ABUSI EDILIZI --> SANATORIA --> CONDONO --> INTERVENTI SUCCESSIVI E DI COMPLETAMENTO
Successivamente alla presentazione della domanda di condono edilizio e prima che quest'ultima sia decisa con il provvedimento finale, il proprietario non può eseguire alcun lavoro di completamento o ampliamento dell'immobile abusivo, valendo il principio in forza del quale è la prosecuzione in sé dei lavori ad essere preclusa, a prescindere dal regime edilizio a tali opere applicabile. Né, in senso contrario, il soggetto realizzatore dell'abuso edilizio continuato può continuare a invocare a proprio favore il tempo trascorso dalla presentazione della prima istanza di condono, non valendo tale fattore a legittimarlo alla continuazione dell'attività di edificazione abusiva che ha inteso perpetuare.
Il fabbricato per il quale è pendente il condono è suscettibile di essere modificato/completato solo nel rispetto del procedimento prescritto dall'articolo 35 e che, ove tale procedimento non venga seguito, gli interventi ulteriori, quand'anche riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria del restauro e/o del risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche, ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente, sicché non può ammettersi la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo del Comune di ordinarne la demolizione.
In pendenza di un'istanza di condono, può parlarsi di ampliamento o di ristrutturazione del manufatto allorché esista un organismo edilizio legittimo che viene sottoposto a un intervento edilizio; se invece l'originario organismo edilizio è abusivo il risultato delle opere intraprese sarà semplicemente quello della trasformazione del manufatto abusivo originario in un manufatto abusivo diverso senza possibilità di distinguere tra parte originaria e parte realizzata successivamente.
L’art. 35, comma 14, della L. n. 46/1985 prevede espressamente che colui che richiede il condono edilizio, decorsi centoventi giorni dalla presentazione della domanda, possa procedere al completamento dell’opera abusiva sotto la propria responsabilità, il che implica la sua piena consapevolezza che la reiezione della domanda di sanatoria rende integralmente illegittime le opere completate.
I lavori di completamento di un immobile in corso di sanatoria sono accessori alla struttura base, per cui la legittimità dei primi è strettamente subordinata a quella dei secondi e non viceversa.
Le vicende edilizie riguardanti i manufatti oggetto di diniego di condono non rilevano ai fini del giudizio di legittimità di quest’ultimo, sottostando il provvedimento al principio tempus regit actum.
Sebbene il condono non possa utilizzarsi per legittimare attività edilizie nuove ed ulteriori rispetto a quelle sottoposte a sanatoria, da eseguirsi in epoca successiva alla soglia temporale normativamente prevista per l’applicabilità dell'istituto clemenziale, non può, comunque, radicalmente escludersi che il provvedimento di sanatoria possa contestualmente abilitare alla realizzazione di interventi di mero completamento dell’opera abusiva, senza incrementi di volumi o superfici, che siano strumentali alla sua utilizzazione in conformità alla destinazione d'uso ovvero alla mitigazione del suo impatto sul contesto ambientale. Ciò, in quanto simili interventi (aventi natura non necessariamente edilizia, essendo, ad es., limitabili alla piantumazione di nuove essenze arboree) non potrebbero essere scissi, già sul piano logico-funzionale, dal titolo in sanatoria, che, anzi, viene rilasciato solo a condizione che detti interventi siano realizzati conformemente al progetto presentato.
La valutazione di compatibilità paesaggistica richiesta nell'ambito del procedimento di condono ha ad oggetto specifico ed esclusivo opere abusive già esistenti, in ordine alle quali è domandata la sanatoria, e che vanno valutate per come sono, con le relative caratteristiche di forma, dimensioni, materiali costruttivi ecc., senza possibilità di considerare, se proposte dell'interessato, ovvero di prescrivere modifiche che ne migliorino l'inserimento ambientale. Si tratterebbe invero non più di una sanatoria, bensì di un diverso titolo di legittimazione, che per di più concretizzerebbe l'elusione dell'oggetto e dei termini perentori stabiliti dalla normativa sul condono. Solo dopo il positivo esame di compatibilità dell'opera abusiva possono essere, con distinto procedimento, valutate le opere ulteriori e additive al fabbricato originario in completamento o miglioramento e in tale ambito possono prescriversi correzioni al progetto relativo a dette innovazioni.
L’eventuale progetto di riqualificazione delle opere abusive assoggettabili a sanatoria non può che limitarsi ad introdurre modifiche agli elementi accessori ed alle finiture in genere – realizzabili anche mediante un insieme sistematico di opere –, senza incidere sull’assetto morfologico-strutturale del manufatto o dei manufatti.
In presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori - ancorché riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche - ripetono le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale alla quale ineriscono strutturalmente, con la conseguenza che gli stessi non possono essere assentiti, costituendo a loro volta illeciti edilizi.
In presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori -sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria del restauro e/o del risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche-, ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente, sicché non può ammettersi la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo del Comune di ordinarne la demolizione.
Laddove sia presentata una istanza di condono e vangano eseguite ulteriori opere abusive, l’immobile non è condonabile.
Posto che le opere accedenti ad immobile abusivo partecipano delle stesse caratteristiche di illegittimità dell’opera principale, anche nell’ipotesi in cui l’istanza di condono abbia ad oggetto il solo piano terra di un edificio, i piani superiori devono essere ritenuti parimenti abusivi, in quanto accedenti ad immobile oggetto di istanza di condono non definita.
In presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria del restauro e/o del risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche), ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente, sicché non può ammettersi la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo del Comune di ordinarne la demolizione; ciò non significa negare in assoluto la possibilità di intervenire su immobili rispetto ai quali pende istanza di condono, ma solo affermare che, a pena di assoggettamento alla medesima sanzione prevista per l'immobile abusivo cui ineriscono, ciò deve avvenire nel rispetto delle procedure di legge, ovvero dell'art. 35, l. n. 47/85, ancora applicabile per effetto dei rinvii operati dalla successiva legislazione condonistica.
Se, successivamente alla presentazione della domanda di condono, il manufatto è stato totalmente trasformato, il provvedimento di diniego di condono è legittimo, in quanto il condono non avrebbe potuto essere più rilasciato per le opere indicate nella domanda, ormai non materialmente più esistenti; né per quelle ex novo realizzate, trattandosi di opere per tabulas realizzate successivamente al 31 marzo 2003.
La normativa sul condono postula la permanenza dell’immobile da regolarizzare e non ammette, in pendenza del procedimento, la demolizione e l’impiego di materiali di costruzione diversi da quelli originari: la diversità del materiale costruttivo impiegato comporta la qualificazione dell’intervento come sostituzione edilizia, mancando la continuità tra vecchia e nuova costruzione, che caratterizza gli interventi di consolidamento, e la attuale riconoscibilità del manufatto originario oggetto dell’istanza di condono, per cui gli unici interventi edilizi consentiti su di esso sono quelli diretti a garantirne l’integrità e la conservazione e non possono spingersi sino alla demolizione e ricostruzione (né totale né parziale), salvo che essi risultino in qualche modo indispensabili.
Non osta al positivo esito del procedimento di condono la realizzazione, sui beni che formano oggetto della relativa istanza, di successivi interventi edilizi non previamente autorizzati, ma è necessario che le nuove opere realizzate siano fisicamente distinguibili da quelle originariamente oggetto dell'istanza e non abbiano inciso in modo radicale sui beni oggetto del condono impedendo all'amministrazione di valutare, per la diversità degli immobili, la sussistenza dei presupposti per la concessione del condono, fatto salvo, comunque, l'esercizio del potere sanzionatorio dei nuovi abusi realizzati.
Nella pendenza della domanda di condono non è consentito alcun intervento modificativo della consistenza materiale del manufatto edilizio che ne è oggetto, pena l’archiviazione del relativo procedimento, e tale divieto di immutazione riguarda anche la destinazione d’uso.
In pendenza di un procedimento di condono edilizio, possono essere al più effettuati interventi finalizzati a garantire la conservazione del manufatto, purché gli stessi non modifichino le caratteristiche essenziali e la destinazione d'uso dell'immobile.
La normativa sul condono postula la permanenza dell'immobile da regolarizzare, cosicché la cd. sostituzione edilizia comporta la legittimità dell’archiviazione della domanda di condono.
L’art. 43, comma 5, della legge n. 47/1985, per il quale “possono ottenere la sanatoria le opere non ultimate per effetto di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali limitatamente alle strutture realizzate e ai lavori che siano strettamente necessari alla loro funzionalità”, può essere applicato ai soli lavori necessari per assicurare la funzionalità di quanto già costruito e non consente, invece, di integrare le opere con interventi edilizi che diano luogo di per sé a nuove strutture.
Le determinazioni comunali (espresse o tacite), conseguenti alla presentazione delle d.i.a. non incidono sul contenuto del provvedimento che deve esaminare l’istanza di condono, dal momento che le sopravvenienze non possono che risultare irrilevanti, rispetto all’esame preliminare, ed indefettibile, che il manufatto sia stato ultimato entro la data presa in considerazione dalla legge.
Per aversi ultimazione delle opere abusive suscettibile di condono edilizio, è indispensabile l’avvenuta realizzazione del rustico, consistente, segnatamente, nell’esecuzione delle tamponature esterne (muri perimetrali) e della copertura (senza necessità di rifiniture), così da ottenere un volume integrante nuova costruzione.
Il privato, in presenza di già realizzate opere abusive, non può azionare un procedimento ordinario volto al rilascio di un permesso di costruire per opere a farsi, ma deve, invece, attivare il diverso procedimento di accertamento di conformità, diretto all’adozione di un permesso di costruire in sanatoria.
In pendenza della domanda di condono, è precluso all'interessato operare qualsiasi modifica all'assetto del bene, a prescindere dalla tipologia delle opere, ciò in quanto l'istituto del condono edilizio non può essere utilizzato per legittimare attività edilizia nuova ed ulteriore rispetto a quella oggetto di richiesta di sanatoria.
In pendenza di un procedimento di condono edilizio, possono essere effettuati interventi finalizzati a garantire la conservazione del manufatto, purché gli stessi non modifichino le caratteristiche essenziali e la destinazione d'uso dell'immobile.
Nel caso di domanda di condono edilizio ex lege n. 47 del 1985, il criterio del “completamente funzionale” non comporta l’automatico diniego della richiesta a fronte di opere e strutture ancora da realizzare, posto che tali opere abbiano rilevanza circoscritta e, quindi, si concretino in interventi che non hanno inciso la complessiva funzionalità del corpo edilizio in esame.
Affinché il presentatore dell’istanza di concessione in sanatoria, decorsi 120 giorni e, comunque, dopo il versamento della seconda rata dell’oblazione, possa completare le opere sotto la propria responsabilità, l’opera deve essere “ultimata” in tempo utile per fruire del richiamato condono.
La legislazione statale in materia di condono presuppone la permanenza dell’opera da condonare nel corso del procedimento di condono. In pendenza di tale procedimento, sono ammessi solo lavori di completamento dell’opera stessa, come risulta dalla chiara formulazione dell’art. 35, comma 12, della l. n. 47/1985. Non è invece ammissibile la sua sostituzione con un nuovo manufatto, anche se identico dal punto di vista volumetrico, della sagoma e della superficie.
Sul fabbricato condonato potranno essere realizzate opere di manutenzione e di conservazione, ma, in relazione ad interventi successivi che ne modifichino la consistenza, questi saranno ammissibili solo se conformi alla normativa urbanistica che disciplina la zona territoriale omogenea di insistenza.
La realizzazione di opere successive alla richiesta di condono edilizio comporta l’inammissibilità di quest’ultima; ciò perché la realizzazione di ulteriori lavori rende non più identificabile la consistenza dell’opera in essere al momento della richiesta medesima. Sugli immobili oggetto di condono è possibile intervenire solo con lavori di manutenzione ordinaria finalizzati ad eliminare uno stato di pericolo o di degrado irreversibile.
In pendenza di procedimento di condono di un manufatto, gli unici interventi edilizi consentiti su di esso sono quelli diretti a garantirne la conservazione: essi non possono spingersi all'esecuzione di opere destinate a mutarne la struttura, i volumi, i prospetti, salvo che siano indispensabili – previa, in tal caso, necessaria preventiva interlocuzione con l'Amministrazione – al fine di consentire di stabilire quali siano i caratteri e le esatte dimensioni del manufatto abusivo per verificarne la condonabilità.
La normativa sul condono postula la permanenza dell'immobile da regolarizzare e non ammette, in pendenza del procedimento, la realizzazione di opere aggiuntive né finanche l'impiego di materiali di costruzione diversi da quelli originari, comportanti di fatto la qualificazione dell'intervento come sostituzione edilizia, venendo meno la continuità tra vecchia e nuova costruzione e l'attuale riconoscibilità del manufatto originario oggetto dell'istanza di condono.
Il condono edilizio non può che limitare i propri effetti sananti al solo manufatto condonato, senza legittimare ulteriori successive edificazioni contra legem.
Al cospetto di un nuovo corpo edilizio realizzato senza titolo, è corretto denegare il condono richiesto per un edificio non più esistente ed avviare il conseguente procedimento repressivo sanzionatorio, fino ad ingiungere la demolizione delle opere prive di titolo abilitativo alla loro costruzione.
In materia edilizia non è ammissibile il rilascio di una concessione edilizia in sanatoria subordinata alla esecuzione di specifici interventi edilizi, atteso che tale condizione contrasta con gli elementi essenziali della sanatoria, tra cui la doppia conformità dell’opera eseguita, al momento della sua realizzazione ed in quello della presentazione della domanda.
Non è ammissibile il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria subordinato alla esecuzione di ulteriori opere edilizie anche se tali interventi sono finalizzati a ricondurre il manufatto nell’alveo della legalità.
Il fabbricato per il quale è pendente il condono è suscettibile di essere modificato-completato solo nel rispetto del procedimento prescritto dall'articolo 35 T.U. edilizia e, ove tale procedimento non venga seguito, gli interventi ulteriori, quand'anche riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria del restauro e/o del risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche, ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente, sicché non può ammettersi la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo del Comune di ordinarne la demolizione.
La circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 2699 del 7 dicembre 2005 ammette la possibilità di eliminare le eccedenze volumetriche (purché “scorporabili”) non già con riferimento al limite singolo di mc 750, bensì con riferimento alla soglia complessiva di mc 3.000, operante nell’ipotesi di plurime costruzioni abusive.
Successivamente alla presentazione della domanda di condono edilizio e prima che quest'ultima sia decisa, il proprietario non può eseguire alcun lavoro di completamento o ampliamento dell'immobile abusivo, valendo il principio in forza del quale è la prosecuzione in sé dei lavori ad essere preclusa, a prescindere dal regime edilizio a tali opere applicabile. Pertanto, le ulteriori opere eseguite dopo la presentazione dell'istanza di condono, ancorché interne o di non grande entità, devono dirsi abusive e in prosecuzione dell'illecita pregressa attività edilizia.
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Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.