Autore
Salvago, Salvatore
Dopo le note sentenze 348 e 349 del 2007 della Corte Costituzionale, alcuni studiosi, ottenuta l’eliminazione dei criteri riduttivi di calcolo degli indennizzi espropriativi (intesi in senso lato) relativi alle aree con destinazione edificatoria, hanno considerato appianato o definitivamente risolto ogni problema nella materia, per la quale si è quindi notevolmente attenuata ogni loro attenzione; mentre altri, interessati soprattutto alla mortificazione dell’occupazione espropriativa, più volte frettolosamente data per espunta dall’ordinamento, non hanno nascosto la delusione per la inaspettata rinascita dell’istituto, addirittura avallato ora dall’art.2, comma 89°, lett.e) della legge 244 del 2007; e soprattutto per il definitivo tramonto dell’ultim...
_OMISSIS_ ...rasto con i principi ed i precetti della Convenzione europea.
Quasi nessuno ha seguito, dunque, gli ulteriori effetti delle due pronunce sulla giurisprudenza di legittimità ed ancor meno il dialogo che si è sviluppato a distanza, questa volta assai proficuamente, tra quest’ultima e la giurisprudenza della Corte europea.
Fino a quel momento, infatti, detti rapporti avevano generato un quadro assai confuso; che nella materia penale spaziava dalla consueta affermazione che i precetti della Convenzione sono insuscettibili di inserimento automatico nell’ordinamento degli Stati contraenti e di immediata applicazione da parte degli organi giudiziari di questi, necessitando invece, per la loro realizzazione e completa applicabilità, di una specifica normat...
_OMISSIS_ ...ggettivi; alla attribuzione agli stessi di una funzione suppletiva in settori soprattutto processuali, onde rimediare all’omessa previsione da parte del legislatore nazionale, di rimedi adeguati alle regole sul processo equo sancite dall’art. 6 della Convenzione europea (cfr. Cass. pen. 2800/2006; 32678/2006); fino ad arrivare, talvolta, alla enunciazione dell’immediata precettività ed applicazione di una decisione della Corte di Strasburgo che avesse accertato la violazione dell’art. 6 della Convenzione: senza prendere in considerazione la eventuale presenza di disposizioni contrarie nella nostra legislazione (cfr. Cass.pen. 35616/2005).
Una maggiore coerenza si registrava nel settore civile ove la Corte, dopo numerose condanne inflitte allo Stato ...
_OMISSIS_ ...a, infatti, le Sezioni Unite sono pervenute al risultato che l’art. 2 nel prevedere l’obbligo dello Stato di corrispondere una equa riparazione in favore di chi ha subito un danno per effetto di una violazione dell’art. 6 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (in conseguenza del mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo), contiene una “relatio perfecta” all’art. 6 della citata convenzione.
Con la conseguenza che, per accertare se vi sia stata o meno violazione della suddetta convenzione, il giudice italiano deve applicare i principi elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo: perfino nella liquidazione anch’essa segnata dal rispetto della convenzione europea dei diritt...
_OMISSIS_ ...figurabile, in capo a quest’ultimo un obbligo di uniformarsi ai criteri di determinazione della riparazione applicati dalla Corte europea: pur conservando un margine di valutazione che gli consente di discostarsene, in misura tuttavia ragionevole, ed in presenza di ragioni particolari.
Nelle altre materie, invece, il Supremo Collegio, pur continuando a predicare la necessità per il giudice di improntare il proprio operato ai principi della CEDU nella esegesi che la Corte dei diritti dell’uomo va offrendo, ed a ripetere che le norme della Convenzione costituiscono fonte di diritti e di obblighi per tutti i soggetti, è rimasta ferma nella regola che esclude la sussistenza a carico del giudice di un obbligo di disapplicare la disciplina legale interna, attesa la so...
_OMISSIS_ ...a distinzione non è stata apprezzata dai sostenitori della prevalenza della giurisprudenza CEDU, i quali hanno preferito ravvisarvi l’esistenza di un contrasto tra i due orientamenti; nonché una ulteriore ragione per insistere nella invocata disapplicazione automatica delle disposizioni legislative ed a maggior ragione di principi giurisprudenziali divenuti incompatibili con essa.
Le sentenze del 2007, invece, pur ponendo di fatto fine a questo indirizzo, hanno indotto il Supremo Collegio a percorrere nella materia espropriativa una terza appena accennata dalla Consulta nelle due motivazioni: richiamando in nome del principio «della peculiare rilevanza delle norme della Convenzione, in considerazione del contenuto della medesima, tradottasi nell’intento di...
_OMISSIS_ ...mune, prima di denunciare l’illegittimità di una norma per incompatibilità con quelle della Convenzione, di verificare «se effettivamente vi sia contrasto non risolvibile in via interpretativa tra la norma censurata e le norme della CEDU, come interpretate dalla Corte europea ed assunte come fonti integratrici del parametro di costituzionalità di cui all’art. 117, primo comma, Cost.» (sent.348). Il che si traduce nel suo diritto-dovere di «interpretare la norma interna in modo conforme alla disposizione internazionale, entro i limiti nei quali ciò sia permesso dai testi delle norme».
Da qui l’utilizzo, dal giorno successivo alle ricordate declaratorie, dell’interpretazione adeguatrice, non soltanto per assicurare la corrisponde...
_OMISSIS_ ...ire soluzioni radicate ed apparentemente irreversibili: evitando nel contempo, rinvii dall’esito incerto alla Corte Costituzionale e nuovi blocchi a tempo indeterminato dei processi contenenti questioni analoghe o dipendenti.
Il primo problema che si è dovuto superare proveniva proprio dalla dimensione temporale delle due declaratorie, essendo stato il nuovo art. 117 introdotto dalla legge costituzionale 3 del 2001, entrata in vigore il 9 novembre 2001. Laddove la quasi totalità delle procedure ablative sulle quali la stessa avrebbe dovuto incidere erano antecedenti a quest’ultima legge, per cui il principio della c.d. “incostituzionalità sopravvenuta”, rischiava di non consentirne l’applicazione alle fattispecie antecedenti alla entrata ...
_OMISSIS_ ...unce di Strasburgo e soprattutto con la decisione 29 marzo 2006 della Grande Chambre della Corte Edu la quale «ha rilevato la strutturale e sistematica violazione, da parte del legislatore italiano, dell’art. 1 del primo Protocollo della Convenzione europea», osservando che la quantificazione dell’indennità in modo irragionevole rispetto al valore del bene aveva determinato, appunto, una situazione strutturale di violazione dei diritti dell’uomo.
Nell’occasione la Corte di Strasburgo aveva sottolineato altresì come, ai sensi dell’art. 46 della Convenzione, lo Stato italiano abbia il dovere di porre fine a siffatti problemi strutturali attraverso l’adozione di appropriate misure legali, amministrative e finanziar...
_OMISSIS_ ... con l’art.1 del Protocollo 1 allegato alla Convenzione (come già stigmatizzato dalla decisione della sezione semplice).
Da qui la scelta di Cass. 26275/2007 e delle successive conformi 330, 1734, 3783 ed 11480 del 2008 a favore della radicale inapplicabilità del 1° e 2° comma, nonché del comma 7° bis, dell’art. 5-bis della legge 359 del 1992, per contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., pur se introdotto dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, successiva ad entrambe le norme, e della loro cessazione di efficacia “erga omnes” con effetto retroattivo: anche relativamente a situazioni o rapporti precedenti che erano d’altra parte proprio quelli che avevano indotto i giudici remittenti (Cass.11887 e 12810 del 2006) a soll...
_OMISSIS_ ...embrava che gli effetti della declaratoria di illegittimità contenuta nella decisione 349 dovessero esaurirsi nel semplice ripristino del criterio di determinazione dell’indennizzo come delineato fin dalla ricordata sentenza 1464/1983 delle Sezioni Unite, in misura corrispondente al valore venale del bene ablato (art.39 della legge fondamentale 2359/1865): con il solo consueto limite che il rapporto non sia ormai esaurito in modo definitivo, per avvenuta formazione del giudicato o per altro evento cui l’ordinamento collega il consolidamento del rapporto medesimo, ovvero per essersi verificate preclusioni processuali, o decadenze e prescrizioni non direttamente investite, nei loro presupposti normativi, dalla pronuncia d’incostituzionalità.
Questo r...
_OMISSIS_ ...azioni per p.u. appr. con d.p.r. 327/2001, ed adeguandolo alla pronuncia della Consulta, ha disposto: «Nel caso di utilizzazione di un suolo edificabile per scopi di pubblica utilità, in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio alla data del 30 settembre 1996, il risarcimento del danno è liquidato in misura pari al valore venale del bene».
Ed ha assunto particolare valore per aver ribadito ( malgrado il contrario parere dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato: cfr. Ad. plen. 2/2005 e succ.) la perdurante vigenza nel nostro ordinamento dell’occupazione acquisitiva, posto che il disposto risarcimento “in misura pari al valore venale del bene” anche per le irreversibili trasformazioni eseguite fino al 30 settembre 199...
_OMISSIS_ ...s. 20543/2008).
A) Per le controversie già pendenti a tale data in tema di occupazione appropriativa, iniziate prima del 10 agosto 2000 e perciò devolute alla giurisdizione ordinaria, è stato quindi applicato il risarcimento del danno in misura corrispondente al valore venale pieno dell’immobile, pur quando il proprietario abbia invocato un diverso criterio indennitario; ovvero quello riduttivo introdotto dall’art.5 bis,comma 7 bis: in quanto il giudice è tenuto a compiere la relativa indagine indipendentemente dai criteri seguiti dall’espropriante e dalla Commissione provinciale nella fase amministrativa; ed indipendentemente (a fortiori) dalle prospettazioni, dalle richieste nonché da asserite ammissioni al riguardo delle parti sulla normativa applicabile...
_OMISSIS_ ...o; immediato (elemento di identificazione dell’azione) già compiutamente definito dalla domanda di condanna al risarcimento del danno da occupazione acquisitiva, ancorché non specificata nel “quantum” o parametrata su criteri errati o non più vigenti.
E’ stata al riguardo ritenuta ininfluente perfino la circostanza che la sentenza 349 e l’art.2 comma 89° siano sopravvenuti dopo il passaggio in giudicato della sentenza non definitiva che abbia stabilito non solo sull’an, ma anche su criteri legali cui commisurare il quantum: nel senso che abbia indicato quello specifico da applicare, che era quasi sempre proprio il parametro ridotto dichiarato incostituzionale.
In quanto la giurisprudenza (resa anche in materia di ...
_OMISSIS_ ...di quella sopravvenuta: così come avviene nel giudizio di rinvio riassunto dopo la cassazione della sentenza che abbia fatto applicazione dei criteri di stima in precedenza vigenti.
E perché d’altra parte, la decisione (non definitiva) sulla sola questione della legge applicabile (peraltro non consentita nell’ipotesi di sentenza parziale dall’art. 279 cod. proc. civ.) non è idonea a definire il giudizio; che in ogni caso deve estendersi alla liquidazione in concreto dell’indennizzo, secondo la stima da operarsi alla luce della legge individuata come applicabile al momento della decisione finale che lo attribuisca in concreto (Dopo le sentenze 348 e 349, cfr. Cass. 21143/2007; 2714/2009; 10588/2009).
B) Questo ha significato...
_OMISSIS_ ...rametro ridotto o altro criterio errato ed il proprietario l’abbia comunque impugnato contestandone la quantificazione in concreto e/o chiedendo la liquidazione di un indennizzo più elevato.
A tal fine è stato ritenuto non necessario (Cass.4400/2006) che il proprietario appellante o ricorrente invochi espressamente detta pronuncia o contesti la legittimità costituzionale dell’art.5 bis, comma 7 bis: ma sufficiente che egli si dolga della congruità della liquidazione del risarcimento del danno compiuta dal giudice a quo, in quanto la giurisprudenza proprio allorquando vennero introdotti i criteri riduttivi dell’art.5 bis, aveva osservato che il bene della vita cui il proprietario, che abbia subito una qualsiasi tipologia di espropriazione, tende, è l’...
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Per cui, se l’ipotesi più semplice e lineare resta quella in cui egli chieda espressamente l’applicazione del criterio di stima del valore venale pieno dell’immobile, il giudice del gravame deve egualmente procedere ad applicarlo anche allorquando:
l’impugnante si sia limitato a contestare la stima del prezzo di mercato dell’immobile eseguita dal c.t.u. e recepita dal giudice adito, in quanto anche siffatto motivo di gravame rimette in discussione il criterio legale utilizzato dal giudice a quo, tenuto conto che il relativo capo della sentenza riposa proprio sulla premessa dell’applicabilità dell’art. 5 bis, comma 7 bis della legge 359 del 1992;
il proprietario deduca la ricorrenza di un’espropriazi...
...zo è unico e deve comprendere l’intera diminuzione patrimoniale subita dall’espropriato: perciò a nulla rilevando che il giudice abbia applicato in luogo del meccanismo differenziale stabilito dalla norma, un criterio di stima algebrico (somma del valore perduto a quello della porzione espropriata) o altri criteri equipollenti ;
la contestazione sia limitata alla (dichiarata) destinazione agricola o non edificabile del fondo, in quanto questa non può non censurare per ciò stesso (senza necessità di farlo in modo espresso) la pronuncia sulla normativa applicata;
il proprietario invochi la c.d. occupazione usurpativa onde sfuggire all’applicazione dei criteri indennitari dimezzati: anche in tal caso, infatti, il giudice adito non può limit...
...a contestazione sulla misura del risarcimento del danno, e la richiesta che esso venga commisurato al controvalore del bene. Sicché anche in tal caso il giudice dell’impugnazione deve accoglierla ricercando l’esatta norma di legge in base alla quale la stima debba essere eseguita (Cass.9321/2008).