1. L'art. 16 del T.U. Espropri
L’art. 16 T.U.Es. contiene il secondo momento partecipativo contemplato nel Testo Unico: già prima rispetto all’entrata in vigore del d.P.R. n. 327/2001, l’Adunanza Plenaria, con la notissima sentenza n. 14/1999, aveva ravvisato l’esigenza che «prima dell’approvazione del progetto definitivo, che equivale a dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità, si svolga innanzi all’organo competente, secondo la sequenza deposito atti - osservazioni - decisioni sulle stesse, il giusto procedimento» [1].
Ed invero, numerosi sono i parallelismi con la procedura garantista del contraddittorio di cui all’art. 16 in commento con quella di cui all’art. 11. Per vero, la procedura di cui all’art. 16 porta all’approvazione del progetto definitivo che – secondo la più autorevole dottrina – è il principale tra i provvedimenti da cui può scaturire la pubblica utilità [2]; il giusto procedimento ivi previsto non può, peraltro, essere applicato alle altre ipotesi di dichiarazione di pubblica utilità [3].
Innanzitutto, occorre sottolineare come, secondo la giurisprudenza, la comunicazione di avvio del procedimento si renda necessaria solo per il caso di approvazione del progetto definitivo dell’opera (da cui poi scaturisce la dichiarazione di pubblica utilità) e non anche nel caso di approvazione del progetto preliminare [4]. Inoltre, si ritiene pacificamente che «il progetto per l’opera che è a base della procedura espropriativa viene definito dall’amministrazione in base a molteplici ragionamenti tecnico-giuridici e contiene caratteri complessivi non più modificabili. Lo spazio per la rassegna di osservazioni da parte del soggetto interessato è finalizzato ai chiarimenti sull’impatto dell’intervento sul bene privato, mentre la richiesta di espropriare eventualmente ulteriori parti del proprio bene è finalizzata a rendere meno impattante l’atto ablativo. Il legislatore non ha però né previsto espressamente né lasciato intendere nel suo complesso che il progetto definitivo alla base dell’esproprio possa cambiarsi durante l’iter stesso» [5]. In altre parole, la comunicazione di avvio del procedimento in questa specifica fase appare tanto più necessaria se si considera la «cristallizzazione» del progetto definitivo dell’opera proprio durante la procedura in commento, non potendo più essere modificato durante l’iter espropriativo.
Il legislatore afferma invero testualmente che «al proprietario dell’area ove è prevista la realizzazione dell’opera è inviato l’avviso dell’avvio del procedimento e del deposito degli atti di cui al comma 1 [6], con l’indicazione del nominativo del responsabile del procedimento». In assenza di soggetto attivo, si ritiene che il dovere di comunicazione sia di competenza esclusiva dell’Autorità espropriante [7], mentre, nel caso in cui il numero di destinatari sia superiore a cinquanta, si osservano le disposizioni di cui all’art. 11, comma 2 del T.U.Es. [8]. I requisiti contenutistici si ritengono sussistenti nell’avviso in cui si affermi che la documentazione completa relativa al progetto è stata depositata presso l’Ufficio Tecnico comunale, con l’indicazione delle date e degli orari in cui è possibile prenderne visione [9]; ne discende che l’incompletezza dell’indicazione dei documenti depositati, per «non essere stato fatto cenno al “deposito dell’essenziale progetto dell’opera”, oltre a non incidere sulla legittimità del progetto definitivo per omesso o invalido avviso di avvio del procedimento e deposito atti, non incide in ogni caso sulle istanze partecipative al procedimento dei proprietari espropriandi, posto che questi ultimi risultano certamente edotti del procedimento avviato e che interessa gli immobili di loro proprietà attraverso il piano particellare di esproprio, ed ogni ulteriori informazione può essere assunta presso l’amministrazione» [10].
Secondo la giurisprudenza, la ratio sottesa alla comunicazione antecedente l’approvazione del progetto definitivo è quella di «una garanzia partecipativa di carattere non meramente formale, che rappresenta un necessario passaggio cognitivo – dialettico, funzionale sia per la parte, che può opporre fatti e/o circostanze non considerati, sia per l’Amministrazione, che deve esaminarli e valutarli prima dell’approvazione del progetto definitivo dell’opera, essendo l’attività espropriativa connotata da ampi margini di discrezionalità amministrativa e tecnica; ne consegue che dalla suddetta omissione procedurale discende l’illegittimità del provvedimento di esproprio» [11].
Interessanti sono i commi 7, 8 e 9 dell’art. 16, che trattano di alcune possibili vicende della comunicazione di avvio del procedimento. Partendo dall’ultimo caso, il legislatore ribadisce che nessuna comunicazione deve essere effettuata dall’autorità espropriante a chi non risulta essere proprietario del bene. Questa affermazione, anche alla luce di quanto abbiamo visto finora sull’identità del proprietario, appare scevra di dubbi interpretativi: secondo la giurisprudenza, «l’indicazione del soggetto direttamente inciso dalla procedura ablatoria va individuato sulla scorta dei dati catastali, secondo un criterio già contenuto nell’art. 10 legge n. 865/1971, e tenuto fermo dagli artt. 11 e 16 del d.P.R. n. 327/2001; pertanto, vigendo un sistema di oggettiva conoscibilità da parte dell’amministrazione procedente del soggetto su cui grava il carico della procedura ablatoria, non è ipotizzabile che tale norma imponga al soggetto pubblico di accertare l’esistenza di altri proprietari al fine di estendere anche ad altri soggetti la partecipazione procedimentale» [12].
I commi 7 e 8, invece, affermano rispettivamente che il progetto definitivo dell’opera può essere ugualmente approvato nonostante l’assenza o l’irreperibilità del proprietario catastale, mentre, in caso di morte del proprietario iscritto nei registri catastali, senza che risulti «il proprietario attuale, la comunicazione di cui al comma 4 è sostituita da un avviso, affisso per venti giorni consecutivi all’albo pretorio dei comuni interessati e da un avviso pubblicato su uno o più quotidiani a diffusione nazionale e locale».
È stato peraltro osservato che esiste una evidente distonia nel sistema, in quanto le agevolazioni procedimentali previste ai commi 7 e 8 dell’articolo 16, in caso di morte e assenza del destinatario, non erano previste nelle fasi precedenti, in cui l’Autorità espropriante ha già dovuto affrontare la problematica, né sono previste nelle fasi successive [13].
2. Le vicende della comunicazione ex art. 16 T.U.Es.: i proprietari assenti o irreperibili
Partendo dal caso del comma 7 dell’art. 16 T.U.Es., si afferma testualmente che «se la comunicazione prevista dal comma 4 non ha luogo per irreperibilità o assenza del proprietario risultante dai registri catastali, il progetto può essere ugualmente approvato».
Senza troppo dilungarci sui principi delle notifiche degli atti processuali civili, occorre in ogni caso soffermarsi sulla nozione di «assente» e di «irreperibile». Nel primo caso, la persona è assente (o temporaneamente irreperibile) quando sono conosciuti la sua residenza, il domicilio ovvero la dimora, ma il soggetto notificante (l’ufficiale giudiziario), dopo essersi recato nei luoghi indicati dall’art. 139 c.p.c. [14] non lo abbia trovato: la norma applicabile in siffatti casi è l’art. 140 c.p.c. [15]; nel secondo caso, la persona è irreperibile ogniqualvolta non si conoscano la sua residenza, il suo domicilio o la sua dimora: la norma applicabile è l’art. 143 c.p.c. [16].
Orbene, l’art. 16, comma 7 del T.U.Es. è una disposizione di indubbio favor per l’autorità espropriante, in quanto, nei casi tanto di irreperibilità temporanea quanto di irreperibilità definitiva, consente che il progetto dell’opera possa comunque essere approvato. Si badi, però, che questa disciplina di favore riguarda solo ed esclusivamente l’impossibilità di notificare – per assenza o irreperibilità del proprietario – la comunicazione di avvio del procedimento preordinato alla dichiarazione di pubblica utilità ed è espressamente circoscritta a tale comunicazione. Non si ravvisa alcun parallelismo con i casi di impossibilità di notifica per assenza o irreperibilità, ad esempio, per la comunicazione di avvio del procedimento di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, per il quale l’art. 11 T.U.Es. non offre alcuna analoga previsione. Ad ogni buon conto, l’autorità espropriante deve ricercare con goni mezzo il recapito esatto del destinatario: solo in caso di esperimento infruttuoso, potrà parlarsi di irreperibilità [17].
Secondo parte della dottrina, la ratio di questa disposizione acceleratoria risiederebbe nel fatto che – ove si obbligasse la pubblica amministrazione ad effettuare la ricerca di eventuali aventi causa del proprietario catastale – si aggreverebbe – e di molto – l’azione amministrativa, derogando altresì al generale principio per il quale la comunicazione deve essere effettuata nei confronti del proprietario risultante dai registri catastali, senza che occorra una previa verifica dell’amministrazione circa l’attualità e l’effettività del titolo emergente dai suddetti registri [18].
3. Segue. Le vicende della comunicazione ex art. 16 T.U.Es.: la morte del proprietario catastale
È il comma 8 dell’articolo in commento a dettare la disciplina per il caso della morte del proprietario catastale, disponendo che – laddove non risulti il proprietario attuale – la comunicazione di avvio del procedimento possa essere «sostituita da un avviso, affisso per venti giorni consecutivi all’albo pretorio dei comuni interessati e da un avviso pubblicato su uno o più quotidiani a diffusione nazionale e locale».
Si sottolinea innanzitutto come non sia previsto alcun obbligo, per l’autorità espropriante, di verifica dei dati presso la conservatoria dei Registri immobiliari, in stretta applicazione del brocardo ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit. Ad ogni buon conto, si ritiene che una verifica presso la conservatoria, quantomeno per constatare l’esistenza della trascrizione della successione (e – di conseguenza – l’identità del nuovo proprietario), sebbene non prescritta dalla legge, si renda necessaria [19].
Dal canto suo, il Consiglio di Stato ha ritenuto che la disposizione in commento garantisca la possibilità di difesa dell’effettivo proprietario espropriato, cosicché non vi è ragione per invocarla in ipotesi in cui tale difesa ha potuto essere esercitata pienamente da parte del soggetto che ha acquisito il bene per successione ereditaria, dal momento che – come detto – l’art. 16, comma 8 riguarda solo la comunicazione dell’avvio del procedimento e non ogni atto della procedura ablatoria. Proprio per il suo carattere speciale, essa non può valere al di là della fattispecie ivi disciplinata, cosicché, al di fuori del perimetro di questa, non può non applicarsi la normativa generale [20]. Per rendere effettiva la previsione legislativa nel caso di mancata conoscenza del nuovo proprietario, si prevede dunque una doppia pubblicazione, la prima sottoforma di avviso da affiggersi presso l’albo pretorio dei comuni interessati e la seconda sottoforma di pubblicazione su quotidiani a diffusione nazionale e locale.
Orbene, se le esigenze di celerità del procedimento espropriativo sembrano salvaguardate dalla possibilità di approvare – in ogni caso – il progetto definitivo dell’opera, così non pare se ci addentriamo maggiormente nel requisito della pubblicazione su «uno o più quotidiani a diffusione nazionale e locale». L’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici si è pronunciata circa la tipologia dei quotidiani ai quali rivolgersi [21]: qualora un quotidiano abbia una diffusione tanto nazionale che locale, una unica pubblicazione in esso può valere a ritenere adempiuto l’obbligo di legge, indipendentemente dal fatto che il quotidiano nazionale sia anche quello più diffuso a livello locale, essendo sufficiente una sua generica diffusione locale; resta ovviamente escluso che si possa procedere ad un’unica pubblicazione su un quotidiano a diffusione solo nazionale o solo locale, e ciò per far sì che venga comunque rispettata la ratio della disposizione in commento di ottenere una significativa diffusione dell’avviso sul territorio interessato [22].
Per contro, a parere di chi scrive e per ragioni dettate dal semplice buon senso, si ritiene in ogni caso sproporzionata la pubblicazione su un quotidiano a tiratura nazionale, magari per un solo caso presente nel piano particellare di esproprio, o per superfici minime, che comportino un’erogazione dell’indennità di esproprio largamente inferiore al costo della stessa pubblicazione.
[1] Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza n. 14 del 15/09/1999. Si veda altresì Caranta R., Ferraris L., Rodriquez S., La partecipazione al procedimento amministrativo, seconda edizione, Giuffré editore, Milano, 2005, pagg. 104 e segg.
[2] Mottin C., op. cit., pag. 128.
[3] Così Loro P., Nuovo Testo Unico. Il giusto procedimento prima dell’approvazione del progetto definitivo, 18/02/2003, www.esproprionline.it.
[4] Così, e plurimis, Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 3439 del 07/07/2014; T.A.R. Campania, sezione V Napoli, sentenza n. 2057 del 04/05/2012; T.A.R. Puglia, sezione III Bari, sentenza n. 269 dell’11/02/2021. Ed invero, si ribadisce in giurisprudenza che «in linea generale non sussiste alcun obbligo di comunicare l’avvio del procedimento relativo all’approvazione del progetto preliminare di un’opera pubblica in quanto di norma solo l’approvazione del definitivo può comportare la dichiarazione di pubblica utilità, salva l’ipotesi in cui l’Amministrazione abbia anticipato una tale vicenda collocandola nell’approvazione del progetto preliminare» (T.A.R. Lazio, sezione Latina, sentenza n. 319 del 12/04/2013). Ne discende che il fulcro della comunicazione di avvio risulta essere la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera: e ciò è tanto più pacifico se si considera che la dichiarazione di pubblica utilità è prodromica alla fase di emanazione del decreto di esproprio.
[5] Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza n. 3853 del 17/05/2022.
[6] L’art. 16, comma 1 T.U.Es. prevede, tra i documenti da depositare presso l’ufficio per le espropriazioni, «il progetto dell’opera, unitamente ai documenti ritenuti rilevanti e ad una relazione sommaria, la quale indichi la natura e lo scopo delle opere da eseguire, nonché agli eventuali nulla osta, alle autorizzazioni o agli altri atti di assenso, previsti dalla normativa vigente»; il successivo comma 2 – come invero abbiamo già visto nel paragrafo precedente – prevede che «lo schema dell’atto di approvazione del progetto deve richiamare gli elaborati contenenti la descrizione dei terreni e degli edifici di cui è prevista l’espropriazione, con l’indicazione dell’estensione e dei confini, nonché, possibilmente, dei dati identificativi catastali e con il nome ed il cognome dei proprietari iscritti nei registri catastali».
[7] Così, recisamente, il Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza n. 1242 del 13/03/2014: «perché possa produrre l’effetto di pubblicità cui l’incombente è ricollegato, l’avviso dell’avvio del procedimento non può che essere inviato dall’autorità procedente, come espressamente affermato ex art. 16 del d.P.R. n. 327/2001, laddove il combinato disposto dei commi 1 e 4 rende evidente che l’avviso dell’avvio che assume rilievo debba necessariamente promanare dall’Autorità procedente, non altrimenti potendosi intendere l’inequivocabile riferimento ivi contenuto al soggetto “responsabile del procedimento”».
[8] Si rimanda alla lettura del §4 del capitolo precedente.
[9] T.A.R. Campania, sezione II Salerno, sentenza n. 653 del 23/03/2015.
[10] Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza n. 4458 del 05/09/2013. In senso sostanzialmente conforme, T.A.R. Campania, sezione I Salerno, sentenza n. 599 dell’08/03/2013, secondo la quale «con riferimento alle finalità partecipative previste dall’art. 16 d.P.R. n. 327/2001, deve senz’altro ritenersi che la ratio legis risulta osservata (e non c’è, dunque, illegittimità) tutte le volte in cui, pur in mancanza di un formale “progetto”, esistano comunque atti tecnici o amministrativi depositati all’atto della comunicazione di avvio (nel caso di specie piano particellare e studio di fattibilità), dai quali è possibile desumere le caratteristiche dell’opera a farsi e, dunque, l’incidenza sul bene da ablare, sì da poter esercitare in termini effettivi la partecipazione».
[11] Così, ex multis, T.A.R. Calabria, sezione Reggio Calabria, sentenza n. 30 del 12/01/2011, mentre il T.A.R. Sardegna, sentenza n. 2607 del 23/11/2010, afferma che – attraverso la comunicazione ex art. 16 T.U.Es. – si consente ai proprietari di poter evitare (o quantomeno contenere) gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla realizzazione dell’opera pubblica.
[12] T.A.R. Sicilia, sezione III Catania, sentenza n. 540 del 27/03/2007. Si veda il relativo commento sul sito www.gazzettaamministrativa.it.
[13] «Si tratta di un deficit di organicità del testo unico: se, infatti, lo scopo era quello di risolvere un diffuso inconveniente incontrato dalle autorità esproprianti, lo si è risolto solo in piccola parte, in quanto, da un lato, è molto probabile che il problema del decesso di un espropriando in assenza di denuncia di successione lo si sia dovuto già in precedenza affrontare in sede di applicazione dell'articolo 11, dall’altro lato, l’espropriante si troverà a dover gestire il suddetto problema fino al termine della procedura» risposta di LORO P. al quesito Come si procede nei confronti dei dece...