La privatizzazione dell'amministrazione ferroviaria e sua incidenza sulla natura giuridica della rete

Quando si parla di «demanio ferroviario» si intende fare riferimento a tutti quei beni necessari per lo svolgimento del servizio di trasporto ferroviario.

Tali beni, all’esito di un acceso dibattito interpretativo e utilizzando come dato normativo di partenza l’art. 822 c.c., sono stati inseriti nell’ambito categoriale del demanio eventuale e assoggettati, pertanto, alla relativa disciplina giuridica [1].

Più precisamente, tra i beni ferroviari classificati come demaniali sono stati inseriti, ad esempio, la sede stabile ferroviaria e le relative pertinenze, i fabbricati delle stazioni, i depositi, i magazzini e le officine.

A tale riguardo, inoltre, secondo la Suprema Corte di Cassazione [2] «Le strade ferrate, incluse nel demanio pubblico a norma dell’art. 822, comma 2, c.c., comprendono il suolo e le essenziali strutture, necessarie al funzionamento della linea, mentre fanno parte del patrimonio indisponibile, ai sensi dell’art. 826, ultimo comma, c.c., il materiale rotabile e gli edifici, non inerenti alla strada ferrata, destinati al pubblico servizio ferroviario».


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Oltre a quanto già affermato dalla Corte di Cassazione sono stati qualificati, invece, come beni patrimoniali indisponibili, in quanto destinati a funzioni complementari ed accessorie all’esercizio del servizio ferroviario, i fabbricati per gli uffici e gli alloggi.

Da ultimo, devono ritenersi ricompresi tra i beni del patrimonio disponibile dello Stato tutti quelli che non hanno mai avuto destinazione diretta o complementare all’esercizio del servizio ferroviario.

I beni ferroviari appartenevano, come è noto, allo Stato, ma erano stati assegnati dallo Stato stesso all’azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato [4].

Quest’ultima consisteva in