Riparto di giurisdizione al cospetto di un provvedimento concessorio di beni pubblici

Per affrontare le problematiche relative al riparto di giurisdizione coinvolgenti in particolare il provvedimento concessorio è opportuno effettuare alcune considerazioni preliminari che ci consentono di ricostruire attentamente qual è la posizione giuridica del concessionario nei riguardi dell’atto in esame.

Giova a tal fine risolvere un primo problema controverso, soprattutto in giurisprudenza, che ha riguardato l’applicabilità delle regole dell’evidenza pubblica non solo al cospetto delle concessioni di servizi pubblici, ma anche di beni.

Inizialmente, si riteneva che fossero sottoponibili alle regole sull’evidenza pubblica solo le concessioni di servizi pubblici, e tra essi soprattutto quelli erogati in gestione economica.

Una risposta positiva a favore dell’estensibilità…



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A tale riguardo è utile fare riferimento ad una importante pronuncia del Consiglio di Stato del 2009 [1] con cui è stata chiaramente avvertita la necessità di fare applicazione delle regole e dei principi comunitari posti a tutela della concorrenza anche per l’affidamento dei beni demaniali mediante concessione amministrativa.

In tal caso, infatti, analogamente all’ipotesi della concessione di servizi pubblici, possono derivare in favore del concessionario vantaggi economici consistenti che determinano il rispetto nell’espletamento della procedura selettiva dei criteri di concorrenzialità e trasparenza.

Pertanto, i soggetti che intendono partecipare alla procedura predetta dovranno essere in possesso dei requisiti di volta in volta richiesti dalla P.A. concedente e resi evidenti nel bando di gara.

La scelta del concessionario ricadrà su quel soggetto che in base alla propria organizzazione imprenditoriale ed alle proprie capacità di gestione tecnica, risulterà in grado di utilizzare in modo più produttivo ed al contempo più efficace ed economico il bene.

Con il termine evidenza pubblica non ci si riferisce ad una procedura specifica e di uniforme applicazione, ma con essa si richiamano le regole speciali che caratterizzano la contrattualità pubblica, che vengono distinte in ragione della loro finalità consistente nella stipulazione del contratto stesso in condizioni di trasparenza e concorrenzialità.

È noto che il diritto comunitario abbia manifestato espressamente l’esigenza dell’applicazione delle regole sull’evidenza pubblica in materia di contratti e ciò è avvenuto, innanzitutto, attraverso la normativa derivata, in particolare tramite le direttive in materia di appalti pubblici ed, inoltre, in via più generale, ad opera dei principi del diritto primario, ossia quelli contenuti nei Trattati.

Pertanto, pur non occupandosi…



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Infatti, a tale riguardo la giurisprudenza comunitaria ha affermato, attraverso una sorta di interpretazione teleologica operata sul punto, che le norme esistenti impongono non tanto l’adozione di meccanismi puntuali nella scelta del concessionario, quanto piuttosto il rispetto dei principi di trasparenza e di pubblicità, che non sono scritti ma che sono connessi in senso finalistico al principio di non discriminazione.

Il diritto comunitario, alla luce di quanto detto, non sembra tanto introdurre un principio di gara, quanto piuttosto un diritto alla trasparenza [2].

Se questa è la conclusione cui è pervenuta la Corte di Giustizia è interessante notare come proprio la nostra giurisprudenza amministrativa, ha più volte ed in numerose occasioni manifestato di aderire alla tesi patrocinata a livello giurisprudenziale comunitario.

A tale riguardo basti fare riferimento ad una recente pronuncia del TAR Sardegna [3] del 2010 secondo cui: «L’affidamento di beni pubblici in concessione deve, in linea di massima, avvenire a conclusione di procedimenti di natura competitiva, in ossequio ai principi comunitari, in materia di libera circolazione dei servizi



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...vengono meno i presupposti in presenza dei quali è necessariamente richiesta la gara».

Una volta individuato, all’esito della procedura ad evidenza pubblica, il soggetto concessionario, quest’ultimo diviene una sorta di sostituto dell’amministrazione concedente e, relativamente ai poteri pubblici ad esso trasferiti in forza del predetto provvedimento è esso stesso pubblica amministrazione.

Pertanto, il concessionario non soltanto ha il diritto di escludere i terzi dall’utilizzazione di quel bene, ma può anche tutelare quest’ultimo sia con i mezzi e le azioni proprie di diritto comune, quanto con i poteri di autotutela esecutiva.

La concessione, infatti, comporta il trasferimento di poteri pubblici, ossia di quelle particolari situazioni soggettive capaci di generare atti unilaterali di carattere imperativo.

La predetta sentenza del Consiglio di Stato del 2009 [4] è importante anche per una ragione ulteriore.

Infatti, è stata considerata la possibilità di una configurazione della responsabilità pre-contrattuale in capo alla P.A. in caso di violazione delle regole generali di correttezza e buona fede ai danni di tutti i soggetti partecipanti alla gara, che da questo angolo prospettico vantano nei confronti dell’amministrazione stessa un vero e proprio diritto soggettivo.

Innanzitutto, è importante fare riferimento all’evoluzione interpretativa che ha determinato una estensione delle regole civilistiche in materia di responsabilità pre-contrattuale anche nei confronti della Pubblica Amministrazione.

Una prima tappa, riferita ad un’epoca ormai risalente, era incentrata sull’insostenibilità di una tale configurazione in capo alla P.A. in quanto, innanzitutto, vigeva una presunzione di legittimità dell’agire pubblico



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Una seconda tappa attraverso cui si è aperta una piccola breccia a favore del riconoscimento della responsabilità pre-contrattuale in capo all’amministrazione si è incentrata sull’ammissibilità della sua configurazione rispetto all’ipotesi in cui la procedura selettiva effettivamente utilizzata per la scelta del proprio partner privato fosse quella della trattativa privata, che nella sua connotazione originaria si avvicinava alle caratteristiche di una comune trattativa negoziale.

Nel momento in cui, però, le riforme normative intercorse hanno introdotto la procedura negoziata che non solo sul piano terminologico, ma anche su quello strutturale ha soppiantato la vecchia trattativa privata, imponendo anche in tal caso la ricorrenza, seppur minimale, delle regole sull’evidenza pubblica, era inevitabile anche il superamento di questa seconda tappa.

Il seguito di tale laborioso iter ricostruttivo si è, in particolar modo, incentrato sul fatto che intanto si può parlare di responsabilità pre-contrattuale in quanto sia possibile identificare il soggetto aggiudicatario che è colui il quale verosimilmente assumerà la veste di contraente nel futuro contratto con la P.A..

In realtà, però, l’approdo che da ultimo è stato patrocinato sia dalla giurisprudenza amministrativa che da quella civile, sostiene il superamento del dogma secondo cui la P.A. risponde a titolo pre-contrattuale solo se agisce in posizione paritaria con un soggetto privato, sostenendo, invece, che essa deve comportarsi da corretta contraente durante tutta la fase dell’evidenza pubblica.

Tale affermazione trova pieno riconoscimento nell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 2005 [5] secondo cui: «non è sufficiente che si sia pervenuti ad uno stato avanzato



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La necessità del rispetto delle regole della correttezza e buona fede, ex artt. 1337-1338 c.c., da parte della P.A. per tutto il corso della procedura ad evidenza pubblica è stato anche autorevolmente riconosciuto dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione [6], che hanno provveduto, inoltre, a specificare che l’azione volta a far accertare la responsabilità precontrattuale della P.A. stessa appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario stante la situazione soggettiva dedotta in giudizio, la quale, nella specie, ha consistenza di diritto soggettivo.

È stato ulteriormente sostenuto in dottrina che la procedura pubblicistica volta al rispetto delle regole di trasparenza e della concorrenza, abbia una «doppia anima», ossia abbia al contempo una connotazione pubblicistica che impone l’osservanza delle regole sull’evidenza pubblica ed una privatistica volta al contestuale e non meno importante rispetto delle regole di correttezza e buona fede.

In questa prospettiva, al privato, già titolare di una posizione di interesse legittimo al corretto espletamento delle procedure di gara, si riconosce una contemporanea titolarità di un vero e proprio diritto soggettivo a che le trattative si svolgano nel rispetto del principio di buona fede [7].

Dalla duplicità delle situazioni deriva, altresì, la possibilità di esercitare due azioni differenti: un’azione di annullamento a tutela dell’interesse legittimo e l’azione risarcitoria a titolo di responsabilità pre-contrattuale.

Per quanto concerne l’ammontare di tale pretesa risarcitoria essa si sostanzia nell’interesse negativo, ossia nelle spese sostenute per le trattative rivelatesi poi inutili.



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In tale pronuncia il Consiglio di Stato stesso si è dovuto occupare di un caso sorto a seguito di un’istanza proposta, unitamente ad una domanda di annullamento del provvedimento impugnato, di accertamento della responsabilità precontrattuale del Consorzio SISRI, il quale in modo del tutto ingiustificato, aveva interrotto le trattative per l’assegnazione di un terreno demaniale ad uso industriale, procedendo a fronte di un’offerta economica più conveniente, ad assegnare ad altre due ditte lo stesso terreno, peraltro senza tenere conto che la prima ditta aveva manifestato la propria disponibilità ad offrire le stesse condizioni accettate dalle ditte assegnatarie.

In tale vicenda il Consiglio di Stato ha riscontrato la sussistenza di una responsabilità precontrattuale in capo alla P.A., annullando il provvedimento di assegnazione ed ordinando alla stessa di avviare un nuovo procedimento su basi competitive.

La violazione delle regole di correttezza e buona fede nel caso sottoposto all’esame del Consiglio di Stato, è stata perpetrata attraverso il recesso ingiustificato dalle trattative che erano state protratte fino ad un punto tale da far insorgere il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto.

Infatti, la mera presenza di trattative non è da sola sufficiente a concretizzare la violazione del diritto altrui e la sussistenza di una responsabilità nella interruzione delle stesse.

La pronuncia in esame, inoltre, ponendosi in linea con i più recenti e maggioritari approdi giurisprudenziali sul punto, ha considerato che può essere ritenuta «trattativa» quella procedura di selezione volta alla scelta del concessionario di beni pubblici.

Dato atto di tali importanti premesse è agevole poter dedurre, anche ai fini di una corretta ricostruzione della problematica relativa al riparto di giurisdizione, che al cospetto della P.A. ciascun partecipante alla gara è titolare di una posizione giuridica qualificabile in termini di interesse legittimo pretensivo.

Tale posizione giuridica perdura fintanto che non si giunga ad una aggiudicazione che si conclude con l’atto concessorio a cui può seguire o meno un contratto.



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In realtà, però, dato l’inestricabile nodo tra diritti ed interessi nella procedura in esame, il legislatore del codice del processo amministrativo ha avvertito l’esigenza di devolvere il relativo contenzioso al giudice amministrativo in sede esclusiva.

A tale riguardo, infatti, l’art. 133 comma 1 lett. b) del d.lgs. 104/2010 sancisce che appartengono alla giurisdizione esclusiva le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi.

Tale ultima previsione ha fatto sorgere in dottrina il dubbio che il legislatore avesse voluto ritagliare un’area in cui configurare una vera e propria giurisdizione esclusiva a favore del giudice ordinario.

In realtà, è stato più correttamente affermato che tale previsione non fa altro che confermare i tradizionali criteri di riparto.

Infatti, laddove venissero in rilievo poteri autoritativi attraverso cui, ad esempio la P.A. provvede ad una ridefinizione dei canoni e dei corrispettivi è innegabile in tal caso la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo [8].

Ciò che conta, quindi, ai fini dell’identificazione del riparto di giurisdizione è verificare se con riferimento all’oggetto della controversia rilevi l’esercizio del potere funzionale, così come sostenuto dal famoso dictum della Corte Costituzionale, pronunciato con la nota sentenza 204/2004 [9].

In particolare, in quest’ultima, la Consulta ha, innanzitutto, fermamente respinto il convincimento precedentemente invalso secondo cui il riferimento generico all’interesse pubblico coinvolto nella fattispecie e la presenza della P.A. come parte processuale potessero sorreggere una previsione di giurisdizione esclusiva.

Più precisamente, la Corte ha sostenuto che per «particolari materie»…



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Sempre con riferimento alla tematica in esame sono recentemente intervenute le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione [11] le quali hanno affermato proprio che in materia di concessioni amministrative l’art. 113 comma 1 lett. b del d.lgs. 104/2010 nell’attribuire alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ogni controversia relativa ai rapporti di concessione di beni e servizi pubblici, fatte salve quelle aventi ad oggetto indennità, canoni o altri corrispettivi, non implica affatto, in queste ultime ipotesi, un regime di giurisdizione esclusiva del giudice ordinario.

Infatti, a quest’ultimo, devono essere devolute, in base agli ordinari criteri di riparto, solo quelle controversie sui profili in esame che abbiano contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere di intervento della P.A. a tutela di ipotesi generali.

Resta, invece, a carico della giurisdizione amministrativa quel contenzioso che coinvolge l’esercizio di poteri discrezionali inerenti la determinazione del canone, dell’indennità o di altri corrispettivi [12].

A tale dictum delle predette Sezioni Unite si è uniformala anche la successiva giurisprudenza amministrativa.

Infatti, ad esempio, il T.A.R.Bari Puglia [13] ha affermato che l’art. 133 lett. b) , c.p.a., nel prevedere la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per tutte le controversie relative ai rapporti di concessione di beni e servizi pubblici , fatte salve quelle aventi ad oggetto indennità, canoni o altri corrispettivi…



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...discrezionali inerenti alla determinazione del canone, dell’indennità o di altri corrispettivi.

Inoltre, anche una recentissima sentenza del TAR Cagliari Sardegna [14]ha precisato che le controversie concernenti indennità, canoni o altri corrispettivi, riservate, in materia di concessioni amministrative, alla giurisdizione del giudice ordinario, sono solo quelle aventi contenuto meramente patrimoniale; quando, invece, la controversia implichi la verifica dell’azione autoritativa della p.a. sull’intera economia del rapporto concessorio, la medesima è attratta nella sfera di competenza del giudice amministrativo, poiché, in tal caso, la controversia ha per oggetto…



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