La rinuncia agli effetti della diffida

quo;altra questione legata a quella trattata nel paragrafo precedente è se sia possibile rinunciare agli effetti della fattispecie dell’art. 1454 c.c..

Il caso della rinuncia è diverso da quello della revoca della diffida, poiché qui ci si chiede non se la risoluzione del contratto possa essere impedita dalla revoca di uno dei suoi presupposti, ma se, una volta avvenuta la risoluzione, la parte che l’ha determinata possa rinunciarvi, cancellandone così gli effetti. La giurisprudenza [1] sino al 2009 ammertteva la rinunciabilità degli effetti della diffida [2] ovverosia il principio della libera disponibilità dell’effetto risolutivo da parte del contraente fedele [3].

La soluzione tradizionale poggia sulla premessa per la quale la diffida ad adempiere è facoltativa e la risoluzione di diritto ex art. 1454 c.c. produce i suoi effetti indipendentemente dalla volontà dell’intimato, ma solo nell’interesse... _OMISSIS_ ...n inadempiente. Quest’ultima potrebbe quindi non solo a sua scelta intimarla o meno, ma anche rinunciare all’effetto risolutivo che si è prodotto alla scadenza del termine. Il comportamento del creditore, per esprimere la rinuncia ad avvalersi dell’effetto risolutivo, deve avere il carattere dell’univocità [4].

Poiché occorrono elementi atti a dimostrare tale circostanza, non è ravvisato tale requisito di univocità nell’eventuale apertura di trattative tra le parti ovvero nell’accettazione di pagamenti parziali da parte del creditore. L’impostazione tradizionale viene però contrastata dalla dottrina che esprime talune perplessità.

Anzitutto, l’ammissione di una reviviscenza di un contratto già sciolto si pone in contrasto con i principi generali; l’effetto risolutivo si produce automaticamente non appena si perfeziona la fattispecie di cui all’art. 1454 c.c., quindi il contratto def... _OMISSIS_ ...soluto non può più riacquistare efficacia.

Nel contesto processuale, la posizione del debitore che confida nello scioglimento del contratto è protetta dall’art. 1453, secondo comma c.c., che preclude il mutamento della domanda di risoluzione in quella di adempimento; la medesima esigenza, invece, verrebbe sacrificata in sede stragiudiziale se il creditore potesse disporre liberamente degli effetti della diffida.

La conformazione degli interessi sostanziali è la medesima nei due contesti [5]. L’art. 1453, secondo comma c.c. è dettato in tema di risoluzione giudiziale, ma viene letto come principio generale valido per tutto il settore della risoluzione per inadempimento, per cui una volta che il contraente fedele ha dimostrato inequivocabilmente di non avere più interesse alla realizzazione del programma contrattuale, non può ritornare sui propri passi ed invocare il contratto, chiedendo l’adempimento [6].

In s... _OMISSIS_ ...criticato un argomento ulteriore che la giurisprudenza utilizza per sostenere la sua tesi e cioè quello per il quale il termine contenuto nella diffida ad adempiere ha carattere essenziale [7], oltre che essere considerato nell’esclusivo interesse del creditore, cosicché egli vi possa rinunciare a suo piacimento.

La dottrina afferma che ragionando così si opera un improprio accostamento della diffida ad adempiere ad un’altra delle ipotesi di risoluzione di diritto, cioè al termine essenziale di cui all’art. 1457 c.c., che invece se ne distingue sia sul piano strutturale che su quello funzionale. E infatti la disposizione dell’art. 1457 c.c. è in stretta relazione con un differente meccanismo risolutorio predisposto in sede di stipula del contratto e di cui dovranno vagliarsi i presupposti al momento dell’inadempimento e in relazione all’interesse del creditore.

Al contrario, la diffida ad adempiere ... _OMISSIS_ ...ativa unilaterale (del creditore) che interviene allorché l’equilibrio contrattuale sia già compromesso ed è il risultato di una valutazione compiuta dal creditore a posteriori, successiva al perfezionamento del rapporto. Così, mentre il termine essenziale è stipulato in una previsione ipotetica del futuro, la diffida ad adempiere è intimata di fronte ad un concreto ed attuale inadempimento, che deve possedere i connotati di gravità ex art. 1455 c.c.. Inoltre, all’essenzialità del termine previsto dall’art. 1457 c.c. consegue automaticamente l’effetto risolutivo senza la necessità di alcun ulteriore intervento del creditore. Quest’ultimo non è dunque gravato di alcun onere relativo alla tutela della propria posizione contrattuale.

Mentre nella diffida la manifestazione di volontà da parte del creditore, esplicita ed univoca, è condicio sine qua non per il conseguimento degli effetti risolutivi, per il termine essenziale... _OMISSIS_ ...ione è meramente eventuale (art. 1457, secondo comma: «… il contratto s’intende risoluto di diritto anche se non è stata espressamente pattuita la risoluzione»).

Il termine di adempimento indicato dal creditore con l’intimazione della diffida è per questo da considerarsi perentorio nel senso che dall’inutile decorso del termine fissato consegue la risoluzione di diritto del contratto e l’intimante non può considerare quest’ultima come non avvenuta e fare ricorso agli altri mezzi di tutela a sua disposizione.

Inoltre, viene rifiutata l’ammissibilità di una nuova diffida [8], successiva allo spirare del termine fissato con una precedente diffida e quindi con un diverso termine per l’adempimento, anche se più favorevole al debitore, in quanto «nessuno può intimare di adempiere sulla base di un contratto già risolto» [9].

L’importante ruolo svolto dal t... _OMISSIS_ ...o con la diffida è evidente nell’ipotesi in cui il creditore non inadempiente abbia ripetutamente intimato il debitore, inoltrando successivamente svariate diffide. Il diffidato, in tali circostanze, potrebbe sostenere che l’invio di plurime diffide in successione attesterebbe la non gravità dell’inadempimento e dunque l’inammissibilità ex art. 1455 c.c. della risoluzione.

Il nuovo orientamento giurisprudenziale emerge con la sentenza della Cassazione Civile SS. UU. 553/2009, con la quale si è negata l’ammissibilità della rinuncia, e affermato il seguente principio di diritto: «La rinuncia all’effetto risolutorio da parte del contraente non adempiente non può ritenersi in alcun modo ammissibile, trattandosi di effetto sottratto, per evidente voluntas legis, alla libera disponibilità del contraente stesso».

Secondo le Sezioni Unite gli argomenti addotti in dottrina appaiono meritevoli di accogl... _OMISSIS_ ...icolare la Cassazione osserva che:
il tenore strettamente letterale della norma di cui all’art. 1454 collega all’inutile scadenza del termine contenuto nella diffida un effetto automatico, verificandosi la risoluzione al momento stesso dello spirare del dies ad quem indicato dal diffidante; gli stessi meccanismi operativi previsti per le altre fattispecie di risoluzione legale confortano tale conclusione, poiché la clausola risolutiva espressa e il termine essenziale partecipano, sincronicamente, del medesimo aspetto genetico della convenzione negoziale, postulando, per loro stessa natura, la necessità (clausola risolutiva) o la possibilità (termine essenziale) di una ulteriore manifestazione di volontà da parte del non inadempiente che, alla luce dei diacronici sviluppi del rapporto contrattuale, potrebbe farsi portatore di un interesse diverso, rispetto alla risoluzione, nel tempo del verificatosi inadempimento; la diffida, coevamente... _OMISSIS_ ...a controparte già nel momento patologicamente funzionale del rapporto, contiene invece in sé già tutti gli elementi di valutazione di una situazione attuale e attualizzata; il collegamento tra la essenzialità del termine contenuto nella diffida e la esclusività dell’interesse dell’intimante (peraltro non pacifica) attiene, in realtà, all’atto di diffida ma non all’effetto risolutorio, che la norma ex art. 1454 c.c. mostra di considerare automatico, perseguendo la non discutibile funzione di bilanciamento di interessi contrapposti, a tutela anche della parte che, allo spirare del termine, abbia posto un affidamento legittimo nell’avvenuta cessazione degli effetti del negozio; che la perdurante disponibilità dell’effetto risolutorio in capo alla parte non inadempiente risulterebbe, in assenza di qualsivoglia disposizione normativa “limitativa” (quale quella dettata, ad esempio, in tema di remissione del debito), operante... _OMISSIS_ ...vidente contrasto con gli analoghi meccanismi di risoluzione legale collegati al termine essenziale e al relativo adempimento tardivo, così generandosi, sotto altro profilo, una ingiustificata e sproporzionata lesione all’interesse del debitore, il cui ormai definitivo affidamento nella risoluzione (e nelle relative conseguenze) del contratto inadempiuto potrebbe indurlo, non illegittimamente, a un conseguente riassetto della propria complessiva situazione patrimoniale; la stessa ratio legis sottesa al più generale meccanismo della risoluzione giudiziale (art. 1453 c.c.) appare principio di portata assai più ampia (e, dunque, legittimamente esportabile anche nel parallelo sottosistema della risoluzione legale) dacché permeato dell’evidente funzione di accordare (moderata) tutela anche alla parte non adempiente che, assoggettata ad un’iniziativa volta alla caducazione del contratto, non può più essere, ex lege, destinataria di una successiva ... _OMISSIS_ ...empimento (in una vicenda in cui, si badi, la definizione dell’effetto risolutorio è ancora in itinere, destinata com’è a formare oggetto di accertamento processuale in contraddittorio), onde porsi volontariamente (ma del tutto legittimamente) in condizione di non adempiere; se la proposizione di una domanda giudiziale di risoluzione implica l’assenza di interesse del creditore all’adempimento e il conseguente acquisto, da parte del debitore, di una sorta di “diritto a non adempiere”, non v’è ragione di escludere che la stessa ratio (di cui è d’altronde traccia dalla stessa relazione al codice) non debba informare anche la speculare vicenda della diffida ad adempiere, in entrambi i casi risultando espressa inequivocabilmente la mancanza di interesse all’adempimento intempestivo; la natura di negozio unilaterale recettizio della diffida non pare utile a legittimare la (non conferente) conseguenza della dispon... _OMISSIS_ ...quo;effetto risolutivo; soccorrono, al riguardo, disposizioni normative, come quelle di cui all’art. 1723 c.c. in tema di irrevocabilità del mandato (anche) in rem propriam, che lasciano chiaramente intendere come la più generale filosofia ispiratrice del codice del 1942, quella, cioè, della tutela dell’affidamento incolpevole, trovi necessario spazio e puntuale attuazione tutte le volte in cui l’unilateralità dell’atto incida significativamente anche sugli interessi del destinatario; che, in definitiva, la concezione dell’effetto risolutivo disponibile in capo al creditore pare figlia di una ideologia fortemente punitiva per l’inadempiente, si atteggia a mo’ di sanzione punitiva senza tempo, assume forme di (ingiustificata) “ipertutela” del contraente adempiente, del quale si legittima ogni mutevole e repentino cambiamento di “umore” negoziale.
Appare inoltre rilevante, a questo punto, anc... _OMISSIS_ ...a, non molto approfondito dalla dottrina e dalla giurisprudenza, per il quale si può ammettere che le parti riescano a comporre bonariamente il contrasto tra loro insorto, addivenendo ad un accordo modificativo e successivo alla diffida, concernente tanto la prestazione dovuta quanto gli effetti dello scioglimento contrattuale, ancorché con tempi o modalità differenti da quelli originariamente previsti. Successivamente alla risoluzione i contraenti possono dunque addivenire ad un accordo transattivo, onde scongiurare l’insorgenza di una lite che potrebbe avere ad oggetto la contestazione delle pretese derivanti dalla risoluzione del contratto.

Ove l’accordo modificativo della situazione, conseguente alla diffida e formato dopo la scadenza del termine (risolto dunque il contratto originario), attribuisca all’intimante la medesima prestazione pattuita, senza ulteriori oneri per il diffidato in conseguenza del ritardo, l’operazione ris... _OMISSIS_ ...pponibile all’originale schema negoziale, ma solo sul piano economico.

In tal caso l’estinzione dell’obbligazione prevista dal primo contratto consentirebbe di riconoscere sul piano giuridico la nascita di una nuova obbligazione, oggettivamente differente da quella preesistente. Inoltre, sotto il pro...

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