Il litisconsorzio nelle impugnazioni

Finora è stato compiuto un esame circa l'operatività del litisconsorzio nel primo grado di giudizio. Può, comunque, accadere che la controversia svoltasi in presenza di più parti davanti alla Commissione tributaria provinciale, si inanelli nelle successive fasi di gravame. Sorge, dunque, la necessità di individuare quale sia la legge processuale operante in queste situazioni.

Non bisogna dimenticare che ci si muove sempre tra il dettato normativo contenuto nel decreto legislativo sul processo tributario e la disciplina del Codice di procedura civile (richiamato dallo stesso decreto). Prima di ricostruire sistematicamente la disciplina, appare utile indicare fin d'ora quali sono le regole cui si farà riferimento.

Il Codice di rito civile dedica al tema del litisconsorzio nelle impugnazioni gli articoli 331 e 332 , rubricati rispettivamente "Integrazione del contraddittorio in cause inscindibili" e "Notificazione dell'impugnaz... _OMISSIS_ ... cause scindibili" .

Per quel che concerne, invece, il d. lgs. 546/1992, l'art. 49 (norma di apertura del capo III del titolo II dedicato alle impugnazioni), pone come principio generale l'applicabilità al giudizio davanti alle Commissioni tributarie regionali delle norme sulle impugnazioni contenute nel Codice di procedura civile, eccezion fatta per l'articolo 337 c.p.c. (in tema di sospensione dell'esecuzione della sentenza di primo grado) e per quanto disposto dallo stesso decreto.

Posto questo rimando di carattere generale, l'unica norma cui poter fare riferimento è quella contenuta nell'art. 53, c. 2, il quale recita: «Il ricorso in appello è proposto nelle forme di cui all'art. 20, commi 1 e 2, nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado e deve essere depositato a norma dell'art. 22, commi 1, 2 e 3. Ove il ricorso non sia notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, l'appellante deve, a... _OMISSIS_ ...sibilità, depositare copia dell'appello presso l'ufficio di segreteria della commissione tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata».

In dottrina si contrappongono due orientamenti: il primo intende ricostruire le ipotesi di litisconsorzio necessario nel giudizio di appello in base alla normativa dettata dal Codice di rito in quanto espressamente richiamata e compatibile ; il secondo, invece, tende a individuare nel citato articolo 53, c. 2, la volontà del legislatore di individuare autonomamente le ipotesi di litisconsorzio necessario in fase di gravame.

Il problema ermeneutico sorge dal fatto che non si evince chiaramente dall'articolo 53 se il legislatore abbia inteso escludere dalla disciplina delle impugnazioni nel processo tributario la distinzione, invece fondamentale nel diritto processuale civile, tra cause inscindibili e cause scindibili.

La dottrina minoritaria sostiene che la disciplina relativa al... _OMISSIS_ ... prevista dal d. lgs. 546/1992 "contiene sul punto norme specifiche, solo in parte coincidenti con quelle previste dal codice di rito". L'assunto di base su cui si fonda questa interpretazione è quello per cui il legislatore tributario sembrerebbe aver adottato una soluzione difforme da quella che invece caratterizza le impugnazioni nel processo civile: infatti, la disciplina di diritto speciale prevede che tutte le parti del primo grado di giudizio partecipino all'appello indipendentemente dalla natura (scindibile o inscindibile) delle cause.

L'argomento utilizzato è meramente letterale, basandosi solamente sul testo del citato art. 53, c. 2, in base al quale l'appello è notificato a tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado. Se queste sono le premesse, non c'è ragione di indagare le questioni di carattere sostanziale che hanno dato vita ad un processo litisconsortile in primo grado, perché nel giudizio d'appello partecipe... _OMISSIS_ ...oggetti ivi coinvolti.

Così come nel processo di primo grado, pure nel giudizio di appello si ripropone il problema del difetto di integrazione del contraddittorio. Se la sentenza non è stata impugnata nei confronti di tutte le parti (rectius: se il ricorso in appello non è stato proposto nei confronti di tutti i partecipanti al primo grado), occorre domandarsi come dovrà comportarsi il giudice.

In altri termini, si deve verificare se egli possa sostituirsi alle parti e ordinare l'integrazione del contraddittorio oppure non sia dotato di tale potere. Infine, si deve indagare anche la conseguenza di un processo d'appello nel quale non sia stato rilevato il vizio.

La dottrina che qua si sta analizzando ritiene che, stante l'analogia con quanto previsto dall'art. 14, c. 2 del d. lgs. 546/1992 e dall'art. 331, c. 1, c.p.c., sia possibile per il giudice surrogarsi alle parti e ordinare l'integrazione del contraddittorio. ... _OMISSIS_ ...erne, invece, la mancata integrazione del contraddittorio, questa Autrice risolve per un richiamo obbligato all'art. 45 del d. lgs. 546/1992, in base al quale si deve ipotizzare l'estinzione del giudizio.

Al fine di evitare un esito così draconiano, la stessa, fa salva la possibilità di applicare le previsioni del codice di rito: sebbene la normativa processual-tributaria non contempli la distinzione tra cause scindibili e inscindibili, questa può essere recuperata con riguardo agli effetti della mancata integrazione.

In questo modo si potrebbe ritenere che la mancata integrazione del contraddittorio (nel termine indicato dal giudice) in presenza di cause inscindibili comporti l'inammissibilità dell'impugnazione; qualora, invece, il vizio si verifichi in relazione ad una causa scindibile, apparendo eccessivamente rigorosa la sanzione dell'inammissibilità, appare più ragionevole la sospensione del processo fino a quando siano decors... _OMISSIS_ ... impugnare la sentenza.

In posizione diametralmente opposta si pongono gli autori della dottrina maggioritaria. Innanzitutto è da segnalare che la communis opinio è quella per cui il legislatore tributario non abbia dettato alcuna disposizione specifica in materia di impugnazioni, limitandosi ad un generico rinvio alle norme contenute nel Codice di rito .

Anche questa dottrina , analizzando l'articolo 53, d. lgs. 546/1992, evidenzia come il legislatore abbia omesso di prendere posizione sulle nozioni di scindibilità e inscindibilità delle cause. Tale norma "stabilisce quindi semplicemente una forma di litisconsorzio processuale legata alla partecipazione delle parti al giudizio di primo grado, nel senso che i soggetti intervenuti o chiamati nel precedente giudizio devono essere posti in condizione di partecipare anche al gravame, pur se nei loro confronti non vengano proposte domande".

Sorge, dunque, il problema ... _OMISSIS_ ... norma vada letta in relazione agli articoli 331 e 332 c.p.c. (che operano la distinzione tra cause inscindibili e scindibili) oppure se non sia necessaria tale correlazione.

Al fine di far operare l'art. 331 è necessario che la causa sia inscindibile e quindi che il processo in primo grado sia stato caratterizzato da un litisconsorzio necessario. In questo caso anche la sentenza di appello deve esser resa in confronto di tutte le parti e, quindi, la completezza del contraddittorio sarà necessaria.

Laddove il ricorso in appello non venga notificato a tutte le parti, si dovrà provvedere all'integrazione del contraddittorio entro il termine fissato dal giudice. In base a questo principio, nella fase dell'impugnazione «il contraddittorio si restringe alle sole parti, ed al tempo stesso si estende a tutte le parti, che sono state presenti nel giudizio di prima istanza».

In relazione alle conseguenze derivanti dalla... _OMISSIS_ ...azione del contraddittorio dopo che questa sia stata ordinata dal giudice, vi è chi non considera questo fatto una causa sufficiente alla dichiarazione di inammissibilità dell'impugnazione.

Secondo questo orientamento sarebbe necessario anche che il processo abbia effettivamente natura litisconsortile, dovendosi decidere con sentenza su tale questione qualora dovessero sorgere divergenze di opinioni. L'impugnazione, invece, risulta inammissibile ove nessuna delle parti si adoperi per ottemperare all'ordine di integrazione del contraddittorio entro il termine stabilito dal giudice (sempre che si verta effettivamente in una ipotesi di litisconsorzio necessario).

Tuttavia, salvo i mutamenti giurisprudenziali che si affronteranno nei prossimi capitoli, le ipotesi di litisconsorzio necessario risultano assai rare, di conseguenza anche l'applicabilità dell'art. 331 dovrebbe essere abbastanza infrequente.

Diversa è l'opinione in ... _OMISSIS_ ...'art. 332 c.p.c.: ritenendo che nel processo tributario siano più frequenti i casi di litisconsorzio facoltativo, la dottrina cui qui ci si riferisce ritiene che la norma del codice di rito abbia più facile applicazione.

Come noto la norma in esame prevede che se l'impugnazione non è stata proposta da o nei confronti di tutte le parti, il giudice ordina la notificazione a quelle parti per le quali ancora non sia decorso il termine per proporre l'impugnazione.

Emerge, però, a questo punto il problema dell'art. 53, c. 2, d. lgs. 546/1992, perché, come è stato affermato, tale disposizione si trova tra altre due (in tema di notifica e deposito del ricorso dinanzi alla Commissione tributaria regionale): entrambe le disposizioni dettano dei termini stabiliti a pena di decadenza e, quindi, «anche il ricorso in appello che non sia stato notificato a tutte le parti presenti al giudizio di primo grado» deve «essere dichiarato inamm... _OMISSIS_ ...dendosi in tal modo l'applicabilità del citato art. 332 c.p.c.».

In conclusione si può affermare che non pare ammissibile prescindere dalle nozioni di inscindibilità e scindibilità delle cause. Anzi, alcuni Autori, affermano esplicitamente l'operatività delle norme di diritto processuale civile avuto riguardo soprattutto al silenzio serbato dal legislatore tributario in tale ambito.

Si farà ricorso al disposto normativo dell'art. 331 c.p.c. quando l'oggetto del ricorso riguardi inscindibilmente più soggetti e quando sussista un rapporto di pregiudizialità tra le varie cause riunite; viceversa, si applicherà l'art. 332 c.p.c., quando la sentenza di prime cure "sia resa in confronto ad una pluralità di debitori di imposta, ancorché per uno stesso titolo".