessario attendere l’emanazione del decreto di espropriazione.
Se invece la dichiarazione di pubblica utilità non consente di individuare i beni espropriandi, allora essa dovrà essere impugnata congiuntamente al decreto d’espropriazione [8].
Un cenno merita la disciplina della dichiarazione di pubblica utilità prevista dalla legge fondamentale del 1865, che si innestava in un contesto nel quale non esisteva una disciplina organica dell’urbanistica e non era prevista l’obbligatorietà dei piani regolatori generali.
Pertanto, il procedimento espropriativo istituito e disciplinato dalla legge n. 2359/1865 prendeva il via – in assenza dei piani regolatori – da un decreto dichiarativo della pubblica utilità e dal relativo ordine di esecuzione del piano particolareggiato, mediante il quale si decideva sia la localizzazione dell’opera, sia l’individuazione dell’opera stessa. L’approvazione del progetto definitivo, quindi, aveva la doppia funzione di significare la scelta urbanistica e di legittimazione dell’emanazione del decreto di esproprio.
Già la legge fondamentale del 1865, quindi, prevedeva che l’approvazione del piano regolatore equivalesse a dichiarazione di pubblica utilità con riferimento alle opere in esso previste.
In realtà, questa era l’unica fattispecie in cui era riconosciuto il prodursi degli effetti di una dichiarazione implicita, poiché la legge n. 2359 del 1865 prevedeva che, in assenza di pianificazione del territorio, opere di rilevante entità potevano essere eseguite solo laddove ci fosse una legge ulteriore a dichiararne la pubblica utilità, che era richiesta di volta in volta; ora, invece, l’approvazione di uno strumento urbanistico attuativo può attribuire la qualifica di pubblica utilità all’opera.
Analogamente, la legge n. 1150/1942 ha previsto che anche attività come il rilascio di autorizzazioni o concessioni ovvero piani di terzo livello, quali piani particolareggiati o i piani di lottizzazione o i PEEP, adottati dal Comune e approvati dalla Regione, comportassero anche la dichiarazione di pubblica utilità delle opere previste [9].
Come anticipato sopra, la dichiarazione di pubblica utilità è il presupposto per la legittima emanazione del decreto di esproprio. L’art. 12 del Testo Unico prevede che se l’opera pubblica o di pubblica utilità è conforme alle previsioni dello strumento urbanistico, di una variante o di uno dei diversi atti previsti, allora la dichiarazione di pubblica utilità si intende disposta in una delle seguenti ipotesi:
- quando viene approvato il progetto definitivo dell’opera [10];
- quando viene approvato il piano particolareggiato;
- quando viene approvato il piano di lottizzazione;
- quando viene approvato il piano di recupero;
- quando viene approvato il piano di ricostruzione;
- quando viene approvato il piano delle aree destinate a insediamenti produttivi;
- quando viene adottato il piano di zona;
- quando viene approvato uno strumento urbanistico, anche di settore o attuativo, ovvero quando si definisce una conferenza di servizi ovvero quando si perfezioni un accordo di programma;
- quando viene rilasciata una concessione, un’autorizzazione o un altro atto con effetto di dichiarazione di pubblica utilità per effetto di una norma di legge;
- quando viene approvato un provvedimento di destinazione ad uso pubblico di un immobile vincolato, qualora il vincolo preordinato all’esproprio riguardi immobili da non sottoporre a trasformazione fisica.
L’elencazione degli atti è a mero titolo esemplificativo, pertanto altri atti possono essere individuati specificamente dalla legge agli effetti dichiarativi di pubblica utilità [11].
Concorrono all’approvazione del provvedimento dichiarativo della pubblica utilità tre organi: il Consiglio comunale, la Giunta dell’Amministrazione locale e la conferenza di servizi decisoria. Il primo è competente all’approvazione degli strumenti di programmazione territoriale di secondo livello e del progetto definitivo in variante d’urgenza. Il secondo è competente per l’approvazione del progetto definitivo conforme al piano regolatore generale e per l’adozione di piani attuativi di terzo livello. Il terzo è un organo di secondo grado, la cui competenza deriva in via indiretta dall’organo che ha legittimato il rappresentante dell’ente a prendervi parte.
Si noti che la dichiarazione di pubblica utilità derivante dall’efficacia della deliberazione con la quale si approva il progetto definitivo non comporta anche che l’esecuzione dell’opera possa avere inizio, poiché questa è subordinata all’intervenuta approvazione del progetto esecutivo.
Ma un’implicazione sull’esecuzione dei lavori è comunque prodotta: il collegamento tra pubblica utilità dichiarata e progetto definitivo approvato consente all’autorità espropriante di avviare tutte le attività necessarie ai fini dell’acquisizione delle aree anche delle more della definizione di tutti quegli specifici aspetti tecnici che sono necessari per poter redigere il progetto esecutivo dell’intervento, a condizione – ovviamente – che il progetto definitivo sia completo e supportato da tutti i pareri e le autorizzazioni necessari.
In questo modo, a seguito di approvazione del progetto esecutivo, di esperimento della procedura ad evidenza pubblica per l’aggiudicazione dei lavori ed aggiudicati i lavori, l’autorità espropriante avrà la possibilità di procedere all’immediata immissione nel possesso delle aree interessate dall’intervento [12].
Gli effetti della dichiarazione espressa e della dichiarazione implicita si producono ipso iure, anche qualora non siano espressamente indicati nel provvedimento che la dispone.
La dichiarazione di pubblica utilità deve indicare, ai sensi dell’art. 17 T.U., gli estremi dell’atto da cui è sorto il vincolo preordinato all’esproprio. Nella giurisprudenza dei tribunali amministrativi si riscontrano opinioni diverse circa le conseguenza della violazione di questa norma.
Nelle decisioni di orientamento più permissivo si legge che l’omessa indicazione non rileva ai fini dell’approvazione del progetto definitivo, quando risulti comunque rispettata la garanzia di conoscibilità delle varie fasi del procedimento [13]. All’estremo opposto, l’interpretazione più rigorosa ritiene che la conseguenza della mancata menzione sia idonea a determinare l’illegittimità del provvedimento approvativo del progetto definitivo [14].
Altre pronunce ancora si assestano su una posizione intermedia, ritenendo che il vizio rileva non come causa di illegittimità dell’atto, bensì come mera irregolarità formale [15].
La contestuale indicazione dell’ammontare dell’indennità determinata in via provvisoria non è necessaria ai fini della dichiarazione di pubblica utilità. Tuttavia, la sua indicazione diventa necessaria per la legittimità dell’espropriazione, anche se non inficia le statuizioni relative all’approvazione del progetto dell’opera [16].
Si capisce dall’elenco degli atti sopra riportato che la possibilità che la dichiarazione di pubblica utilità della singola opera da realizzare, oltre che essere espressa e specifica, può essere anche implicita o per equivalente; non si richiede allora un accertamento specifico e ulteriore circa la sussistenza dell’interesse pubblico, poiché la dichiarazione stessa è collegata da specifiche disposizioni legislative automaticamente all’emissione di determinati provvedimenti amministrativi, seppur tipicamente rivolti ad altre finalità e produttivi di diversi effetti.
In altre parole, è l’ordinamento stesso a riconoscere a taluni provvedimenti amministrativi, indicati da singole leggi, oltre al loro effetto tipico, l’ulteriore effetto della dichiarazione di pubblica utilità [17].
Non è nemmeno necessario che il provvedimento menzioni espressamente anche questo effetto di pubblica utilità, per completezza o a fini ricognitivi, in quanto l’equipollenza alla dichiarazione di pubblica utilità trova fondamento in una norma di legge [18].
È evidente allora che per l’ordinamento espropriativo a rilevare è solamente il dato sostanziale, fondato dall’esistenza di una norma di legge che riconduce l’efficacia dichiarativa della pubblica utilità all’approvazione degli atti indicati. L’atto da cui implicitamente discende la pubblica utilità non necessita di alcuna specifica motivazione a riguardo, essendo sufficiente la decisione stessa di procedere all’esecuzione dell’opera secondo il progetto approvato [19].
Risulta allora evidente che la dichiarazione di pubblica utilità non possa implicitamente derivare da una mera situazione di fatto, bensì richiede l’esistenza di una norma di legge che espressamente disponga tale effetto aggiuntivo con riferimento ad un dato provvedimento amministrativo produttivo di per sé di altri effetti.
Quando la pubblica utilità non viene dichiarata mediante una determinazione espressa o mediante una determinazione implicita riconosciuta dal legislatore, però, essa dovrà essere verificata volta per volta con un atto dell’autorità amministrativa espressamente designata come competente [20].
La dichiarazione ex lege della pubblica utilità, allora, riguarderà nella maggior parte dei casi una categoria astratta di opere, che successivamente dovranno essere individuate in concreto da atti amministrativi aventi la funzione di accertare la sussistenza del presupposto legale nel singolo caso; da questi atti discenderà la dichiarazione di pubblica utilità [21].
Con riferimento alla dichiarazione implicita, si pensi alle ipotesi in cui in sede di conferenza di servizi o di accordi di programma si ravvisa l’opportunità di apportare modifiche al progetto, rinviando la concreta decisione ad un provvedimento successivo. Le esigenze di celerità del procedimento hanno portato a prevedere che questo non debba ritornare alla fase precedente, nella quale sono già state discusse e ottenute le necessarie valutazioni favorevoli al progetto.
Pertanto, dopo l’approvazione con prescrizioni dello stesso, può esserci la determinazione delle varianti da apportare, da parte dell’autorità competente individuata in sede di conferenza di servizio o di accordo di programma. L’autorità espropriante, allora, potrà adottare l’atto che comporta la dichiarazione di pubblica utilità, riscontrando l’effettiva determinazione delle varianti, senza la necessità di riconvocare la conferenza di servizi o di attivare un nuovo accordo di programma.
Va precisato che questa via può essere percorsa solamente nei casi in cui siano state elaborate prescrizioni sufficientemente specifiche, altrimenti non sarebbe ammissibile uno stravolgimento del progetto originario in sede di variante, con il coinvolgimento di aree diverse da quelle precedentemente individuate [22].
Inoltre, la norma contempla anche la fattispecie nella quale, durante l’esecuzione dei lavori, emerga la necessità di modificare il tracciato, purché non al di fuori delle zone di rispetto [23]. Il vincolo preordinato all’esproprio riguarda le aree oggetto di esproprio e non quelle che sono soggetto per legge al regime delle zone di rispetto a causa delle realizzazione dell’opera. Tali zone possono essere utilizzate, se necessario, per realizzare l’opera nel migliore dei modi, senza che su di esse debba essere apposto il vincolo preordinato all’esproprio.
Anche nel caso rappresentato di modifica del tracciato, non sarà necessaria la regressione del procedimento alla fase di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, bensì sarà sufficiente che l’autorità espropriante approvi il progetto modificato ai fini della dichiarazione di pubblica utilità. La motivazione del provvedimento che dichiara la pubblica utilità dovrà dare conto degli argomenti che hanno portato alla modifica della determinazione originaria.
Il provvedimento che dichiara la pubblica utilità dell’opera deve essere approvato entro il termine di scadenza del vincolo preordinato all’esproprio, ossia entro 5 anni dalla data in cui è divenuto efficace il provvedimento di apposizione del vincolo. Il mancato rispetto del termine comporta l’illegittimità degli atti successivi del procedimento.
Nella legislazione vigente è previsto uno stretto regime di consequenzialità tra apposizione del vincolo preordinato all’esproprio e dichiarazione di pubblica utilità, a rimarcare che si tratta di un’attività che si fonda su scelte di pianificazione territoriale precedentemente assunte. In casi eccezionali, tuttavia, è ammesso che la dichiarazione di pubblica utilità preceda l’apposizione del vincolo, provvedendo anche la localizzazione del bene e di determinazione delle scelte di programmazione, come accadeva nel regime previgente.
Si capisce allora come conformità urbanistica dell’opera e vincolo pre-espropriativo siano presupposti del provvedimento dichiarativo della pubblica utilità, ma non possono essere configurati come condizioni di legittimità della stessa: sono, piuttosto, condizioni di efficacia,...