La legittimazione dell'occupazione acquisitiva

Il processo di legittimazione dell’occupazione acquisitiva proseguiva, quindi, con Corte Cost.n.369/1996 [6] a proposito delle misure legislative introdotte con la legge finanziaria del 1995 per limitare l’onere risarcitorio spettante al proprietario attraverso l’integrale equiparazione, ai fini pecuniari, dell’indennizzo espropriativi con il risarcimento del danno.

Fu infatti la stessa Corte Costituzionale che, nel dichiarare l’incostituzionalità dell'art. 1, comma 65, l. 28 dicembre 1995 n. 549 -che commisurava il risarcimento per le aree edificabili all'importo dell'indennità espropriativa - a giustificare, con il formale apprezzamento dell'interesse pubblico perseguito attraverso la realizzazione dell'opera, quell'intervento "ragionevolmente riduttivo della misura della riparazione dovuta dalla pubblica amministrazione" successivamente realizzato dal legislatore con l'art. 3, 65° comma, l. 23.12.1996, n.... _OMISSIS_ ...ini Cass. n.1814/2000).

Ciò era possibile in quanto la regola generale di integralita' della riparazione ed equivalenza al pregiudizio cagionato al danneggiato non ha copertura costituzionale, potendosi tali limitazioni attuare sia nel campo della responsabilita' contrattuale sia in materia di responsabilita' extracontrattuale.

Era tuttavia innegabile, secondo il giudice delle leggi, la radicale diversita' strutturale e funzionale delle obbligazioni cosi' comparate [7].

Se la misura dell'indennizzo - obbligazione ex lege per atto legittimo - costituiva il punto di equilibrio tra interesse pubblico alla realizzazione dell'opera e interesse del privato alla conservazione del bene, la misura del risarcimento - obbligazione ex delicto - doveva, secondo la Consulta, realizzare il diverso equilibrio tra l'interesse pubblico al mantenimento dell'opera gia' realizzata e la reazione dell'ordinamento a tutela della leg... _OMISSIS_ ...per effetto della manipolazione- distruzione illecita del bene privato.

Sicchè la ragionevolezza di una riduzione non poteva però spingersi “al punto da farla coincidere con l’entità dell’indennizzo dovuto in caso di legittima procedura ablatoria”.

Il legislatore finanziario del 1996 non tardava a raccogliere l’incipit della Consulta, introducendo il comma 7-bis dell’art. 5-bis del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359, con l’art. 3 comma 65 della legge 23 dicembre 1996, n 662 che operava la differenziazione fra indennizzo espropriativi e risarcimento, indicando il secondo nella semisomma tra valore di mercato e reddito catastale rivalutato, maggiorata del 10 per cento e non sottoposta alla decurtazione del 40 %.

I dubbi circa la conformità di tale ultima previsione ai canoni costituzionali venivano prontamente rimossi da Cor... _OMISSIS_ ...999.

Il comma 7 bis dell’art.5 bis apparve alla Corte Costituzionale [8] pienamente legittimo poiché l’eccezionalità del caso era giustificata dal carattere temporaneo della disposizione denunciata che, inserita in un testo normativo con le caratteristiche della dichiarata temporaneità era, per un verso, collegata all’ emanazione di una nuova disciplina organica per tutte le espropriazioni preordinate alla realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità e, per altro verso, applicandosi solo alle occupazioni illegittime di suoli per causa di pubblica utilità intervenute anteriormente al 30 settembre 1996, era rivolta a regolare situazioni passate.

La Corte dava così prevalenza ad esigenze di natura finanziaria salvaguardando una ineludibile, e limitata nel tempo, manovra di risanamento della finanza pubblica, già predisposta, in vista degli impegni assunti in sede comunitaria.Veniva in quella occasione pure r... _OMISSIS_ ...ssità che a monte dell’irreversibile trasformazione vi fosse la dichiarazione di p.u. [9].

Nella stessa pronunzia, peraltro, la Corte ritenne inammissibile una delle questioni sollevate da un’ordinanza di rimessione [10] relativa all’art. 3, comma 65, legge n. 662/1996 "sotto il profilo che la fattispecie sarebbe palesemente non inscrivibile tra le occupazioni acquisitive, atteso il pacifico intervenuto annullamento in sede giurisdizionale della dichiarazione di pubblica utilità” poiché “secondo un indirizzo giurisprudenziale (Cass., Sez. I, 16 luglio 1997, n. 6515), condiviso dalla Corte, le norme sul risarcimento in caso di occupazione acquisitiva si applicano alle sole occupazioni illegittime dei suoli per causa di pubblica utilità, per cui in mancanza di valida dichiarazione di pubblica utilità (cui viene equiparata la dichiarazione annullata perché illegittima) si è al di fuori delle ipotesi contemplate per il risar... _OMISSIS_ ...orma denunciata".

Ciò la Consulta fece muovendo dal presupposto che la disciplina introdotta dall’art. 3, comma 65, legge n. 662/1996 era applicabile nei soli casi di "occupazioni illegittime dei suoli per causa di pubblica utilità" e non estensibile all’ipotesi in cui fosse mancata una "valida dichiarazione di pubblica utilità (cui viene equiparata la dichiarazione annullata perché illegittima)" per la quale non era revocabile in dubbio la possibilità del privato di azionare la tutela reale.

Più recentemente, Corte Cost. n.24/2000 [11] fugava ancora una volta i dubbi di legittimità avanzati con riguardo al comma 7-bis dell'art. 5-bis della legge n. 359/1992.

Il remittente aveva infatti assunto a parametro della mancanza di ragionevolezza del criterio risarcitorio introdotto dal comma 7-bis cit. l'art. 938 c.c., che attribuisce la proprietà sia del suolo e della costruzione edificatavi al... _OMISSIS_ ...tore dell'interesse che risulti prevalente in esito ad una valutazione di ordine economico-sociale correlata al livello di sviluppo della società civile.

Da qui sarebbe derivata l’ingiustificata diversità di trattamento derivante dall'applicazione della nuova regola di liquidazione del danno da occupazione acquisitiva.

Nel disattendere la questione la Consulta ha rilevato che il tertium comparationis utilizzato non era corretto, in quanto l’art.938 c.c. disciplinava solamente i rapporti tra privati e non perseguiva finalità pubblicistiche analoghe a quelle del comma 7-bis, orientate a garantire un temporaneo risparmio di spesa attraverso un bilanciamento dei contrapposti interessi che giustificava la prevalenza dell'interesse pubblico alla conservazione dell'opera.

L’esame ancorché sommario dei precedenti della Corte costituzionale conduce ineludibilmente verso l’affermazione di una tutela dimidiata ... _OMISSIS_ ...proprietà che è andato progressivamente asservendosi alla ragion di Stato in nome di una funzione sociale della proprietà che ha consentito al legislatore, con la complicità delle massime istanze giurisprudenziali, interventi che si lascia al lettore intendere nei loro intrinseci significati.

Qui semmai è importante rilevare come il giudizio assolutorio espresso dalla Corte costituzionale abbia avuto ad oggetto proprio la costruzione dell’istituto per come coniata dal diritto vivente della Cassazione.

Fu infatti Corte cost. n.188/1995 ad esprimere chiaramente che le proprie valutazioni andavano ad incidere sulla consolidata giurisprudenza della Cassazione << dalla quale lo stesso Tribunale a quo dichiara di muovere ed in relazione alla quale questa Corte e' chiamata ad esercitare il suo sindacato di costituzionalita', perche' e' questa la norma che effettivamente vive nella concreta realta' dei ra... _OMISSIS_ ...ci>>.

Il giudice delle leggi prendeva dunque atto del diritto vivente [12] espresso dalla Cassazione e con esso si confrontava più o meno direttamente [13] esprimendo, dapprima, un giudizio di piena compatibilità con i canoni costituzionali e, poi, giungendo a postulare dei correttivi al sistema risarcitorio idonei a garantire, nel tempo, la sedimentazione stabile dell’istituto.